Bersani trova l'anti-Ingroia Pietro Grasso candidato del Pd

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Il procuratore nazionale antimafia ha estimatori anche nel Pdl, che aiutò la sua elezione alla guida della Dna. Si dimette dalla magistratura (aveva detto: mai con un partito). Il pm Dambruoso va col centro. In affanno i dirigenti del Pd a caccia della candidatura. Finocchiaro contestata a Taranto. Polemiche in SeL per l'alto numero dei garantiti.

A. Fab. - 28.12.2012


Il Pd risponde superprocuratore a procuratore. Pietro Grasso, che fu eletto per la prima volta alla guida della Direzione nazionale antimafia grazie a una norma del governo Berlusconi mirata a escludere Giancarlo Caselli, e che ad ottobre del prossimo anno avrebbe comunque lasciato l'incarico, sarà candidato al parlamento per il partito democratico. Stamattina Bersani lo presenterà in una conferenza stampa. Proprio oggi il segretario avrebbe dovuto incontrare Antonio Ingroia, punto di riferimento del movimento arancione, che qualche settimana gli aveva indirizzato un'estrema richiesta di confronto. Incontro saltato. La scelta di Bersani di un candidato in grado di bilanciare l'appeal di Ingroia nell'elettorato di centrosinistra è valsa come risposta negativa.
Grasso ha inoltrato la rituale richiesta di aspettativa al Consiglio superiore della magistratura. Come lui anche Stefano Dambruoso, l'ex pm antiterrorismo promosso a vari incarichi dall'ultimo governo Berlusconi e poi associato nel think-tank di Montezemolo: correrà anche lui, ma con i colori dell'Agenda Monti. Mentre già crescevano le polemiche per la scelta di Grasso, il capo della Dna ha fatto sapere di avere pronta anche un'irrevocabile domanda di pensionamento. Lascerà per sempre la magistratura. Lascia anche qualche rimpianto nel centrodestra, dove in molti lo stimano e fanno fatica a criticarlo. Dell'Utri ne fa addirittura un pubblico elogio, in rete circolano le sue dichiarazioni di solo pochi mesi fa a proposito di «un premio speciale» da consegnare al governo Berlusconi per la lotta alla mafia. Se ha avuto un ripensamento non è l'unico: quando a gennaio si faceva il suo nome come candidato per le regionali siciliane, Grasso aveva escluso ogni «eventuale esperienza politica sotto forma di schieramento con un partito, cosa che è estranea al mio ruolo, alla mia funzione e alla mia cultura. Penserei - aveva aggiunto - piuttosto a quella che ho definito una lista civica nazionale».
Sarà invece uno dei portabandiera del Pd, inserito in quella lista di candidature protette che la direzione del partito ha affidato a Bersani. Non poche: il 10% non degli eletti bensì di tutti i candidati. Più i capilista in tutte le circoscrizioni di camera e senato. Le primarie sono per gli altri, anche per molti dirigenti vecchi e nuovi del partito. E non sono un pranzo di gala, come ha sperimentato ieri Anna Finocchiaro, presidente dei senatori Pd, catapultata a Taranto per cercare di conquistare la ricandidatura. E immediatamente assediata dal movimento cittadino che non può dimenticare il voto favorevole del Pd al decreto Ilva, quello che ha permesso all'acciaieria di continuare a produrre inquinando. Bersani comunque avrà l'ultima parola sulla lista dei garantiti, e qualcuno già immagine che subirà pressioni fortissime per recuperare anche qualche bocciato eccellente.
Non mancano i problemi neanche per Sinistra ecologia e libertà, l'altro partito dell'alleanza che sabato e domenica farà le primarie per il parlamentari - in molte città negli stessi seggi del partito democratico, che sono poi quelli delle primarie vinte da Bersani il 2 dicembre (anche la platea degli elettori è la stessa, sono ammessi gli iscritti e coloro che hanno già votato al primo turno del 25 novembre). Il partito di Vendola è agitato da una polemica nata in Sicilia, presto allargatasi alle altre regioni. Alcuni militanti non hanno gradito l'alto numero di «blindature» imposto dalla leadership del partito. Sono 23 le candidature garantite che non passeranno dalle primarie e, nel caso di Sel, al contrario di quello che accade nel Pd, accanto a molti esterni c'è gran parte del gruppo dirigente del partito. Non solo, la pagina Facebook «Se-Li scelgono loro» denuncia che oltre ai «23 pre-scelti» ci saranno altri «23 post-scelti» dalla direzione nazionale, visto che le circoscrizioni dei garantiti saranno decise solo a risultato delle primarie acquisito. In pratica, anche chi dovesse risultare vincitore domenica sera non potrebbe essere certo del primo posto in lista. Perché il partito potrebbe decidere di farlo precedere da uno dei 23 pre-scelti. La direzione influirebbe così direttamente su 46 candidature «sicure», un po' troppe considerando che con un'oscillazione tra il 5% e il 6% Sel punta a conquistare tra i 50 e i 60 parlamentari in tutto. Primarie sì, ma di minoranza.

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