Cirio bond

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zermano

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Stiamo intraprendendo un'azione legale contro le banche che hanno venduto i bond Cirio, siamo in possesso dei prospetti originali inglesi dove è chiaro che questi titoli non potevano essere ceduti ad investitori privati chi fosse interessato ad avere informazioni puo contattarmi.
 
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Cirio: le banche finanziano, i risparmiatori pagano

WALTER GALBIATI

Correva l’anno 2000. La Lazio di Nesta e di Crespo si cuciva sulla maglia lo scudetto di Campioni d’Italia, mentre la controllante Cirio metteva a segno il peggiore esercizio dal ‘97 a oggi. Il debito netto balzava a 766,5 milioni di euro, quello lordo a 2,2 miliardi di euro. La società chiudeva l’anno con un risultato operativo in rosso per 78,6 milioni e una perdita netta di 80,6 milioni. Il bilancio registrava i principali motivi della debacle operativa. «La diminuzione dei volumi di vendita sul mercato nazionale e il calo dei prezzi dei prodotti alimentari dovuto agli abbondanti raccolti delle campagne del 1999 e 2000» hanno minato le attività industriali della Cirio, specializzata nelle conserve di pomodoro. La Del Monte, invece, che opera nel mercato mondiale dell’ananas, ha dovuto scontare «una situazione di eccesso di offerta tanto che i prezzi di vendita hanno toccato i livelli più bassi della storia». Gli affari, insomma, non andavano bene e la situazione finanziaria cominciava a scricchiolare.
Nel 2000 era ancora presto per poter immaginare che oggi si sarebbe arrivati a un passo dal fallimento, ma le prime avvisaglie che qualcosa nel gruppo Cirio non funzionava nel modo corretto si potevano già notare. Pomodori e ananas forse non rendevano abbastanza, ma i problemi del gruppo stavano anche da qualche altra parte. E i primi ad accorgersene sono state le banche creditrici del gruppo. A fine ’99 il gruppo guidato da Cragnotti era esposto verso gli istituti di credito per 873 milioni di euro. Una serie di acquisizioni, come la Del Monte, la Centrale del Latte di Roma e la Bombril, aveva portato al limite il rapporto tra debito netto e patrimonio, che a fine anno era pari a 1,13 volte. A sostegno del gruppo e degli impegni presi (opa sulla Del Monte), a maggio 2000 inizia l’operazione bond, o meglio junk bond. Che nel tempo si rivelerà essere anche a vantaggio delle banche.
La saga inizia con un’emissione da 150 milioni di euro, curata da Jp Morgan, Ubm (Unicredit) e Banca di Roma, replicata dagli stessi collocatori a novembre 2000. A emettere i bond è una scatola vuota, la Cirio Finance, con sede in Lussemburgo. In tre anni le quotazioni di titoli del debito continuano a ritmo serrato, tanto che a fine 2001 l’esposizione verso le banche scende a 551 milioni e quella verso gli obbligazionisti, inesistente fino al ’99, sale a 729,3 milioni di euro. Il capolavoro, però, si compie alla fine di settembre dello scorso anno, quando in occasione della trimestrale si apprende che i debiti finanziari della Cirio ammontano a 1,326 miliardi di euro, di cui ben 1,125 miliardi nei confronti degli obbligazionisti e il resto da dividere tra interessi non pagati e le banche. E proprio il recente piano di ristrutturazione proposto dall’advisor Ubaldo Livolsi rivela che l’esposizione oggetto di ristrutturazione verso il sistema bancario, che a fine ‘99 era di 873 milioni di euro, è ora di soli 125,5 milioni su un totale di 429 milioni. L’alacre opera di consulenti come Abax Bank (Credem), Ubm (Unicredit) e Caboto (Intesa) ha consentito al gruppo e alle banche di riposizionare il debito, come si dice in gergo, dal breve periodo al lungo periodo; in parole povere, significa spostare l’esposizione dalla proprie tasche a quelle dei risparmiatori.
Il sentore di marcio, di frutta andata a male, però, l’aveva avuto anche la Consob, chiamata in questi giorni ad esprimersi sul prospetto di conversione del debito Cirio in azioni. Nel giugno del 2000, subito dopo l’assemblea degli azionisti, Luigi Spaventa, presidente dell’Autorità di vigilanza, convoca Cragnotti per avere chiarimenti sui rapporti tra la Cirio e alcune società del finanziere romano, sulle quali aveva puntato il dito anche il collegio sindacale. Il gruppo alimentare, infatti, a fronte di un debito netto di 530 milioni di euro, vantava un credito nei confronti delle varie Cragnotti & Partners di 325 milioni di euro. Non era chiaro fino a che punto quei crediti senza garanzia, che contribuivano ad abbassare l’indebitamento netto, fossero recuperabili. Cragnotti dal canto suo rassicurava la Consob: «Per il 2000 le operazioni con le parti correlate saranno cancellate dal bilancio». Ebbene, non solo a fine anno i crediti verso le società offshore di Cragnotti aumentavano a 430 milioni di euro, ma nell’esercizio successivo superavano addirittura i 500 milioni. Solo nel 2002, dopo il default dei bond Cirio, si giunge alla svalutazione di quei crediti infragruppo, mettendoci in sostanza una pietra sopra: quei soldi non ritorneranno più.
La Consob da parte sua ha impugnato presso il tribunale di Roma il bilancio 2001 della società, ma nessuno ha vigilato sul debito del gruppo. Le emissioni di bond sono continuate speditamente anche agli inizi del 2002. Certo non più con scatole vuote, ma con società operative come la Del Monte NV. Una magra consolazione che, se andrà in porto il piano Livolsi, consentirà ai possessori di questi titoli di recuperare il 77,6% del capitale investito rispetto al 13,5%21% prospettato agli altri obbligazionisti. Solo la settimana scorsa, invece, nel corso di un’audizione presso la Commissione finanze della Camera, Spaventa ha rivelato che è stata avviata un’ispezione congiunta con la Banca d’Italia sui principali istituti coinvolti nello scandalo Cirio, «quelli che hanno interessato il maggior numero di risparmiatori, per vedere come sia avvenuto il collocamento dei bond Cirio». Sarà un’inchiesta lunga e dispendiosa, che certamente non si concluderà in tempo per dare indicazioni di voto agli obbligazionisti Cirio in vista delle assemblee di fine luglio.
Il piano di ristrutturazione che gli obbligazionisti dovranno votare chiede di trasformare parte dei debiti in azioni della nuova Cirio. In sostanza di trasformare il proprio capitale in carta il cui valore complessivo è virtualmente pari al debito a cui si rinuncia (450 milioni di euro), mentre il valore reale è legato al futuro operativo della società. Per intenderci alla fine del primo trimestre 2003, Cirio ha registrato un margine operativo lordo di 0,3 milioni di euro a fronte di ricavi per 173,9 milioni (22,8% rispetto all’anno precedente). Un futuro incerto, difficile da far digerire a chi aveva visto nelle obbligazioni un investimento sicuro. Tanto più che il piano contempla anche la possibilità che Cragnotti, sottoscrivendo o facendo sottoscrivere a mani amiche un aumento di capitale riservato ai vecchi azionisti, rientri in possesso del 19% circa della Cirio risanata con un esborso di 120 milioni di euro. E pronti a entrare in scena, secondo le indiscrezioni di stampa e le dichiarazioni di Livolsi, ci sarebbero anche alcuni gruppi esteri, fra cui la statunitense Del Monte Corporation, omonima della Del Monte controllata dalla Cirio. Tutti i compratori, però, sono accomunati da una caratteristica: sono disposti a rilanciare il gruppo senza accollarsi i debiti verso gli obbligazionisti.
Da Affari&Finanza lunedì u.s.
 
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Cirio, appello agli obbligazionisti
IL SOLE 24 ore

ROMA - Potrebbe essere un momento di relativa calma, quello che stanno vivendo i vertici della Cirio , specie dopo che la Consob ha concesso ieri il nulla osta al prospetto informativo, diventato un documento unico per l'intera operazione - compreso lo swap bond/azioni - frutto del confronto fra società e Commissione. Invece, il clima non è di tranquillità. Dopo cinque mesi di lavoro, c'è il timore che non si riesca a mettere insieme il quorum del 25% di bondholders disposto a dire sì al progetto di salvataggio. Gianni Fontana, presidente della Cirio dall'8 gennaio scorso, è preoccupato. Ieri poi è stata nuovamente rinviata al prossimo 18 giugno, a causa del trasferimento ad altro incarico del giudice delegato Raganelli, l'udienza fissata per decidere sulla richiesta di fallimento di Cirio Finanziaria da parte di tre obbligazionisti di Trapani. A ottobre 2002 avevano seguito il consiglio di un dipendente bancario siciliano acquistando obbligazioni Cirio Holding, quelle che ora prevedono una rinuncia all'86,5%. Insomma, le peggiori. Fontana, che da presidente della Cirio ha tenuto i contatti con Consob, banche, fornitori e sindacati, adesso è preoccupato. E chiede che anche le banche si mobilitino nel convincere gli obbligazionisti che da esse hanno acquistato i titoli a dire sì, o quantomeno a partecipare alle sette assemblee che si dovranno tenere entro luglio. La Consob ha dato il via libera al prospetto informativo, eppure c'è pessimismo. Perchè? Il peggio viene adesso. La difficoltà più grande sarà quella di far partecipare alle assemblee quegli obbligazionisti chiamati a rinunciare a crediti importanti, anche dell'86,5%, come i possessori dei bond Cirio Holding (gli altri bond chiedono sacrifici del 78,9% ,Cirio Finanziaria, e del 22,4% Cirio Del Monte, ndr). Il tutto per quasi 1,2 miliardi. Ecco, il problema è questo. Perchè non dovrebbero partecipare? Perchè forse sono delusi, sono ancora arrabbiati. Allora potrebbero decidere di non andare alle assemblee. Insomma, il rischio è che questa gente, che ha molte ragioni, possa dire: beh, ormai, perso per perso, allora che vada tutto in malora. La nostra preoccupazione è che dopo tanti sacrifici, tante riunioni, tanto lavoro, non si raggiunga il quorum del 25%. Non dimentichiamoci che gli obbligazionisti sono quasi 35mila e un quarto fa 8.500 persone. Un numero enorme. Speriamo che gli istituti di credito collaborino a questo obiettivo. Loro sono in grado di contattare i loro clienti, quelli a cui hanno venduto le obbligazioni. Però, specie quelli a cui il progetto chiede di rinunciare a quasi il 90% del capitale investito, forse qualche ragione per andare al mare anzichè in un'assemblea ce l'hanno. Giusto? Dico che non hanno torto, certo. Ma quello che voglio aggiungere è che se da un lato la Cirio si troverà fra la possibile vita e la morte certa, dall'altro ho l'obbligo di insistere e dire: se questo piano dovesse andare in porto, salviamo oltre a molti milioni di euro anche tantissimi posti di lavoro. Il marchio Cirio è uno dei più conosciuti fra quelli italiani nel mondo. Ribadisco: so che è difficile. Ma salvare la Cirio, equivale a renderla più contendibile, con tutto quello che ne segue, visto che i titoli sono quotati in Borsa. Intanto, il processo di dismissioni va a rilento. A che punto siamo? La cessione che appare più vicina è la quota del 30% della Del Monte Pacific. La famiglia Lorenzo, che detiene un altro 30% (il resto è quotato alla Borsa di Singapore, ndr) ha dato mandato alla Lazard per la trattativa con il nostro advisor. Poi, c'è anche l'interesse dell'americana Del Monte Food. Da questa cessione contiamo di incassare una cifra superiore a 100 milioni. E le altre? C'è molto interesse su Cirio Immobiliare, Cirio Agricola e Panificio Moderno. Adesso, ripeto, ci auguriamo che le assemblee dei bondholders si tengano e che venga raggiunto il quorum. Altrimenti... Paradossalmente, l'assemblea della Cirio finanziaria ha due ordini del giorno: uno per discutere del salvataggio, l'altro per il fallimento. E Sergio Cragnotti? Ha lasciato anche la scrivania. Ma un'azione di responsabilità è sempre possibile. VINCENZO DEL GIUDICE


Giovedí 12 Giugno 2003
 
Sono partite le prime azioni legali.................:D :D :D
 
Sul Mondo in edicola confermano i miei dati i bond Cirio non dovevano essere collocati al pubblico, chi amministra ora la Cirio ha fretta di convertire i bond in azioni , cosi' non essendoci piu' il corpo del reato non si puo' ottenere giustizia. La storia di Cirio
somiglia a quella di molti anni fa', quella della finanziaria Santavaleria che pochi ricordano e altre storie poco note, il succo e' svuotare le aziende scaricando le scatole vuote agli azionisti.
Se qualcuno ha ascoltato ''Salvadanaio'' su Radio24 il 17.06.03 avra' sentito come prendevano i giro gli ascoltatori, non hanno avuto coraggio di dire che agli attuali azionisti verra' azzerato il capitale e verra' loro dato un warrant per sottoscrivere un aumento di capitale, mentre agli obbligazionisti verranno date azioni della scatola finanziaria (vuota) in percentuale con azioni al valore nominale 1 euro , ora valgono 0,20 euro. Se facciato un po' i calcoli chi ha delle obbligazioni Cirio a cui verra' riconosciuto il 15% avra' se ha investito 100.000 euro 15.000 euro in azioni, cioe' 15.000 azioni del valore nominale di 1 euro ma quotate 0,20 quindi un valore di mercato pari a 3.000 euro.
Riassumendo da 100.000 euro di obbligazioni a 15.000 azioni con un valore reale di 3.000 euro = UN OTTIMO AFFARE....

Ora con le varie indagini cercano i cavilli, cercano il punto piu' vicino al pubblico per dare l'impressione di fare qualcosa, tralasciando i veri colpevoli, cioe' le banche che hanno creato le obbligazioni non rispettando le regole. Se guardiamo i fatti vedremo che dopo vari processi e molto tempo le banche piu' vicine al pubblico verranno assolte perche' i titoli erano gia' sul mercato, i risparmiato resteranno a bocca asciutta e fregati, e chi ha creato i titoli ne avra' creati molti altri piu' sofisticati .
Quando un consumatore compra al supermercato un prodotto che si dimostra non in regola, il supermercato viene incriminato e poi viene assolto perche' ha comprato confezioni chiuse che lui riteneva essendo in commercio a norma di legge, le indagini finiscono e i veri colpevoli spariscono con il maltolto.
 
Non sempre è cosi, certo che le società e le banche hanno un vantaggio che è la lentezza della nostra giustizia una cosa che sto toccando con mano nella causa che assieme ad altri 24 risparmiatori sto intentando contro Kpmg per il concambio Seat/Tin.it , ma in questo caso non vedo come le banche possano trovare cavilli nel prospetto inglese che accompagna l'emissione dei bond è scritto che non viene richiesta autorizzazione alla Consob essendo gli stessi destinati esclusivamente agli investitori istituzionali, le banche sanno che sono in errore per questo come dici cercano di far sparire il corpo del reato e sanno anche che il numero delle persone che si rivolgeranno alla giustizia per avere un risarcimento saranno poche, questo è il loro punto di forza. Ma per esperienza maturata in questi anni sulla mia pelle posso dirti anche che molte banche e società raggiungono un accordo con i risparmiatori o gli azionisti danneggiati, del quale non troverai mai traccia sulle pagine dei giornali.........;)
 
La mia esperienza e' stata diversa, avevo comprato delle azioni Fidenza Vetraria, ottima ditta industriale, poi inglobata in Santavaleria Finanziaria. La Fidenza Vetraria e' stata poi ceduta ed a noi sono rimaste rimaste le azioni Santavalaria. La Santavalaria poi e' stata inglobata in una altra finanziaria francese con un prospetto di concambio che evidenziava ottimi valori patrimoniali di entrambe le societa' finanziarie, in pochissimo tempo la societa' finanziaria risultante ha chiuso per perdite, e avendo sede in Francia la possibilita' di far qualcosa era nulla. Quindi io che avevo comprato delle azioni di una societa' industriale ottima mi sono trovato una scatola completamente vuota, giocando con le spezzature e con la sede estera ci hanno fregato. Gli organi di controllo c'erano ma non si e' visto niente se non il vuoto nelle nostre tasche.
 
Concordo con te che sono capaci di architettare cose inverosimili , tutte le società hanno scheletri negli armadi consulenze e parcelle gonfiate, immobili in affitto dagli amministratori, società in paradisi fiscali per far confluire utili,controllate che solo danno perdite............Ma con la tenacia si risolve 9 volte su 10 per mia esperienza sono riuscito a recuperare soldi che ormai davo persi da anni,attraverso la partecipazione alle assemblee e leggendo bilanci sai come fanno e impari i loro schemi che sono sempre gli stessi......;)
 
sono d'accrordo con Zermano,e vorrei aggiungere che, le banche fanno accordi privati con obbligazionisti, davanti agli avvocati, e la
banca chiede sul contratto, di non parlarne con nessuno.Chiudendo controversie private, che potrebbero essere estese a tutti.
 
Più il cliente è importante prima si arriva all'accordo....;) ..un amico di una primaria banca mi ha detto che hanno indennizato un cliente con 500.000€ di bond argentini in una settimana...........
 
A me non interessa essere il privilegiato di turno, ma neanche il fesso di turno, se una cosa non si puo' fare non si puo' fare.
Le regole ci sono per questo altrimenti il mercato, i ns. risparmi e
tutto quello attorno a noi e' e rimane una fregatura.
Il diritto e la ragione deve esserci sempre e non in base al portafoglio.
 
Articolo sul Corriere della Sera di oggi che parla della nostra azione contro il Credem.........:D ...:D
 
cirio

Non è che sareste cosi' gentili da postare l'articolo del Corriere in cui si parla dell'azione di denuncia dei risparmiatori verso le banche ???



Grazie
 
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