C'era un tempo sognato ...Che bisognava sognare!

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L’amo! Ho tentato sfuggirgli, esso mi ha abbracciato, mi tiene il ginocchio sul petto,
mi calpesta la faccia nel fango.
Tutto il mio essere è pieno di quell’uomo: la mia testa, il mio cuore, il mio sangue.
L’ho dinanzi agli occhi in questo momento che ti scrivo, nei sogni, nella preghiera.

Non posso pensare ad altro; mi pare che ad ogni istante il suo nome mi venga sulle labbra,
che ogni parola che profferisco si trasformi nel nome di lui; allorché lo ascolto son felice;
quando mi guarda tremo; vorrei stargli vicina ad ogni momento e lo fuggo; vorrei morire per lui.

Giovanni Verga
Storia di una capinera


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“Il sogno era sempre davanti a me, in fuga. Raggiungerlo, trascorrervi un momento all'unisono, quello era il miracolo.”

(ANAÏS NIN)
 



"City Dreams" - L'architetto ha fatto un sogno

Con la mostra "City Dreams", sono state esposte al Al MoMa di New York le creazioni del congolese Bodys Isek Kingelez, scomparso nel marzo 2015. Progetti immaginari che esplorano soluzioni abitative per problemi reali

Alla base dei coloratissimi palazzi, delle strade psichedeliche, dei parchi rigogliosi e delle fontane zampillanti, la convinzione del potere riabilitativo dell'architettura: nei suoi modellini, attraverso la progettazione di infrastrutture e la pianificazione urbana, l'artista ha infatti esplorato soluzioni abitative studiate per assecondare le nuove esigenze della società in continua crescita ed evoluzione. Sogno, utopia e futuro si mescolano così nella prima retrospettiva americana che, curata da Sarah Suzuki, espone i progetti realizzati da Kingelez durante tre decadi di attività. Come un demiurgo, l'artista ha plasmato gli onirici modellini partendo da fogli di carta, plastica, lattine e altri materiali di uso quotidiano riciclati, usando le dita delle mani "come un paio di forbici appuntite". Sono ad esempio una confezione di latte in cartone, un pacchetto di mentine Smint e le lame di un rasoio Bic a comporre la spaziale torre Nippon Tower.

Il progettista africano ha realizzato dal 1989, data del suo primo prototipo, in poi interi agglomerati urbani in miniatura. Costruito nel 1994, uno di questi è proprio dedicato alla sua città natale, Kimbembele Ihunga. L'artista ha reinventato il villaggio di case agricole dove ha vissuto l'infanzia completandolo di stadio di calcio, ferrovia, ristoranti e grattacieli, facendo riflettere nel colore e nell'armonia il sogno di indipendenza del paese.




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Spesso Maisie gridava nel sonno e dovevo svegliarla.
– Abbracciami, – diceva. – Era un sogno orribile. L’ho già fatto una volta. Ero in un aeroplano che volava sul deserto.
Ma non era proprio un deserto. Facevo volare l’aereo piú basso e riuscivo a vedere migliaia di bambini ammucchiati,
una vista che si estendeva sino all’orizzonte, ed erano tutti nudi e si arrampicavano uno sull’altro.
Io avevo quasi finito il carburante e dovevo atterrare. Cercavo di trovare uno spazio, continuavo a volare e a volare in cerca di uno spazio...

– Dormi adesso, – dissi sbadigliando. – Era solo un sogno.

– No, – gridò lei. – Non devo dormire, non ancora.

– Be’, io sí, – le dissi, – devo esser su presto domattina.

Mi scosse una spalla. – Per piacere, non addormentarti
subito, non lasciarmi cosí.

– Sono nello stesso letto, – dissi, – non ti lascerò.

– Non cambia niente, non lasciarmi sveglia... – Ma gli occhi mi si stavano già chiudendo.


IAN MCEWAN


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Mi piaci -mi piaci

– sei bella
– sei bello

-anzi tu bellissima
-mi correggo anche tu bellissimo

-misà che ti amo
-anche io misà

-bello no?
-bello sì

-sono felice e tu?
-molto

-che dici, ci baciamo?
-perché no

-baci benissimo
-baci meglio tu

-mi piace passeggiare
-anche a me, andiamo

-ti seguo
-seguimi

-oh no, mannaggia
-cosa?

-la sveglia, mi devo alzare
-oh

-se domani sei qui ti risogno
-volentieri

-mi aspetti?
-ti aspetto qui


Gio Evan


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L'Arcobaleno è una canzone di Adriano Celentano, scritta per la parte letteraria da Mogol su musica di Gianni Bella,
inclusa nell'album Io non so parlar d'amore, pubblicato nel 1999.
Sebbene Mogol non l'abbia apertamente ammesso, il brano è dedicato al musicista Lucio Battisti, amico sia di Celentano
sia di Mogol, scomparso prematuramente circa quattro mesi prima dell'uscita dell'album (il 9 settembre 1998).
Il testo della canzone è infatti un discorso in prima persona, rivolto da una persona scomparsa prematuramente ad un
amico ("io son partito poi così d'improvviso che non ho avuto il tempo di salutare").

Celentano, che nel finale è udibilmente emozionato, registrò la canzone in casa sua a notte fonda e decise di inserirla nell'album senza reinciderla.

Il brano, struggente e malinconico, contribuì grandemente al successo dell'album di Adriano Celentano Io non so parlar d'amore,
che vendette oltre due milioni di copie.




L'arcobaleno è il mio messaggio d'amore
può darsi un giorno ti riesca a toccare
con i colori si può cancellare
il più avvilente e desolante squallore

Son diventato se il tramonto di sera
e parlo come le foglie d'aprile
e vivrò dentro ad ogni voce sincera
e con gli uccelli vivo il canto sottile
e il mio discorso più bello e più denso
esprime con il silenzio il suo senso

Io quante cose non avevo capito
che sono chiare come stelle cadenti
e devo dirti che è un piacere infinito
portare queste mie valige pesanti

Mi manchi tanto amico caro davvero
e tante cose son rimaste da dire
ascolta sempre e solo musica vera
e cerca sempre se puoi di capire

Son diventato se il tramonto di sera
e parlo come le foglie d'aprile
e vivrò dentro ad ogni voce sincera
e con gli uccelli vivo il canto sottile
e il mio discorso più bello e più denso
esprime con il silenzio il suo senso

Mi manchi tanto amico caro davvero
e tante cose son rimaste da dire
ascolta sempre e solo musica vera
e cerca sempre se puoi di capire
ascolta sempre e solo musica vera
e cerca sempre se puoi di capire

La canzone fu al centro di una leggenda metropolitana che voleva il testo scritto nientemeno che dallo spirito del defunto Battisti
che si sarebbe messo in contatto con Paola Guidelli, una medium italiana residente in Spagna
, la quale affermò che Battisti l'aveva
contattata e che l'aveva spinta a cercare un libro in un negozio (Más allá del arco iris dello psicologo Grian), dentro al quale c'era
un capitolo che parlava, appunto, dell'arcobaleno.
«Ora contatta Giulio (il vero nome di Mogol) e digli di scrivere una canzone che io dedico a lui, che parli dell'arcobaleno», sarebbe
stata la richiesta finale del defunto Battisti.

A questo episodio se ne aggiunse un altro: Giulio Caporaso, direttore della rivista Firma , dichiarò che,
dopo un concerto organizzato in tributo a Battisti a Roma, sognò il cantante che gli parlava, fra l'altro, di arcobaleni.
Caporaso inserì una lunga descrizione del sogno nel numero di ottobre 1998 di Firma, dedicandogli anche la copertina.


Contattato dalla medium ed informato dell'articolo di Firma, Mogol inizialmente era scettico e non ne volle assolutamente sapere;
si convinse a scrivere una canzone su questo tema solo dopo aver ascoltato la musica composta da Gianni Bella, che lo colpì particolarmente.
In seguito ad un fatto inspiegabile e misterioso capitatogli (l'apparizione di un arcobaleno che terminava sul cofano della propria automobile
in un viaggio in macchina iniziò a ritenere che la storia della medium fosse vera, dichiarando di «non aver mai smesso di avvertire la presenza
di Lucio» anche dopo la sua scomparsa.


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Nel gennaio 2002, la stessa Guidelli ammise di essersi inventata tutto: non solo non era mai stata contattata da Battisti
ma non era mai stata nemmeno una medium, a differenza di quanto affermato in precedenza.
Alla richiesta del perché del suo gesto, la Guidelli rispose di averlo fatto «per dimostrare quanto al mondo si speculi sul
paranormale e come la legge non tuteli i diritti di chi non c'è più. E per aiutare la gente a capire chi, tra i presunti amici
di Lucio Battisti, lo fosse davvero e chi no». La sua, quindi, sarebbe stata una sorta di denuncia nei confronti dei suoi
collaboratori o presunti tali che sfruttavano la sua immagine dopo la sua morte.

Non si conoscono dichiarazioni a proposito da parte di Mogol, che anche in seguito alla smentita continuò a parlare di
questi avvenimenti nel corso di diverse interviste senza far menzione della ritrattazione.



Testo mai cantato e mai pubblicato.
Umanamente uomo: il sogno


Umanamente uomo, perchè?
Serenamente solo, perchè?
Senza ambizioni vivo..
un sogno.
Mentre l'uomo si distruggerà,
scalando vette altissime,
incoscientemente stroncherà
ogni umano verbo.
E sarà distrutto così...
ogni sogno.


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Hai mai fatto un sogno tanto realistico da sembrarti vero?
E se da un sogno così non ti dovessi più svegliare?
Come potresti distinguere il mondo dei sogni da quello della realtà?

(Matrix)


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I tuoi sogni ti riempiono forse lo stomaco?
Proprio perché il mondo è quello che è, abbiamo bisogno di sognare e sperare.

(dal film "Una meravigliosa domenica" di Akira Kurosawa)


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Qualche tempo fa ho fatto un sogno pazzo,
Sognai che stavo entrando nella terza guerra mondiale,
Andai dal dottore subito il giorno seguente
Per sentire quali parole mi avrebbe detto.
Egli affermò che era un brutto sogno.
Non me ne sarei preoccupato troppo, in ogni modo,
Si trattava di sogni miei ed erano solo nella mia testa.

Dissi, "Un attimo, dottore, una guerra mondiale mi ha attraversato il cervello."
Egli disse, "Infermiera, prenda il Suo taccuino, questo ragazzo è pazzo, "
Mi afferrò per un braccio, io dissi "Ahi!"
Mentre atterravo sul lettino d'analisi,
Egli disse, "Raccontami tutto".

Beh, tutto è cominciato alle tre in punto,
Era tutto finito per le tre e un quarto.
Ero giù nella fogna con una qualunque fidanzatina
Quando sbirciai dal tombino
Chiedendomi chi avesse acceso le luci.

Beh, mi alzai e feci un giro
Su e giù per la città deserta.
Rimasi in piedi chiedendomi da quale parte andare,
Accesi una sigaretta sopra un parchimetro
E camminai lungo la strada.
Era una giornata normale.

Beh, suonai la campana del rifugio anti-nucleare
E chinai la testa e urlai,
"Datemi un fagiolino, sono un uomo affamato".
Un fucile da caccia sparò ed io fugii via.
In ogni caso non li biasimo più di tanto,
Lo so che sembro buffo.

Giù all'angolo accanto ad un chiosco di hot-dog
Vidi un uomo, dissi, "Salve, amico,
Suppongo che ci siamo solo noi due."
Gridò un po' e corse via.
Pensava che fossi un Comunista.

Beh, notai una ragazza e prima che potesse andarsene,
"Perché non ce n'andiamo a giocare a Adamo ed Eva?"
La afferrai per mano ed il mio cuore batteva forte
Quando lei disse, "Ehi tu, ma sei pazzo o che altro
Non hai visto cosa è successo l'ultima volta che hanno cominciato?"

Beh, vidi una Cadillac in città
E non c'era nessuno in giro,
Mi misi sul sedile di guida
E guidai per la 42ma strada
Nella mia Cadillac
Una buona macchina da guidare dopo una guerra.

Beh, mi ricordo d'aver visto una pubblicità,
E così accesi la mia Conelrad
Ma non avevo pagato il mio conto Con Ed,
E così la radio non funzionava troppo bene.
Accesi il mio apparecchio-
Era Giornata Rock, Johnny cantava,
"Di' a tua madre, di' a tuo padre,
I Nostri Amori Cresceranno Ooh-wah, Ooh-wah."

Mi sentivo un po' solo e depresso,
Avevo bisogno di qualcuno con cui parlare.
Così chiamai il servizio dell'ora esatta
Solo per sentire una voce qualsiasi.
"Dopo il beep saranno le tre esatte, " Disse così per più di un'ora
Ed io riagganciai.

Beh, il dottore m'interruppe in quel momento,
Dicendo, "Ehi, io ho avuto gli stessi sogni, ma i miei, vedi, erano un po' diversi
Ho sognato che l'unica persona rimasta dopo la guerra ero io.
Non ti ho visto in giro."

Beh, il tempo è passato e adesso sembra che tutti facciano quei sogni.
Tutti si vedono che girano da soli.
Metà delle persone possono avere una parte di ragione sempre,
Alcune persone possono avere completamente ragione per una parte di tempo.
Credo che questo l'abbia detto Abraham Lincoln.
"Ti permetterò d'essere nei miei sogni se io posso essere nei tuoi, "
Questo l'ho detto io.

BOB DYLAN



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"Io sogno il vento che cambia e suona sulle mie piume, i miei fratelli e le mie sorelle intorno a me,
che raccontano le loro storie in silenzio e condividono il loro spirito con il cielo. Sono la mia vita.
Per me la luna significa tanto, come la foresta. In natura ogni cosa mi parla con un ritmo che sento:
non esiste il male nella foresta o nella luna"

(Neil Young)


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François Truffaut intervista Alfred Hitchcock

Intervista tratta dal libro “Il cinema secondo Hitchcock” di François Truffaut


F.T.: Signor Hitchcock, stamattina mi ha detto di essere un po’ turbato per aver rivangato tanti ricordi in questi ultimi giorni; mi ha detto anche di aver avuto il sonno agitato. D’altronde, abbiamo visto che alcuni film, come Notorious, Vertigo, La donna che visse due volte, Psyco assomigliano a dei sogni. Vorrei chiederle se sogna molto.

A.H.: Non molto… qualche volta… i miei sogni sono molto ragionevoli. In uno, mi trovavo sul Sunset Boulevard, sotto gli alberi, e stavo aspettando un taxi giallo per andare a pranzo. Non c’erano taxi gialli, perché tutte le macchine che passavano erano del 1916. E mi sono detto: «È inutile star qui ad aspettare un taxi giallo, perché sto facendo un sogno del 1916». Allora ho camminato fino al ristorante.

F.T.: È veramente un sogno o una gag?

A.H.: No, non una gag, un sogno.

F.T.: Allora è quasi un sogno d’epoca! Lei è d’accordo che c’è davvero un lato onirico nei suoi film?

A.H.: Sono sogni a occhi aperti.

F.T.: È forse incosciente da parte sua e questo ci porta ancora una volta alle fiabe. Filmando l’uomo solo, circondato da cose ostili, anche senza volerlo, si va a finire automaticamente nel campo del sogno che è anche quello della solitudine e del pericolo.

A.H.: Così sono probabilmente io dentro me stesso.

F.T.: Certamente, perché la logica dei suoi film . abbiamo visto che non è sempre di gradimento dei critici – è un po’ la logica dei sogni. Film come L’altro uomo o Intrigo internazionale sono delle successioni di forme strane, come in un incubo.

A.H.: Questo deriva dal fatto che non riesco mai a lavorare bene con ciò che è mediocre, non mi ritrovo mai a mio agio nell’ordinario, nel quotidiano.



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La mia notte non porta consiglio.
La mia notte pensa a te, come un sogno a occhi aperti.

Frida Kahlo


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Sogniamo e continuiamo a sognare senza fermarci mai; non è importante se sei all'inizio o alla fine di questo viaggio (o avventura), l'importante è vivere fino in fondo, cogliere, forse affrontare, col sorriso sempre pronto. La forza dei sogni è nell'intensità del sorriso.

Antonio Belsito


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Ho fatto questo sogno perfetto
Un sogno mi ha avvolto
Questo sogno eravamo io e te
magari fossi qui!
Voglio che tutto il mondo lo veda
Un istinto mi guidava
Una sensazione miracolosa
Mia guida ed ispirazione
Adesso il mio sogno si sta lentamente avverando
Il vento è una gentile brezza
E mi parlò di te
Le campane stanno suonando
Il canto vola
Ci stanno richiamando insieme
Guidandoci per sempre
vorrei che il mio sogno non svanisse mai
Barcellona!
Fu la prima volta che ci incontrammo
Barcellona!
Come potrei dimenticare
il momento in cui entrasti nella stanza
e mi togliesti il fiato
Barcellona!



L'album Barcelona venne registrato in un lasso di tempo piuttosto lungo, infatti Freddie entrò in studio subito nei primi mesi del 1987 ed incise alcuni demo ed in marzo venne raggiunto da Montserrat Caballé per alcune jam/session in cui iniziarono a dar vita ad alcuni brani (uno di questi fu Barcelona). Questo fu un periodo anche piuttosto complicato per Freddie Mercury che, proprio nello stesso periodo delle registrazioni, nella tarda primavera del 1987 venne dichiarato sieropositivo all'HIV e dovette continuare le registrazioni con la consapevolezza di avere ancora pochi anni di vita davanti a lui; decise quindi di buttarsi a capofitto nella musica.


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Basta solo un pensiero. Chiudo gli occhi un istante e ti immagino, Farrokh Bulsara (Freddie Mercury), appena compiuti i settant’anni,
ben vestito, camminare a passo lento tra le strade di Londra o tra i negozi affollati di una qualche metropoli asiatica.
Con o senza baffi bianchi, con lo sguardo più fragile e addolcito dal tempo crudele, ma ancora pronto ad accendersi
all’improvviso e a stupirsi di fronte alla bellezza di un’opera d’arte, alla leggerezza invisibile di un vaso giapponese esposto
in una galleria, o ammirando la tela di un dipinto italiano in una casa d’asta. ..
Ah già, tu non lo sai. O forse si? Quel ragazzino magro e scavato nelle guance, che ti ascoltava ad ogni ora del giorno e della
notte, scartando con emozione i tuoi dischi comprati uno ad uno, impazientemente, oggi è cresciuto.
È lo stesso che, ancora bambino, ossessionato dalla tua voce, chiese con presunzione alla sua insegnante di pianoforte di
interrompere le noiose lezioni di solfeggio per studiare le tue canzoni.
Oggi quel fanciullo divenuto uomo, ha realizzando il suo sogno più grande, quello che tu eri riuscito inconsapevolmente a
iniettargli nel cuore: scrive canzoni per vivere, come lo facevi tu: seduto al pianoforte. Qualcosa di te sopravvive in ogni suo
gesto, ogni parola, e ogni nota che esprime. ..

La verità, Freddie, è che di voci e canzoni come quelle cantate e scritte da te, oggi ce n’è più bisogno che mai. Ci manca e
continuerà a mancarci la tua sensibilità, il tuo estro, e cercheremo di non perdere quel tocco di follia che abbiamo fatto nostro
adorando il tuo modo di essere artista, ma non smetteremo mai di cantare le tue canzoni. Basta solo un pensiero, Freddie,
e ti rivedo con l’asta e il microfono, conversare con il tuo pubblico, sfidarlo a una gara di vocalizzi.
Un botta e risposta tra te e noi, riuscendo farci credere ancora, anche se per un solo secondo, di essere parte del tuo show.
A tutti gli effetti, avevi già detto tutto. Qualcosa, Freddie, deve ancora accadere.
Lo spettacolo deve continuare.
Ciao Farouk. Cantante di canzoni.

CESARE CREMONINI


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Distruggiamo l'amore, è il nostro modo di agire
Non ascoltiamo mai abbastanza, non affrontiamo mai la verità
poi, come una canzone che passa,
l'amore è qui e poi se n'è andato

Sono solo un cantante con una canzone
Come posso provare a far diventare giusto ciò che è sbagliato?
Perché sono solo un cantante con una melodia
Sono intrappolato in
un sogno che svanisce

IN MY DEFENCE - QUEEN


Una volta Mercury disse:
“Non diventerò una stella, diventerò una leggenda!
Voglio essere il Rudolf Nureyev del rock n’roll”.


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"Non faccio un film per dibattere tesi o sostenere teorie.
Faccio un film alla stessa maniera in cui vivo un sogno.
Che è affascinante finché rimane misterioso e allusivo
ma che rischia di diventare insipido quando viene spiegato" (Federico Fellini)

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Fellini amava dire che, alla vita, preferiva i sogni. Di più: sosteneva di filmare i propri sogni; come se la vera attività creativa,
in lui, consistesse nel sognare. Il regista amava schizzare i suoi sogni in appunti disegnati, che poi entravano nei suoi film come
sceneggiature vere e proprie.
Fin da Lo sceicco bianco (1952), che fa apparire come in sogno all’ ingenua protagonista il miserando attore di fotoromanzi Alberto Sordi.
Il sogno fa il suo ingresso trionfale in opere come La dolce vita, Otto e ½ e Giulietta degli spiriti: dove, progressivamente, le parti sognate
e quelle reali sfumano sempre più.L' elemento onirico riguarda anche il film più dichiaratamente autobiografico del regista, Amarcord (1974).
Pensiamo in particolare alla celeberrima sequenza notturna del transatlantico “Rex”, che appare come dal nulla alla vista dei trasognati,
quasi addormentati riminesi venuti ad attenderlo a bordo di barche.
 

Allegati

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Il libro dei sogni è un reperto, in possesso della Fondazione Federico Fellini, che comprende i sogni registrati dal Maestro sottoforma di disegni

segnacci, appunti affrettati e sgrammaticati”,

come usava chiamarli lui. Un libro affascinante, curioso e misterioso. Di valore inestimabile perchè ci apre i risvolti più profondi “dell’universo onirico” felliniano, ed è un deposito straordinario da cui l’autore ha tratto ispirazione per dare vita e forma alla sua arte.



Federico Fellini che, trasferitosi a Roma nel 39, cominciò subito a collaborare con la rivista Marc’Aurelio in qualità di vignettista e scrittore di piccole rubriche di costume.
Fellini continuerà a disegnare e lo farà per tutta la vita.
Egli immaginava storie a ripetizione, personaggi e macchiette che diventavano, poi, parte dei suoi film.

Fellini, da sempre consapevole dell’importanza dei sogni, era affascinato da quello che lui chiamava
“il lavoro notturno”
.


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