blog di bow : discussione per confrontarsi sui temi trattati

No, assolutamente. L'indice che replica è un sotto-indice del MSCI World Value: essenzialmente applica un filtro "Quality" al MSCI World Value, cercando di prendere sì aziende con un buon rapporto prezzo/valore di bilancio, ma cercando di escludere aziende di bassa qualità (ad esempio sovraindebitate, con bassa crescita etc...).
Il problema è che certe volte un'azienda è "Value" non perché vale tanto, ma perché costa poco...

Non è una cosa negativa, questo indice dal 2009 ha fatto parecchio peggio del MSCI World classico, ma dal 1998 (prima del decennio 1999-2009) ha fatto significativamente meglio e per dire nell'ultimo anno ha avuto una flessione molto più contenuta.

Molto interessante, grazie. C'è molta confusione sui prodotti che vengono chiamati genericamente "value" ma in realtà spesso replicano indici ben diversi tra loro.
 
Io suggerirei per tale finalità una selezione di una trentina almeno di large-mega cap relativamente stabili, collocate su mercati liquidi. Ad esempio le principali stock del Eurostoxx50, magari arricchite qualche top del S&P500.
E' presumibile, salvo forte crisi dei mercati, che in un orizzonte di anni queste aziende, che raccolgono una significativa percentuale di capitalizzazione dei principali mercati mondiali, riescono non solo a 'pulire' la minus con le vendite e riacquisti di quello che è in gain alla fine di ogni anno, ma anche a chiudere dopo qualche anno, con una capitalizzazione complessiva in crescita, tanto da poter compensare quelle 'rosse' con quelle 'verdi' e chiudere tutto con un guadagno.
Poi sulle prospettive future dei mercati azionari, ovviamente, non v'è certezza.

Comunque stavo iniziando la simulazione di un'operazione simile con bond e azioni (Pantagruel) proprio avendo visto diversi portafogli a sei zeri che per varia provenienza (spesso superstiti della 'gestione del risparmio' fatta a botte di fondi tematici best star degli ultimi anni) hanno accumulato minus significative.

ciao @bow, come mai in un approccio di questo tipo per recupero delle minus suggeriresti di guardare principalmente ad azioni EU e solo in parte US?
per un tema di rischio cambio per l'investitore europeo, o ci sono anche altri ragionamenti dietro?
 
ciao @bow, come mai in un approccio di questo tipo per recupero delle minus suggeriresti di guardare principalmente ad azioni EU e solo in parte US?
per un tema di rischio cambio per l'investitore europeo, o ci sono anche altri ragionamenti dietro?

Rischio cambio per l'investitore europeo e doppia tassazione sui dividendi particolarmente punitiva per alcuni paesi.
Nel caso USA molte Mega-Cap (es. Apple, Amazon, Berskshire) non distribuiscono dividendo quindi il secondo problema non si pone, la quotazione in dollari invece è un problema significativo: che commissioni opera la propria banca sul cambio euro-dollaro in caso di acquisto/vendita (salvo possedere un conto in dollari?) e se uniamo a questo commissioni di negoziazione spesso superiori su NYSE o Nasdaq su 30 titoli il problema può iniziare a profilarsi... oltre al rischio valuta ovviamente, che però abbiamo anche sull'ETF S&P500.

Accollandosi il rischio valuta GBP il mercato UK è invece interessante per l'assenza di doppia tassazione sui dividendi e per la presenza su quel mercato di molte aziende di settori tipicamente 'value' (materie prime, finanza tradizionale, energetici) che possono bilanciare la concentrazione settoriale Growth di large cap statunitensi.

Quindi già se uno utilizza UK per il value a distribuzione, USA per il growth senza dividendo e poi diversifica altri settori (industriali, consumer discreption etc...) sui mercati EURO (e anche Italia dove il dividendo non subisce doppia imposizione) si ottiene un paniere o indice personalizzato non solo diversificato (per valuta, settore, mercato, rischio sistemico etc...), ma a mio avviso anche piuttosto efficiente fiscalmente.
 
Rischio cambio per l'investitore europeo e doppia tassazione sui dividendi particolarmente punitiva per alcuni paesi.
Nel caso USA molte Mega-Cap (es. Apple, Amazon, Berskshire) non distribuiscono dividendo quindi il secondo problema non si pone, la quotazione in dollari invece è un problema significativo: che commissioni opera la propria banca sul cambio euro-dollaro in caso di acquisto/vendita (salvo possedere un conto in dollari?) e se uniamo a questo commissioni di negoziazione spesso superiori su NYSE o Nasdaq su 30 titoli il problema può iniziare a profilarsi... oltre al rischio valuta ovviamente, che però abbiamo anche sull'ETF S&P500.

Accollandosi il rischio valuta GBP il mercato UK è invece interessante per l'assenza di doppia tassazione sui dividendi e per la presenza su quel mercato di molte aziende di settori tipicamente 'value' (materie prime, finanza tradizionale, energetici) che possono bilanciare la concentrazione settoriale Growth di large cap statunitensi.

Quindi già se uno utilizza UK per il value a distribuzione, USA per il growth senza dividendo e poi diversifica altri settori (industriali, consumer discreption etc...) sui mercati EURO (e anche Italia dove il dividendo non subisce doppia imposizione) si ottiene un paniere o indice personalizzato non solo diversificato (per valuta, settore, mercato, rischio sistemico etc...), ma a mio avviso anche piuttosto efficiente fiscalmente.

Come sempre super sul pezzo!

Certo, non è proprio semplice per un'investitore strutturare un portafoglio così.
 
grande Bow... molto interessante la pubblicazione delle nuove azioni del ptf Pantagruel.... con prezzo di ingresso ....
 
lodevole esercizio, che anche in un'annata come questa avrebbe performato un po' meglio di msci world
visto l'idea di dargli un taglio più value mi sarei aspettato meno tecnologici US, ma in effetti pescando large/mega là si va a finire

nota: anche WSPX (per quanto ovviamente prenda tutto il paniere S&P 500) potrebbe tecnicamente andare bene nel mix per recuperare le minus
 
Per @bow, guardavo il portafoglio Pantagruel, perché solo corporate? Non capisco, ammetto che non sono molto esperta, il perché utilizzare i bond corporate che vengono tassati al 26% rispetto ai tit di stato a cedola 0 con scadenza inferiori a 5 anni che vengono tassati al 12.5
 
Ultima modifica:
Per @bow, guardavo il portafoglio Pantagruel, perché solo corporate? Non capisco, ammetto che non sono molto esperta, il perché utilizzare i bond corporate che vengono tassati al 26% rispetto ai tit di stato a cedola 0 con scadenza inferiori a 5 anni che vengono tassati al 12.5
Ciao, quel portafoglio sta cercando di creare un portafoglio aggregato di obbligazioni societarie e titoli di Stato, quindi non solo corporate.
Il punto è la strategia da cui parte l'idea di Pantagruel: "trasformare una perdita in un guadagno", è un portafoglio che simula la partenza con 150mila euro di minusvalenze da recuperare entro il 31.12.2026 (post del 3 novembre). Quindi se l'ipotetico investitore riesce a comprare a 92,5 una quota di 100mila euro di "Terna Green Bond" in scadenza ad aprile 2026, con quella singola obbligazione recupererà 7500 euro di minusvalenza (quindi zero tasse), mentre con 100mila di KFW (cassa depositi e prestiti tedesca tassata 12,5%) presa a 94 anziché 6000 assorbirà solo 6000/26x12,5 = 2885 di minusvalenza.
Considerando poi che di solito a parità di rating un'obbligazione societaria paga un prezzo più alto di un titolo di Stato e che essendo strumenti in taglio istituzionale, poco liquidi e scambiati, con la strategia illustrata a 'prezzo limite' in una fase di rialzo dei tassi si può riuscire ad intercettare prezzi d'eseguito particolarmente vantaggiosi... la scelta è presto fatta.
Ovviamente ci si addossa un maggiore rischio di controparte, con cui si va a pagare questa potenziale attesa di maggior rendimento nel lungo termine.
 
Ciao, volevo ringraziare sinceramente bowman per il video pubblicato ieri sulla storia dei marcati finanziari dal 1895 al 2000.

Davvero un contributo prezioso.
Ti fa uscire dal micro-dettaglio del breve termine e guadagnare prospettiva sulla reale evoluzione dei mercati, assai lontana dalla semplificazione stereotipata de "tanto nel lungo periodo si sale SEMPRE"
 
Ciao, volevo ringraziare sinceramente bowman per il video pubblicato ieri sulla storia dei marcati finanziari dal 1895 al 2000.

Davvero un contributo prezioso.
Ti fa uscire dal micro-dettaglio del breve termine e guadagnare prospettiva sulla reale evoluzione dei mercati, assai lontana dalla semplificazione stereotipata de "tanto nel lungo periodo si sale SEMPRE"

C'è da dire che, non esistendo ancora lo S&P500, nel video si considera l'indice DJ, che comunque è molto meno diversificato dello S&P su cui si può investire oggi.

Nel video si evince che un investitore che avesse fatto un PIC sul DJ al picco nel 1929, non avrebbe recuperato per circa 26 anni (intorno al 1955).

In realtà, se consideriamo l'ipotetico S&P500 dell'epoca, e aggiungiamo i dividendi, si vede che, pur investendo tutto al picco del 1929, un investitore avrebbe recuperato (in termini reali, quindi inflazione inclusa!) già nel 1945, quindi in 16 anni circa. Tra l'altro tra il 1929 e il 1939 vi furono diversi anni di deflazione.

Anche considerando l'altro grande periodo di non crescita del mercato USA (1968-1982), si vede che, investendo al picco nel 1968, si sarebbe recuperato (in termini reali) nel 1984, quindi di nuovo in circa 16 anni.

Quindi si può dire che finora, investendo al picco dei 2 peggiori periodi del mercato americano, si sarebbe recuperato, in termini reali, in circa 16 anni. Poi certo, nessuno può dire se quel mercato nel lungo termine continuerà a crescere per sempre.

C'è da dire comunque che oggi per il lungo termine si tende ad investire su azionario globale, quindi diversificando maggiormente (anche se attualmente più del 60% del globale è USA).

Fonti:
S&P500 e pre S&P500: S&P 500 Returns since 1900
Inflazione USA: $100 in 1968 → 1985 | Inflation Calculator
S&P500 total real returns: S&P 500: Total and Inflation-Adjusted Historical Returns
 
C'è da dire che, non esistendo ancora lo S&P500, nel video si considera l'indice DJ, che comunque è molto meno diversificato dello S&P su cui si può investire oggi.

Nel video si evince che un investitore che avesse fatto un PIC sul DJ al picco nel 1929, non avrebbe recuperato per circa 26 anni (intorno al 1955).

In realtà, se consideriamo l'ipotetico S&P500 dell'epoca, e aggiungiamo i dividendi, si vede che, pur investendo tutto al picco del 1929, un investitore avrebbe recuperato (in termini reali, quindi inflazione inclusa!) già nel 1945, quindi in 16 anni circa. Tra l'altro tra il 1929 e il 1939 vi furono diversi anni di deflazione.

Anche considerando l'altro grande periodo di non crescita del mercato USA (1968-1982), si vede che, investendo al picco nel 1968, si sarebbe recuperato (in termini reali) nel 1984, quindi di nuovo in circa 16 anni.

Quindi si può dire che finora, investendo al picco dei 2 peggiori periodi del mercato americano, si sarebbe recuperato, in termini reali, in circa 16 anni. Poi certo, nessuno può dire se quel mercato nel lungo termine continuerà a crescere per sempre.

C'è da dire comunque che oggi per il lungo termine si tende ad investire su azionario globale, quindi diversificando maggiormente (anche se attualmente più del 60% del globale è USA).

Fonti:
S&P500 e pre S&P500: S&P 500 Returns since 1900
Inflazione USA: $100 in 1968 → 1985 | Inflation Calculator
S&P500 total real returns: S&P 500: Total and Inflation-Adjusted Historical Returns

... ed è il motivo per cui continuiamo a investire in azioni! :yes:

Ma prova a pensarci per un attimo se quei soldi fossero i tuoi:
16 anni in rosso !!!

Da spararsi :wall::D
 
... ed è il motivo per cui continuiamo a investire in azioni! :yes:

Ma prova a pensarci per un attimo se quei soldi fossero i tuoi:
16 anni in rosso !!!

Da spararsi :wall::D

Eh, infatti secondo me anche 10 anni sono pochi come orizzonte temporale per la parte azionaria.

Comunque il rendimento azionario va comunque paragonato agli altri asset. Se a fine anni '60 uno avesse messo un PIC su obbligazioni a lungo termine (invece che sul mercato azionario), tra aumenti dei tassi e inflazione persistentemente elevata, credo che anche in quel caso avrebbe impiegato moltissimi anni per rientrare.
 
Ho tracciato il real total return (quindi inclusi dividendi reivestiti e corretto per l'inflazione) dell'S&P500/pre-S&P500 dal 1900 al 2022.

Visto così, non sembra che né gli anni '80/'90, né l'ultimo quindicennio siano stati una eccezione particolarmente clamorosa rispetto al lungo periodo.

bVpvuQA.png
 
Eh, infatti secondo me anche 10 anni sono pochi come orizzonte temporale per la parte azionaria.
Se vuoi correre rischio zero sul capitale in teoria sì. Il concetto è che un investimento azionario non può pretendere rischio zero, devi mettere IN CONTO che quei soldi stanno cercando di crescere, e crescere tanto (pensiamo a 2009-2021 per il S&P500), però possono anche perdere, puoi essere costretto a lasciarli lì o liquidarli in perdita, perché NEL LUNGO TERMINE è vero che in teoria hai più spazio di recupero e ci sono i dividendi etc... però è anche vero che devi considerare anche fattori STORICI. E' per questo che il risparmiatore forse deve accantonare i sogni dei grafici azionari 1987-2021 e afferrare la solida realtà del 3% in un bund tedesco usandola per ponderare il rischio. Il rischio su un fondo pensione 100% azionario è trovarsi con un potenziale problema previdenziale (per quello i fondi pensione, spesso, sono 'troppo prudenti').
30 anni dopo il 1895 il mondo era cambiato tantissimo, dagli anni '90 è di nuovo cambiato tantissimo, dal 1928 al 1958 è cambiato tantissimo.
Ridurre il rischio DI LUNGO TERMINE si fa diversificando, probabilmente, anche con strumenti di natura fondamentalmente diversa se non addirittura contrapposta (es. immobili, oro, azioni, titoli di stato, obbligazioni ad elevato rendimento, strumenti indicizzati all'inflazione).

Infine c'è da dire che correre un 'rischio zero' nel lungo termine va rapportato all'inflazione. E' poco probabile che l'inflazione devasti il valore di un investimento a 3 anni, ma potrebbe azzerare il valore reale di un investimento a 20 anni anche senza perdite "nominali" (immaginiamo con i dieci milioni di lire nel 1980 cosa ci facevi nel 2000). Quindi studiare l'orizzonte temporale delle azioni dicendo "aspetto tanto perché così, secondo dati storici, torno almeno al capitale iniziale" è probabilmente un grosso BIAS, forse vale la pena concentrarsi sulle prospettive di rendimento (es. "visto che questi soldi li rischio, che rendimento medio storico ho avuto su questo asset?") piuttosto che su quelle di conservazione del capitale.

A maggior ragione quando vedo 'consulenti' che, in palese conflitto d'interesse, credono che il loro lavoro sia aiutare il risparmiatore ad assumersi più rischio di quanto sarebbero disposti a fare da soli a caccia di rendimenti (dato che poi su quelli applicano le loro commissioni percentuali e CERTE), mi rendo conto che si tratta di pericolosi venditori e basta (anche se loro credono di non esserlo).
 
Ho tracciato il real total return (quindi inclusi dividendi reivestiti e corretto per l'inflazione) dell'S&P500/pre-S&P500 dal 1900 al 2022.

Visto così, non sembra che né gli anni '80/'90, né l'ultimo quindicennio siano stati una eccezione particolarmente clamorosa rispetto al lungo periodo.
Prima della seconda guerra mondiale come lo si stabiliva il portafoglio di un S&P500 che ancora non esisteva?
Poi il Dow Jones riportato è su valori reali in dollari pubblicati sul wall street journal, ovviamente ci sono molte cose da considerare. Per un investitore italiano dagli anni '40 il dollaro, che rimase legato al Gold Standard fino a Nixon, era un bene rifugio rispetto alla liretta, quindi anche un Dow Jones piatto o negativo avrebbe rappresentato una crescita spaventosa, con l'inflazione di guerra negli anni '40 non ne parliamo... idem negli anni '80 con il dollaro forte e l'inflazione alta.
In generale se sommi i grafici delle mie slide l'effetto non è molto diverso, anzi negli anni '70 il Dow Jones chiuse il decennio a +1% o giù di li, dal tuo grafico il S&P500 era un bel pò sotto nel 1980 alla linea 1970... contento l'investitore negativo per un decennio.
I dati pre-1957 (prima del S&P500) non mi sembrano attendibili, nel tuo grafico sembra che tutta la crisi del '29 sia costata un -30% all'investitore entrato sui massimi storici (mentre le performance negative record del NYSE del 28 e 29 ottobre sono dati storici conclamati e fecero 30% da sole, così come la totale depressione e i delisting di massa quando le banche iniziarono a fallire in massa), la performance del Dow Jones del -85/-90 è più attendibile (dal top al minimo!), in alcuni paesi europei (Austria, Olanda, Inghilterra) si ebbero svalutazioni simili. In paesi travolti dalla guerra (Germania in entrambe le guerre, ma anche Italia) il mercato azionario si svalutò completamente in maniera simile agli indici MSCI Greece o S&P MERVAL (Argentina) o MSCI Russia in prossimità dei default del debito sovrano.
 
Prima della seconda guerra mondiale come lo si stabiliva il portafoglio di un S&P500 che ancora non esisteva?

Non ho cercato la spiegazione approfondita di come faccia, ma i dati storici sono di Shiller e dovrebbero essere molto affidabili:

Online Data - Robert Shiller

In generale se sommi i grafici delle mie slide l'effetto non è molto diverso, anzi negli anni '70 il Dow Jones chiuse il decennio a +1% o giù di li, dal tuo grafico il S&P500 era un bel pò sotto nel 1980 alla linea 1970... contento l'investitore negativo per un decennio.

E' vero, nei peggiori periodi per l'azionario (americano!) ci sono voluti circa 16 anni per riprendersi in termini reali. Attenzione, questo considerando l'ipotesi peggiore in assoluto, e cioè se si fosse investita l'intera somma nel momento del massimo!

I dati pre-1957 (prima del S&P500) non mi sembrano attendibili, nel tuo grafico sembra che tutta la crisi del '29 sia costata un -30% all'investitore entrato sui massimi storici (mentre le performance negative record del NYSE del 28 e 29 ottobre sono dati storici conclamati e fecero 30% da sole, così come la totale depressione e i delisting di massa quando le banche iniziarono a fallire in massa), la performance del Dow Jones del -85/-90 è più attendibile (dal top al minimo!)

Anch'io rimasi stupito quando lo lessi, ma pare che anche avendo investito al picco del '29, il capitale si sarebbe recuperato completamente in circa 15 anni (non pochi, certo). Addirittura c'è chi dice in meno di 5 anni, ma questo sembra esagerato anche a me.

Probabilmente, i dividendi e gli anni di pesante deflazione aiutarono il recupero, rispetto al considerare solamente l'andamento dell'indice nominale:

Downturns this deep can take a long time to recover from, financially and mentally.

25 years to bounce back from the 1929 crash? Try four-and-a-half

Infine c'è da dire che correre un 'rischio zero' nel lungo termine va rapportato all'inflazione. E' poco probabile che l'inflazione devasti il valore di un investimento a 3 anni, ma potrebbe azzerare il valore reale di un investimento a 20 anni anche senza perdite "nominali" (immaginiamo con i dieci milioni di lire nel 1980 cosa ci facevi nel 2000).

In generale sono d'accordo, cioè che le azioni sono più "spaventose" anche nel lungo periodo, e che il loro rischio non è solo la volatilità di breve periodo. Rifacendoci a Taleb, fat tails, cigni neri, etc. non c'è niente che possa escludere che la borsa USA (e magari anche il world equity, trascinato da essa) resti piatta o in negativo in termini reali per i prossimi 20 anni, sebbene questo non sia mai capitato da ormai più di un secolo di storia.

Però bisogna considerare anche i rischi a lungo termine delle altre asset class. Ad esempio, il rischio inflazione nel lungo termine lo temono più le obbligazioni a tasso fisso che un azionario diversificato.

Certo, se uno volesse un "risk free" Euro potrebbe prendere un bund indicizzato all'inflazione (trascuriamo il fatto, a proposito di cigni neri, che la Germania è fallita diverse volte nel secolo scorso, mentre l'Italia della liretta mai).

E' per questo che il risparmiatore forse deve accantonare i sogni dei grafici azionari 1987-2021

Anche a me, come quasi a tutti, viene da pensare che veniamo da decenni di crescite eccezionali che non proseguiranno, eppure se vado a guardare i dati (ritorni in termini reali inclusi dividendi) vedo che il trend di lungo periodo negli ultimi 100 anni è rimasto fondamentalmente costante.
 
C'è da dire che, non esistendo ancora lo S&P500, nel video si considera l'indice DJ, che comunque è molto meno diversificato dello S&P su cui si può investire oggi.

Nel video si evince che un investitore che avesse fatto un PIC sul DJ al picco nel 1929, non avrebbe recuperato per circa 26 anni (intorno al 1955).

In realtà, se consideriamo l'ipotetico S&P500 dell'epoca, e aggiungiamo i dividendi, si vede che, pur investendo tutto al picco del 1929, un investitore avrebbe recuperato (in termini reali, quindi inflazione inclusa!) già nel 1945, quindi in 16 anni circa. Tra l'altro tra il 1929 e il 1939 vi furono diversi anni di deflazione.

Anche considerando l'altro grande periodo di non crescita del mercato USA (1968-1982), si vede che, investendo al picco nel 1968, si sarebbe recuperato (in termini reali) nel 1984, quindi di nuovo in circa 16 anni.

Quindi si può dire che finora, investendo al picco dei 2 peggiori periodi del mercato americano, si sarebbe recuperato, in termini reali, in circa 16 anni. Poi certo, nessuno può dire se quel mercato nel lungo termine continuerà a crescere per sempre.

C'è da dire comunque che oggi per il lungo termine si tende ad investire su azionario globale, quindi diversificando maggiormente (anche se attualmente più del 60% del globale è USA).

Fonti:
S&P500 e pre S&P500: S&P 500 Returns since 1900
Inflazione USA: $100 in 1968 → 1985 | Inflation Calculator
S&P500 total real returns: S&P 500: Total and Inflation-Adjusted Historical Returns
In realtà considerando la deflazione, i dividendi reinvestiti e il mercato nel suo complesso invece dei pochi titoli inclusi nell'indice, il recupero sarebbe avvenuto non più tardi della fine del 1936, quindi dopo circa 7 anni.
 
In realtà considerando la deflazione, i dividendi reinvestiti e il mercato nel suo complesso invece dei pochi titoli inclusi nell'indice, il recupero sarebbe avvenuto non più tardi della fine del 1936, quindi dopo circa 7 anni.

In effetti non mi è ben chiaro, a seconda delle fonti che si consultano, si va dai 16 anni addirittura a soli 5 anni!

Comunque se può interessare, utilizzando i dati di Shiller linkati sopra, ho fatto il grafico del ritorno reale a 10 anni (annualizzato) per il mercato azionario USA (linea blu) confrontato coi treasuries a 10 anni (linea rossa). E' interessante notare che quando il ritorno reale a 10 anni delle azioni è negativo, spesso lo è anche quello dei bond decennali.

Ci sono però 2 eccezioni, cioè la seconda metà degli anni '20 (quindi la crisi del '29) e il periodo 2000-2010 (bolla dot-com + GFC).
Questi sono gli unici 2 casi in cui il bond decennale ha reso molto di più del mercato azionario:

rpisL2k.png


Se invece tracciamo i ritorni annualizzati a 20 anni (quindi il grafico arriva fino a Aprile 2003), si vede che il mercato azionario negli ultimi 150 anni è andato praticamente sempre in positivo (in termini reali, quindi inflazione inclusa). Però, come diceva giustamente Bowman sopra, c'è pur sempre l'hindsight bias, il senno di poi. "I rendimenti passati non sono indicativi..." etc. etc.

3ZOe9A7.png
 
Indietro