@InZzane
Ma dai no, non perdere tempo.
La stima del FCFF è meno problematica dal mio punto di vista. Se vuoi stimare il valore dell'equity di FB, fare assunzioni sulle variazioni del debito a dieci anni è davvero molto complesso e realisticamente random, per questo preferisco FCFF a FCFE. Nella figura che ho allegato nel messaggio precedente, come vedi, nella voce 'reinvestment' c'è tutto: acquisizioni, disposal, ammortamenti, variazioni del working capital. L'idea è quella di determinare i reinvestimenti in modo molto 'asettico' usando il rapporto sales/capital che vedi in alto: in genere ne prendo uno di settore e lo applico all'impresa. Il problema è che spesso nella sostanza vi è una divergenza, per cui va corretto a seconda delle politiche adottate dalla stessa (es per P&G ho usato il rapporto delle imprese beautycare USA, ma poi l'ho modificato alla luce del fatto che P&G ha una politica di investimenti diversa da quella di settore).
Ovviamente esistono metodi più semplici, ad esempio proiettare una media passata nel futuro. Infine per il tasso di crescita terminale uso una formula da manuale, vale a dire g/ROC, tasso di crescita perpetuo su ROC perpetuo. Nella figura a pagina precedente, come vedi, ho generosamente assunto che il ROC perpetuo sia superiore al costo del capitale. Ci può stare vista la storia di P&G di solidi e robusti rendimenti e visto il vantaggio competitivo di cui gode (portafoglio di brand di grande valore).
In questo senso credo che la stima sia robusta, perché parte da assunzioni più semplici sulla top-line del bilancio e non su aggregati. Stima del costo del debito è immediata per grandi conglomerati come P&G (e alla fine vedi che usando metodi diversi le stime variano veramente poco), mentre per il costo dell'equity è un pò più dura pervenire a valori sensati e di medio/lungo periodo. Mi conforta vedere che comunque le stime per altre consumer staples USA oggi viaggiano attorno al 4%/5%, quindi ci può stare.
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