Bastonato senza pietà. Accusato di essere per il 76% responsabile degli aumenti di tasse decisi dal governo guidato da Mario Monti.
Peggio, indicato come il vero motore della spesa pubblica, aumentata a dismisura tra il 2001 e il 2006, quando a palazzo Chigi abitava Silvio Berlusconi alla testa della sua invincibile armata Forza Italia-Lega Nord-Alleanza Nazionale-Unione di Centro.
Non ha avuto sconti, il Cavaliere redivivo leader del Pdl, dal suo collega imprenditore e ormai leader politico ombra Luca Cordero di Montezemolo.
Ieri, nel sito della Associazione che ormai procede verso la totale metamorfosi in movimento politico a sostegno di Monti è comparso, a firma Enrico Zanetti, un lunghissimo editoriale dal titolo illuminante: “Tasse e spesa, i numeri da cui si parte. Contro gli incantesimi da pre-campagna elettorale”.
Con un linguaggio durissimo, l'autore si scaglia contro un avvio della campagna elettorale che «senza ancora le regole che la caratterizzano, consente in questi giorni comizi che si svolgono non soltanto senza contradditorio contestuale, ma pure senza bilanciamento differito. In questo modo, chiunque può sparare le baggianate più infondate e sperare pure che si sedimentino nelle convinzioni degli italiani».
Ed ecco allora le cifre messe nero su bianco come «antidoto alle venefiche pozioni che navigati incantatori di serpenti cercano per l'ennesima volta di propinare a tutti noi».
Il primo numero fa quasi rabbrividire, perché tra il 2000 e il 20006, cioè tra il breve governo di Giuliano Amato e i Berlusconi bis e ter (dall'11 giugno 2001 al maggio del 2006), la spesa pubblica al netto degli interessi è aumentata da 475 a 662 miliardi di euro, con «un incremento nominale di 187 miliardi di euro che, tradotto in termini reali, equivale a un inguardabile, irresponsabile e devastante aumento di 115 (+21,22%)».
E se non bastasse questa cifra per individuare quello che i montezemoliani considerano il vero responsabile dello sfacelo che poi Monti è stato chiamato ad affrontare, sono i numeri indicati poche righe dopo a mettere chiaramente sulla strada giusta: «Abbiamo fatto pena nella Prima Repubblica e molto meno bene di quel che si racconta - e di quel che avremmo potuto fare - negli anni tra il 1993 e il 2000», si può leggere ancora,«ma è nel quinquennio 2001 - 2006 che abbiamo riportato l'Italia sull'orlo del baratro, con un micidiale mix di politiche ultra-stataliste sul lato della spesa e pseudo-liberiste sul lato delle entrate.
Pseudo, perché finanziate essenzialmente a colpi di condoni fiscali». Insomma, una istantanea che ritrae senza ombra di dubbio Berlusconi e il suo amato e odiato ministro dell'economia, Giulio Tremonti, inventore della finanza pubblica creativa.
Per un attimo, nel fotografare quegli anni, gli uomini di Montezemolo non trascurano le responsabilità di Romano Prodi-Tommaso Padoa Schioppa, e del loro governo di di centro-sinistra che nel «biennio a cavallo tra il 2006 e il 2008 ha parzialmente riequilibrato i conti nel modo più semplice e ad esso più congeniale: alzando le entrate».
Non è un caso che la pressione fiscale sia passata in quel periodo dal 40,08% del pil nel l 2005 al 42,65% del2008 «nonostante non vi fossero decisioni da assumere da un giorno per l'altro» e ci fosse il tempo «per pianificare una politica meno ideologica e miope, finalizzata a far crescere il paese e non solo a difendere lo Stato; ma, si sa, per taluni le tasse sono bellissime”.
Ma poi si torna a bomba e al governo Berlusconi 2008-2011che ha sostanzialmente mantenuto sia il livello di spesa che aveva «inopinatamente fatto esplodere nel corso della sua precedente esperienza, sia il livello di pressione fiscale utilizzato come unica possibile risposta dal governo immediatamente precedente».
Una scelta, questa, scellerata perché l'ultimo esecutivo Berlusconi «aveva avuto due anni a disposizione , per capire che era ora e tempo di avviare una revisione della spesa e, meglio ancora, una revisione dello Stato».
Invece nulla da fare, come dimostrano ancora una volta i numeri delle manovre messe in campo dal maggio-agosto 2011 da Tremonti e le misure di Monti del dicembre dell'anno scorso. Cifre che «evidenziano come il 76% di quegli aumenti di pressione fiscale sia riconducibile alle scelte tardivamente operate dal governo di centro-destra uscente e solo l'ulteriore 24% a quelle frettolosamente aggiunte dal governo tecnico entrante», al quale tra l'altro «va riconosciuto di aver avviato nel corso del 2012, seppure in modo ancora troppo timido, un percorso di rientro da quell'abnorme aumento della spesa pubblica generatosi negli anni successivi al 2000».
Insomma, Monti ha i suoi meriti e le sue colpe, ma nessuno, secondo Italia Futura può dimenticare i demeriti del centro-destra e del cavaliere.
Che non può rilanciare nel suo programma di governo «l'abolizione dell'Imu sulla prima casa o la detassazione delle tredicesime, per altro ponendo in contropartita altre tasse sui consumi e sui giochi o, peggio ancora, gli introiti derivanti dalla lotta all'evasione fiscale», perché è ora di fare una vera revisione della spesa che consenta di avere «risorse adeguate da reinvestire prioritariamente nella riduzione della pressione fiscale sulle imprese con prevalente componente di lavoro, per far ripartire l'economia e, infine, liberare ulteriori risorse con cui ridurre anche altre tasse inique». Tutte cose che gli uomini di Montezemolo non si aspettano dal Pd di Pier Luigi Bersani e dal centrosinistra «genuinamente convinto della necessità di non ridurre la spesa e ridimensionare l'apparato pubblico», ma neanche dal centrodestra, che «pur avendole a lungo declamate, ha fatto l'esatto contrario e ha contribuito in modo determinante a portarci ove oggi ci troviamo». Più chiari di così...