cirio-bankitalia

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MILANO - La crescita dei debiti Cirio pare essere finita. L'indebitamento finanziario netto del gruppo è infatti rimasto stabile rispetto a settembre: 1,279 miliardi al 31 ottobre. Ma rispetto al 31 dicembre 2002 - scrive la società nel consueto comunicato mensile imposto dalla Consob - l'incremento è stato di 54,8 milioni. E mentre il gruppo alimentare è alle prese con la procedura di amministrazione straordinaria, le inchieste penali a tutto campo avviate dalle varie Procure d'Italia proseguono senza sosta. Tra queste figura quella di Monza, che ultimamente pare abbia allargato il campo d'azione anche ai modelli cosiddetti "129" con cui la Banca d'Italia autorizza il collocamento delle obbligazioni. Più volte il sostituto procuratore Walter Mapelli ha ascoltato i funzionari di Via Nazionale. E più volte ha chiesto loro alcuni documenti. Con un'obiettivo: capire come e con quali procedure veniva autorizzato il collocamento delle obbligazioni Cirio in Italia. E il punto di partenza è proprio il formulario "129". Il Testo unico bancario, all'articolo 129, stabilisce infatti le modalità con cui gli emittenti obbligazionari devono chiedere alla Banca d'Italia l'autorizzazione per il collocamento di bond nel nostro Paese: sia ai risparmiatori che ai grandi investitori istituzionali. L'emittente o la banca che sta curando l'operazione deve compilare un formulario standard in cui indica le caratteristiche principali del titolo. Poi questo modulo deve essere recapitato alla divisione vigilanza di Bankitalia. A questo punto vige il principio del silenzio-assenso: dopo 20 giorni, se la Banca d'Italia non fa alcuna osservazione, l'operazione può essere effettuata. Scorrendo i moduli "129" dei Cirio-bond emergono particolari interessanti. I formulari, che indicavano sempre l'importo dell'emissione e specificavano che l'intera obbligazione era destinata al mercato italiano, rimarcavano a chiare lettere che i bond erano destinati agli investitori istituzionali, come stabilito anche nelle stesse Offering circular. Ma poi si definiva, come taglio minimo, sempre mille euro: importo abbordabile anche da qualunque piccolo risparmiatore. Bene inteso: è molto comune indicare un importo basso per le emissioni obbligazionarie. Per di più è noto che il controllo effettuato dalla Banca d'Italia sia puramente quantitativo e di struttura. In un recente studio sui corporate bond, la stessa Banca d'Italia ha scritto: «L'articolo 129 e le disposizioni attuative hanno calibrato in modo inequivocabile i controlli preventivi sul collocamento in Italia di valori mobiliari, limitandoli al sostegno degli standard qualitativi del mercato del capitale di debito e alla valutazione dell'impatto quantitativo delle emissioni». La normativa, insomma, non prevede controlli sulla solvibilità di ogni singolo emittente. Anche perché - sostengono alcuni - in 20 giorni sarebbe complicato farlo. Ma sembra che il sostituto procuratore Walter Mapelli e la Guardia di Finanza di Seregno vogliano comunque approfondire il tema. L'indagine sta cercando di mettere in luce tutti i passaggi, anche quelli della autorità di controllo, che hanno portato al collocamento dei bond in Italia. Obbligazioni che - per il fatto che non avevano rating e che avevano lotti minimi bassi - potevano prima o poi finire in mano ai piccoli risparmiatori. MY.L.
http://www.assinews.it/rassegna/articoli/sole021203bo2.html
 
Scritto da redon
MILANO - .........
........................... I formulari, che indicavano sempre l'importo dell'emissione e specificavano che l'intera obbligazione era destinata al mercato italiano, rimarcavano a chiare lettere che i bond erano destinati agli investitori istituzionali , come stabilito anche nelle stesse Offering circular.
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rimarcavano a chiare lettere che i bond erano destinati agli investitori istituzionali

Da comune cittadino che paga le tasse e quindi stipendio e pensione anche ai signori di BdI mi chiedo :

se le autorizzazioni alle emissioni di strum finanz sono puri pro-forma
se è scontato che non venga eseguito alcun tipo di controllo pre-autorizzazione
se non si interviene quando vengono violati i termini che stavano alla base di un'autorizzazione pro-forma (e in questo caso non ci si può trincerare dietro i tempi ristretti - sui quali comunque ci sarebbe molto da obiettare - per chi altri sarebbe presa come valida una simile giustificazione ? )

Se si cerca di sorvolare su tale negligenza incolpando di avidità i polli - tanto sono una piccolissima percentuale - che cercavano 2 punti scarsi più dei ctz

cosa ce ne facciamo di questa iSTITUZIONE ?

.. dimenticavo : ci fa le previsioni economiche . Per chi lo avesse scordato , un paio di anni orsono l'attuale gOVERNATORE ci disse che oggi ci saremmo trovati (dunque ci siamo ma non lo percepiamo - mentre percepiamo l'inflazione che invece non c'è) nel bel mezzo di un boom economico stile anni 60 !!

Complimenti !

.. dimenticavo 2 : ma l'azionariato di BdI (nome e % degli azionisti) non c'entra proprio nulla ?

bye
 
Ultima modifica:
Cirio: finanzieri al San Paolo-Imi

(ANSA) - ROMA, 5 DIC - Per l'inchiesta sul crack Cirio, la Guardia di Finanza sta perquisendo anche le sedi della Popolare di Lodi e del San Paolo-Imi. Sono invece di Capitalia e Mcc i tre altri indagati insieme a Cesare Geronzi nell'ambito dell'inchiesta sul dissesto finanziario del gruppo agroalimentare Cirio. Nei loro confronti sono state disposte perquisizioni presso le abitazioni e negli uffici. Le perquisizioni in corso in diverse citta' d'Italia sono alcune decine.
 
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9 dicembre 2003
Cirio, nelle garanzie sull’ultimo bond una chiave dei pm sul crac


L’inchiesta romana punta ad accertare se a Capitalia era nota l’insolvenza del gruppo. Nel mirino entrano anche le ipoteche chieste a Cragnotti

L’inchiesta Cirio continua ad allargarsi. I magistrati romani indagano su un’operazione che rischia di trascinare nella bufera, oltre al presidente Cesare Geronzi, anche altri. La vicenda riguarda l’uscita dell’istituto di via Minghetti dall’azionariato di Cirio Bombril International, avvenuta nell’estate del 2002. All’epoca Sergio Cragnotti era già alla ricerca del denaro per pagare il bond in scadenza a novembre 2002 (quello che successivamente aprì le porte al default) e, forse, ancora pensava che Capitalia avrebbe fornito le risorse per evitare l’insolvenza. Ma dopo l’estate la musica cambiò. Capitalia pretese che anche Cragnotti facesse la sua parte mettendo di tasca sua metà dei fondi necessari. Il finanziere cercò di prendere tempo. Fu allora che Geronzi e Matteo Arpe, all’epoca direttore generale, decisero di chiedere a Cragnotti garanzie precise a copertura della liquidazione delle quote in Bombril Cirio International. E il faro degli inquirenti sarebbe indirizzato proprio sul tipo di garanzia pretesa: ipoteche su beni nella disponibilità di Cragnotti invece del solito pegno su azioni Cirio. Un altro tassello a sostegno delle tesi degli inquirenti, convinti che la banca romana avesse ben presente («una conoscenza tempestiva e adeguata», si legge nel decreto di perquisizione di venerdì scorso) lo stato di decozione del gruppo agroalimentare. Ma il pool della Procura di Roma vuole fare luce anche sul passato. I pm sono al lavoro sul rapporto intercorso tra Sergio Cragnotti e la Banca di Roma dal 1991, anno di nascita della Cragnotti & Partners (di cui l’istituto romano aveva una quota di circa il 5%) fino alla fine del 2003. Nel mirino degli inquirenti ci sono in particolare due operazioni. La prima riguarda l’acquisizione dall’Iri di Romano Prodi della Cirio-Bertolli-De Rica, effettuata con il finanziamento della Banca di Roma. E, successivamente, l’acquisizione di Polenghi Lombardo dalla Fedital (ex Federconsorzi). Anche in questo caso l’istituto capitolino ebbe un ruolo rilevante nell’assegnazione dei beni dei Consorzi Agrari e nel fornire a Cragnotti i mezzi necessari.
http://www.assinews.it/rassegna/articoli/fm091203ci.html
 
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Ora le banche temono l'effetto domino
Cirio




ROMA - Fare un prestito a una società in grave crisi finanziaria, purchè reversibile, non è un reato anzi è un dovere del sistema bancario. Collocare high yield bond di società altamente indebitate senza rating non è reato. E neanche il rimborso delle linee di credito con il ricavato delle obbligazioni è reato. Eppure dopo la dichiarazione dello stato d'insolvenza della Cirio, in seguito al default su sette bond, i fari della magistratura, di Consob e Banca d'Italia si stanno accendendo sul sistema bancario: sotto inchiesta i nomi più blasonati come Capitalia, Abaxbank (il cui a.d. Fabio Arpe si è recentemente dimesso), Ubm (UniCredit), San Paolo-Imi, Intesa, Popolare di Lodi. Ma si contano a decine le banche, ora in veste di creditrici (almeno 20 note) ora collocatrici di obbligazioni (una ventina sul primario, a decine sul secondario) a dover rendere conto del proprio operato. Chi rischia il risarcimento danni agli obbligazionisti, per via di azioni legali. Chi rischia le revocatorie per la restituzione ai commissari straordinari del credito rimborsato per vie illecite. Chi teme le sanzioni amministrative di Consob e Banca d'Italia, chi l'accusa di credito abusivo o di falso bancario interno. Chi è già indagato per truffa e bancarotta fraudolenta. La lista dei reati e delle "scorrettezze" ipotizzabili è in effetti estremamente lunga a causa dell'intreccio inedito di procedure fallimentari e indagini per ipotesi di bancarotta fraudolenta pluriaggravata, reiterata e preferenziale, di prestiti bancari e prestiti cartolari, di normativa italiana sugli intermediari e sulla sollecitazione al pubblico risparmio e la prassi consolidata all'estero per gli eurobond. Un mix che giorno dopo giorno prende la forma di una colossale truffa: 1.125 milioni di euro di obbligazioni «a danno» dei risparmiatori. Ma forse qualcosa da dire l'avranno prima o poi anche i fornitori (circa 300 milioni di euro). Il coinvolgimento delle banche in questa vicenda si articola infatti su vari livelli. Una ventina di istituti (banche commerciali, d'affari e Sim) hanno avuto un ruolo di bookrunner o co-lead o co-manager nei sindacati di collocamento delle obbligazioni. Questo intervento, che riguarda la vendita dei bond sul primario, è un'operazione all'ingrosso perchè, come puntualizzato nelle offering circular, questi titoli erano collocabili solo presso investitori istituzionali. Bisogna però verificare se questi titoli finirono nel portafoglio dei privati prima ancora della data di pagamento dei bond ovvero nella quindicina di giorni di "mercato grigio". Altre banche magari non hanno preso parte al primario ma sono intervenute massicciamente sul secondario: la loro clientela allo sportello ha acquistato i Cirio-bond. Il numero di questi istituti non è noto al momento: ma 35mila risparmiatori coinvolti nel crack estendono la portata degli sportelli. In questo caso, le scorrettezze potenziali sono numerose: anche perchè una banca nel sindacato sul primario di alcune emissioni potrebbe aver venduto alla propria clientela altri bond. Molte Procure e azioni legali stanno tentando di appurare se si è trattato di sollecitazione al pubblico risparmio senza prospetto a norma Consob (vendita non consentita se il Cirio-bond è stato proposto dalla banca) oppure del cosiddetto "reverse inquiry", nel qual caso il risparmiatore ha richiesto il titolo. Un altro aspetto è quello dei moduli: la propensione al rischio dell'investitore ha coinciso con l'alto rischio dei Cirio-bond? Sono state firmate le liberatorie nel caso di conflitto d'interessi? Il fatto che la società emittente fosse altamente indebitata e che, pur non avendo rating, il suo merito di credito implicito fosse crollato dall'iniziale "BB-" alla "B" fino alla "CCC" era stato pubblicizzato a dovere? E ancora: il rendimento di questi bond rifletteva fedelmente l'alto rischio dell'emittente, al punto da mettere in guardia anche il risparmiatore più sprovveduto? Non da meno: chi ha venduto agli sportelli i Cirio-bond era una banca creditrice del gruppo con l'intento di rientrare dei propri crediti prima del fallimento grazie ai bond? E poi ancora: cosa dire di quegli istituti di credito che hanno ottenuto il rientro delle linee prima del fallimento anche senza collocare un solo Cirio-bond? Sarà proprio sulla "consapevolezza" di una crisi economico-finanziaria irreversibile in atto che le banche giocheranno la loro partita più dura sui Cirio-bond. La linea che divide la crisi temporanea dallo stato di decozione senza rimedio è sottilissima. Neppure il default dei Cirio-bond ha fatto scattare il fallimento: quel che conta è la dichiarazione dello stato d'insolvenza del Tribunale di Roma. La linea di difesa delle banche è dunque chiara: il perdurante sostegno del mondo bancario alla Cirio è confermato dall'intento di cinque istituti a sottoscrivere l'ottavo bond, a poche ore dal default nel novembre 2002; dal prestito-ponte nel corso del piano-Livolsi. L'irreversibilità della crisi è stata forse sancita dal rifiuto degli obbligazionisti a convertire i bond in azioni. E non basta: fino a quando i 505 milioni di crediti infragruppo risultavano esigibili, il sistema bancario sostiene di non aver messo in conto l'irreversibilità della crisi. E solo dopo l'emersione del falso in bilancio, i crediti in bonis del gruppo sono stati trasformati in sofferenze. Nella centrale dei rischi della Banca d'Italia non vi era traccia di incagli, si dice. Questa tesi però si scontra con le logiche perverse del credito abusivo: alle banche infatti è vietata la concessione del credito a chi sta fallendo, rinviando con consapevolezza il fallimento per poter rientrare dei crediti magari allontanando le revocatorie. ISABELLA BUFACCHI

Sistema in panne tra crack e inchieste

MILANO - Dalla Trevitex, al Bagaglino, passando per Sasea e Sci. Sono alcuni tra i casi che hanno coinvolto il sistema bancario nelle bancarotte delle società negli ultimi anni, rinviando a giudizio amministratori e consiglieri al termine di lunghe indagini e di altrettanti processi, quasi tutti ancora in corso. All'origine finanziamenti che si è scoperto, in alcuni casi, servivano per costituire fondi neri all'estero, oppure concedere linee di credito a società sull'orlo del fallimento. In cima alla lista c'è il caso della Sasea dell'ex finanziere italo-svizzero Florio Fiorini. Specializzata in immobili e nell'acquisto e vendita di società, nella bancarotta da 3 mila miliardi scoppiata nel 1992, vennero trascinati anche il Credit Lyonnais e la Banca Popolare di Novara. Jean Marie Griffault che aiutò Fiorini a scalare la Metro Gold Mayer patteggiò, insieme ad altri, un anno e dieci mesi di reclusione, risarcendo i creditori italiani per circa 220 miliardi di lire. Restituiti dalla Novara altri 180 miliardi di lire. Fiorini venne condannato dal Tribunale di Milano a 8 anni e 7 mesi, dopo avere scontato sei anni in Svizzera per il fallimento da 5mila miliardi di lire della Sasea holding. Ora nel processo di appello, l'ex finanziere ha chieso l'applicazione delle nuove norme del patteggiamento allargato. È lungo l'elenco delle banche coinvolte nel crack della Trevitex del gruppo Dalle Carbonare, crollato nel 1993 sotto il peso di 870 miliardi di lire di debito: consiglieri, manager e consulenti del Credit, Ambroveneto, Banca di Roma, Banco di Napoli, il San Paolo di Torino, il Montepaschi, la Carive. La Bil (Banca internazionale lombarda, controllata da Comit e Mediobanca oggi fusa nella Banca di Legnano) fungeva da advisor. Le accuse vanno dalla bancarotta fraudolenta per distrazione, alla bancarotta semplice e falso in bilancio. Il manager chiamato a studiare il salvataggio era Giuseppe Maranghi. Dopo avere tentato di tenere in vita il vasto agglomerato di aziende (una quarantina, con oltre 4mila dipendenti) acquisite alla fine degli anni '80 (la Fiasc di Como, l'Olcese veneziano, il Cotonificio Cotorossi, la Tiberghien Italia, alcune centrali elettriche nel Triveneto), alla fine fu impossibile evitare il fallimento. Per fare rientrare le banche dai crediti verso il gruppo, dietro consiglio dei curatori, vennero ceduti numerosi asset della Trevitex, già in liquidazione, che secondo l'accusa dovevano servire per costituire provviste di fondi all'estero da utilizzare per ripagare alcuni istituti di credito, a danno degli altri creditori. Banche in primo piano anche nel fallimento del Bagaglino di Brescia, la holding immobiliare del settore alberghi e residence di Mario Bertelli. In questo caso gli istituti di credito coinvolti (Capitalia, Banca agricola mantovana del gruppo Monte Paschi e la Banca nazionale dell'agricoltura, poi incorporata nell'Antonveneta), accusati di bancarotta fraudolenta e preferenziale, avrebbero continuato a finanziare il gruppo nonostante l'evidente stato di dissesto. Tra le tante vicende finiti male, qualcuna è risorta dalle ceneri. É l'immobiliare Sci di Genova, quotata in Borsa fino al 1998. Dal dicembre 2002 la società è uscita dal fallimento e ha ripianato il passivo. Archiviata anche l'indagine della procura di Milano per insider trading trading e aggiotaggio a carico delle banche che, nell'estate del '97, avevano venduto titoli pari a quasi l'80% della società immobiliare genovese. MARA MONTI
http://www.assinews.it/rassegna/articoli/sole091203ci.html
 
Mi sembra che si cerchi di mescolare un po' le carte, ma le cose per me risparmiatore sono chiare, non e' reato emettere dei bond H.Y. speculativi e rientrare dai propri affidamenti, ma con la Cirio non si e' fatto questo, si sono creati dei bond all'apparenza molto affidabili, con tassi pari o inferiori ad altre societa', tipo Telecom, Olivetti, Fiat ecc, spingendoli sul mercato con notizie di stampa, dando dei rating impliciti buoni, con rappresentanti di banche nei consigli di amministrazione tutto per dimostrare qualita' dei titoli, societa' quotata con obblighi di bilancio e verifiche. Bond emessi con quantita' oltre le norme di legge ed emessi all'estero per evitare i controlli, emessi per gli investitori istituzionali e rifilati al pubblico. I bond H.Y. hanno alti tassi ed alto rischio ma lo si sa' gia' in partenza e chi vuole comprarli sa' quello che compra. I bond Cirio sono dei bond H.Y. vestiti a festa per far fessa la gente e hanno il coraggio di dire che vogliono rimborsare parzialmente la gente dopo averla truffata.
 
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15 dicembre 2003

Quei bond hanno licenza di rischiare

Chi controlla che cosa? Per obbligazioni come quelle Cirio non sono previsti esami preventivi. Né da parte di Bankitalia né da parte di Consob


Ha detto John Kenneth Galbraith, alludendo al cinismo del mercato: «E’ bene che di tanto in tanto il denaro si separi dagli imbecilli». Anche se è davvero difficile considerare proprio tutti «imbecilli» i 35 mila risparmiatori che si sono inguaiati con i Cirio bond o le molte migliaia che adesso rischiano di fare analoga sorte con le obbligazioni Parmalat. «Da queste cose - sentenzia l’ex commissario della Consob, Salvatore Bragantini - non c’è difesa». Possibile? Sembra assurdo ma è proprio così. E in questo la situazione italiana non è poi molto diversa da quella degli altri Paesi europei: la differenza è, semmai, nella cultura del risparmiatore e nella sua dimestichezza con i prodotti finanziari più sofisticati.
La normativa non prevede infatti controlli preventivi su questo genere di obbligazioni. Né da parte della Consob, a cui spettano comunque la verifica ex post, né tantomeno da parte della Banca d’Italia, che il ministro del Tesoro Giulio Tremonti considera invece oggettivamente responsabile della vicenda Cirio, per il fatto che i titoli incriminati sono stati venduti agli sportelli delle banche indebitate con il gruppo di Sergio Cragnotti. E neppure, in questa circostanza, si può chiamare in causa la confusione di competenze fra Consob e Banca d’Italia che in molti campi è all’origine di incomprensioni e inefficienze. Al punto che il caso Cirio è servito a rilanciare i progetti di chi vorrebbe sostituire l’attuale sistema «bipolare» con una sola autorità di Vigilanza. Come lo stesso Tremonti, che tifa per il modello inglese (vedi l’articolo a pagina 2) .
E’ vero che palazzo Koch deve dare il via libera, con il meccanismo del silenzio assenso, alle emissioni di titoli sul mercato italiano. Ma le può vietare solo per ragioni di stabilità del mercato, non perché certe obbligazioni puzzino di bruciato e altre invece no. Almeno formalmente, la Banca d’Italia non è tenuta ad annusare i titoli prima che vadano sul mercato. E’ pure vero che la Consob ha il dovere di controllare il prospetto informativo che deve accompagnare tutte le offerte rivolte al pubblico risparmio. Ma si dà il caso che il prospetto non sia richiesto per le obbligazioni, come per esempio quelle Cirio, destinate esclusivamente agli investitori istituzionali e non emesse in Italia. Che poi però finiscono inevitabilmente dagli investitori istituzionali alle banche e da queste, senza alcun filtro, nelle tasche dei risparmiatori.
Non a caso il 94% delle obbligazioni italiane sono state emesse a Lussemburgo. Fin qui nulla di male, visto che quel Paese fa comunque parte dell’Unione europea. E che non soltanto le imprese private, ma persino le aziende pubbliche e lo stesso Stato italiano ricorrono a questo meccanismo, anche se per ragioni diverse. Il problema sorge nel momento in cui questo canale di finanziamento viene utilizzato, per importi rilevanti, da aziende in difficoltà finanziaria a cui talvolta il sistema bancario ha già chiuso i rubinetti. Il risparmiatore, allettato dagli alti rendimenti di quei titoli, non dispone di strumenti (a parte, forse, le notizie di stampa), per conoscere la reale situazione dell’impresa e non gli resta quindi che fidarsi di chi gli vende l’obbligazione.
Del resto è sufficiente scorrere l’elenco delle 45 imprese private che negli ultimi cinque anni hanno rastrellato sul mercato 78,6 miliardi di euro passando da Lussemburgo, per rendersi conto della situazione. Accanto a società in salute, ce ne sono anche molte che hanno avuto (e alcune hanno ancora) seri problemi finanziari. Al secondo posto nella classifica degli emittenti, dopo il gruppo Pirelli-Telecom, c’è la Fiat, seguita dalla Parmalat. Qualche posizione più in basso si trova la Cirio, quindi Telepiù (recentemente assorbita da Sky di Rupert Murdoch). E quasi in fondo alla lista c’è il gruppo Giacomelli sport, finito in stato di insolvenza, che con obbligazioni emesse a Lussemburgo ha raccolto 100 milioni di euro.
Diversamente dal Tesoro, la Banca d’Italia non considera allarmante la situazione. Lo stesso governatore Antonio Fazio ha sottolineato che nel 2002, a fronte di 34 casi di default verificatisi in tutta Europa, in Italia ce n’è stato solo uno, quello delle obbligazioni Cirio Finanziaria per 175 milioni di euro, contro i 15 del Regno Unito e gli 8 dei Paesi Bassi. Dati significativi, che vanno però letti anche alla luce del diverso peso del mercato italiano rispetto a quello anglosassone, dove le obbligazioni sono uno strumento molto più familiare. E dove «non suscita scandalo», afferma un operatore della City, «il fatto che le banche scarichino sugli investitori istituzionali parte della loro esposizione verso le imprese, quando questa risulta eccessiva». L’importante è che questa esposizione poi non si riversi, a cascata, sui risparmiatori inconsapevoli. Proprio quello che, si sospetta, sarebbe successo nel caso dei Cirio bond.
Secondo l’economista Alessandro Penati nessun controllo potrebbe prevenire completamente i danni per i piccoli investitori. Bisognerebbe piuttosto autorizzare azioni risarcitorie collettive nei confronti degli intermediari, come possibile deterrente per chi volesse trasferire crediti a rischio sui risparmiatori. Bragantini è del parere che vietare la vendita al dettaglio delle obbligazioni sia sbagliato. «Non si può impedire a un risparmiatore consapevole di rischiare», dice l’ex commissario della Consob. «Piuttosto - aggiunge - si potrebbero costringere gli investitori istituzionali a tenere quei titoli in portafoglio almeno un anno prima di metterli sul mercato», come avviene negli Stati Uniti. «Un’altra possibilità», secondo Bragantini, «è quella di rendere obbligatorio il rating». Chi compra i bond emessi dalle imprese avrebbe almeno un punto di riferimento concreto, oltre alla buona fede di chi gli vende i titoli.
http://www.assinews.it/rassegna/articoli/ce151203bo.html



15 dicembre 2003

Danovi: «Servono controlli e obblighi»

Il vincitore della sentenza Cultrera: «Imporre a chi fa emissioni estere il prospetto per le autorità italiane»


Remo Danovi è presidente del Consiglio nazionale forense. Ma è anche l’avvocato che due mesi fa - e dopo vent’anni di battaglie - ha fatto condannare la Consob, oltre che il ministero dell’Economia, a rimborsare 6,3 milioni di euro ai risparmiatori coinvolti in una delle operazioni del crac Cultrera. La causa? Non aver esercitato i controlli ai quali era tenuta. Nonostante siano passati vent’anni dai fatti a cui si riferisce la sentenza della Corte d’Appello di Milano, secondo Danovi però la situazione riguardo le autorità di vigilanza ancora oggi non è in fondo cambiata granché. Stiamo passando da uno scandalo all’altro, da quelli americani di Enron e Worldcom ai bond argentini, da Cirio a Parmalat. C’è un filo che li accomuna?
«Non c’è dubbio che vi siano delle somiglianze: in tutti questi casi sono mancati controlli che avrebbero dovuto esserci e i danneggiati sono i soggetti più deboli, risparmiatori o azionisti, che non hanno potuto avere alcun elemento attendibile di giudizio. Ma devo dire che vedo anche profonde differenze tra gli scandali degli Stati Uniti e i nostri».
E cioè?
«Negli Stati Uniti le autorità governative sono intervenute immediatamente per correggere le norme che si erano rivelate inadeguate (la Sec con l’applicazione della legge Sarbanes-Oxley). Si sono studiate nuove regole perfino per gli avvocati che assistono le imprese e gli amministratori nella loro gestione aziendale: i nuovi Standards of Professional Conduct per avvocati, ad esempio, hanno riempito centinaia di pagine e sono stati oggetto di profondo dibattito. Una seconda differenza nasce dal fatto che l’opinione pubblica ha espresso un sentimento di riprovazione, al punto che le due persone che hanno permesso di rivelare gli scandali sono state indicate come personaggi dell’anno sulla rivista Time . E’ la risposta etica che contrassegna la riprovazione dei fatti compiuti».
Mentre in Italia questo non succede?
«In Italia non avremo certamente né leggi immediate né sdegno o disprezzo per quanto accaduto. L’esperienza, infatti, insegna che molti funzionari che hanno svelato scandali sono stati alla fine rimossi, non premiati!».
Cosa ha determinato i casi Cirio e Parmalat, secondo lei? I mancati controlli di chi avrebbe dovuto farli, o un atteggiamento, diciamo «spericolato», degli amministratori?
«L’una e l’altra cosa insieme. Al di là dei casi specifici, però, va detto che le iniziative degli amministratori spesso si contraddistinguono per "interessate convergenze", da cui restano esclusi i piccoli azionisti, e ovviamente i risparmiatori. Né si può consentire un capitalismo made in Italy senza capitali. Ma molto dipende anche dal mancato controllo delle autorità di vigilanza, la Consob o la Banca d’Italia secondo i casi. Talvolta, comunque, i bilanci celano l’effettiva realtà dei fatti (con ovvie imputabilità degli amministratori): può accadere così che le agenzie di rating assegnino un elevato punteggio alle società e poi, nel giro di pochi giorni, la solidità finanziaria sia relegata al rango dei titoli spazzatura. Qui sono davvero l’informazione scorretta e l'azione illegale che provocano i grandi disastri».
Come si può imporre che un bilancio rispecchi la realtà dell’azienda?
«Questo, purtroppo, mi sembra ancora oggi un risultato difficile da raggiungere. Almeno, finché non saranno instaurate una etica della responsabilità e una consuetudine di trasparenza generalizzata, che costituisce un valore in sé. E’ la trasparenza infatti che consente al mercato di operare la corretta selezione fra le imprese.
Le autorità di controllo sono solite dire che mancano i poteri.
«In verità, alcuni poteri esistono. E sono i poteri di vigilanza e controllo, nonché i poteri ispettivi. Per di più, fino alla presentazione dei prospetti, la Consob può chiedere informazioni e precisazioni senza particolari limiti. I loro poteri devono, dunque, certamente essere rafforzati (e applicati), ma, ad oggi, non possono dirsi del tutto inadeguati. In ogni caso dovrebbe essere fermamente vietata la promiscuità di iniziative che consentono, ad esempio, alla banca finanziatrice di collocare gli stessi titoli di debito sul mercato. Fondamentale poi dovrebbe essere il ruolo dei revisori».
Nel caso dei bond emessi da società estere e destinati a investitori istituzionali - come nei casi Cirio e Parmalat - non c’è, però, obbligo di prospetto informativo, e quindi la Consob non ha potere di intervento.
«E’ vero. Ma dovrebbe, comunque, imporsi alle imprese italiane che emettono bond attraverso società straniere strumentali l’obbligo di sottoporre i prospetti anche alle autorità italiane».
Ma davvero i risparmiatori non hanno alcuna responsabilità? Com’è possibile che siano sempre ignari?
«Il risparmiatore deve godere della tranquillità garantita dal sistema dei controlli e dalle leggi che regolano il mercato. Di per sé eviterei di colpevolizzare perfino le persone che sono prive degli strumenti culturali o tecnici per valutare compiutamente il mercato e la convenienza dell’investimento. Diversamente, dovremmo tornare alle origini e imporre alla maggior parte dei risparmiatori l’uscita dai mercati mobiliari».
http://www.assinews.it/rassegna/articoli/ce151203bo2.html
 
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18 dicembre 2003
Una commissione presieduta da Guido Rossi vaglierà le richieste e deciderà l´indennizzo a chi ne ha diritto
Cirio, Unicredit spiazza tutti rimborsi in arrivo per i bond


I risparmiatori coinvolti sono 4mila, per un totale di alcune decine di milioni
La mossa di Profumo rompe il fronte delle banche e mette in difficoltà i concorrenti

WALTER GALBIATI

MILANO - Unicredit rompe il fronte bancario sul caso Cirio. E con una mossa a sorpresa, il numero uno, Alessandro Profumo, vara un piano di rimborso per gli obbligazionisti che si sentono danneggiati.
Non viene stabilita una percentuale per tutti o a seconda delle obbligazioni che i 4 mila risparmiatori di Unicredit hanno acquistato. Ma sarà una commissione indipendente a valutare caso per caso. A presiederla verrà chiamato il giurista Guido Rossi, ex presidente della Consob e padre della legge Antitrust. A lui toccherà decidere se il cliente, in base alla propria propensione al rischio, è stato mal consigliato oppure no dalla filiale Unicredit che gli ha venduto le obbligazioni Cirio. La commissione partirà dal portafoglio del cliente e dalla sua dimestichezza con gli investimenti finanziari. Se il portafoglio è composto interamente da obbligazioni Cirio, probabilmente non è stato ben assistito dagli sportellisti nel differenziare i propri acquisti, mentre se la percentuale dei titoli in questione è ponderata rispetto all´entità del portafoglio, l´acquisto di obbligazioni Cirio trova un senso nella volontà di accrescere il rendimento della gestione con strumenti più remunerativi, ma allo stesso tempo più rischiosi.
Del resto sarà difficile per un esperto e incallito giocatore di Borsa far credere a Guido Rossi di essere stato circuito da un funzionario di banca, situazione invece possibile per un pensionato, una casalinga o un lavoratore dipendente che magari hanno visto andare in fumo la propria liquidazione per avere comprato titoli dei quali non sognavano neppure l´esistenza.
L´operazione dovrebbe costare poco a Unicredit, qualche decina di milioni di euro, ma sicuramente produrrà per la banca di Piazza Cordusio, un ritorno di immagine notevole. Soprattutto in un momento in cui si stringe il cerchio della Procura di Roma contro i vertici di Capitalia, una delle banche più coinvolte nel crac della Cirio. Profumo, forte dell´efficienza del suo istituto, con questa iniziativa spiazza certamente la concorrenza e mette in seria difficoltà l´Abi, l´associazione di categoria, e gli altri istituti di credito coinvolti. Finora la linea delle banche, avallata anche dall´Abi, è stata quella di sostenere che i bond Cirio sono stati richiesti dai risparmiatori, e non propinati dalle banche. Gli sportelli si sarebbero limitati a esaudire le richieste. Insomma i clienti «avidi» avrebbero preteso titoli ad alto rendimento. Nessuno li ha consigliati.
Unicredit, invece, è disposta a riconoscere i propri errori. «Se abbiamo sbagliato, pagheremo», hanno più volte dichiarato i vertici del gruppo. Ora sembrano disposti a farlo. Sarà sufficiente rivolgersi alla commissione, che secondo indiscrezioni dovrebbe diventare operativa da inizio anno. Non ci sarà nessun costo per il risparmiatore, il quale potrà, anche dopo aver fatto ricorso alla commissione, continuare le cause che ha eventualmente aperto contro la banca.
La soluzione proposta da Unicredit dovrebbe trovare un buon riscontro da parte degli obbligazionisti interessati. E allo stesso tempo togliere da eventuali impicci l´istituto milanese. L´accusa rivolta alle banche dalle procure e dalle associazione dei consumatori è di aver venduto ai piccoli risparmiatori titoli considerati "spazzatura", che avrebbero dovuto essere piazzati solo presso gli investitori istituzionali. Il tutto per far rientrare l´esposizione debitoria degli istituti di credito nei confronti della Cirio. E Unicredit, attraverso la sua banca di investimento Ubm, con ben cinque emissioni figura proprio tra i collocatori dei bond Cirio.
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Cirio, i consumatori tentano la class-action
Capuano (Fi): commissione inchiesta



MILANO - Sono sempre sul piede di guerra gli obbligazionisti Cirio, all'attacco su due fronti. Il primo è stato affidato al Movimento consumatori, che coordina circa 23 mila associati, con cui i risparmiatori traditi tentano una via legale riconducibile alla "class action" (azione collettiva), non prevista dal nostro ordinamento. Basandosi sulla legge 281/98, che consente alle associazioni di richiedere all'autorità giudiziaria l'adozione di misure tese ad eliminare o correggere gli effetti lesivi di comportamenti, l'altroieri il Movimento consumatori ha citato in giudizio Banca Intesa al Tribunale di Milano, per chiedere al giudice di costringerla ad inviare ai risparmiatori una lettera contenente un'ammissione di colpa nel collocamento dei bond e il riconoscimento del diritto alla restituzione dell'investimento e al risarcimento del danno. Sarà poi il giudice, qualora ritenesse che i consumatori hanno ragione, a stabilire le modalità e l'entità del risarcimento agli obbligazionisti, che intanto si preparano a citare in giudizio anche UniCredit e Sanpaolo-Imi . A settembre le tre banche coinvolte avevano già ricevuto una diffida da parte del Movimento consumatori, che sollevava dubbi sulla loro condotta durante il collocamento dei bond, chiedendo informazioni a riguardo. La mancata risposta da parte dei tre istituti di credito ha innescato quest'ultima iniziativa che, in caso di successo, metterebbe i 35 mila Cirio-people nelle condizioni migliori per ottenere un risarcimento, per via legale. Il secondo fronte è quello politico, aperto dalla proposta di legge dell'onorevole Antonio Capuano (Fi) per istituire una commissione parlamentare d'inchiesta sull'insolvenza della Cirio nei confronti degli obbligazionisti. L'intento è quello di «accertare responsabilità e disfunzioni dell'intero sistema finanziario italiano e suggerire correzioni sistematiche per renderlo più trasparente ed efficiente». Dal canto loro gli istituti di credito cercano di difendersi dall'offensiva ampliando le competenze dell'Ombudsman bancario. Il direttore generale dell'Abi Giuseppe Zadra, secondo l'agenzia Radiocor, ha affermato che il nuovo collegio difensivo, allargato ai rappresentanti di imprese e associazioni di consumatori, avrà poteri di arbitrio nelle controversie tra istituti di credito e clienti nelle quali il danno lamentato non superi il tetto dei 50 mila euro, innalzato rispetto agli attuali 10 mila. Per controversie di entità superiore l'Ombudsman perderà il potere vincolante nei confronti delle banche, trasformandosi in un organismo conciliatorio tra gli istituti di credito e i clienti. ANDREA ROTTINI
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Ma i controllori di Bankitalia lasciarono passare Cragnotti


L’articolo 129 del Testo unico consente a Fazio di bloccare le emissioni di titoli se c’è pericolo di turbativa del mercato

Ma davvero la Banca d’Italia non poteva fare nulla per impedire la diffusione tra il pubblico dei Cirio bond? Non è facile dare una risposta univoca al quesito, perché su questa faccenda l’atteggiamento di via Nazionale appare contraddittorio. La linea del governatore Antonio Fazio, nelle sue esternazioni ufficiali sul caso Cirio, è chiara. E in sintesi è la seguente: per tutto quanto riguarda la sollecitazione del pubblico risparmio la competenza è della Consob; ogni emissione comporta l’obbligo di un prospetto informativo, che però non è richiesto se i collocamenti sono riservati a investitori istituzionali. Quindi, la responsabilità è della Consob oppure delle carenze normative che consentono con eccessiva facilità l'elusione del prospetto. Non, in ogni caso, di Bankitalia.
Questa però non è tutta la verità. L’articolo 129 del Testo unico bancario prevede infatti che tutte le emissioni di valori mobiliari italiani o stranieri di importo superiore a 100 miliardi di lire (poco più di 50 milioni di euro) vadano preventivamente comunicate a via Nazionale, la quale le autorizza avvalendosi del principio del silenzio-assenso: ovvero, se entro 20 giorni dalla data della comunicazione gli uomini di Fazio non si fanno vivi, l’operazione va avanti. Quindi Bankitalia ha dato il via libera anche ai Cirio bond. La Banca centrale replica: non potevamo fare diversamente. Le Istruzioni di vigilanza per le banche, in relazione all’articolo 129, recitano: «Controlli che impediscano fenomeni di grave turbativa nell’afflusso dei titoli sul mercato favoriscono il corretto operare dei meccanismi concorrenziali, la trasparenza nella formazione dei prezzi, la tutela del risparmiatore. In relazione a ciò l’art. 129 del T.U. ... prevede a carico dei soggetti che offrono valori mobiliari in Italia obblighi informativi nei confronti della Banca d'Italia...».
Come si può capire, i controlli previsti all’articolo 129 vanno messi in relazione non tanto all'affidabilità del singolo collocamento, quanto ai suoi effetti «sistemici», vale a dire le conseguenze sul buon andamento dei mercati. Si può naturalmente obiettare che, forse, la singola emissione di Cirio bond poteva non creare turbativa, ma i 1.100 milioni di obbligazioni buttate sul mercato (e prive di rating) qualche effetto macro, come poi si è visto, l’hanno avuto. In questo caso, però, è interessante sapere con quanta frequenza Bankitalia ricorra all’articolo 129, ovvero quanto questo controllo sugli effetti sistemici sia realmente effettuato: bene, nel solo 2002, via Nazionale ha impedito ben 52 emissioni. Quindi il controllo è stato molto puntuale, come del resto è logico attendersi da un’istituzione efficiente qual è Bankitalia.
Sarebbe interessante sapere quali sono le emissioni bocciate, ma ovviamente questa è un’informazione coperta da segreto d’ufficio. Tuttvia, proprio alla luce di questo attivismo, desta sopresa che i due collocamenti di bond Cirio siano sfuggiti alle maglie così strette di via Nazionale. Si tratta delle ultime due emissioni, una da parte di Cirio Del Monte, l’altra dell’olandese Cirio Del Monte N.V., effettuata quando il gruppo era ormai palesemente in gravi difficoltà. Tra l’altro, a quanto risulta, una parte significativa del ricavato derivante dall’emissione della N.V. (50 milioni di euro su un totale di 125) finì direttamente nelle casse di una delle banche più esposte verso il gruppo Cragnotti, ovvero Capitalia. Ed è per questo oggetto dell’attenzione della Procura di Roma.
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19 dicembre 2003

Bond Cirio, primi rimborsi dal San Paolo


Unicredito: una commissione guidata da Rossi valuterà i casi. Intesa: trattativa con i consumatori su tutto il risparmio

MILANO — Decollano i rimborsi Cirio da parte di alcune banche. La strada scelta, com’era già emerso, è quella dell’analisi « caso per caso » , almeno per i due istituti più attivi, Sanpaolo- Imi e Unicredito: il primo ha già affrontato e chiuso qualche controversia negli ultimi due mesi e i primi rimborsi sarebbero già stati effettuati passando attraverso l’ufficio reclami. Anche perché una recente delibera della banca torinese ha fatto il punto su forma e sostanza nel rapporto con la clientela: in poche parole, laddove un investimento ad alto rischio è passato per esempio massicciamente nel portafoglio della solita pensionata anche in presenza di tutte le firme si riconosce che nella sostanza qualcosa può non aver funzionato. Mentre la banca di piazza Cordusio che ha affidato il giudizio sui singoli casi a una commissione esterna formata dall’ex presidente della Consob Guido Rossi e da due avvocati indipendenti è in procinto di spedire una lettera a tutti i propri clienti. Oggetto: se avete dei bond Cirio in portafoglio e pensate che l’informazione sull’investimento da parte della banca sia stata difettosa rivolgetevi alla commissione presieduta da Guido Rossi. I clienti potranno presentarsi anche con il supporto delle associazioni dei consumatori.
Anche gli altri istituti coinvolti hanno fatto sapere di avere dei progetti allo studio. Capitalia, il cui presidente Cesare Geronzi è stato rinviato a giudizio dai magistrati che stanno indagando sullo stesso crac Cirio, ha parlato di una soluzione non di « natura soggettiva » come quella del Sanpaolo e di Unicredito. L’istituto romano non sarebbe d’accordo su una strada che in pratica corrisponde a riconoscere in alcuni casi dei comportamenti non corretti. E vorrebbe procedere basandosi solo su elementi « oggettivi » che potrebbero essere applicati non solo nel caso Cirio.
Attiva anche Banca Intesa, che però sta portando avanti una trattativa complessiva con le associazioni dei consumatori. Degli incontri sono in agenda nei prossimi giorni e l’obiettivo è un protocollo che dovrebbe investire tutte le difficoltà intercorse con i clienti: dal conto corrente ai casi dei bond di società insolventi. Infine Monte Paschi di Siena ha fatto sapere di essere esposta soltanto per un milione di euro e di aver venduto le obbligazioni Cirio a clienti istituzionali.
Positivi in generale i commenti arrivati dal mondo politico. Il pm di Monza Walter Mapelli, che segue l’inchiesta sul collocamento dei bond, sull’operazione di Unicredito ha parlato di « un passo in avanti » .

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19 dicembre 2003
La mossa di Unicredit costringe anche gli altri istituti a prendere posizione. L´imbarazzo dell´Abi
Rimborsi dei bond Cirio si muovono tutte le banche

Intesa, Capitalia e Sanpaolo: ci stiamo pensando


Collocati presso i risparmiatori oltre 900 dei 1.100 milioni di obbligazioni emesse dal gruppo alimentare di Sergio Cragnotti


MILANO - Il sasso nello stagno lanciato da Unicredit per poco non causa un maremoto. L´indennizzo ai 4mila obbligazionisti Cirio, anticipato da Repubblica, è stato ieri confermato dall´istituto di Alessandro Profumo. E nonostante Consob e Bankitalia avessero già chiesto forme di risarcimento per le vittime del crac di Sergio Cragnotti, la mossa ha scatenato un domino sull´intero sistema. Ora si profilano iniziative simili, anche per arginare la caduta di fiducia dei risparmiatori. Sì, perché dei 1.125 milioni di euro di bond Cirio circa 950 giacciono nelle mani di chi ha comprato dalla propria banca. I più coinvolti, da una stima parziale ma attendibile, sono Sanpaolo Imi (160 milioni), Banca Intesa (150, con 7.700 posizioni), Unicredit (60), Capitalia (50), e "minori" come Antonveneta, Bam, Banco di Brescia, Credem e Biverbanca, tutti con dossier sotto i 40 milioni.
La nota di Piazza Cordusio giunge presto ed è chiara: «Non possiamo escludere che qualche nostro cliente possa non essere stato pienamente consapevole», quindi una commissione esterna, presieduta da Guido Rossi, «esaminerà caso per caso» e rimborserà in base a tre parametri: consapevolezza del cliente, profilo di rischio e rilevanza dell´investimento in bond Cirio. Dal 2 gennaio a fine febbraio si attiva un numero verde, fino al 31 marzo 2004 si accolgono i dossier. L´intento di Profumo, allo studio da settimane, è indennizzare i clienti meno sofisticati, che sono la gran parte dei 4mila e potrebbero riavere buone quote dei gruzzoli iniziali, senza spese e senza precludersi altre iniziative legali.
Dal mondo creditizio le reazioni miscelano emulazione, buona volontà e imbarazzo. A partire dall´associazione dei bancari, che legge l´iniziativa «sulla linea delle valutazioni e degli auspici della Banca d´Italia e dell´esecutivo Abi». Ossia valutare rimborsi singoli per casi singoli. L´Abi non si sbilancia, forse temendo di veder nascere una pericolosa analogia che invogli i clienti a reclami generalizzati sui cattivi affari. Le principali concorrenti di Unicredit sfoderano iniziative parallele, presenti o prossime. Sanpaolo Imi da un paio di mesi ha avviato l´esame delle singole posizioni su Cirio, sembra siano già affiorati 60 casi prossimi al rimborso, poiché non conformi ai criteri che si è dato l´istituto torinese. Banca Intesa dice no comment, ma già siede a un tavolo, tra l´altro con l´Adiconsum, per esaminare le controversie interne su bond (Cirio compresa) e altre criticità: le prime iniziative dovrebbero partire nel 2004, c´è una riunione prima di Natale. Anche Capitalia studia un´iniziativa sui bond Cirio e altre obbligazioni in default. Secondo il Siti (Sindacato consumatori), si tratta di «promesse tutte da verificare». Così invece l´Intesa consumatori: «Quella di Unicredit è un´ammissione di responsabilità importante che servirà in sede civile nelle centinaia di cause da noi intentate contro gli istituti di credito», anche se «è calata dall´alto».
(a.gr.)

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19 dicembre 2003
Cirio-bond, scoppia la gara del banchiere più generoso


Dopo il gruppo Unicredito, anche gli altri istituti valutano l’ipotesi di un indennizzo

A un anno di distanza dal default del gruppo di Sergio Cragnotti, Unicredito fa il primo passo ufficiale per risolvere la questione delle obbligazioni Cirio e indennizzare quei clienti che sono stati ingiustamente danneggiati dal crac. Sulla stessa linea si sono attestate anche le altre grandi banche, alcune delle quali, come Intesa e Sanpaolo, sono già al lavoro da tempo sul tema dei Cirio-bond. E al termine di una giornata in cui le associazioni dei consumatori, i sindacati e diversi uomini politici hanno plaudito alle iniziative in corso, anche Capitalia si è mostrata possibilista. «Ci stiamo pensando anche noi - ha dichiarato il presidente Cesare Geronzi (sotto indagine a Roma proprio riguardo al crac Cirio) - Tutto il sistema bancario sta cercando delle soluzioni per tutelare i risparmiatori più deboli». Un comunicato dell’istituto capitolino si è poi spinto più avanti, aggiungendo che l’iniziativa potrebbe riguardare altri casi di obbligazioni societarie «per i quali si siano verificate situazioni di insolvenza». Sono state tuttavia scartate interventi ispirati a criteri soggettivi, che «non garantiscono un trattamento egualitario».
Tornando a Unicredito, una commissione indipendente, presieduta dall’avvocato Guido Rossi, esaminerà caso per caso le posizioni dei 4mila clienti Unicredito possessori di obbligazioni Cirio e proporrà, eventualmente, un indennizzo. La mossa del gruppo guidato da Alessandro Profumo giunge dopo che, nei mesi scorsi, alcuni alti dirigenti non avevano escluso che nel passato potessero esserci state delle irregolarità. In un certo senso costituisce un passaggio obbligato per una banca che della responsabilità sociale e dell’etica ha fatto un vessillo della propria identità aziendale. «Con questo strumento - si legge in una nota - Unicredito intende assicurare la massima equità, trasparenza e celerità nell’esame delle singole posizioni individuali». Dal 2 gennaio sarà attiva una linea verde dedicata (800-646464) cui potranno rivolgersi i clienti interessati, con l’assistenza eventuale delle associazioni dei consumatori. L’adesione all’iniziativa non comporterà la rinuncia a intraprendere eventuali azioni legali. Su una linea non dissimile si sta già muovendo il Sanpaolo Imi. A metà novembre la banca guidata da Rainer Masera ha avviato un esame individuale delle posizioni dei clienti che hanno in portafoglio obbligazioni Cirio. La verifica è attualmente in corso e procede sulla base delle segnalazioni ricevute dalla clientela. Le reazioni all’iniziativa di Unicredito sono state positive. «Un’ottima notizia», hanno commentato con un comunicato congiunto Adoc, Adusbef, Codacons e Federconsumatori. «Un atto di coerenza», ha dichiarato Lamberto Santini, segretario confederale della Uil, mentre il senatore Lanfranco Turci, capogruppo dei Ds in commissione Finanze, ha parlato di «un atto di grande responsabilità e sensibilità nei confronti dei risparmiatori».
Un tavolo comune con le associazioni dei consumatori è stato aperto poi da Banca Intesa. L’iniziativa arriva dopo che nei mesi scorsi l’amministratore delegato Corrado Passera si era impegnato a non distribuire più alla clientela privata obbligazioni senza rating o senza prospetto informativo. La struttura («Rapporti con le associazioni dei consumatori») è già attiva da due mesi e si occupa di tutti gli aspetti che riguardano il rapporto banca-clienti. In relazione alla vicenda dei Cirio-bond, è allo studio un’ipotesi di conciliazione, che potrebbe servire a chiudere la controversia con gli investitori privati.
Si sono tirate invece fuori dalla partita sia Bnl sia il Monte dei Paschi di Siena. La prima fa sapere di non aver partecipato ai consorzi di collocamento dei Cirio-bond e che eventuali rivendicazioni saranno trattate secondo la procedura ordinaria che vale per la contestazione di qualsiasi operazione; mentre l’istituto senese sostiene di aver avuto un ruolo marginale e di aver operato esclusivamente con clientela istituzionale
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19 dicembre 2003
Il Pm di Monza Mapelli: qualcosa non ha funzionato anche nei controlli di Consob e Bankitalia
"Finalmente gli istituti lo riconoscono non tutto è stato fatto secondo le regole"

MARCO MENSURATI
ANDREA GRECO


MILANO - Walter Mapelli è il Pm di Monza che ha aperto la prima inchiesta su Cirio. Indaga cinque banche e una dozzina di dirigenti con l´accusa di truffa.
Oggi è un bel giorno o la mossa di Unicredit è la rivincita del buon senso sulla giustizia?
«È una buona notizia per i risparmiatori, un atto di trasparenza e di correttezza che spero non rimanga isolato. È anche il secondo effetto importante del lavoro di sei mesi».
Qual è il primo?
«Intanto le regole sono un po´ cambiate: certe banche non vendono più bond senza rating, e le circolari d´offerta dei bond specificano periodi in cui è vietato venderli al pubblico. Inoltre è salito il livello di attenzione: la Consob m´è parsa più incisiva su Parmalat. L´iniziativa Unicredit è un passo avanti dopo tante parole per recuperare la fiducia: le banche riconoscono che qualcosa non è andato per il verso giusto».
Unicredit lega gli indennizzi a tre criteri: consapevolezza, profilo di rischio e rilevanza dell´investimento.
«Mi sembrano buoni parametri. E desumo che i clienti più sprovveduti potrebbero avere indennizzi percentuali anche molto alti».
La mossa di Alessandro Profumo avrà conseguenze sull´inchiesta?
«Non vedo riflessi diretti: per il Codice penale, articolo 62, il rimborso è una circostanza attenuante comune per ridurre le conseguenze dannose del reato. Tuttavia ricordo che l´adesione alla proposta di Unicredit non esclude altre iniziative per i clienti. E non estingue l´azione penale».
Per qualcuno è una sorta di "patteggiamento": le banche pagano, le procure archiviano...
«Non vedo l´automatismo. Piuttosto credo che se le banche pagano si alleggerisce la pressione su di noi, che è stata molto forte. Sarebbe molto buono se i casi conclamati di cattiva comunicazione tra investitori e istituti venissero risolti con procedure accelerate, anche perché è un modo importante per limitare i danni».
Gli avvocati delle difese ora avranno un´arma in più?
«Intanto non tutte le banche si sono comportate allo stesso modo. Qualcuno ha venduto malamente i bond e malamente è rientrato dei crediti; il confine tra la truffa e il patito raggiro a fronte di bilanci Cirio certificati è sottile...»
A fine gennaio a Monza scadono i termini. Si va alla proroga?
«Continuiamo a lavorare serenamente con la Gdf di Seregno. Credo ci siano questioni da approfondire».
Qual è la posizione delle autorità di vigilanza emersa a Monza? Consob e Bankitalia potevano fare di più su Cirio?
«Nelle ricostruzioni emerge che qualcosa nei controlli non ha funzionato. Credo ci siano state carenze, anche normative: per esempio, la delibera Cicr del ?94 che disciplina i controlli di Bankitalia delinea criteri molto ampi. Forse troppo».

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19 dicembre 2003
«Nuovi rapporti con i clienti»
Per Guido Rossi il mondo del credito non può continuare a far finta di nulla
MARA MONTI



MILANO - Al secondo piano di via S.Andrea 2, nel cuore di Milano, da anni studio dell'avvocato e giurista Guido Rossi, ieri i telefoni hanno cominciato a squillare molto presto. E non solo per gli auguri di Natale. La notizia della commissione indipendente voluta da Unicredit per risarcire gli obbligazionisti Cirio, ha smosso le acque di una situazione che coinvolge 35mila risparmiatori. Un coup de téatre perché per la prima volta in Italia non sarà solo un giudice e neppure una commissione conciliativa a ricercare un accordo. «È un'idea nuova per il mercato italiano, un modo diverso di trattare i risparmiatori», spiega Rossi che ha così anticipato quello che da settimane si mormorava negli studi legali e finanziari, ovvero la disponibilità delle banche di venire incontro alle richieste dei risparmiatori. Fustigatore del sistema bancario perché «inquinato, insieme alla Banca d'Italia, dal conflitto d'interesse», il giurista non ha voluto perdere l'occasione per giocare il ruolo del moralizzatore: «Le banche dovevano prendere una decisione, non potevano continuare a fare finta di nulla», aggiunge mentre attende l'inizio della riunione con i colleghi che insieme a lui faranno parte della commissione, il commercialista Angelo Provasoli e l'avvocato, docente di diritto commerciale, nonché suo ex allievo, Nicola Rondinone. Convinto sostenitore della necessità che la Banca d'Italia si spogli dei poteri di Antitrust, limitando le sue competenze alla mera vigilanza, Rossi non nasconde che anche nel caso della Cirio si possa ravvisare quel conflitto permanente dell'Istituto centrale che ha finito per privilegiare sistematicamente la stabilità del sistema a scapito della concorrenza. E per questo, da tempo chiede che questa anomalia, ispirata dall'ex governatore della Banca d'Italia, Guido Carli ai tempi del varo della legge sull'Antitrust, venga eliminata. Sempre sua è la battaglia contro gli incroci di partecipazioni azionarie, spesso collegate alle banche, all'origine di un sistema bancocentrico che non aiuta le imprese ad affrontare la concorrenza dei mercati. Alla guida della Consob all'inizio degli anni 80, padre della legge Antitrust, tra i "saggi" che lavorano al fianco del commissario europeo Frits Bolkestein per riformare il diritto societario europeo, Guido Rossi non è stato certo indulgente con gli Stati Uniti quando si è trattato di criticare le stock options miliardarie che hanno spinto i manager a manipolare i prezzi delle azioni, così come il ruolo perverso dei consigli di amministrazione, delle banche d'affari, dei revisori e consulenti legali. Agli States ha guardato quando si è trattato di definire il ruolo della commissione voluta dall'amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profumo, con cui condivide, tra l'altro, un'accesa fede interista. Il comitato di saggi, infatti, ricalca gli schemi degli Adr (Alternative dispute resolution), una via di mezzo tra gli arbitrati e le conciliazioni (solo ora si stanno affacciando in Italia). Del resto, la casistica di quanto è accaduto agli sportelli bancari quando i risparmiatori acquistavano le obbligazioni Cirio è infinita. Rossi elenca i casi in cui potrebbero essere state violate alcune norme, in altri potrebbe esserci stata semplice leggerezza, in altri tutto può essere andato come doveva. E il rischio è che con una casistica così ampia, i risparmiatori non riescano ad ottenere un risarcimento del danno anche quando hanno ragione, mentre le banche ora hanno uno strumento per evitare un numero infinito di cause, ridando fiducia ai risparmiatori e rimettendo in moto il sistema.

Silenzio Bankitalia, Abi non cambia idea

ROMA - Bocche cucite ieri in Banca d'Italia. Il pensiero di Antonio Fazio sulla vicenda Cirio, tuttavia, è noto. Aveva parlato chiaro, ad esempio, all'assemblea dell'Abi il 2 luglio scorso: nell'accertamento di eventuali responsabilità nel collocamento dei bond non bisogna lasciarsi coinvolgere in «improprie generalizzazioni che possono ostacolare il buon funzionamento dei mercati e alimentare attese diffuse di interventi in caso di perdite». «Evitando confusioni - spiegava Fazio - occorre esaminare con attenzione comportamenti dei singoli, indirizzi aziendali, profili procedurali e aspetti sostanziali». Fazio è tornato sul tema il 31 ottobre alla Giornata del risparmio: «Le singole banche, nei casi in cui dovessero accertare, anche solo sulla base di riscontri interni, che gli adempimenti richiesti dalla normativa non sono stati pienamente espletati, valuteranno l'opportunità di avviare iniziative per rafforzare la fiducia dei risparmiatori». Diversa la situazione in casa Abi. Dopo la decisione di UniCredit e delle altre banche l'associazione ha preso posizione con una nota ufficiale: la questione dei rimborsi Cirio «riguarda le singole banche, caso per caso, in relazione agli specifici comportamenti». Come di consueto, ha affermato infatti Maurizio Sella, il presidente dell'Abi non entra nel merito delle scelte delle singole banche, ma ha rilevato che le iniziative sui bond Cirio «si collocano sulla linea delle valutazioni e degli auspici del Governatore e della analoga presa di posizione del Comitato esecutivo dell'Abi». L'organismo direttivo dei banchieri si era pronunciato a favore di iniziative singolarmente prese, su base volontaria, da ciascuna azienda di credito per migliorare il rapporto di fiducia con i propri clienti già lo scorso 15 ottobre

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20 dicembre 2003
Cinque associazioni firmano con Unicredit il protocollo di intesa sulle modalità di indennizzo
Anche i consumatori in campo per il rimborso dei Cirio-bond

Divella esce allo scoperto: vogliamo tutto il gruppo



I commissari: non venderemo mai a chi ha intenzione di rivendere a pezzi
Si scatena il partito anti-Fazio. La Malfa: Bankitalia avrebbe dovuto intervenire

LUCA PAGNI


MILANO - Dopo l´annuncio, la firma dell´accordo. Per ora interessa soltanto i clienti Unicredit. Ma c´è da credere che l´intesa firmata ieri dall´istituto guidato da Alessandro Profumo e sette delle principali associazioni di difesa dei consumatori farà da apripista a soluzioni analoghe. Il documento è stato sottoscritto da Adiconsum, Cittadinanzattiva, Confconsumatori, Lega Consumatori, Movimento Consumatori, Movimento difesa del cittadino e Unione nazionale consumatori che presteranno assistenza ai risparmiatori. E prevede le modalità con cui sarà possibile chiedere il rimborso integrale delle obbligazioni Cirio.
I criteri con cui verranno analizzate le situazioni sono tre: si prenderanno cioè in esame il livello di consapevolezza del cliente, il profilo di rischio dell´operazione e la rilevanza dell´investimento in bond Cirio rispetto al portafoglio complessivo. Le singole richieste saranno quindi esaminate dalla commissione presieduta dal professor Guido Rossi. I risparmiatori potranno richiedere dal 2 gennaio al 27 febbraio al numero verde 800-646464 l´invio del modulo per partecipare alla procedura di rimborso e le richieste dovranno pervenire entro il 31 marzo 2004.
L´accordo siglato ieri potrebbe, però, favorire tutti i risparmiatori e non solo i clienti Unicredit. Ne è convinto Stefano Russo, amministratore delegato di Morgan Stanley Italia: «Credo sia una soluzione problematica perché rischia di creare un precedente. Se però le banche in un momento particolare ritengono di dover recuperare la fiducia degli investitori questa soluzione può essere utile».
Nel frattempo, i commissari straordinari di Cirio proseguono la ricerca di un acquirente che possa rilevare le attività industriali della società. Ieri, è uscito allo scoperto uno dei pretendenti. «Abbiamo fatto definitivamente la nostra manifestazione di interesse per tutto il gruppo Cirio», ha confermato Vincenzo Divella, presidente del gruppo che porta lo stesso nome. «Abbiamo fatto definitivamente la nostra manifestazione di interesse ? ha spiegato ? anche se noi siamo interessati solo a Cirio e a De Rica. Il resto lo rileverà Efibanca, che poi provvederà a trovare compratori per il resto del gruppo».
Una proposta che non convince Luigi Farenga, uno dei tre commissari straordinari di Cirio: «Non venderemo mai a chi ha intenzione di rivendere», ha commentato senza citare direttamente Divella e la sua offerta. I commissari chiedono ai possibili acquirenti «un piano industriale adeguato e garanzie di mantenimento degli attuali livelli occupazionali».
La rottura del fronte delle banche ha provocato reazioni nel mondo politico. Giorgio La Malfa, presidente della commissione finanza della Camera, ha sfruttato l´occasione per attaccare Bankitalia: «È significativo che le banche abbiano deciso di rimborsare i risparmiatori: si sono rese conto che hanno colpe su questa vicenda. Banca d´Italia ? ha concluso l´esponente del centrodestra ? avrebbe dovuto intervenire, perché non è chiamata a tutelare le banche ma il risparmio».
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