Che fine ha fatto Ciro Grillo?

brentford

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Doveva essere il processo del secolo e non si sa più nulla, pare udienze a porte chiuse
Per quanto Grillo non lo sopporti spero in un'assoluzione perchè questo principio prima facciamo sesso poi ti denuncio deve finire, questa tipa è recidiva. Aveva già denunciato un tipo anni prima
Credo che alla fine tutto si risolverà con una bella transazione economica e tutto dimenticato
 
Non l'aveva denunciato, mi pare ...

Aveva deciso a posteriori che non era tanto convinta di esserci stata e quindi lui l'aveva violentata :D
 
1) tutti i processi per violenza sessuale si svolgono senza pubblico e giornalisti in aula, per legge, per tutelare chi ha subito la (presunta) violenza;
2) Beppe può pagare anche 100 mln di euro ma sarebbe solo un'attenuante per il figlio; la violenza sessuale è un reato punibile a querela, ma una volta sporta la querela non si può più ritirare come invece accade per altri reati procedibili a querela; quindi non si può scambiare un risarcimento a fronte di una rimessione di querela;
3) peraltro Beppe non ha nessuna intenzione di sganciare un euro (è notoriamente avaro) e comunque punta sull'assoluzione del figlio, tant'è vero che il figlio e gli altri 3 coimputati hanno optato per fare il dibattimento, cioè sentire tutti i testimoni (pare siano 58) di accusa e difesa, perdendo lo sconto di pena di 1/3 di cui avrebbero beneficiato se avessero optato per il rito abbreviato (processo fatto senza sentire testimoni e periti, ma acquisendo il fascicolo delle indagini del PM)
4) la prossima udienza (credo sia la 3^ o 4^ del dibattimento) sarà il 21 settembre https://www.ilsecoloxix.it/genova/2...re-in-aula-la-madre-di-ciro-grillo-1.41611653
 
Grazie per le informazioni.
Comunque a me questa giustizia fa veramente paura specie per il punto 2 ma soprattutto per quanto segue.

quando si tratta di processare il responsabile di un reato, le dichiarazioni della vittima possono, da sole, costituire prova del fatto e, quindi, portare a una sentenza di colpevolezza. Dunque, il problema di come provare la violenza sessuale viene risolto garantendo alla parte lesa una sorta di “credibilità” automatica. Cosa significa concretamente? A spiegarlo è una recente sentenza della Cassazione [1].

Per comprendere il principio facciamo un esempio che servirà a rendere la vicenda più chiara. Immaginiamo che, in una azienda, un addetto al personale si avvicini a una dipendente e, facendole capire che da lui dipende la sua promozione, le infili la mano nella camicetta. Con l’altra la stringe dai glutei e l’avvicina a sé per baciarla. Lei prova a divincolarsi, ma la presa è troppo forte. Così si mette a gridare. Qualcuno, al di fuori della stanza, sente il chiasso ma non osa entrare. Solo dopo qualche secondo e sotto minaccia di chiamare la polizia, l’uomo decide di lasciare andare la subordinata. La quale non ci pensa due volte e lo denuncia alla polizia per violenza sessuale. Il capo cerca di difendersi mentendo: dice che il suo tentativo è stato ingenuo e candido, più simile a quello di un corteggiatore che, appena capisce di essere rifiutato, arretra. Lei invece racconta la verità dei fatti. Si finisce inevitabilmente dal giudice. L’imputato è convinto di spuntarla: «è la sua parola contro la mia» pensa; in più tutti i colleghi delle altre stanze si sono limitati a sentire le voci provenire dalla stanza, ma non hanno visto la scena. Dal canto suo la donna si preoccupa di come provare la violenza sessuale subita, non avendo alcun testimone a suo favore: la porta era chiusa e non ha avuto la prontezza di registrare la conversazione con il cellulare. Come finirà il processo?

Secondo la Cassazione, la dichiarazione della vittima di violenza sessuale si presume vera salvo che questi risulti inattendibile; la sua inattendibilità può essere rilevata solo se la testimonianza contrasti con altre prove o in assenza di riscontri. Dunque, se non ci sono altri fattori che fanno ritenere che i fatti si siano svolti diversamente da come narrato e la vittima non si è contraddetta, il giudice può tenere conto solo di quanto da questa narrato per condannare il violentatore. Le dichiarazioni della persona offesa non necessitano di riscontri esterni se viene verificata la credibilità della vittima e l’attendibilità del suo racconto.
 
finchè lo tengono per le palle non può scassare la uallera in campagna elettorale... :o
 
nel processo penale la persona offesa del reato è anche testimone, a differenza che nel processo civile.
se così non fosse si dovrebbero necessariamente lasciare impuniti una buona parte dei reati, dalle violenze sessuali, anche e soprattutto sui minori, alle rapine in villa e così via, perché spesso non vi sono altri testimoni del fatto oltre alla persona offesa, e non sempre ci possono essere altre prove.

è vero che il rovescio della medaglia è che qualcuno potrebbe essere condannato da innocente, perché qualcuno lo querela inventandosi un reato da lui mai commesso.

ma questo accade molto raramente. Infatti a parole è semplice da fare, ma in concreto lo è molto meno: reggere a un interrogatorio da parte di carabinieri o polizia durante le indagini, senza andare in contraddizione, e poi (se ci si riesce) successivamente testimoniare davanti a un giudice, un pm e un avvocato, che ti interrogano (e lo fanno per mestiere) senza contraddirsi o iniziare a balbettare, tentennare o dare risposte evasive, finendo per apparire non credibili non è per niente facile.



Infatti ci sono casi in cui la falsa vittima di violenza sessuale è stata scoperta e poi condannata per calunnia.

https://www.imperiapost.it/369454/i...olenza-sessuale-condannata-calunnia-tribunale


il caso di grillo potrebbe pure finire così, anche se ci sono dei video che potrebbero risultare decisivi, così come dei testimoni che hanno avuto modo di parlare con la ragazza già il giorno dopo la presunta violenza subita.
 
Grazie per le informazioni.
Comunque a me questa giustizia fa veramente paura specie per il punto 2 ma soprattutto per quanto segue.

quando si tratta di processare il responsabile di un reato, le dichiarazioni della vittima possono, da sole, costituire prova del fatto e, quindi, portare a una sentenza di colpevolezza. Dunque, il problema di come provare la violenza sessuale viene risolto garantendo alla parte lesa una sorta di “credibilità” automatica. Cosa significa concretamente? A spiegarlo è una recente sentenza della Cassazione [1].

Per comprendere il principio facciamo un esempio che servirà a rendere la vicenda più chiara. Immaginiamo che, in una azienda, un addetto al personale si avvicini a una dipendente e, facendole capire che da lui dipende la sua promozione, le infili la mano nella camicetta. Con l’altra la stringe dai glutei e l’avvicina a sé per baciarla. Lei prova a divincolarsi, ma la presa è troppo forte. Così si mette a gridare. Qualcuno, al di fuori della stanza, sente il chiasso ma non osa entrare. Solo dopo qualche secondo e sotto minaccia di chiamare la polizia, l’uomo decide di lasciare andare la subordinata. La quale non ci pensa due volte e lo denuncia alla polizia per violenza sessuale. Il capo cerca di difendersi mentendo: dice che il suo tentativo è stato ingenuo e candido, più simile a quello di un corteggiatore che, appena capisce di essere rifiutato, arretra. Lei invece racconta la verità dei fatti. Si finisce inevitabilmente dal giudice. L’imputato è convinto di spuntarla: «è la sua parola contro la mia» pensa; in più tutti i colleghi delle altre stanze si sono limitati a sentire le voci provenire dalla stanza, ma non hanno visto la scena. Dal canto suo la donna si preoccupa di come provare la violenza sessuale subita, non avendo alcun testimone a suo favore: la porta era chiusa e non ha avuto la prontezza di registrare la conversazione con il cellulare. Come finirà il processo?

Secondo la Cassazione, la dichiarazione della vittima di violenza sessuale si presume vera salvo che questi risulti inattendibile; la sua inattendibilità può essere rilevata solo se la testimonianza contrasti con altre prove o in assenza di riscontri. Dunque, se non ci sono altri fattori che fanno ritenere che i fatti si siano svolti diversamente da come narrato e la vittima non si è contraddetta, il giudice può tenere conto solo di quanto da questa narrato per condannare il violentatore. Le dichiarazioni della persona offesa non necessitano di riscontri esterni se viene verificata la credibilità della vittima e l’attendibilità del suo racconto.

Mi sembra che questa sentenza presenti evidenti profili di incostituzionalità.
 
Grazie per le informazioni.
Comunque a me questa giustizia fa veramente paura specie per il punto 2 ma soprattutto per quanto segue.

quando si tratta di processare il responsabile di un reato, le dichiarazioni della vittima possono, da sole, costituire prova del fatto e, quindi, portare a una sentenza di colpevolezza. Dunque, il problema di come provare la violenza sessuale viene risolto garantendo alla parte lesa una sorta di “credibilità” automatica. Cosa significa concretamente? A spiegarlo è una recente sentenza della Cassazione [1].

Per comprendere il principio facciamo un esempio che servirà a rendere la vicenda più chiara. Immaginiamo che, in una azienda, un addetto al personale si avvicini a una dipendente e, facendole capire che da lui dipende la sua promozione, le infili la mano nella camicetta. Con l’altra la stringe dai glutei e l’avvicina a sé per baciarla. Lei prova a divincolarsi, ma la presa è troppo forte. Così si mette a gridare. Qualcuno, al di fuori della stanza, sente il chiasso ma non osa entrare. Solo dopo qualche secondo e sotto minaccia di chiamare la polizia, l’uomo decide di lasciare andare la subordinata. La quale non ci pensa due volte e lo denuncia alla polizia per violenza sessuale. Il capo cerca di difendersi mentendo: dice che il suo tentativo è stato ingenuo e candido, più simile a quello di un corteggiatore che, appena capisce di essere rifiutato, arretra. Lei invece racconta la verità dei fatti. Si finisce inevitabilmente dal giudice. L’imputato è convinto di spuntarla: «è la sua parola contro la mia» pensa; in più tutti i colleghi delle altre stanze si sono limitati a sentire le voci provenire dalla stanza, ma non hanno visto la scena. Dal canto suo la donna si preoccupa di come provare la violenza sessuale subita, non avendo alcun testimone a suo favore: la porta era chiusa e non ha avuto la prontezza di registrare la conversazione con il cellulare. Come finirà il processo?

Secondo la Cassazione, la dichiarazione della vittima di violenza sessuale si presume vera salvo che questi risulti inattendibile; la sua inattendibilità può essere rilevata solo se la testimonianza contrasti con altre prove o in assenza di riscontri. Dunque, se non ci sono altri fattori che fanno ritenere che i fatti si siano svolti diversamente da come narrato e la vittima non si è contraddetta, il giudice può tenere conto solo di quanto da questa narrato per condannare il violentatore. Le dichiarazioni della persona offesa non necessitano di riscontri esterni se viene verificata la credibilità della vittima e l’attendibilità del suo racconto.
anche per me è agghiacciante
una soluzione è la bodycam
 
Mi sembra che questa sentenza presenti evidenti profili di incostituzionalità.

È inversione dell'onere della prova. In pratica se ti trovi da solo con una donna può farti condannare tranquillamente per stupro se non hai modo di dimostrare il contrario?
 
Di Ciro Grillo non ne parlano per non togliere serenità al clima elettorale!
Quello che mi meraviglia molto è la magistratura che ancora non ha tirato fuori il coniglio dal cilindro..........che potrebbe essere RUBI quater:D!!:clap:
 
È inversione dell'onere della prova. In pratica se ti trovi da solo con una donna può farti condannare tranquillamente per stupro se non hai modo di dimostrare il contrario?

Mi pare una palese violazione dell'art. 3 della costituzione
"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso di razza, di lingua di religione di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali"
Ma secondo quella sentenza vale di più quello che dice la parte lesa e allora non si è più uguali di fronte alla legge.
 
Mi pare una palese violazione dell'art. 3 della costituzione
"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso di razza, di lingua di religione di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali"
Ma secondo quella sentenza vale di più quello che dice la parte lesa e allora non si è più uguali di fronte alla legge.

non solo hanno inventato delle categorie speciali
se compi un reato nei confronti di una di queste ci sono le aggravanti
 
È inversione dell'onere della prova. In pratica se ti trovi da solo con una donna può farti condannare tranquillamente per stupro se non hai modo di dimostrare il contrario?

Esattamente, è inversione dell'onere della prova bello e buono.
Se una donna ti accusa non può tornare indietro, viene creduta a prescindere e salvo sorprese verrai condannato.
Sta a te maschio dimostrare che lei non è credibile.
Rendiamoci conto
Io mi domando a che punto dobbiamo arrivare
 
Esattamente, è inversione dell'onere della prova bello e buono.
Se una donna ti accusa non può tornare indietro, viene creduta a prescindere e salvo sorprese verrai condannato.
Sta a te maschio dimostrare che lei non è credibile.
Rendiamoci conto
Io mi domando a che punto dobbiamo arrivare

tutti penalisti o giudici siete?

non c'è nessun inversione dell'onere della prova, è la donna (o uomo) vittima del reato (non solo violenza sessuale, anche altri reati) che deve provare il fatto, testimoniando in modo particolarmente credibile e attendibile, cosa che non è affatto facile come scrivere 2 caxxate su un forum
 
Vincent Vеga;57866483 ha scritto:
non solo hanno inventato delle categorie speciali
se compi un reato nei confronti di una di queste ci sono le aggravanti

ed è giusto che sia così, l'uguaglianza consiste nel tutelare di più chi è più debole, e non tutelare allo stesso modo forte e debole.

punire più gravemente un rapinatore che rapina una vecchietta di 80 anni piuttosto che un ragazzo di 30 è più che giusto perché il rapinatore si approfitta della minorata difesa della vecchietta.
 
ed è giusto che sia così, l'uguaglianza consiste nel tutelare di più chi è più debole, e non tutelare allo stesso modo forte e debole.

punire più gravemente un rapinatore che rapina una vecchietta di 80 anni piuttosto che un ragazzo di 30 è più che giusto perché il rapinatore si approfitta della minorata difesa della vecchietta.

No, l'uguaglianza non è tutelare la parte più debole (cosa sacrosanta, peraltro) è quello che dice la parola.
Per i reati contro gli anziani è stata fatta una legge ad hoc ma non si chiama uguaglianza
 
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