Beh, tutto merito tuo. La matematica non è un'opinione
Entrerò brevemente in territorio OT, per non annoiare gli altri.
Si, d'istinto il metodo è convincente, intuitivo e i grafici fatto in questo modo lo supportano. Ma sto cercando una validazione scientifica perché differisce dai i metodi che conosco io. Se hai qualche testo che illustra il metodo da un punto di vista più formale, sarei più che lieto di leggerlo.
A suo tempo, raccolsi in rete molte informazioni sulla stagionalità, ma non trovai alcuna procedura di calcolo, nessuna formula precisa.
Quindi da autodidatta ho dovuto ideare una procedura di calcolo ad approccio “indiretto”, ossia osservando le variazioni dei prezzi che si ripetono con regolarità nei mesi dell’anno, valutandone l’entità regredendo le variazioni mensili degli indici dei prezzi su indici mensili di stagionalità.
Magari puoi dare un’occhiata a questo a documento della Banca d’Italia che accenna ai due approcci “diretto e indiretto” e alla regressione su indici mensili di stagionalità, ma non ci sono formule.
Banca d'Italia - N. 371 - The Seasonal Adjustment of the Harmonised Index of Consumer Prices for the Euro Area: a Comparison of Direct and Indirect Methods
Il punto per me più spinoso è che il riferimento per l'inflazione di un mese è il mese immediatamente precedente, che poi viene sommato ad un'inflazione di periodo molto lungo, che quindi potrebbe non adattarsi ai cambiamenti con la necessaria velocità. Da qui nasce il mio commento sulla necessità di stazionarità delle condizioni e della inflazione. Prendi la cosa come una mia sensazione, forse dovuta alla poca conoscenza.
Nei testi di scuola, ma anche in alcune cose che sto ancora digerendo (ad esempio il modello di stagionalità della FED), si tende a stimare (in vari modi) la variabile di cui si cerca la stagionalità. Solo dopo viene calcolato il discostamento di quanto effettivamente rilevato rispetto a questa stima. Ogni misura è fatta in modo indipendente e l'influenza delle misure precedenti è usata solo per fare una stima migliore. Quindi la stima non deriva necessariamente dalla sola misura precedente (e del tendenziale) ma anche da molti altri fattori, tra cui più di una misura precedente (o futura) e fattori esogeni che nulla hanno a che fare con la misura stessa. Invece qui abbiamo come fattore solo il tempo e quanto è successo nel mese precedente (e la tendenza di lungo).
Riguardo i dati inflazionistici, esistono due problematiche da conciliare, la volatilità del dato mensile nonché la tempestività di rilevazione della tendenza.
Se ci si basasse solo sulla più recente rilevazione mensile, seppur destagionalizzata, la tendenza calcolata sarebbe eccessivamente volatile poiché dipendete dalla variabilissima situazione congiunturale.
Se ci si basasse sulla rilevazione annua, la tendenza potrebbe apparire tardiva e poco reattiva, ma il parere Istat/Eurostat sarebbe che proprio la rilevazione annua (ultimi 12 mesi) possa esprimere la più efficiente tendenza, tanto è vero che all’inflazione annua hanno attribuito lo pseudonimo di “inflazione tendenziale”, mentre all’inflazione mensile hanno attribuito lo pseudonimo di “inflazione congiunturale”.
In effetti, ragionandoci bene, l’inflazione annua include anche la variazione del mese più recente, che se fosse molto diversa dalla variazione che aveva avuto lo stesso mese dell’anno precedente, andrebbe comunque ad influire sulla tendenza espressa in modo pesato ma reattivo.
Ho eseguito personalmente anche un’analisi retrospettiva sulla capacità predittiva dell’inflazione annua sull’inflazione futura. I risultati hanno confermato che non esiste nulla che abbia maggior capacità predittiva dell’inflazione annua più recente su qualsiasi scadenza futura!
Dello stesso parere sembrerebbe anche Borsa Italiana, che infatti calcola il rendimento atteso degli indicizzati all’inflazione
“ipotizzando costanti nel tempo (quindi fino a scadenza) gli ultimi valori tendenziali (quindi annuali) dei parametri di indicizzazione”.
Però ci sono anche alcune note interessanti. Ad esempio il metodo è (con ogni probabilità) resiliente rispetto agli outlier. Un dato come il FOI di Ottobre ha molta meno influenza nel tuo metodo rispetto a quello che ho fatto io.
Ma siamo nel campo delle opinioni (più o meno scientifiche) e della convinzione di ciascuno. Gli scienziati sono spesso di idee diverse.
Alla fine, anche Black–Scholes era "IL" metodo per prezzare le opzioni, ma poi qualcuno ha trovato cose migliori. E a volte le cose migliori sono anche molto semplici.
Quindi, ho inserito la tua stagionalità nel mio toolbox e mi farò un'opinione nel tempo.

Ma si può sempre migliorare

Comunque Black–Scholes sto continuando ad usarlo per prezzare e valutare le probabilità di strike di certificate/obbligazioni index a cedola digitate, sempre soddisfatto dei risultati ottenuti
PS:
Riguardo il metodo di calcolo neoclassico, ritengo sia corretta l’osservazione che ti ha fatto
@gino88.
Come avevo spiegato nei post linkati qui sotto, il modello neoclassico considera il numero indice del giorno d'acquisto fisso fino a scadenza, con l'eccezione della sola prima cedola, se questa rientra nel periodo con numero indice giornaliero già noto.
In pratica solo la prima cedola verrebbe calcolata col CI pari a quello d'acquisto oppure pari al CI già noto, tutte le altre cedole verrebbero calcolate con CI=1.
BTP ITALIA indicizzati all’inflazione italiana (info a pag.1) Vol.23
BTP ITALIA indicizzati all’inflazione italiana (info a pag.1) Vol.23