Potemkin
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Quella del killer professionista che ha ucciso Moro, di cui si è parlato molto, è più di un sospetto:
«De Vuono, il legionario calabrese che (forse) uccise Aldo Moro». L'ipotesi in una relazione dell' Antimafia
La convinzione che a Via Fani non ci fossero solo brigatisti è sempre stata sostenuta da molti. Così come nelle BR ci fossero molti infiltrati, sia della mala a cui i brigatisti che erano dei dilettanti si erano affidati per reperire armi ed altro, che dei servizi.
Agli atti processuali e documentata la consegna di un rullino fotografico la mattina stessa alla Polizia da parte di un giornalista che abitava a Via Fani ed aveva scattato delle foto durante l'assalto. Ma il rullino , che sarebbe stato fondamentale per le indagini e per fare chiarezza, andò smarrito.
Altro fatto notevolissimo:
nei processi si cerco' sempre chi fossero a bordo della moto che procedette la fuga dell'auto con a bordo Moro appena rapito e che sparò ad un motorino che usciva da un garage. I brigatisti interrogati affermarono sempre di non avere idea di chi fossero.
Ma una decina di anni fa sul sito di Repubblica fu pubblicata una lettera fatta recapitare da un notaio: un ex questore in pensione , per liberarsi la coscienza, incaricò di rivelare dopo la sua morte per cancro, che era lui , in servizio in borghese, a guidare la moto e che era agli ordini del superiore ( anche lui defunto) che gli indicava cosa fare e che sparò per mantenere libera la strada,e che poi gli ordinò di non parlarne mai. Nella lettera venivano fatti i nomi.
Io mi aspettavo che il giorno dopo sarebbe scoppiato un putiferio, ed invece non ne parlò nessuno.
È uno dei tanti misteri italiani che , con il passare dei decenni e la progressiva somparsa dei protagonisti , è destinato a rimanere tale.
«De Vuono, il legionario calabrese che (forse) uccise Aldo Moro». L'ipotesi in una relazione dell' Antimafia
La convinzione che a Via Fani non ci fossero solo brigatisti è sempre stata sostenuta da molti. Così come nelle BR ci fossero molti infiltrati, sia della mala a cui i brigatisti che erano dei dilettanti si erano affidati per reperire armi ed altro, che dei servizi.
Agli atti processuali e documentata la consegna di un rullino fotografico la mattina stessa alla Polizia da parte di un giornalista che abitava a Via Fani ed aveva scattato delle foto durante l'assalto. Ma il rullino , che sarebbe stato fondamentale per le indagini e per fare chiarezza, andò smarrito.
Altro fatto notevolissimo:
nei processi si cerco' sempre chi fossero a bordo della moto che procedette la fuga dell'auto con a bordo Moro appena rapito e che sparò ad un motorino che usciva da un garage. I brigatisti interrogati affermarono sempre di non avere idea di chi fossero.
Ma una decina di anni fa sul sito di Repubblica fu pubblicata una lettera fatta recapitare da un notaio: un ex questore in pensione , per liberarsi la coscienza, incaricò di rivelare dopo la sua morte per cancro, che era lui , in servizio in borghese, a guidare la moto e che era agli ordini del superiore ( anche lui defunto) che gli indicava cosa fare e che sparò per mantenere libera la strada,e che poi gli ordinò di non parlarne mai. Nella lettera venivano fatti i nomi.
Io mi aspettavo che il giorno dopo sarebbe scoppiato un putiferio, ed invece non ne parlò nessuno.
È uno dei tanti misteri italiani che , con il passare dei decenni e la progressiva somparsa dei protagonisti , è destinato a rimanere tale.