Arrestato Panzeri ex-eurodeputato pd

I moralmente superiori
 
Fortunatamente li hanno arrestati i belgi altrimenti se fosse accaduto in Italia i compagni magistrati avrebbero certamente perdonato i compagni che sbagliano rimettendoli in libertà con tanto di scuse....500mila euro cash, non riesco nemmeno ad immaginarli come sono!!!!
 
Me lo ricordo bene quando era il capo della CGIL di Milano, un comunista duro e puro, ora gli hanno trovato 500k cash, come si cambia con l'età.:D Ha fondato la ONG Fight impunity con dentro la Bonino e la Mogherini, che compagnia.:clap:

Soldi dal Qatar: l’ex eurodeputato Panzeri fermato a Bruxelles per corruzione. Trovati 500 mila euro

L’uomo politico sospettato di aver agito per conto di autorità del Qatar al fine di «influenzare le politiche del Parlamento Europeo» dice una nota della procura federale belga. Con lui sotto indagine altri tre italiani.

L’ex eurodeputato del gruppo socialisti e democratici Pier Antonio Panzeri e altri tre cittadini italiani sono indagati e arrestati dalla magistratura di Bruxelles in una inchiesta internazionale per corruzione che vede coinvolte anche le autorità del Qatar. Lo rivelano le testate belghe Le Soir e Knack secondo i quali Panzeri e gli altri tre sono stati «trattenuti per un interrogatorio» e hanno subito perquisizioni domiciliari. Il giudice deciderà entro 48 ore se emettere un mandato di arresto.Dell’indagine sono state informate anche le autorità italiane.
«La polizia giudiziaria federale ha effettuato 16 perquisizioni - ha confermato l’ufficio del procuratore federale - in diverse località nei dintorni di Bruxelles. Queste perquisizioni sono state effettuate nell’ambito di un’ampia indagine per presunti atti di organizzazione criminale, corruzione e riciclaggio di denaro». Nel corso di questi controlli sono stati sequestrati 500.000 euro in contanti. Gli inquirenti sospettano che «un Paese del Golfo abbia tentato di influenzare le decisioni economiche e politiche del Parlamento europeo». Secondo i media belgi il Paese in questione è il Qatar e tra le persone coinvolte c’è appunto Panzeri, che terminato il mandato di europarlamentare ha continuato a lavorare a Bruxelles come lobbista. La procura federale, che nella sua nota non cita nomi, avrebbe fatto luce su un flusso di denaro che avrebbe raggiunto alcuni assistenti parlamentari al lavoro nei palazzi della Ue.

Chi è Antonio Panzeri, indagato a Bruxelles per corruzione: dal sindacato al Parlamento Ue

I primi passi nel sindacato​

Classe 1955, originario della provincia di Bergamo (è nato a Riviera d'Adda), Panzeri è cresciuto politicamente nel Pc e all'interno del sindacato. Nei primi anni Novanta è segretario aggiunto della Camera del lavoro guidata da Carlo Ghezzi, al quale è subentrato nel 1995. Sono gli anni in cui il sindacato deve fare i conti con l'ormai irreversibile processo di deindustrializzazione del territorio metropolitano e con nuove istanze sociali e politiche. Di chiara impostazione riformista, il capo della Cgil milanese ha sempre cercato di tenere il punto, ma senza mai chiudere le porte alla possibilità di una negoziazione. Quando, nel 2003, deve passare la mano a conclusione del suo secondo mandato continuerà ad avere una forte influenza sulla Camera del lavoro di Milano, dove i successivi tre segretari fanno in qualche modo riferimento a lui.

L'elezione al Parlameno europeo​

Intanto inizia la sua seconda vita politica: a Bruxelles, in Europa, dopo un lungo travaglio su una possibile collocazione in Italia. Nel 2004 viene eletto al Parlamento europeo nella lista Uniti per l'Ulivo, con 105 mila preferenze raccolte nella circoscrizione Nord- Ovest, e nei cinque anni successivi occupa diversi ruoli nell'organigramma europeo: vicepresidente della commissione Occupazione e affari sociali, membro supplente della commissione per il Mercato interno e la protezione dei consumatori, fa parte della Delegazione per le relazioni con gli Stati Uniti e con il Giappone.

Le tre legislature consecutive​

Dopo la rielezione del 2009 guida le relazioni con i paesi del Maghreb, entra nella commissione Affari esteri e in quella per il Mercato interno. Cinque anni dopo, 77.103 preferenze gli consentono di rimanere a Bruxelles per la terza legislatura consecutiva. Continua a occuparsi di Maghreb e presiede anche la Sottocommissione per i diritti umani.

La ong «Fight impunity»​

E proprio in questo campo, una volta terminata l'esperienza da eurodeputato, continuerà a frequentare gli ambienti della politica continentale come direttore della Ong «Fight impunity», che fonda lui stesso nel 2019 e che nel comitato scientifico ospita nomi come Emma Bonino e Federica Mogherini. Nel frattempo, nel 2017, ha lasciato il Pd per unirsi ad Articolo 1 e poi alla lista elettorale «Liberi e uguali».

Chissà quante supercazzole ha sparato in vita sua, quanta superiorità morale ha espresso...

Il suo capo era quello che voleva portare il limite ai 100 euro.... questa gente dovrebbe solo vergognarsi e andare f.
 
mamma cone sta a rosica il cane della cirinnà
 
Me lo ricordo bene quando era il capo della CGIL di Milano, un comunista duro e puro, ora gli hanno trovato 500k cash, come si cambia con l'età.:D Ha fondato la ONG Fight impunity con dentro la Bonino e la Mogherini, che compagnia.:clap:

Soldi dal Qatar: l’ex eurodeputato Panzeri fermato a Bruxelles per corruzione. Trovati 500 mila euro

L’uomo politico sospettato di aver agito per conto di autorità del Qatar al fine di «influenzare le politiche del Parlamento Europeo» dice una nota della procura federale belga. Con lui sotto indagine altri tre italiani.

L’ex eurodeputato del gruppo socialisti e democratici Pier Antonio Panzeri e altri tre cittadini italiani sono indagati e arrestati dalla magistratura di Bruxelles in una inchiesta internazionale per corruzione che vede coinvolte anche le autorità del Qatar. Lo rivelano le testate belghe Le Soir e Knack secondo i quali Panzeri e gli altri tre sono stati «trattenuti per un interrogatorio» e hanno subito perquisizioni domiciliari. Il giudice deciderà entro 48 ore se emettere un mandato di arresto.Dell’indagine sono state informate anche le autorità italiane.
«La polizia giudiziaria federale ha effettuato 16 perquisizioni - ha confermato l’ufficio del procuratore federale - in diverse località nei dintorni di Bruxelles. Queste perquisizioni sono state effettuate nell’ambito di un’ampia indagine per presunti atti di organizzazione criminale, corruzione e riciclaggio di denaro». Nel corso di questi controlli sono stati sequestrati 500.000 euro in contanti. Gli inquirenti sospettano che «un Paese del Golfo abbia tentato di influenzare le decisioni economiche e politiche del Parlamento europeo». Secondo i media belgi il Paese in questione è il Qatar e tra le persone coinvolte c’è appunto Panzeri, che terminato il mandato di europarlamentare ha continuato a lavorare a Bruxelles come lobbista. La procura federale, che nella sua nota non cita nomi, avrebbe fatto luce su un flusso di denaro che avrebbe raggiunto alcuni assistenti parlamentari al lavoro nei palazzi della Ue.

Chi è Antonio Panzeri, indagato a Bruxelles per corruzione: dal sindacato al Parlamento Ue

I primi passi nel sindacato​

Classe 1955, originario della provincia di Bergamo (è nato a Riviera d'Adda), Panzeri è cresciuto politicamente nel Pc e all'interno del sindacato. Nei primi anni Novanta è segretario aggiunto della Camera del lavoro guidata da Carlo Ghezzi, al quale è subentrato nel 1995. Sono gli anni in cui il sindacato deve fare i conti con l'ormai irreversibile processo di deindustrializzazione del territorio metropolitano e con nuove istanze sociali e politiche. Di chiara impostazione riformista, il capo della Cgil milanese ha sempre cercato di tenere il punto, ma senza mai chiudere le porte alla possibilità di una negoziazione. Quando, nel 2003, deve passare la mano a conclusione del suo secondo mandato continuerà ad avere una forte influenza sulla Camera del lavoro di Milano, dove i successivi tre segretari fanno in qualche modo riferimento a lui.

L'elezione al Parlameno europeo​

Intanto inizia la sua seconda vita politica: a Bruxelles, in Europa, dopo un lungo travaglio su una possibile collocazione in Italia. Nel 2004 viene eletto al Parlamento europeo nella lista Uniti per l'Ulivo, con 105 mila preferenze raccolte nella circoscrizione Nord- Ovest, e nei cinque anni successivi occupa diversi ruoli nell'organigramma europeo: vicepresidente della commissione Occupazione e affari sociali, membro supplente della commissione per il Mercato interno e la protezione dei consumatori, fa parte della Delegazione per le relazioni con gli Stati Uniti e con il Giappone.

Le tre legislature consecutive​

Dopo la rielezione del 2009 guida le relazioni con i paesi del Maghreb, entra nella commissione Affari esteri e in quella per il Mercato interno. Cinque anni dopo, 77.103 preferenze gli consentono di rimanere a Bruxelles per la terza legislatura consecutiva. Continua a occuparsi di Maghreb e presiede anche la Sottocommissione per i diritti umani.

La ong «Fight impunity»​

E proprio in questo campo, una volta terminata l'esperienza da eurodeputato, continuerà a frequentare gli ambienti della politica continentale come direttore della Ong «Fight impunity», che fonda lui stesso nel 2019 e che nel comitato scientifico ospita nomi come Emma Bonino e Federica Mogherini. Nel frattempo, nel 2017, ha lasciato il Pd per unirsi ad Articolo 1 e poi alla lista elettorale «Liberi e uguali».
Ahhh ma è di articolo uno
 
Un comunista duro e puro....come putin
 
L'affare si ingrossa! Indagata anche la vice presidente del parlamento UE, ovviamente un'altra sinistrella.;)

++ Qatar: media, indagata anche vicepresidente Pe Kaili ++ - Europa

(ANSA) - BRUXELLES, 09 DIC - "La casa della socialdemocratica greca Eva Kaili, vicepresidente del Parlamento europeo, è stata perquisita. Il suo compagno è stato intercettato al mattino.

Entrambi sono indagati per corruzione". E' quanto scrive il quotidiano belga Le Soir aggiornando le notizie sull'inchiesta per riciclaggio e corruzione che ha coinvolto il Parlamento su sospette mazzette arrivate da un Paese del Golfo.
 
Fortunatamente li hanno arrestati i belgi altrimenti se fosse accaduto in Italia i compagni magistrati avrebbero certamente perdonato i compagni che sbagliano rimettendoli in libertà con tanto di scuse....500mila euro cash, non riesco nemmeno ad immaginarli come sono!!!!
Quello è solo l'antipasto ;):yes:

Se i Belgi iniziano ad arrestare per corruzione significa che la cosa era endemica e ormai non si poteva piu' nascondere.
 
Io quando vedo i politici europei prendere delle decisioni che sono in netto contrasto con gli interessi dei cittadini europei non posso non pensare a forme di corruzione più o meno indiretta. Penso ad esempio alle auto elettriche o alla guerra in Ucraina.
 
Bene così, ogni tanto li beccano..mai quanto dovrebbero ma ci accontentiamo
 
Tutti i sospetti hanno, come detto, nazionalità o origine italiana. In pubblico, sono molto attivi nelle associazioni per i diritti umani e nelle ONG. Panzeri è anche presidente di Fight impunity, organizzazione che promuove “la lotta all’impunità per gravi violazioni dei diritti umani” e la giustizia internazionale. Stamattina, la sede di Fight Impunity nel cuore di Bruxelles (rue Ducale) è stata tra i luoghi oggetto di perquisizione.
Ipotesi corruzione dal Qatar al Parlamento Ue, 4 italiani indagati



Parrebbe che addirittura che i nomi noti negli arresti siano stati anche spacciatori di tangenti oltre a incassarsele. E che lo facessero per conto del qatar per silenziare le polemiche sui lavoratori morti per i mondiali
 
I socialisti si mostrano per quello che sono a tutte le latitudini: esperti nel furto con destrezza.
E poi pontificano da Formigli e simili sull'onestà e sull'equità...
 
Da leggere con sottofondo di violini:

Il Qatar nel nuovo quadro geopolitico del golfo
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Il Qatar nel nuovo quadro geopolitico del golfo​


di Pierantonio Panzeri, Presidente di Fight Impunity

Huffington Post (Italia) 10 Febbraio 2022









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Il Qatar nel nuovo quadro geopolitico del golfo​


di Pierantonio Panzeri, Presidente di Fight Impunity

Huffington Post (Italia) 10 Febbraio 2022



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Nella notte del 3 febbraio in un’operazione delle forze speciali statunitensi nel nord della Siria sono rimaste uccise almeno 13 persone, tra cui sei bambini. Tra di essi il capo dell’Isis, Al-Hashimi al-Qurayshi. Il suo predecessore, Abu Bakr al-Baghdadi, era a sua volta rimasto vittima di un analogo raid avvenuto il 27 ottobre 2019, sempre nel nord siriano, anche in quel caso con vittime civili e infantili.

Colpisce che, pur nelle profonde differenze politiche e personali, i due presidenti americani rispettivamente in carica, Joe Biden e Donald Trump, abbiano giustificato nello stesso modo le “vittime collaterali” – in entrambi i casi sarebbero stati i due leader dello Stato islamico a farsi saltare in aria, causando le morti dei loro congiunti – e utilizzato lo stesso linguaggio duro e propagandistico nel dare notizia degli avvenimenti. Per Biden, Al-Qurayshi si sarebbe fatto esplodere come «atto finale di disperata codardia». Per Trump, Al-Baghdadi, «è morto da codardo, dopo essere fuggito in un vicolo cieco, piangendo e urlando, è finito come un cane».

Come spesso in queste vicende, le esatte dinamiche e i dettagli degli avvenimenti si conosceranno solo tra molti anni, oppure mai; ma, quale che sia la verità, la storia degli ultimi decenni ci ha dimostrato che l’accusa di terrorismo, variamente declinata, è divenuta uno degli ingredienti fissi del confronto geopolitico e nelle esecuzioni extragiudiziali, sia che le accuse muovano da incontrovertibili dati di fatto, come nel caso dei capi dell’Isis, sia in situazione decisamente più opinabili, quale ad esempio l’omicidio del generale iraniano Quassem Soleimani e di suoi numerosi accompagnatori, avvenuto il 3 gennaio 2020 in un attacco con droni presso l’aeroporto internazionale di Bagdad, vale a dire in un paese terzo. Un grave precedente che in un documento del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite venne così censurato: «la presa di mira del generale Soleimani e la morte di coloro che lo accompagnavano, costituiscono un omicidio arbitrario di cui, ai sensi del diritto internazionale umanitario, gli Stati Uniti sono responsabili».

L’etichetta “passe-partout” di terrorismo è stata spesso apposta – di nuovo: con minore o maggiore fondatezza o plausibilità – non solo a singole persone ma a interi paesi, talvolta per giustificarne l’invasione o il rovesciamento dei regimi. Qui la storia recente richiama alla memoria il caso dell’Afghanistan o della Libia o il teso confronto da tempo in corso tra Stati Uniti ed Iran.

Forse meno noto è il caso del Qatar, contro il quale alcuni degli altri paesi che si affacciano sul Golfo persico, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Bahrein, unitamente all’Egitto, avevano avviato un boicottaggio politico ed economico nel 2017. Anche in quel caso l’accusa era stata di “sostegno al terrorismo”. Accusa estesa anche ad “Al-Jazeera”, emittente qatariota assai diffusa e seguita nel mondo arabo.

In questo caso, forse più che in altri, appare evidente come il richiamo al terrorismo diventi strumentale a un confronto di potere e di leadership nella delicata e strategica area, centrale nella estrazione e produzione di petrolio e gas.

Se volessimo raffigurarci quei paesi e gli attori maggiori come un medesimo corpo, data la loro contiguità fisica e geografica e i similari processi storici, semplificando potremmo individuare negli Emirati la testa, nell’Arabia Saudita il busto e nel Qatar le gambe. Dalla prospettiva dei diritti umani, analizzando le dinamiche socio-politiche e le scelte dei rispettivi governi negli anni più recenti, si può osservare come siano state le gambe a imprimere un movimento e una direzione evolutiva, mentre sia il busto che la testa sono rimasti immobili e semmai voltati all’indietro.

L’elezione di Biden a presidente USA e la sua politica tesa a ridefinire i rapporti del golfo, in particolar modo con l’Iran, ha indotto la stessa Arabia Saudita a reincludere il Qatar nel Consiglio di Cooperazione del Golfo, forse anche “pentita” dalla rottura diplomatica da essa stessa imposta nei confronti di questo paese, verso il quale solo pochi anni addietro aveva rivolto un nutrito cahiers de doléances e di pressioni che, a loro volta, data la sua mancata sottomissione, avevano determinato le pesanti sanzioni che hanno colpito gli approvvigionamenti persino di beni di prima necessità ma che non hanno piegato il paese, sempre più insofferente rispetto ai tentativi egemonici dei regnanti sauditi ed emiratini e in cerca di un nuovo ruolo e di alleanze forti a livello globale. Come quella con gli Stati Uniti di Joe Biden, dopo l’emarginazione portata dalle scelte strategiche del suo predecessore. Trump aveva infatti espresso sostegno preferenziale a sauditi ed emiratini nel quadro del Patto di Abramo con Israele, da lui stesso promosso. Con i paesi del Golfo intercorrono fortissimi interessi finanziari, energetici e connessi all’export di armamenti: a livello mondiale, se gli Stati Uniti sono il primo esportatore di armamenti, con il 37% del mercato, i Sauditi ne sono i primi importatori, con l’11% del totale, mentre il Qatar si colloca all’ottavo posto con il 3,8% e gli Emirati al nono, con il 3%.

Ora, dopo l’incontro con l’emiro Sheikh Tamim Bin Hamad Al-Thani dello scorso 31 gennaio, Biden è stato netto nel riconoscimento della partnership strategica tra Stati Uniti e Qatar e nel volerlo designare quale maggiore alleato non NATO. Naturalmente, anche questo importante passaggio politico e diplomatico che potrà modificare gli scenari nel Golfo e, in essi, il peso del Qatar, è stato sigillato e reso possibile anzitutto dagli interessi economici: nello specifico, la firma di un accordo da 20 miliardi di dollari tra Boeing e Qatar Airways Group (cfr. il comunicato della Casa Bianca).

Assieme, ha certo contribuito il fondamentale appoggio fornito dal Qatar alla soluzione della lunga guerra afgana, facilitando il dialogo e l’accordo di Doha con i talebani del febbraio 2020 ed, infine, col supporto logistico al ritiro delle truppe statunitensi nell’estate 2021. Non ultima, ha influito la diplomazia del gas, con la disponibilità del Qatar verso l’Europa nella crisi attuale delle forniture di gas russo e nello scivoloso quadro in evoluzione in Ucraina.

Sul piano dei diritti umani e sociali in Qatar qualche passo in avanti è stato fatto, ad esempio riguardo il sistema semi-schiavistico della kafala – ora abolito in Qatar e invece solo mitigato in Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Oman –, ed è in corso, mentre nei paesi rivali si può semmai parlare di “human rights-washing”, di un abbellimento dell’immagine cui non fanno adeguatamente riscontro modifiche sostanziali.

Anche la questione denunciata dal quotidiano britannico “The Guardian”, riguardo il numero dei lavoratori morti durante la costruzione delle infrastrutture che ospiteranno i Mondiali di calcio di questo 2022 va guardata in controluce e statisticamente relativizzata, anche se deve risultare chiaro che ogni vittima sul lavoro è un dramma, occorre fare di tutto per prevenire ed evitare ogni singola morte. Forse puo’ rappresentare una novità al riguardo, la nomina a Ministro del Lavoro del Presidente della Commissione Nazionale per i diritti umani del Qatar.

Naturalmente, anche in Qatar il processo di affermazione dei diritti è ancora in itinere e va seguito e rafforzato, riguardo le donne, i lavoratori immigrati (che sono il 90% dell’intera forza lavoro), le minoranze. Ma, appunto, “le gambe” sono in movimento forse nella direzione giusta e possono contribuire a essere riferimento e sollecitazione anche per i paesi vicini, trasformando la competizione, a tratti aspra, in un positivo e virtuoso percorso. Per tutto ciò, servirà avere una grande consapevolezza che la strada per rafforzare i diritti umani deve essere senza ritorno e non condizionata ai mutamenti del quadro geopolitico della regione.


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:asd:
 
Eva kail l europeista onesta :asd: :asd: :asd:
 
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