Azzalora ..Azimut....p/e ai minimi e azionisti in pellegrinaggio

imho, avrebbero fatto un accelerated bookbuilding. Comunque vedremo se escono dettagli.
e si................... dovevano concludere l'operazione al più presto prima che l'azione si portasse a valori molto alti e il margine di gain si riducesse troppo
 
Azimut Holding, Timone Fiduciaria rafforza la sua partecipazione di Redazione Lapenna del Web 23 mar 2022 ore 09:22 Le news sul tuo Smartphone

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mi son fatto diverse volte la domanda del perchè di questa operazione di Timone? che bisogno c'era di chiedere nel marzo del 2022 un prestito bancario di 30 milioni per acquistare azioni visto che adesso le ha cedute? certo .hanno avuto una plusvalenza ,(22,35€ -20,28€)x 1260000=2600000€ circa a cui vanno tolte commissioni e tasse. ma qual' è stato lo scopo di questa cessione? non credo la plusvalenza da dividersi, ma forse dovevano fare un piacere a qualcuno da cui hanno avuto qualcosa
E sì che l’ho già spiegata diverse volte l’operazione.
Da noi entrano consulenti nuovi ogni anno, pertanto, per permettere a questi di entrare nel Patto, viene fatto ciclicamente l’LBO.
L’operazione viene fatta in leva, per minimizzare l’esborso dei consulenti e contemporaneamente massimizzare l’eventuale plusvalenza.
È stata chiusa l’operazione perché al Patto la plusvalenza raggiunta sembrava già soddisfacente.
Non c’entra una mazza UniCredit.
 
gr: rimescolano geografia risparmio italiano (Mi.Fi)
ROMA (MF-DJ)--Il consolidamento del sistema finanziario non è partito dalle banche, ma dalle società di risparmio gestito. L'ingresso di Fsi nel capitale di Anima arriva a quasi due mesi dall'annuncio dell'alleanza tra Azimut e Unicredit nel wealth management. Secondo analisti e investitori si tratta di due operazioni che, pur nelle loro peculiarità, sono destinate a ridisegnare le geografie del settore. Le mosse degli operatori saranno peraltro seguite con grande attenzione dal governo, visto che da esse dipenderà il futuro di una fetta importante del risparmio italiano.
Martedì 14 febbraio il fondo Fsi di Maurizio Tamagnini ha comprato il 7,2% di Anima per 108,7 milioni nell'ambito di un reverse accelerated bookbuilding gestito da Mediobanca. L'operazione si presta ad almeno un paio di interpretazioni. Da un lato, c'è la lettura industriale: dopo gli investimenti in Cedacri, Lynx e Cerved, con l'ingresso in Anima la sgr di Tamagnini ha confermato l'interesse per quelle nicchie dei servizi finanziari dove l'utilizzo delle nuove tecnologie è oggi sempre più intenso. La seconda interpretazione è invece di natura politica. La ricostruzione fatta da un paio di fonti romane descrive un'operazione di sistema con in regia il governo e, in particolare, il ministero dell'Economia guidato da Giancarlo Giorgetti e con il preciso intento di proteggere Anima da appetiti stranieri.
Nel dicembre scorso, con una mossa altrettanto inattesa di quella del suo predecessore, il nuovo ceo di Unicredit Andrea Orcel ha cambiato le carte in tavola. Se i risultati saranno all'altezza delle ambizioni, la partnership commerciale con Azimut potrebbe ridisegnare le geografie del risparmio gestito in Italia. La conseguenza più immediata è quella di mettere in discussione il rinnovo della partnership di Unicredit con Amundi che scadrà nel 2027. Sebbene un divorzio non sia ancora scontato, con ogni probabilità l'alleanza sarà rivisitata, con il rischio di depotenziare il business del colosso francese.
Non è peraltro sfuggito al mercato che, proprio poche settimane dopo l'annuncio di piazza Gae Aulenti, Amundi ha scelto di cambiare il vertice della controllata italiana scegliendo per il ruolo di amministratore delegato e direttore generale Gabriele Tavazzani. Spetterà insomma a lui ricalibrare la strategia. Che opzioni ci sono sul tavolo? Nella primavera scorsa Amundi è diventata azionista di Anima con una quota del 5,2% e, a cavallo dell'estate, i rumors su una possibile opa totalitaria si sono intensificati nelle sale operative. Un blitz sulla sgr milanese avrebbe del resto molto senso. Non solo perché il principale cliente di Anima è Banco Bpm, di cui il Credit Agricole è primo socio al 9%, ma anche perché l'altro grande cliente è Mps, la banca pubblica con cui piazza Meda potrebbe presto convolare a nozze. Prendendo il controllo della sgr insomma Parigi acquisirebbe un implicito diritto di prelazione sul terzo polo bancario italiano. Fino a qualche mese fa l'ipotesi sembrava realistica, in forza non solo del trattato del Quirinale siglato tra Mario Draghi ed Emmanuel Macron ma anche della vicinanza dei vertici dell'Agricole con l'ex direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera. Poi però molte cose sono cambiate. A Palazzo Chigi è arrivano un esecutivo molto attento alla difesa dell'italianità e con rapporti alquanto tiepidi con Parigi. In aggiunta a gennaio Riccardo Barbieri ha sostituito Rivera come direttore generale del Tesoro, privando la finanza transalpina di un punto di riferimento prezioso e aprendo così la strada a un profondo rimescolamento degli equilibri in alcune importanti partite societarie. Con l'ingresso di Fsi il fronte dei soci italiani di Anima ha superato il 40%, tenendo conto anche del 3% comprato nella primavera scorsa da Francesco Gaetano Caltagirone.
Con alcuni arrotondamenti, la compagine potrebbe rapidamente raggiungere la maggioranza assoluta del capitale, mettendo in sicurezza il controllo della sgr da appetiti stranieri. Non è sfuggito il ruolo di Mediobanca che si è rivolta al mercato con due comunicati tra martedì 14 e mercoledì 15. È possibile che, con il deal, piazzetta Cuccia abbia accresciuto il proprio credito politico presso il governo. Come spenderlo? Si specula da tempo su una grande operazione straordinaria che rafforzi Mediobanca nel risparmio gestito. Anche se per il momento nessun dossier è sul tavolo, gli occhi di analisti e investitori restano puntati su Banca Generali. Un deal tra Milano e Trieste rimane un'opzione molto suggestiva, anche se complessa. Non solo perché, dopo la battuta d'arresto sull'americana Guggenheim, Generali non ha ancora individuato un nuovo target. Ma anche perché, ove mai la vendita venisse confermata, Mediobanca dovrebbe affrontare due aspetti problematici: da un lato l'intervento di possibili competitor nell'eventuale processo competitivo e dall'altro la questione delle parti correlate.
Senza contare la possibile contrarietà di Delfin e di Francesco Gaetano Caltagirone. Ostacoli certamente complessi ma non proibitivi per Mediobanca. Soprattutto perché la volontà di creare un nuovo polo italiano del risparmio potrebbe incontrare il favore del governo Meloni che, con l'operazione Anima, ha dimostrato di avere parecchio a cuore la materia.
 
gr: rimescolano geografia risparmio italiano (Mi.Fi)
ROMA (MF-DJ)--Il consolidamento del sistema finanziario non è partito dalle banche, ma dalle società di risparmio gestito. L'ingresso di Fsi nel capitale di Anima arriva a quasi due mesi dall'annuncio dell'alleanza tra Azimut e Unicredit nel wealth management. Secondo analisti e investitori si tratta di due operazioni che, pur nelle loro peculiarità, sono destinate a ridisegnare le geografie del settore. Le mosse degli operatori saranno peraltro seguite con grande attenzione dal governo, visto che da esse dipenderà il futuro di una fetta importante del risparmio italiano.
Martedì 14 febbraio il fondo Fsi di Maurizio Tamagnini ha comprato il 7,2% di Anima per 108,7 milioni nell'ambito di un reverse accelerated bookbuilding gestito da Mediobanca. L'operazione si presta ad almeno un paio di interpretazioni. Da un lato, c'è la lettura industriale: dopo gli investimenti in Cedacri, Lynx e Cerved, con l'ingresso in Anima la sgr di Tamagnini ha confermato l'interesse per quelle nicchie dei servizi finanziari dove l'utilizzo delle nuove tecnologie è oggi sempre più intenso. La seconda interpretazione è invece di natura politica. La ricostruzione fatta da un paio di fonti romane descrive un'operazione di sistema con in regia il governo e, in particolare, il ministero dell'Economia guidato da Giancarlo Giorgetti e con il preciso intento di proteggere Anima da appetiti stranieri.
Nel dicembre scorso, con una mossa altrettanto inattesa di quella del suo predecessore, il nuovo ceo di Unicredit Andrea Orcel ha cambiato le carte in tavola. Se i risultati saranno all'altezza delle ambizioni, la partnership commerciale con Azimut potrebbe ridisegnare le geografie del risparmio gestito in Italia. La conseguenza più immediata è quella di mettere in discussione il rinnovo della partnership di Unicredit con Amundi che scadrà nel 2027. Sebbene un divorzio non sia ancora scontato, con ogni probabilità l'alleanza sarà rivisitata, con il rischio di depotenziare il business del colosso francese.
Non è peraltro sfuggito al mercato che, proprio poche settimane dopo l'annuncio di piazza Gae Aulenti, Amundi ha scelto di cambiare il vertice della controllata italiana scegliendo per il ruolo di amministratore delegato e direttore generale Gabriele Tavazzani. Spetterà insomma a lui ricalibrare la strategia. Che opzioni ci sono sul tavolo? Nella primavera scorsa Amundi è diventata azionista di Anima con una quota del 5,2% e, a cavallo dell'estate, i rumors su una possibile opa totalitaria si sono intensificati nelle sale operative. Un blitz sulla sgr milanese avrebbe del resto molto senso. Non solo perché il principale cliente di Anima è Banco Bpm, di cui il Credit Agricole è primo socio al 9%, ma anche perché l'altro grande cliente è Mps, la banca pubblica con cui piazza Meda potrebbe presto convolare a nozze. Prendendo il controllo della sgr insomma Parigi acquisirebbe un implicito diritto di prelazione sul terzo polo bancario italiano. Fino a qualche mese fa l'ipotesi sembrava realistica, in forza non solo del trattato del Quirinale siglato tra Mario Draghi ed Emmanuel Macron ma anche della vicinanza dei vertici dell'Agricole con l'ex direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera. Poi però molte cose sono cambiate. A Palazzo Chigi è arrivano un esecutivo molto attento alla difesa dell'italianità e con rapporti alquanto tiepidi con Parigi. In aggiunta a gennaio Riccardo Barbieri ha sostituito Rivera come direttore generale del Tesoro, privando la finanza transalpina di un punto di riferimento prezioso e aprendo così la strada a un profondo rimescolamento degli equilibri in alcune importanti partite societarie. Con l'ingresso di Fsi il fronte dei soci italiani di Anima ha superato il 40%, tenendo conto anche del 3% comprato nella primavera scorsa da Francesco Gaetano Caltagirone.
Con alcuni arrotondamenti, la compagine potrebbe rapidamente raggiungere la maggioranza assoluta del capitale, mettendo in sicurezza il controllo della sgr da appetiti stranieri. Non è sfuggito il ruolo di Mediobanca che si è rivolta al mercato con due comunicati tra martedì 14 e mercoledì 15. È possibile che, con il deal, piazzetta Cuccia abbia accresciuto il proprio credito politico presso il governo. Come spenderlo? Si specula da tempo su una grande operazione straordinaria che rafforzi Mediobanca nel risparmio gestito. Anche se per il momento nessun dossier è sul tavolo, gli occhi di analisti e investitori restano puntati su Banca Generali. Un deal tra Milano e Trieste rimane un'opzione molto suggestiva, anche se complessa. Non solo perché, dopo la battuta d'arresto sull'americana Guggenheim, Generali non ha ancora individuato un nuovo target. Ma anche perché, ove mai la vendita venisse confermata, Mediobanca dovrebbe affrontare due aspetti problematici: da un lato l'intervento di possibili competitor nell'eventuale processo competitivo e dall'altro la questione delle parti correlate.
Senza contare la possibile contrarietà di Delfin e di Francesco Gaetano Caltagirone. Ostacoli certamente complessi ma non proibitivi per Mediobanca. Soprattutto perché la volontà di creare un nuovo polo italiano del risparmio potrebbe incontrare il favore del governo Meloni che, con l'operazione Anima, ha dimostrato di avere parecchio a cuore la materia.
UniCredit desidera "far fuori" Amundi e ricreare quella che fu Pioneer, pertanto ha chiesto ad Azimut le competenze per ricrearsi una fabbrica prodotto tutta sua.
 
MILANO (MF-DJ)--Il mondo della consulenza finanziaria coglie l'occasione di un convegno in Borsa Italiana per dire no all'unisono alla proposta di Mairead McGuinness, commissaria Ue per i servizi

finanziari, che nei giorni scorsi ha fatto capire che Bruxelles è orientata a vietare le commissioni agli intermediari (come per esempio le banche) che distribuiscono strumenti finanziari.

Il provvedimento sarebbe preso nell'ambito della "Retail Investment Strategy" in corso di definizione da parte della Commissione Ue e ha già creato due fazioni politiche in parlamento, una pro e una contro, capitanata tra l'altro dal ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner. Quest'ultimo in una lettera a McGuinness ha sottolineato che vietare le commissioni sulle vendite di prodotti finanziari da parte di banche e assicuratori sarebbe una "grave battuta d'arresto" per il mercato dei capitali dell'Unione europea e limiterebbe la scelta per i consumatori.


I banchieri, dal canto loro, sono tutti contrari e dal palco di Palazzo Mezzanotte hanno spiegato le loro ragioni: "Sta diventando una posizione dogmatica molto forte e rischia di compromettere tutto ciò che è stato fatto in Italia nel mondo della consulenza. Tra l'altro si portano come esempi il modello inglese e quello olandese che hanno portato a malfunzionamenti nel sistema che non vanno nascosti", ha affermato Tommaso Corcos, ad di Fideuram Ispb.

Corcos ha quindi segnalato che dopo l'avvio della normativa sul mercato inglese "in Uk il numero di consulenti finanziari indipendenti è diminuito. Il mondo degli affluent ha iniziato a segnalare un gap significativo, molti hanno sopperito all'assenza dell'advice con il fai da te...Come si suol dire: tanto rumore per nulla", ha aggiunto.

Ancora più tranchant Massimo Doris, numero uno di Mediolanum. "Io l'ho definita una guerra di religione: uno che si innamora di un'idea e cerca tutti gli elementi a supporto di quell'idea", ha spiegato.

"Io sono per il libero mercato. Perché vietare una cosa che non è

dannosa? Facciamo scegliere al cliente", ha aggiunto il banchiere.

Doris ha aggiunto che "il cambiamento non arriverà domani mattina.

Sarà un processo lungo. Noi stiamo lavorando per prepararci a questo

eventuale cambiamento che però, davvero, spero non arrivi perchè

significherebbe ritornare al punto di partenza. Il libero mercato è una

soluzione molto più auspicabile".

Anche Fineco si sta già preparando all'eventuale modifica. "Io sono per il libero mercato. "Il cambiamento non arriverà domattina: è una

direttiva che seguirà un processo lungo. Però è molto probabile che il

cambiamento avverrà e visto che potrebbe essere strutturale preferiamo

muoverci in anticipo che aspettare l'esito degli eventi". Quanto agli impatti ha aggiunto: "A mio avviso si andrà verso la direzione di una maggiore chiusura delle piattaforme e verso una spinta a fondi passivi ed Etf due aspetti pratici".

Per Paolo Martini, ad di Azimut Holding, "chi ha fatto questa proposta si vede che non incontra moltissimi clienti: l'industria ha già degli strumenti per esempio nel mondo dell'advisory e delle gestioni patrimoniali che fanno della trasparenza un driver importante. Dobbiamo lasciare il mercato libero: imporre a un'industria che funziona una modifica di tale portata non è intelligente".

Contraria anche Allianz Bank. "Allianz ha già esplicitato una posizione di opposizione a questa ipotetica normativa: dal gruppo di lavoro di cui faccio parte emerge che l'Italia è più avanti degli altri Paesi sotto tutti i profili. Dal fatto che la decisione sia stata spostata a maggio traspare che l'agenda non è così chiara, in Parlamento si sono già formate due fazioni di tipo politico", ha affermato Paola Pietrafesa, ad di Allianz Bank. "Qualunque sarà la decisione la nostra industria è forte e sapremo affrontare le novità come e meglio degli altri Paesi", ha concluso Pietrafesa.

claudia.cervini@mfdowjones.it

cce

MF-DJ NEWS

1616:12 feb 2023
 

Azimut, un nuovo finanziamento per la tecnologia​



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DI REDAZIONE21 FEBBRAIO 2023 | 10:21


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Azimut, un nuovo finanziamento per la tecnologia
00:00

C.R.S. Impianti Srl, player affermato sia a livello nazionale che internazionale nella progettazione, installazione, manutenzione e vendita di impianti tecnologici civili ed industriali, ha ottenuto un finanziamento diretto da 2,5 milioni di euro tramite Azimut Direct, fintech del gruppo Azimut specializzata in strumenti di finanza alternativa per la raccolta di capitali presso investitori qualificati. L’operazione ha beneficiato della collaborazione della rete dei consulenti finanziari del Gruppo, tra i principali operatori indipendenti del risparmio gestito in Europa. Il finanziamento, assistito da Garanzia SupportItalia SACE, ha una durata pari a 4 anni ed è stato sottoscritto da un investitore istituzionale. L’operazione andrà a supporto del capitale circolante, specie per quanto riguarda la gestione dei rapporti commerciali con i fornitori, nonché dello sviluppo del piano industriale della società. Sviluppo che Azimut Direct continua a sostenere avendo concluso negli ultimi anni con la società operazioni di finanziamento per complessivi 7,5 milioni di euro. Nata oltre 30 anni fa come azienda locale, oggi C.R.S. Impianti è una realtà fortemente consolidata che si sviluppa all’interno di un’area di 13.000 mq in cui, parallelamente alla realizzazione di impianti, vengono sviluppate soluzioni tecnologiche complete ed innovative. La società opera da sempre in un’ottica di costante rinnovamento e di spinta verso l’innovazione con particolare attenzione all’efficientamento energetico ed all’utilizzo di fonti rinnovabili di ultima generazione. Nel corso degli anni, la società ha consolidato importanti relazioni commerciali con i propri clienti, tra i quali figurano importanti player internazionali. C.R.S. Impianti è presente anche oltre i confini italiani con progetti e cantieri realizzati in Ghana, Inghilterra, Messico, Polonia e Repubblica Ceca.

“Il supporto finanziario trovato da Azimut ci consente di consolidare la nostra presenza in mercati nazionali ed internazionali, su attività e progetti altamente innovativi e strategici nel campo dell’efficientamento energetico; in particolare abbiamo investito nell’acquisizione di know-how nel campo del biometano, idrogeno, e sistemi ibridi di produzione di energia,settori in cui CRS è presente da oltre un ventennio ” sottolinea Stefano Civettini, Amministratore Unico C.R.S. Impianti. “L’operazione con C.R.S. conferma ancora una volta la grande capacità dei consulenti finanziari Azimut di supportare gli imprenditori sul territorio in tutte le loro esigenze. Le sinergie sviluppate all’interno del Gruppo forgiano un nuovo modello di servizio per il cliente in cui ascolto e assistenza sono essenziali” aggiunge Oliviero Pulcini, Managing Director di Azimut Capital Management Sgr Area 2.
“Una fintech come Azimut Direct è naturalmente predisposta verso quelle realtà dinamiche e attente all’innovazione come C.R.S. Impianti, società affermata nel settore dell’impiantistica industriale. La nostra peculiarità è di operare un modello misto, con importante impronta “tech” sulla componente di analisi e qualitativa nella relazione, impostata sul lungo periodo. Forte coordinamento con la rete dei consulenti finanziari Azimut, competenza e specializzazione ci hanno consentito di soddisfare tempestivamente le esigenze della società”, conclude Antonio Chicca, Managing Director Azimut Direct.
 
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Azimut: investe in WealthTech e acquisisce quota in Virtual B che cambia nome​


23-02-2023 | 12:26
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MILANO (MF-DJ)--Azimut investe in Virtual B, azienda WealthTech specializzata in AI e data analytics per il settore del wealth management che cambia la sua denominazione in Wealthype e ha l'obiettivo di far crescere la sua piattaforma di consulenza finanziaria data-driven, espandendosi anche all'estero.
Nel mese di gennaio, informa una nota, si è chiuso un round di investimento che ha visto entrare nel capitale di Virtual B, con una quota di minoranza, il Gruppo Azimut. Tramite la controllata Azimut Enterprises, il Gruppo ha così aggiunto anche il ramo WealthTech a una nutrita pipeline di investimenti Fintech effettuati negli ultimi anni.
Azimut si posiziona così come una delle aziende più avanzate in Europa per gli investimenti in Fintech, che costituiscono un pilastro fondamentale della sua strategia di crescita. Uno degli obiettivi di quest'ultimo investimento è di partecipare allo sviluppo strategico di soluzioni di mercato che possano essere adottate dall'industria nella sua sempre più rapida evoluzione. Tra gli azionisti storici rimane nel capitale con una quota significativa la CC Holding di Claudio Costamagna, socio fondatore.

Wealthype (già Virtual B) ha sviluppato una innovativa piattaforma di consulenza finanziaria avanzata basata sull'uso intensivo dell'Intelligenza Artificiale. Si tratta di un "recommendation system" basato su algoritmi e tecnologia proprietarie,sviluppato dai data scientists di Wealthype, che consente alle aziende che distribuiscono prodotti finanziari e assicurativi una completa personalizzazione della proposta, secondo i dettami regolamentari e in linea con gli specifici bisogni e obiettivi di ogni cliente. L'obiettivo della soluzione è quello di massimizzare sia la soddisfazione del cliente finale sia la produttività dei consulenti finanziari. Wealthype offre già i suoi servizi a grandi reti distributive e banche in Italia e si rafforza con questa operazione per proseguire il suo piano di crescita indipendente.
Serena Torielli, amministratore delegato e co-fondatore di Wealthype, dichiara: "l'esplosione delle applicazioni di Intelligenza Artificiale e il cambiamento dei modelli di distribuzione impongono alle reti di dotarsi di strumenti che le aiutino a essere sempre più competitive in un settore nel quale i prodotti finanziari, la regolamentazione e le esigenze dei clienti sono diventate sempre più complesse. Quello che noi facciamo è mettere al servizio dei consulenti finanziari le potenzialità dell'AI, per massimizzare non solo la produttività, ma anche il benessere finanziario dei clienti finali. Sono orgogliosa che una realtà avanzata e, per certi versi, visionaria come Azimut abbia compreso le potenzialità di sviluppo della nostra piattaforma e abbia deciso di sostenerci in un processo di crescita che ci vedrà presto accedere anche ad altri mercati, a cominciare da quello europeo".
Giorgio Medda, amministratore delegato e global head of asset management & fintech del Gruppo Azimut, e Alessandro Zambotti, amministratore delegato e Cfo del Gruppo Azimut, commentano: "l'integrazione della tecnologia nell'asset management ha il potenziale di creare un'esperienza personalizzata per i clienti, migliorando l'efficacia dell'offerta di prodotto nel soddisfare i loro obiettivi finanziari e cogliendo i benefici di efficienza legati alla scalabilità delle soluzioni adottabili. È ormai chiaro che l'evoluzione della nostra industria richieda l'adozione di modelli di business che incorporino strumenti di interpretazione istantanea, dinamica ed integrata dei bisogni dei singoli clienti attraverso la lettura di dati che rappresentano i costituenti dei molteplici vettori del loro approccio al risparmio. La partnership con Wealthype è uno sviluppo importante per il Gruppo che dimostra il suo impegno ad investire sui migliori talenti del mercato, affermando come la disruption tecnologica sia al centro delsuo sviluppo strategico in Italia, a supporto del ruolo fondamentale deisuoi Financial Partners nell'offerta di una consulenza patrimoniale evoluta ed all'interno del suo network globale".
com/alb
alberto.chimenti@mfdowjones.it
 
che palleeeeeeeee
 
per salire prendiamo la lumaca, per scendere il treno:specchio::specchio:
 
siamo sempre fermi..azzalora
 
Credo che questo titolo salirà quando Giuliani troverà qualcuno con le pall che lo sponsidererà
Dimenticavo Lupon non sono preoccupato nemmeno io ma il p/e
è scandaloso.......
ebbene che Giuliani si faccia sponsorizzare da qualcuno bravo
 
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