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  • Li Shuang

    Li Shuang è una artista cinese contemporanea. Protagonista dei primi segni di contestazione che sfociarono nella rivolta studentesca di tienamen ha pagato questa esperienza con due anni di carcere per poi fuggire in Europa.
    E’ l’unico componente femminile del gruppo, formatosi proprio in quegli anni, delle STAR che prima di venir sciolto e perseguitato organizzò durante il 1979 una serie di mostre non autorizzate in cui veniva criticata apertamente l’ortodossia comunista imperante e favorì lo sviluppo della avanguardie che stanno offrendo tanta fortuna agli attuali protagonisti dell’arte contemporanea non solo cinese.
    Due anni di duro carcere con notevoli pressioni psicologiche fino alla liberazione grazie alle mediazioni del governo francese. Il suo fidanzato, diplomatico francese, venne espulso subito dopo l’arresto di Li Shuang e chiese aiuto al governo francese per ottenere la liberazione della sua fidanzata, poi diventata sua moglie.
    Fu un incontro tra Mitterand e Denxiaoping a mettere fine nel 1983 alla sua prigionia.
    La sua storia d’amore e la sua liberazione vennero celebrate con articoli in tutto il mondo.
    La sua pittura attinge ai colori di Frida Kahlo e Diego Rivera, ma il soggetto è tipicamente Buddista.
    I grandi lobi delle orecchie delle sue innumerevoli figure di donna così come l’espressione con gli occhi abbassati sono simboli di saggezza che ritroviamo nelle statue di Lohan. Modernità e tradizione che disegnano una femminilità spirituale, serena e per niente aggressiva. Il contrario dei modelli imperanti suggeriti dalla cultura dell’apparenza. Mentre le figure femminili danno questa sensazione di serenità spirituale universale(Li Shuang non ha alcun credo religioso), i suoi sfondi sono sempre decorati con fiori o canne di bambù cercando un armonioso equilibrio con la natura evidente anche nei titoli assegnati alle opere.

    "I often think in music. I live my daydreams in music. I see my life in terms of music......I get most joy in life out of music."
    Albert Einstein (1879-1955)

    "Io spesso penso in musica. Vivo i miei sogni ad occhi aperti in musica. Vedo la mia vita in termini di musica ......ottengo granparte della gioia nella mia vita dalla musica."
    nn riesco ne ad aprire link e nemmeno postarli sono al lavoro fino alle 17 ,mi dispiace
    Arsonist

    Norbert Bisky ha diciannove anni quando viene abbattuto il muro di Berlino. Appartiene quindi all’ultima generazione di giovani cresciuti all’ombra del totalitarismo comunista.

    Dall’antica Grecia al Rinascimento italiano l’esplosione di energie artistiche si è sempre accompagnata alla disgregazione politica. Questo in generale può anche adattarsi a quanto avvenuto in Germania e nei paesi dell’est con la dissoluzione dell’ex U.R.S.S. e spiegare l’esplosione dell’arte in queste aree negli ultimi vent’anni.
    Non si capisce bene la ragione ma è opinione diffusa che la fruizione dell’arte possa produrre soltanto un’azione benefica nella società, ma fosse vero dovremmo essere il paradiso terrestre, per quanta arte c’è in giro.
    Sembra chiaro che chi è arrivato a leggere questo post è inondato da mostre, circondato da pile di libri d’arte, tempestato da infinite immagini che vengono assorbite con avidità e indiscutibile intelligenza che avrebbero sbalordito altre generazioni meno adattabili della nostra.

    Ma qui è il punto: può darsi che quello che Platone chiamava Sacro timore è diventato superfluo.

    Siamo molto inclini all’arte ma l’arte non ci tocca molto profondamente, ci soddisfa l’appagamento per la conquista di uno status sociale importante, garantito dalla presenza tra le pareti domestiche dell’artista famoso ed ancor più la rivalutazione monetaria dell’opera acquisita.
    Oggi avendo tempi e mezzi è possibile passare da una mostra di Picasso a Londra ad una di Poussin a Berlino e magari, fatto davvero sorprendente, godersi a pieni occhi ed anima entrambe le esposizioni.
    L’entusiasmo con cui mostre di autori così diversi vengono accolte da un pubblico sempre più numeroso dimostra soltanto una cosa.
    Che l’arte è così bene accetta perché ormai non fa più paura. Ha perso il suo pungiglione.
    Apatia degli organi ricettivi che hegel studiò spiegando che avendo traslocato l’arte in un zona di sicurezza, la stessa può senz’altro continuare ad essere arte eccellentissima, ma i suoi effetti sull’esistenza diventano nulli.
    Quindi non si perde la qualità ma il legame con la nostra esistenza:l’arte si trasforma in uno splendido superfluo.

    Però ogni tanto salta fuori uno come Bisky che si mette a strillare e non è solo colpa sua. Immagino che anche voi se qualcuno non da ascolto a qualcosa che volete di dire di importante alziate un po’ la voce.
    La reazione, l’ironia, la critica dell’idealizzazione dell’uomo perfetto, costruita da immagini pubblicitarie e da campagne political incorrect.
    Bisky è un agente provocatore, un distaccato osservatore, un leggero commentatore che ci getta in faccia le contraddizioni della nostra “libera” società globale.
    Nonostante ciò che pensiamo viviamo nel conformismo e nell’appiattimento dell’esistenza.
    Analizza e reagisce alle sovrastrutture della storia che la propaganda e la sovversione dello stato totalitarista hanno inculcato nella sua giovane esistenza.
    Il suo è un freddo espressionismo attraverso il quale rivela la minaccia di omologazione quale forza oppressiva.
    Le sue teatrali rappresentazioni e le scene di giovani adolescenti sono le retrospettiva di un’infanzia rubata e testimoniano le infantili partecipazioni ai campi estivi in cui si indottrinavano le giovani generazioni.
    Ma è proprio questo il punto: i giovani diventano ironica rappresentazione del mondo senza esserne mai sostanza.
    Bisky è un'artista che nel panorama attuale ha alzato la voce, provando ad uscire dal coro. E, come nel quadro da me scelto, dall’inequivocabile titolo, “L’incendiario”, non ha alcuna intenzione di abbassare i toni.

    Bisogna tenere sempre il fuoco acceso

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