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Nel rimembrarVi la scadenza ed il mese di regolarizzazione di febbraio per pagamento tardivo (vedere istruzioni su) posto questo articolo
Canone, pubblicità, servizio pubblico gli strani conti dell' azienda Rai
I bilanci di Cattaneo in nero grazie ai maquillage contabili e fiscali. Ma ora è tempo di austerity
IMPRESE dietro lo scontro tra il presidente petruccioli e il ministro Landolfi
Pagare o non pagare il canone Rai ? Arriva gennaio e si porta dietro il solito tormentone: ma questi soldi tocca darglieli o no ? Non sono pochi gli italiani che hanno risposto negativamente al quesito. A versarlo nel 2004 (ultimo anno per cui sono disponibili i dati) sono stati 16.322.484 utenti per complessivi 1.473,8 milioni di entrate, con un incremento del 2,9% sul 2003. Ma è elevato anche il numero degli evasori. Secondo il direttore dell' amministrazione abbonamenti di viale Mazzini, Stanislao Argenti, mancano all' appello perlomeno 5 milioni di utenti, in grado di garantire (in via del tutto teorica) quasi 500 milioni di nuove entrate. In cinque anni, invece, i 120 agenti sguinzagliati in tutta Italia sono riusciti a recuperare nell' area dell' evasione appena 300 mila utenti. Non è poco comunque, considerato che non dispongono di poteri effettivi. Il canone rimane la principale fonte di entrata della Rai. Lo è stato anche nel 2004, un anno d' oro (fino a un certo punto) per i conti della tv di Stato. L' allora direttore generale Flavio Cattaneo lo ha chiuso con 113 milioni di utili. Che, per il 70%, sono finiti nelle casse dell' azionista Tesoro (ne detiene il 99,55%, il residuo 0,45% è della Siae). Il risultato è frutto di una serie di eventi eccezionali: la Rai ha pagato solo 9 milioni di imposte (contro i 50 dell' anno precedente) per un ricalcolo fiscale. Ha inoltre incamerato utili per 40 milioni dalle società partecipate, grazie anche a nuovi criteri di ammortamento dei diritti. Infine, una mano è stata fornita dall' aumento del canone da 93,8 a 99,6 euro, superiore all' incremento dell' inflazione. Anche i debiti sono calati: da 1.020,7 a 914,8 milioni (di cui 667,5 verso fornitori). Probabilmente, la performance è pure dovuta al differimento di investimenti. Ma a Cattaneo era stata imposta una missione: valorizzare l' azienda in vista della quotazione in Borsa prevista dalla riforma radiotelevisiva, la cosiddetta legge Gasparri. E lui ha obbedito. Allo stesso obiettivo Cattaneo ha indirizzato anche il budget 2005, che prevedeva utili per 50 milioni. Senonché, già dai primi mesi del 2005, Cattaneo e il cda a quattro (dopo le dimissioni di Lucia Annunziata) guidato da un presidente facente funzioni, Francesco Alberoni, hanno cominciato ad approvare spese extra budget. Lo stesso è capitato quando al vecchio cda è subentrato il nuovo, in principio presieduto da Sandro Curzi. Complessivamente si è trattato di previsioni di ulteriori spese per circa 50 milioni: dai 20 milioni per investimenti nel digitale terrestre (che in realtà potevano essere accantonati nell' esercizio precedente) a diversi milioni per acquisire diritti sportivi cui in precedenza viale Mazzini aveva rinunciato. Trattandosi di previsioni, non hanno intaccato la scintillante semestrale, chiusa con un risultato positivo netto di 97 milioni (più 18,9% rispetto allo stesso periodo del 2004); ricavi a 1.489,7 milioni, in crescita dello 0,2%; l' ebidta passato da 235,5 a 275,3 milioni, in aumento del 16,9%. È questa la Rai che hanno ereditato a metà 2005 il nuovo dg Alfredo Meocci e il cda finalmente completato da un presidente a tutti gli effetti, Claudio Petruccioli. Una Rai che, accantonata la privatizzazione, è giunta a un altro punto di svolta: la contabilità separata. Da un lato il servizio pubblico (garantito dal canone), dall' altro la tv commerciale, che dovrebbe mantenersi con introiti pubblicitari e cessione di servizi. A imporre la scissione dei conti è l' Unione europea. A tale proposito, il bilancio 2004 è considerato sperimentale, affidato per la certificazione alla Deloitte & Touche. E proprio dalla separazione della contabilità origina lo scontro tra Petruccioli (all' apparenza sostenuto da Meocci) e il ministro delle Comunicazioni, Mario Landolfi. A Landolfi Petruccioli chiede di aumentare il canone in misura tale da garantire alle casse della Rai 300 milioni freschi. Motivo ? Il servizio pubblico non permette alla Rai di sprigionare tutte le potenzialità nella raccolta pubblicitaria: la legge Gasparri, infatti, impone introiti non superiori a quelli del canone. Inoltre, nel 2004, lo sbilancio tra entrate da canone e costo delle trasmissioni di servizio pubblico è stato di circa 200 milioni. Landolfi replica che è la Rai a doversi fare parte diligente: come può chiedere di imporre una sorta di penale agli utenti quando non riesce nemmeno a raccogliere la pubblicità che le è permessa per legge ? E, inoltre, perché mai non riesce a fornire nuovi e redditizi servizi al pubblico, come fa la concorrenza ? A tal proposito, il ministero indica il servizio assicurato da Mediaset alle società telefoniche: i tg sui cellulari. Ha anche criticato l' acquisto dei diritti per le partite della serie B di calcio, spesso non trasmesse. O la decisione di accettare le condizioni di Adriano Celentano, che non ha voluto interruzioni pubblicitarie nel suo Rockpolitic nella fascia di maggiore interesse, quella tra le 20.30 e le 22.30. Infine, secondo i calcoli del dicastero con sede a piazza Brazzà, la Rai guadagna (e non rimette) sul servizio pubblico: i suoi programmi da contratto di servizio costano, secondo i tecnici del ministero, circa dodici milioni in meno di quanto incassato con il canone. A riprova di questa affermazione Landolfi sottolinea che Deloitte & Touche non ha ancora certificato il bilancio 2004 a contabilità separata, in quanto non rispetterebbe il contratto di servizio. Di conseguenza, il ministero delle Comunicazioni ha deciso di non riconoscere nemmeno l' aumento del canone sulla base dell' indice Istat, previsto dalla legge Gasparri. Il duello tra Landolfi e Petruccioli, però, copre un dato che, secondo indiscrezioni provenienti dai piani alti della Rai, non è felice: il bilancio 2005 dovrebbe chiudersi in pareggio, dopo cinque anni di utili più o meno consistenti. Parallelo allo scontro Landolfi Petruccioli sui conti della Rai se ne accende un altro, tra Meocci e il cda, sul budget 2006. Il dg presenta un piano che prevede una perdita di circa 60 milioni. Ma, a maggioranza, viene costretto a fare marcia indietro. Rispetto alle previsioni di Meocci si dovrà tagliare l' 1% degli incrementi di spesa a ogni direzione. Si chiede poi maggiore impegno alla Sipra, che aveva presentato una previsione di raccolta inferiore al 2005. Ai ritmi cui cresce la concorrenza, la pubblicità Rai potrebbe aumentare di 20 milioni: la Sipra dovrà garantire una crescita non inferiore a 10 milioni. A Landolfi si chiede di adeguare il canone all' inflazione (garantendo circa 30 milioni). Infine, Meocci entro febbraio dovrà presentare un piano d' azione destinato a razionalizzare e tagliare i costi per circa 40 milioni, allo scopo di garantire investimenti e nuovi programmi. sempre più buste paga 2004 2003 2000 Risultato netto 113,0 81,9 40,7 Canone 1.473,8 1.432,0 1.311,0 Pubblicità 1.218,6 1.094,1 1.166,0 Cessione servizi 328,9 315,1 161,9 N. dipendenti 11.667 11.593 10.118 Gli ultimi bilanci Rai, in milioni di euro il mondo 13 gen