Azioni fast food

  • Ecco la 60° Edizione del settimanale "Le opportunità di Borsa" dedicato ai consulenti finanziari ed esperti di borsa.

    Questa settimana abbiamo assistito a nuovi record assoluti in Europa e a Wall Street. Il tutto, dopo una ottava che ha visto il susseguirsi di riunioni di banche centrali. Lunedì la Bank of Japan (BoJ) ha alzato i tassi per la prima volta dal 2007, mettendo fine all’era del costo del denaro negativo e al controllo della curva dei rendimenti. Mercoledì la Federal Reserve (Fed) ha confermato i tassi nel range 5,25%-5,50%, mentre i “dots”, le proiezioni dei funzionari sul costo del denaro, indicano sempre tre tagli nel corso del 2024. Il Fomc ha anche discusso in merito ad un possibile rallentamento del ritmo di riduzione del portafoglio titoli. Ieri la Bank of England (BoE) ha lasciato i tassi di interesse invariati al 5,25%. Per continuare a leggere visita il link

Fastfood, assalto a Big Mac perché fa gola il mercato italiano - Repubblica.it

Finalmente anche in Italia si scatena la concorrenza nel settore del fast food. Lo conferma lo sbarco di Kentucky Fried Chicken (KFC), il re del pollo fritto, che ha appena inaugurato i primi due ristoranti a Roma e Torino a cui seguiranno nel 2015 Napoli, Milano e una terza città ancora da definire. E lo certifica l’aggressività di Burger King che alla fine anno dell’anno scorso, grazie a una serie incalzante di aperture, può contare nel Bel Paese ben 123 ristoranti. Ma non è tutto. Nel 2015, infatti, Autogrill, uno dei maggior licenziatari di Burger King a livello mondiale (gestisce oltre140 insegne) sarebbe intenzionato a procedere con le aperture in Italia. Mentre è certo che sempre Autogrill effettuerà il restyling di cinque dei suoi fast food europei, quattro dei quali in Italia. Insomma, nei prossimi mesi anche McDonald’s Italia, di gran lunga il numero uno del settore nel territorio nazionale con circa 1 miliardo e 35 milioni di ricavi stimati nel 2014, dovrebbe sentire i morsi della competizione. Eppure Roberto Masi, il Ceo del gruppo, appare tranquillo. Spiega: “L’anno scorso il mercato della ristorazione fuori casa è calato del 2,8%, una contrazione che sale al 9% se prendiamo in considerazione l’andamento degli ultimi cinque anni. Eppure noi siamo riusciti a crescere lo stesso del 2%. Certo, in Italia la crisi è dura e oggi non possiamo espanderci come nel passato al ritmo del 6-7% all’anno. Tuttavia nel 2014 abbiamo aperto 34 nuovi negozi:
un vero e proprio record che ci ha permesso di raggiungere quota 510 e quest’anno faremo ancora una trentina di aperture”. Secondo Masi, quindi, lo scenario nei prossimi mesi non dovrebbe mutare in modo significativo. Anche se per il 2015 il Ceo di McDonald’s Italia si aspetta se non una ripresa almeno la fine della contrazione del mercato: “La concorrenza”, afferma, “non ci preoccupa. Burger King lo conosciamo bene; noi siamo il numero uno mondiale e loro il numero due: competiamo già in un sacco di Paesi. A Burger King dico: ‘In bocca al lupo, questo è un mercato difficile! Vi auguro di non soffrire come abbiamo sofferto noi negli ultimi venti anni”. Certo, il mercato non è facile. Eppure tutti ci vogliono entrare. Anche perché l’unico segmento della ristorazione fuori casa che continua a crescere è proprio quello degli hamburger. A patto di saperci fare e di dosare con lungimiranza gli investimenti. Ne è convinto David Lisi, socio autorevole di Arranger Consulting, società controllata dalle famiglie Lisi e Lazzi, quest’ultima conosciutissima in Toscana dove fino a pochi anni fa controllava buona parte del trasporto pubblico. I Lisi, invece sono commercialisti e fungono da advisor finanziari della stessa Arranger Consulting. Quest’ultima, assieme a Autogrill è senza dubbio il licenziatario più attivo su cui può contare Burger King sul territorio nazionale. “Da agosto 2012 ad oggi - racconta Lisi abbiamo aperto 11 ristoranti, 10 in Toscana e uno in Lombardia. E per quest’anno abbiamo già prenotato altre 6 aperture. La prima in marzo sarà a Grosseto poi ci saranno altre due inaugurazioni a Firenze mentre per le rimanenti stiamo negoziando la location”. Il ragionamento di Lisi è semplice. Il business della ristorazione veloce ha margini bassi, quindi è importante crescere rapidamente per raggiungere economie di scala e ottenere una remunerazione significativa del capitale. Spiega: “Sulla base della nostra esperienza nel 2016 quando saranno a regime i nostri 17 ristoranti i ricavi annuali di quegli stessi ristoranti oscilleranno fra i 25 e i 30 milioni di euro”. Un bell’incremento rispetto agli 8 milioni messi a segno nel 2014. Ma non basta. Perché Arranger Consulting non si limita ai ricavi provenienti da Burger King ma in alcuni ristoranti arricchisce l’offerta aggiungendo parchi divertimenti per i bambini adiacenti al fast-food o il cinema 3d (quest’ultimo a pagamento) sempre per i più piccoli. Ad ogni modo Burger King non è l’unico concorrente potenzialmente pericoloso per McDonald’s. Al contrario se c’è una minaccia all’orizzonte è rappresentata da un gruppo italianissimo e poco conosciuto cioè Cigierre (“li stiamo monitorando con attenzione - ammette Masi hanno prezzi più alti dei nostri ma ci sanno fare”) che controlla una serie di catene della ristorazione veloce come Old Wild West, Wiener Haus, Kukkuma Cafè e Arabian Kebab. La stessa Cigierre che marcia al ritmo di 25 nuove aperture all’anno e che nel 2014 ha avuto un aumento di fatturato stimato di oltre il 22% raggiungendo gli 83 milioni (226 milioni includendo i ricavi dei ristoranti in franchising). Una realtà che nei suoi 150 ristoranti oggi dà lavoro a quasi 5mila addetti, mille dei quali sono assunti direttamente dalla Cigierre stessa, e che nel 2014 ha effettuato 500 nuove assunzioni. Certo, al contrario di McDonald’s e Burger King, Old Wild West e gli altri format controllati da Cigierre, prevedono il servizio al tavolo e hanno uno scontrino medio di 14 euro contro i 7-8 euro a pasto del fast food tradizionale. Tuttavia è un fatto che gli italiani hanno le loro abitudini e in molti casi preferiscono sedersi comodamente e pagare qualcosa in più pur di essere serviti e riveriti come si deve.
 
Aggiungo che Cigierre stessa è partecipata al 35% dal fondo di private equity L capital riconducibile al gruppo LVMH ed alla famiglia Arnault
 
è arrivato un inglese:
http://www.ft.com/intl/cms/s/0/07b690a0-a765-11e4-b6bd-00144feab7de.html

Steve Easterbrook, the new chief executive of McDonald’s, has a competitive streak. While at university in northern England he played cricket on a team captained by Nasser Hussain, who went on to lead the national team.
But turning round an $87bn company for which the playing field has changed will be a whole new ball game.
The 48-year-old will take over a business coping with years of slumping sales and consumers who are opting for healthier, fresher alternatives to its flagship Big Macs and fries. But Mr Easterbrook, who joined the company as an accountant from PwC in 1993, has turnround experience, back home in the UK. When he took over as chief executive of McDonald’s UK in 2006, the chain was struggling against the perception that its food was unhealthy and that it exploited low-wage workers in “McJobs”. He set about transforming it through a campaign that included renovating stores so they looked cleaner, a marketing campaign that fought negative perceptions, and new apprenticeship programmes.
In a surprising turn just a month into his tenure, the soft-spoken accountant appeared on Newsnight to debate with Eric Schlosser, author of the anti-fast food bestseller Fast Food Nation.
Sales rebounded as he rose to become head of northern Europe in 2008 — up 10 per cent at the 1,200 UK McDonald’s that year.
By 2010, he oversaw all of Europe’s 7,000 outlets. But his new role will see the father of three leading a company with roughly 35,000 global restaurants that is facing perhaps the most difficult challenge of its 60-year history.
The rocky two-and-a-half-year tenure of Don Thompson, Mr Easterbrook’s predecessor, was marked by flagging sales as the company’s key low-income customers continued to struggle in the wake of the financial crisis. It also coincided with the rise of upmarket burger chains such as Five Guys and Smashburger, and the explosive growth of fast-casual restaurants such as Chipotle. Mr Easterbrook, who attended Durham University where he studied natural sciences, will hope to emulate the success of Mr Thompson’s predecessor, Jim Skinner, who took over when McDonald’s was in crisis. His eight years in charge saw the company’s stock rise 200 per cent and same-store sales rise for 106 straight months.
A repeat performance will be difficult. Last year, McDonald’s recorded its first annual decline in global same-store sales in a dozen years.
The US, where McDonald’s is the target of criticism for its contribution to the obesity epidemic and wage inequality, is not its only tough market. Operations in Germany, Japan, Russia and China are also struggling.
Consumers are no longer interested in food that is simply fast — they need to be convinced that it is, among other things, healthy, fresh and natural.
Mr Easterbrook’s experience in the UK may again be instructive. There, he set up composting programmes at some outlets, and introduced organic British milk, coffee certified by the Rainforest Alliance and nutritional labels on the tablemats. Soon after the UK turnround Mr Easterbrook left in 2011 to become chief executive of PizzaExpress, only to leave that job after less than a year to head Japanese noodle chain Wagamama. By 2013 he was back at McDonald’s as chief brand officer. In that position he was in charge of marketing and menu innovation, two areas where the company has faced criticism. In recent years McDonald’s has added myriad items, from chicken wings to wraps, and created a menu that some argue is so bloated that it confuses customers and slows down service.
Mr Easterbrook’s fingerprints also seem to be on one of the company’s latest marketing campaigns, entitled “Our Food. Your Questions”. It is meant to combat McDonald’s image as processed and unhealthy by allowing users to submit questions on a website that mirrors the makeupyourownmind.co.uk site Mr Easterbrook set up for UK operations more than five years ago.
But the questions consumers ask speak to the scale of McDonald’s image problem: “Are there worms in your beef?” “Do you make your fries with real potatoes?” In 2008, Mr Easterbrook was admitted as a visiting fellow at Oxford university, lecturing on corporate reputation.
He may need to dust off his notes.
 

non l'ho (ancora) letto, però avevo letto una biografia di Kroc che è considerato uno dei più grandi manager della storia
niente MBA all'epoca, era un venditore di macchine per fare il gelato molto portato per i rapporti umani (ricordava tutto dei suoi clienti) un po' come Keough di KO recentemente scomparso, morì d'infarto alla scrivania dell'ufficio a 80 e passa anni
senza di lui nessuno oggi saprebbe cosa sia MCD: i fratelli Mc Donald's del primo ristorante in California non volevano assolutamente sviluppare l'azienda e gliela fecero pagare una cifra spropositata per l'epoca, anni dopo come vendetta gli aprì un franchise vicino che li fece fallire :D
 
McDonald

For McDonald’s Corp., the suggestion that it should spin off its vast property holdings poses an existential question: What are the Golden Arches without real estate?

As McDonald’s approaches the third anniversary of declining sales, some analysts have asked whether shareholders could get better returns if the company placed its U.S. properties in a publicly traded real-estate investment trust. McDonald’s has always maintained the importance of owning its own property. But executives responding to recent queries haven’t ruled out the possibility of spinning off its real estate, with Chief Financial Officer Kevin Ozan saying last month that it will consider all financial options to boost shareholder value, and update investors in November.
Hedge fund chief Larry Robbins, of Glenview Capital Management, said in a March letter to investors that McDonald’s could unlock at least $20 billion in value if it were to spin off its U.S. real estate.
Many investors like REITs because they tend to trade at higher multiples than retail companies and pay little or no tax on their earnings as long as they distribute most of their profits through dividends. Macy’s Inc. is under similar pressure from activist investor Starboard Value LP. Darden Restaurants Inc. in June became the first major restaurant chain to announce plans to transfer properties into a REIT. Doing so enables companies to collect an upfront sum that can be used to buy back shares or pay down debt.
That could make such a move attractive to McDonald’s top management, especially since the fast-food chain’s shares—at $92.87 as of Monday’s close—are down more than 10% from their all-time closing high in April 2013. McDonald’s shares rose 1.6% the day Mr. Robbins issued his letter. A number of analysts have since questioned McDonald’s about its intent to do something with its real estate.
“We continue to evaluate opportunities to further enhance value for all shareholders and addressing our operational issues is our first and most critical priority,” a McDonald’s spokeswoman said.
Publicly traded Arcos Dorados Holdings Inc., McDonald’s largest franchisee, which owns more than 2,100 McDonald’s throughout Latin America and the Caribbean, last month said it was planning to outright sell or sell and then lease back some of its noncore real-estate assets, such as office buildings and distribution centers as part of a broad cost-cutting plan.
But some analysts say the arguments against a McDonald’s REIT far outweigh those for it. For starters, the burger giant derives huge revenue from its real estate. Rental income from franchisees accounted for more than a fifth of McDonald’s $27.4 billion in total revenue last year—when overall revenue fell 2.4% and profit dropped 15%—and represents a growing part of its business. Rent payments from franchisees have risen 26% over the past five years to $6.1 billion last year.
Sara Senatore, an analyst at Sanford Bernstein who has studied McDonald’s real estate, estimates its world-wide property, including the U.S., is worth more than $42 billion. In the U.S. alone, home to more than 14,000 McDonald’s restaurants, she estimates that the company’s real estate is worth between $25 billion and $35 billion. McDonald’s current market value is around $87.5 billion after the recent broad market downturn. She and others note that selling off the property would introduce new costs for McDonald’s, which could have to start paying rent on the roughly 1,500 U.S. restaurants it operates on its own. “Adding lease costs at a time when there’s been a deterioration in McDonald’s fundamentals doesn’t make a lot of sense,” Ms. Senatore said. Creating a REIT also could distract from the agenda of new Chief Executive Steve Easterbrook, who since taking over on March 1 has emphasized his desire to rejuvenate operations.
“McDonald’s is facing a lot of headwinds, like minimum wage increases and more competitors,” said Bob Schulz, managing director at Standard & Poor’s Ratings Services. “This would be an additional complication for management’s time.” Standard & Poor’s in May lowered McDonald’s credit rating to “A-” from “A” after the company accelerated a share buyback.
Real estate has been a backbone of McDonald’s business almost since its founding. McDonald’s first chief executive, Harry Sonneborn, reportedly once told investors, “The only reason we sell 15 cent hamburgers is because they are the greatest provider of revenue from which our tenants can pay us rent.” All that property has attracted outside interest before. Nearly a decade ago, activist investor Bill Ackman pushed McDonald’s to spin off some of its real estate, but other shareholders didn’t get behind his plan and he ultimately dropped it.
Splitting off the real estate would involve other complications. In some cases McDonald’s owns the land and building for its restaurants outright. In others, it rents the building from another landlord and subleases it to franchisees. In the latter case, McDonald’s pays its landlords a market rent of about 5% of the restaurants’ sales and then charges its franchisees 10%, according to Ms. Senatore.
McDonald’s franchise-disclosure documents, given to prospective operators, spell out that structure, saying that the company applies a finance fee on top of the monthly base rent “to produce an appropriate return for McDonald’s.” “What’s reported as rent is really rent plus McDonald’s premium,” Ms. Senatore said. A REIT wouldn’t be able to charge that premium. Franchisees, whose relations with McDonald’s already are strained, also likely would balk, said John Gordon, founder of restaurant consulting firm Pacific Management Consulting Group. They fear a REIT might have more incentive to jack up rent over time than McDonald’s, which wants to maximize rent but also wants franchisees to be financially healthy so its business can thrive. McDonald’s sometimes gives rent breaks to franchisees who remodel or add new equipment, something a REIT wouldn’t do, Mr. Gordon said. “My prediction is they’ll slow roll this forever,” he said of McDonald’s management.
 

Allegati

  • a.jpg
    a.jpg
    156,1 KB · Visite: 287
Impressionante... 42 Billion è valutato il patrimonio immobiliare..secondo l'analista.
 
Impressionante... 42 Billion è valutato il patrimonio immobiliare..secondo l'analista.

quando fu quotata (nel 1965) il CFO dell'epoca scherzando con gli analisti disse che in realtà erano un'azienda immobiliare che non c'entrava niente con gli hamburger, cosa che fece imbestialire Kroc :D
 
Che schiaffi YUM !!!!!

YUM! BRANDS -19% a WallStreet. In Cina ripresa debole
07/10/2015 17:02 WS
Yum! Brands (YUM.N), catena di ristoranti che opera attraverso i marchi Kfc, Taco Bell e Pizza Hut, cede il 20% a WallStreet.

La società ha comunicato dati del trimestre molto sotto le attese.

Nel periodo che si chiude in settembre le vendite a parità di perimetro sono salite in Cina solo del 2%, il consensus si aspettava quasi +10%.

Una parte della delusione è legata al calo dello yuan solo ad Agosto ha perso il 3%. Il cambio medio tra yuan e dollaro è però solo dell1,5% inferiore al valore medio registrato nello stesso trimestre di un anno fa.
L'utile per azione del trimestre si attesta a 1 dollaro, le attese erano 1,06%.

Yum Brands genera in Cina il 53% dei suoi ricavi, ma questa proporzione è destinata ad aumentare in quanto il piano di sviluppo prevede l'apertura di 700 nuovi ristoranti nel 2015.
La società ha ammesso che il recupero del mercato cinese, nonostante gli investimenti in marketing e logistica, è stato inferiore alle aspettative.



I ricavi sono stati pari a 3,43 miliardi di dollari sotto ai 3,68 miliardi previsti dagli analisti.

La società ha tagliato le indicazioni ora si aspetta un utile per azione per il prossimo trimestre in calo del 10% rispetto le precedenti indicazioni.

Ma io la trovo così interessante..e aumenta il dividendo del 12%
 
Ultima modifica:
Dopo essermi inoltrato nel mondo delle catene di ristoranti e fast food, valutato indici, dando un'occhiata ai bilanci ai siti delle aziende ecc. ecc. sono giunto alla conclusione che oltre a McDonald's, che è un ottimo titolo ma evidentemente non sarà mai una scommessa, quello su cui ha senso puntare per il futuro è Tim Hortons ... qualcuno si era già avventurato nel mondo della ristorazione alla ricerca di titoli interessanti?
siccome sono inesperto non vorrei avere tralasciato qualcosa di importante ... ad esempio il fatto che sia una società canadese cambia molto le cose? non vi chiedo di certo di controllarmi il compito, ma vi butto lì il link a
Tim Hortons Inc Retuters.com overview
casomai potesse nascere qualche riflessione produttiva!
i titolari dei Mc Donald's non la pensano come te ..

McDonald's in crisi, l'allarme: "Ormai ha i giorni contati"
 
Per quanto riguarda il fast food io amo starbucks...ha ampi margini di crescita unico problema il prezzo.... :wall: decisamente cara
 
Kfc cresce in Italia: un pollo da 100 milioni e migliaia di posti di lavoro - Repubblica.it

L'obiettivo è cento ristoranti in cinque anni: Kentucky Fried Chicken, la più famosa catena di fast food che servono pollo, creata nel 1952 negli Stati Uniti, si prepara alla conquista del mercato italiano. Presente in 116 Paesi con 19.000 locali e 750.000 dipendenti, dopo l'esordio in Italia un anno fa con le prime due aperture a Roma e Torino, seguite a ottobre scorso dall'inaugurazione di un terzo ristorante a Chieti, l'insegna punta a raggiungere quota cinque ristoranti entro la fine dell'anno.

La formula scelta dalla catena, che fa capo al gruppo Yum! Brands titolare anche dei marchi Pizza Hut e Taco Bell con un giro d'affari di circa 14 miliardi di dollari, è il franchising, in collaborazione con sei gruppi imprenditoriali medio-grandi che arriveranno a gestire ognuno una ventina di locali. "L'investimento complessivo nei prossimi anni sarà di circa 100 milioni di euro, con una media di 15 aperture all'anno, concentrandoci inizialmente su Lombardia, Lazio, Triveneto e Campania ", spiega l'ad di Kfc Italia Corrado Cagnola, impegnato nello sviluppo nel nostro Paese della catena, già presente in quasi tutta l'Europa. "Abbiamo lasciato l'Italia per ultima seguendo la stessa strada dei nostri competitor. Il problema principale era legato a un mercato non ancora abbastanza sviluppato rispetto ad altri Paesi in cui la formula della ristorazione veloce è stata accolta molto prima: qui i fast food sono in tutto circa 700, contro i 2.000 di
Francia e Spagna e i 2.500 della Germania". L'approdo nel Vecchio Continente, infatti, è partito più di 35 anni fa dalla Gran Bretagna, dove oggi ci sono quasi 900 ristoranti Kfc, passando poi all'inizio degli anni 2000 per Francia, Germania, Spagna, Polonia, mentre in Repubblica Ceca, Slovacchia, Bulgaria, Slovenia l'insegna è arrivata solo di recente.

Il piano di investimenti in Italia avrà impatti positivi anche dal punto di vista occupazionale, con la creazione di qualche migliaio di posti di lavoro: "Per far funzionare un ristorante servono circa 60 persone. Il 95% dei nostri collaboratori sono assunti con contratti di apprendistato o a tempo indeterminato, perché puntiamo molto sulla loro formazione e vogliamo che rimangano con noi. Usiamo contratti a tempo solo per la forza lavoro aggiuntiva necessaria nei periodi di maggiore afflusso, come quello natalizio", continua Cagnola. In Paesi dove Kfc è presente da più tempo, una parte dello stesso top management proviene dalle cucine dei locali: "Trattandosi spesso di un lavoro part time, viene utilizzato da molti ragazzi per pagarsi gli studi. Dopo la laurea, ci sono possibilità di carriera sia come responsabili dei ristoranti, sia all'interno del gruppo".

Secondo una strategia già adottata anche da altre insegne di fast food, Kfc punta a valorizzare il suo pollo fritto, servito nei secchielli di carta ideati nel 1957, i panini e le insalate puntando su qualità e ingredienti Made in Italy. "Non utilizziamo pollo precotto: la carne arriva congelata nei nostri ristoranti e tutte le preparazioni avvengono nelle cucine dei locali. Insalata e pomodori sono già 100% italiani e stiamo lavorando perché anche il pollo che utilizziamo, al momento tutto europeo, venga da allevamenti del nostro Paese ". Per il futuro si pensa a nuove ricette vicine alla nostra tradizione gastronomica: "Essendo appena arrivati, adesso il primo obiettivo è proporre ai consumatori il nostro prodotto iconico: il secchiello con il pollo fritto cucinato secondo la "original recipe" del fondatore Harland Sanders, oppure le alette di pollo piccanti o i filetti fritti. In futuro però ci saranno sicuramente variazioni sui panini utilizzando nuovi ingredienti italiani".

Tradizionalmente frequentati da giovani, i ristoranti sono appetibili anche per un target più trasversale, attirato dall'offerta di secchielli maxi pensati per la condivisione del pasto e dalla possibilità di piatti da asporto acquistabili dall'auto. Mentre si fanno i bilanci sul primo anno di attività, la società lavora per l'apertura dei prossimi locali: "L'obiettivo è un fatturato maggiore di 2 milioni di euro per ristorante, target che i locali di Roma e Torino hanno già superato. Entro il 2015 apriremo altri due ristoranti, a Genova e a Roma, in due aree commerciali, mentre il prossimo anno inaugureremo anche quattro locali con corsia Drive Thru, per l'ordinazione e il take away dall'auto".
 
Direi che Mcd è ancora bella viva e vegeta... e sui massimi storici !
 
Indietro