Dietro alle preoccupazioni, emerse dalle rivelazioni di Wikileaks, che il governo americano nutre nei confronti della particolare amicizia tra Silvio Berlusconi e Vladimir Putin c’è innanzitutto il gas, materia prima di cui l’Europa ha disperato bisogno, nuova potente arma di ricatto e di pressione. Nabucco contro South Stream, ovvero asse Usa-Ue contro intesa Italia-Russia.
I gasdotti sono espressione di due schieramenti diversi non apertamente antagonisti, ma fondamentalmente opposti. Il progetto per il South Stream è nato dal rapporto privilegiato tra Gazprom, espressione diretta del Cremlino, e l’Eni, che hanno firmato il primo memorandum nel 2007. Partendo dal territorio russo, i tubi attraverseranno il Mar Nero nell’offshore di pertinenza turca per proseguire in Bulgaria, Serbia, Ungheria, Grecia, Italia (paesi con cui sono già stati stretti accordi), Slovenia e Austria (ancora in fase di trattativa).
Dal punto di vista europeo – ed americano – il gasdotto rappresenta però una potenziale arma con cui la Russia può mettere sotto scacco il Vecchio Continente. Mosca potrebbe cioè ristabilire la vecchia area di influenza sovietica, ottenere il tanto cercato e mai ottenuto accesso al Mediterraneo e, allo stesso tempo, temono da Washington, ”ricattare” l’Europa imponendo i prezzi di transito della materia prima o, in casi estremi, chiudendo i rubinetti alla fonte (come già fatto nel contenzioso con l’Ucraina).
Interpretazione sempre smentita da Mosca: non a caso, nell’ottica più volte dichiarata dal Cremlino di rendere il South Stream un progetto ‘veramente europeo’, nel gasdotto hanno fatto recentemente ingresso i francesi di Edf e non si esclude una futura partecipazione anche dei tedeschi di Wintershall. Come il South Stream anche il Nabucco è destinato a sfamare il fabbisogno energetico europeo, ma questa volta con il gas del Caucaso, del Mar Caspio e, in prospettiva, del Medio Oriente, risorsa su cui però al momento non si può contare, nonostante l’impegno degli Stati Uniti a stabilizzare l’area e ad imporre la loro supremazia.
Il progetto, nato nel 2002, è sostenuto da Bruxelles, dagli Usa e dai Paesi est europei, desiderosi di emanciparsi dalla dipendenza dal gas russo. Partecipano direttamente i gruppi energetici di Turchia, Bulgaria, Romania, Ungheria, Austria e Germania. Ma non l’Italia. La posizione tenuta dall’Eni nello scacchiere internazionale, giudicata a volte sfuggente dal punto di vista atlantico, non è del resto mai stata ignorata dagli Stati Uniti fin dai tempi di Enrico Mattei e delle sette sorelle. Il rapporto anche personale tra Putin e Berlusconi ha così riportato sotto la lente americana gli affari del gruppo energetico italiano, i cui funzionari sono stati ”chiamati a rapporto” dai delegati Usa anche sul caso Iran.
Nel Paese ”canaglia” l’Eni ha infatti contratti in essere per investimenti da 3 miliardi di euro, che, emerge da Wikileaks, la società punta a recuperare, rispettando gli impegni presi. Il gruppo ha sempre precisato non aver stipulato nuovi accordi e di non essere intenzionato a farlo. A tutto ciò non possono che aggiungersi gli strettissimi rapporti personali tra Berlusconi ed il colonnello Gheddafi che tanto stanno aiutando L’Eni anche in terra di Libia. Non è un caso quindi se l’Italia è da mesi impegnata a convincere la Bulgaria della convenienza di South Stream e se lo stesso Berlusconi da tempo si sta spendendo con Sultan Nazarbayev, al potere da quasi vent’anni in Kazakstan.
Il premier infatti già martedì sera sarà ad Astana per partecipare al vertice dell’Osce e non è escluso che possa avere dei bilaterali su questo tema. Di energia si parlerà’ sicuramente a Soci, dove Berlusconi sarà il prossimo tre dicembre per un vertice bilaterale tra Italia e Russia. I riferimenti più o meno diretti di Wikileaks all’Eni sono stati comunque rimandati al mittente dall’amministratore delegato del gruppo Paolo Scaroni: ”Non commento indiscrezioni di stampa, figuriamoci questa specie di Dago-spy”
Onore al patriota Silvio