DOPO IL CRACK Rispettati i tempi della legge 270: in un anno cedute le principali attività. Del Monte e De Rica cedute al di sopra delle medie di mercato
«Cirio, entro giugno il via ai rimborsi»
DOPO IL CRACK Rispettati i tempi della legge 270: in un anno cedute le principali attività. Del Monte e De Rica cedute al di sopra delle medie di mercato
Entro giugno i creditori di Cirio (dipendenti, fornitori e titolari di obbligazioni), riceveranno una parte di quanto loro dovuto. «È un impegno che ci prendiamo pubblicamente - dicono Luigi Farenga, Mario Resca e Attilio Zimatore, i tre commissari nominati a gestire, sanare e liquidare il gruppo che fu di Sergio Cragnotti -. Entro la prima metà di quest’anno procederemo con il primo riparto parziale a favore dei creditori Cirio». Nelle casse dell’ex impero agro-alimentare stanno per arrivare circa 700 milioni di euro, frutto delle vendite fin qui realizzate e di quelle che giungeranno a compimento nel corso delle prossime settimane. Delle prime fanno parte Cirio e Del Monte Food, delle seconde il 39,9% delle azioni di Del Monte Pacific quotate alla Borsa di Singapore, alcune attività italiane come Cisim Food (ristorazione aeroportuale), opere d’arte e un castello, quello di Brignano, che nei Promessi Sposi il Manzoni indicò come la residenza dell’Innominabile.
«Una delle maggiori difficoltà che abbiamo incontrato in questi quasi 18 mesi di lavoro in comune - dice Resca - è stata proprio far chiarezza in un patrimonio estremamente confuso, che andava dalle proprietà immobiliari ai quadri, da una squadra di calcio a una cartiera in Spagna, fino alla più grande piantagione mondiale di ananas. Tutto sotto lo stesso cappello».
Farenga, Resca e Zimatore hanno iniziato la loro attività nell’agosto 2003, all’indomani del no delle assemblee al piano di salvataggio approntato dalla società. E dall’8 gennaio 2004 hanno avviato l’amministrazione secondo i criteri della legge 270/99, che prevedevano 12 mesi di tempo per vendere e recuperare parte degli attivi, in modo da evitare il fallimento.
«Abbiamo rispettato i tempi - dice Resca -. Cirio e Del Monte sono state vendute a un buon prezzo e rapidamente. Per la cessione di Del Monte Pacific serve invece ancora qualche settimana, ma si tratta di una società in bonis e per la cui cessione il più è stato fatto».
Quel 6 novembre 2002, quando il gruppo Cragnotti annunciò l’incapacità di rimborsare un prestito obbligazionario in scadenza per complessivi 150 milioni di euro, appare oggi lontanissimo. Cragnotti è finito anche in carcere ed ora, a 65 anni, è fuori dalla società che fu sua. Una società che ha smesso di vendere debiti e promesse ed ora è stata asciugata e risanata. Operazione di pulizia e di marketing, perché l’industria agro-alimentare che era finita nascosta da una montagna di debiti ha sempre continuato a rappresentare un business solido e redditizio. Se solamente fosse stato seguito. «Di quanto di buono c’era in quel gruppo - dice Farenga - non manca nulla. Anzi, c’è tutto e vale più di quanto valesse un tempo».
«Quando abbiamo iniziato la nostra attività di commissari - spiega Zimatore - i fornitori per consegnarci la merce, e badate che stiamo parlando di pomodori, esigevano fidejussioni a garanzia del pagamento futuro. Siamo riusciti a ottenere la loro fiducia, innestando un ciclo virtuoso, senza fare ricorso al sostegno del sistema bancario e senza neppure poter contare sui circa 55 milioni di crediti che il gruppo vanta nei confronti dell’erario italiano».
Ceduta Del Monte Food per 275 milioni di euro (a Del Monte Fresh), Cirio-De Rica-Sopragol per 168 milioni (a Conserve Italia), e il Panificio Moderno per 6 milioni (a Tognetti), la cassa del gruppo attende ora circa 145 milioni dalla cessione della partecipazione in Del Monte Pacific. Con la vendita delle piccole società italiane e delle attività immobiliari (2 stabilimenti dismessi a Pagani e Sezza, il castello di Brignano, palazzo Giovannelli a Venezia, oltre alle opere d’arte), si dovrebbero raggiungere i 700 milioni. Una cifra considerevole, ma sempre pari a un terzo del totale dei debiti rilevato al termine della gestione Cragnotti, quando a fronte di un miliardo di euro di fatturato vi erano 2,2 miliardi di passività (bilancio 2002), con bond emessi per complessivi 1,125 miliardi e 510 milioni di crediti del gruppo nei confronti delle società finanziarie della famiglia Cragnotti. «L’entità della voragine che si era formata - dice Resca - rese impossibile il salvataggio del gruppo. E francamente dopo le prime settimane di lavoro nessuno di noi pensava di riuscire a realizzare dalle vendite una somma molto superiore ai 250 milioni di euro, 300 milioni nell’ipotesi più rosea. Abbiamo ormai in cassa più del doppio e lo riteniamo un risultato estremamente importante, soprattutto perché ottenuto con la forza di quanti hanno creduto nell’azienda, manager e dipendenti prima di tutti gli altri».
E per capire bene il turn around basta riflettere sui numeri: «Le vendite sono state realizzate a 0,8 volte il fatturato, con multipli del mol (margine operativo lordo, ndr ), pari per Del Monte a 16 volte e per De Rica a 12 volte - dice Franco Gaudenti, partner di Envent, l’advisor finanziario delle vendite Cirio -, contro una media di mercato che si colloca sul 7,5%».
Il futuro di Cirio si giocherà a partire dalla seconda metà dell’anno. Avviati i rimborsi ai creditori, i commissari saranno chiamati a seguire soprattutto le attività di revocatoria, le azioni di responsabilità e il recupero crediti. Tempi biblici annuncia la giustizia italiana. «Noi percorreremo tutte le strade possibili - dice Resca - siamo convinti di poter portare a casa qualcosa anche dalla brasiliana Bombril. Abbiamo già avviato alcune azioni legali, altre le stiamo studiando. Se ci saranno margini per farlo, anche Cragnotti verrà perseguito civilmente e con lui ex consiglieri ed ex amministratori».
Le speranze per chi sottoscrisse le 7 emissioni obbligazionarie emesse dalle cinque società del gruppo Cirio (3 basate in Lussemburgo, una in Olanda e una in Italia), non mancano. Certo, l’investitore rientrerà solo in parte del suo capitale, ma quest’ipotesi non è mai stata concreta come ora. «Per esperienza - dice Farenga - so che quando si arriva a pagare i creditori chirografari si è raggiunto un buon risultato. Quando poi questi vengono pagati con percentuali non infime come avverrà per Cirio, con rientri tra il 10 e il 95%, allora il risultato è più che buono. Certo, il bondholder vedrà il suo credito variare in funzione della società che ha emesso il bond e della sottostante attività…». L’obiettivo primario posto all’attività dei tre commissari (mantenimento dei livelli di occupazione e dell’italianità della proprietà), è stato raggiunto. E nel complesso, conclude Zimatore con uno sforzo di ottimismo, «per come si erano messe le cose nell’estate del 2003 i risultati ottenuti in questi ultimi 12 mesi rappresentano una sorpresa estremamente positiva».
Stefano Righi
http://www.assinews.it/rassegna/articoli/ce170105ci.html