Il punto su cui convergere è che se ci sarà molto volume di scambi ci sarà un beneficio innegabile per Bitcoin, un nuovo use case creato out of the blue.
L'importante è non intasare troppo la blockchain con il minting, ma anche qui possibile che alla fine il libero mercato delle fees semplicemente non renderà conveniente intasare i blocchi con MB di dati.
Possibile che bitcoin diventi il punto di riferimento per gli "Elite" NFT, mentre i plebei continueranno su ETH.
E' un chiaroscuro.
C'è potenzialmente del bene e del male in questi NFT.
Questo l'ho scritto sin dal primo messaggio.
Quanto alle implicazioni, che si tratti di minting o di trasferimenti conta
zero.
Questo non necessita di spiegazioni.
Conta a tendere il volume complessivo, esattamente come qualsiasi altro genere di volume transazionale.
Lo spazio di blocco è limitato, i fee sono la valvola.
Una variazione poco più che marginale nel volume transazionale può comportare delle conseguenze, specie ove protratta.
La questione è di matematica.
Faccio questa
semplicissima domanda aperta: senza neppure tirare in mezzo questi NFT, se per plebiscito domani i baristi accettassero Bitcoin e
1% di tutti noi italiani ( vale a dire lo
zerovirgolazerozero...qualcosa % della popolazione mondiale) domattina pagasse in BTC (non via LN) il caffè prima di andare in ufficio, cosa succederebbe ?
Più in specifico:
1) Che portata avrebbe questo su mempool e sulla rete ?
2) Quanto tempo ci vorrebbe indicativamente per confermare 1 sola volta tutte quelle transazioni ?
3) Quanto dovrebbe attendere l'avventore
medio al bancone, in assenza di SPV ?
4) Siamo sicuri che si pagherebbe più il caffè che il fee ?
5) Quanti troverebbero positivo l'esito e sarebbero disposti a ripetere quella esperienza ?
Lo so, pare un problema delle elementari.
Però affrontarlo è un esercizio salutare.
La risposta dice se e quanto dovremmo tenere in conto una variazione più che marginale su base globale della domanda transazionale.
A prescindere da natura ed origine.