Cessioni immobiliari: il valore normale del bene ceduto

ricpast

Master of Puppets
Registrato
4/8/03
Messaggi
35.428
Punti reazioni
1.918
L’Agenzia delle Entrate, con provvedimento datato 27 luglio 2007, ha definito i criteri in base ai quali si determina il “valore normale” degli immobili.

Tale valore assume rilievo ai fini dell’accertamento da parte degli Uffici Finanziari nell’ambito dell’IVA, delle imposte dirette e dell’imposta di registro.

L’individuazione del “valore normale” degli immobili

Con il provvedimento del 27 luglio 2007 (pubblicato in G.U. n° 182 del 7 agosto 2007), è stata data attuazione all'articolo 1, comma 307, della legge Finanziaria 2007, con il quale si attribuiva all'agenzia delle Entrate il compito di individuare periodicamente i "criteri utili per la determinazione del valore normale dei fabbricati” ai fini dell’IVA (art. 14 del DPR n. 633 del 1972), delle imposte dirette (art. 9, comma 3, del TUIR) e dell’imposta di registro (art. 51, comma 3, del DPR n. 131 del 1986).

L'esigenza cui risponde l'atto è, quindi, quella di assicurare "uniformità e correttezza", in un contesto normativo in base al quale gli Uffici Finanziari hanno la possibilità di rettificare gli imponibili relativi alle cessioni di beni immobili e relative pertinenze sulla base del valore normale del bene trasferito.

Il provvedimento, di fatto, fornisce una chiave di lettura concreta del concetto di "valore normale", descritto dalle disposizioni normative precedentemente citate, in relazione ai diversi ambiti impositivi.

Inoltre, con lo stesso viene fornita un'utile base di calcolo per verificare la congruità dei valori di mercato dei fabbricati stessi.

Il calcolo del valore normale, in base all’art. 1, commi da 2 a 5, del provvedimento, nonchè al contenuto dell’allegato al provvedimento stesso, individua nell'Osservatorio del mercato immobiliare dell'agenzia del Territorio (Omi) la sua fonte principale di riferimento.

Tale banca dati, aggiornata semestralmente, rileva, infatti, in linea generale le quotazioni minime e massime attribuibili a un fabbricato in riferimento a determinati parametri di luogo e di tempo.

Le quotazioni dell'Omi sono riferite alla relativa zona omogenea, ovvero, in mancanza, a quella limitrofa o analoga censita, al periodo dell'atto di compravendita, o a quello antecedente in cui è stato pattuito il prezzo con atto avente data certa, e allo stato conservativo "normale".

Al punto 3 dell’allegato al provvedimento sono riportati alcuni esempi di calcolo del valore normale.

Al fine di integrare il calcolo del valore normale occorrerà altresì tener conto di ulteriori elementi significativi, quali il valore del mutuo, per gli atti soggetti a Iva, nel caso esso sia di importo superiore a quello della compravendita, i prezzi effettivamente praticati dai cedenti nel luogo e nel tempo considerati, così come rilevabili dalle offerte di vendita al pubblico anche diffuse tramite i media, ovvero i dati delle dichiarazioni di inizio attività trasmesse dai Comuni e le spese dichiarate per il recupero del patrimonio edilizio.

L'allegato comprende, inoltre, ulteriori fattori correttivi, costituiti da moltiplicatori e divisori, necessari per la valorizzazione degli immobili nuovi o ristrutturati e per l'individuazione delle quotazioni di ciascuna categoria catastale.

I criteri esposti saranno periodicamente sottoposti a variazioni a seguito dell'attività di monitoraggio.



L’utilizzo del “valore normale” nell’attività di accertamento

L’emanazione del citato provvedimento del direttore dell'agenzia delle Entrate, datato 27 luglio 2007, si inserisce nel contesto legislativo che, a partire dalle disposizioni del Dl n. 223 del 2006, ha perseguito un rafforzamento del contrasto all’evasione fiscale nel settore immobiliare.

Per quanto attiene alla definizione generale del "valore normale", le norme di riferimento rimangono gli articoli 14 del Dpr 633/1972, che disciplina l'imposta sul valore aggiunto, e 9 del Tuir, che regola le imposte sul reddito.

In tali disposizioni, infatti, il valore normale risulta uniformemente definito (con alcune eccezioni, in materia di imposte dirette, per particolari beni, come le azioni, le quote sociali e le obbligazioni) come "il prezzo o il corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi".

Per quanto attiene all’imposta di registro, invece, il valore normale dei beni immobili continua a identificarsi, ai sensi del comma 2 dell'articolo 51 del Dpr 131/1986, con il "valore venale in comune commercio".

Per quanto riguarda le novità in materia di accertamento, il Dl 223/2006 ha ampliato i poteri di rettifica esercitabili dagli uffici finanziari in relazione alle dichiarazioni presentate ai fini dell'imposta sul valore aggiunto e delle imposte dirette.

Prima del 4 luglio 2006, data di entrata in vigore del decreto, il criterio del valore normale costituiva un elemento presuntivo semplice, a cui occorreva associare ulteriori elementi di prova per giustificare la rettifica dei corrispettivi dichiarati nelle cessioni di fabbricati.

Con l'entrata in vigore delle nuove disposizioni, invece, il criterio del valore normale ha acquistato il carattere di presunzione legale relativa, in quanto, in base alla nuova formulazione dell'articolo 54, comma 3, del Dpr 633/1972, la dichiarazione di un corrispettivo inferiore al "valore normale" dell'immobile costituisce la prova dell'esistenza di operazioni imponibili per un importo superiore a quello dichiarato (con la risoluzione n. 170/E del 13 luglio 2007, è stato chiarito, comunque, che la determinazione del valore normale rappresenta una presunzione relativa che può essere confutata dal contribuente, fornendo la prova contraria).

Analogamente, il nuovo tenore del comma 1, lettera d), dell'articolo 39 del Dpr 600/1973, stabilisce che, in caso di cessioni immobiliari, l'esistenza di attività non dichiarate o l'inesistenza di passività dichiarate è desumibile sulla base del solo fatto che il corrispettivo dichiarato sia inferiore al valore normale dell'immobile.

Per completezza, è altresì doveroso ricordare che è stata abrogata la disposizione in base alla quale, in ambito Iva, l’Ufficio non procedeva alla rettifica del corrispettivo delle cessioni di fabbricati rientranti nei gruppi catastali A, B, C, qualora lo stesso veniva indicato in atto in misura non inferiore al valore catastale determinato ai sensi dell'articolo 52, commi 4 e 5, del Dpr 131/1986, salvo nel caso in cui da atto o documento non emergesse un corrispettivo superiore.

Sempre in materia di IVA, infine, il comma 23-*bis dell'articolo 35, del citato Dl 223/2006, ha stabilito che, nel caso di acquisti immobiliari finanziati tramite mutui fondiari o finanziamenti bancari, il valore normale "non può essere inferiore all'ammontare del mutuo o finanziamento erogato".

Parzialmente diverse, invece, sono state le modifiche apportate alla disciplina dell’accertamento di valore ai fini dell'imposta di registro, ipotecaria e catastale.

In tale ambito, infatti, era già vigente una norma che permetteva agli uffici di provare l'infedele dichiarazione del prezzo di vendita facendo riferimento al valore venale in comune commercio, da controllare "avendo riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo e alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data dell'atto o a quella in cui se ne produce l'effetto traslativo o costitutivo, che abbiano avuto per oggetto gli stessi immobili o altri di analoghe caratteristiche e condizioni" (articolo 51, Dpr 136/1986).

La novità in tale settore impositivo, dunque, consiste sostanzialmente nell'ampliamento dei casi in cui può essere esercitato il suddetto potere di rettifica, essendo stati eliminati i limiti al potere di accertamento precedentemente previsti per tutti gli immobili iscritti in catasto con attribuzione di rendita, se il valore risultava dichiarato in misura non inferiore a quello catastale.

In base alle nuove disposizioni, dunque, tutte le cessioni di immobili soggette a imposta di registro possono ora essere sottoposte ad accertamento sulla base del valore normale, escluse quelle relative ad unità abitative e relative pertinenze effettuate a favore di una persona fisica che non agisca nell'esercizio di attività artistiche, commerciali o professionali, per le quali la base imponibile - su richiesta della parte acquirente resa al notaio - è data dal valore catastale, indipendentemente dal corrispettivo dichiarato in atto.


L’efficacia temporale della nuova nozione di “valore normale”


Per quanto attiene, infine, all'applicazione dei criteri individuati dal provvedimento del 27 luglio scorso, fermi restando i termini di decadenza previsti dalle norme che disciplinano i vari tributi, la situazione risultante a seguito delle modifiche normative è la seguente:

per l'Iva e le imposte dirette, i nuovi criteri di determinazione del valore normale potranno essere utilizzati con valore di presunzione legale relativa per le cessioni di fabbricati effettuate in data successiva al 4 luglio 2006, mentre per quelle antecedenti potranno essere utilizzati unicamente come presunzione semplice, da sommare necessariamente a diversi elementi di prova a sostegno della pretesa tributaria;
in materia di imposta di registro, i nuovi criteri potranno essere utilizzati per tutti gli atti per i quali non ricorra la regola del prezzo-valore e per i quali sono venuti meno i limiti al potere di accertamento posti dall'articolo 52, commi 4 e 5, del Dpr 131/1986. A tale riguardo, giova ricordare che, come precisato nella circolare n. 6 del 2007, tali limiti sono venuti meno a partire dal 12 agosto 2006.
 
Indietro