Pangolino
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Dopo alcuni mesi dallo scoppio delle ostilità si può anche fare un bilancio della meravigliosa politica europea a supporto dell'Ucraina, voluta e dettata dal beneamato zio Sam, santo protettore dei regimi atlantisti.
Come avevo previsto l'imposizione di sanzioni economiche nei confronti della Russia ha avuto pesantissime ripercussioni economiche nell'ambito di un contesto già fragile.
L'europa ha compromesso i suoi rapporti economici con il suo principale fornitore di materie prime. Carenze di approvvigionamento nel comparto energetico e delle produzioni sono all'ordine del giorno. I prezzi delle merci sono schizzati verso l'alto. La competitività dell'industria europea nei confronti dei paesi asiatici e degli Stati Uniti è fortemente peggiorata tanto da spingere anche alcuni investitori ad aprire posizioni short nei confronti dell'azionario europeo. La valuta europea viaggia su livelli storicamente molto bassi, contribuendo a peggiorare il quadro inflazionistico. Forti rialzi salariali da paesi importanti come la Germania sono prossimi ad avvenire.
Ovviamente grazie allo spirito di autoflagellazione degli europei si è interotto anche l'export verso la Russia, tanto da provocare forti eccedenze positive nella bilancia commerciale russa.
Allo stesso tempo il quadro inflazionistico è drammatico e la fiducia nei confronti della BCE è ai minimi termini. Anni di rendimenti reali negativi e di smodato uso della macchina stampatrice stanno per presentare il conto. Avere in portafoglio titoli di stato europei equivale a perdere giorno dopo giorno potere d'acquisto.
A questo si aggiunga la perdita di credibilità dovuta al congelamento da parte di americani ed europei dei beni della banca centrale russa e di privati cittadini russi, in spregio a qualsiasi norma di diritto. Tanto da portare molti altri paesi a considerare alternative al dollaro e all'euro.
Ovviamente in questo quadro le nazioni europee sono state allegramente concordi nel decidere un aumento della spesa militare tanto per sprecare ulteriori risorse e per compiacere il vecchio di Washington.
Naturalmente in Ucraina la campagna militare viaggia di successo in successo. Invece che optare per un veloce accordo di pace con i russi in modo da arrivare ad una soluzione per il Donbass e ad un riconoscimento della Crimea, gli Stati Uniti hanno incoraggiato Zelensky a non cedere dandogli certezza sulla vittoria finale. In conseguenza di ciò i russi hanno modificato la loro strategia puntando al logoramente dell'esercito ucraino. Il territorio già in mano russa è in questo momento oggetto di russificazione. Non si tratta più solo della Crimea o del Donbass, ma anche di Kherson e della Zaporizhzhia: un 20% del paese. Che i russi non vogliono più restituire. Riforniti di armi gli ucraini hanno più volte contrattaccato, ottenendo la distruzione dei propri uomini e dei mezzi provenienti dai vari sponsor europei. L'esercito ucraino da segni di cedimento e gli americani stessi prevedono un prossimo confine sulla linea del Dnepr.
La Russia già di suo uno dei principali produttori agricoli controlla le vie di sbocco per la produzione agricola ucraina nel contesto di una drammatica crisi alimentare. Di suo l'economia ucraina è in ginocchio per la guerra e 40 milioni di ucraini vivono di sussidi.
In Italia e altrove nel frattempo si assiste ad una preoccupante penuria di acqua che danneggia l'agricoltura. Questo dovrebbe ricordare il famoso ritornello del cambiamento climatico che ormai è stato definitivamente cestinato. Si torna al carbone.
Il superamento delle risorse fossili e l'adozione delle rinnovabili era possibile solo nel contesto di un economia interconnessa e di scelte condivise. In un mondo in cui Washington decide di isolare l'occidente dal resto del mondo, le scelte per un'economia più green diventano immediatamente obsolete.
Tutto questo è merito naturalmente del buon zio Sam, che avendo organizzato e cucinato il conflitto in Ucraina sin da piazza Maidan può assumersi quasi tutti i meriti. Secondo posto nella classifica del merito va alla stupidità e inconsistenza dei leader europei. Al cameriere di Biden, il vecchio Draghi, va in particolare un encomio particolare, sia per il suo operato alla guida della BCE che per il suo servilismo come primo ministro italiano.
Un terzo posto anche alla Russia il cui leader da perfetto rimbambito è riuscito a fare la parte del cattivo, nascondendo (solo in parte) le responsabilità americane.
Come avevo previsto l'imposizione di sanzioni economiche nei confronti della Russia ha avuto pesantissime ripercussioni economiche nell'ambito di un contesto già fragile.
L'europa ha compromesso i suoi rapporti economici con il suo principale fornitore di materie prime. Carenze di approvvigionamento nel comparto energetico e delle produzioni sono all'ordine del giorno. I prezzi delle merci sono schizzati verso l'alto. La competitività dell'industria europea nei confronti dei paesi asiatici e degli Stati Uniti è fortemente peggiorata tanto da spingere anche alcuni investitori ad aprire posizioni short nei confronti dell'azionario europeo. La valuta europea viaggia su livelli storicamente molto bassi, contribuendo a peggiorare il quadro inflazionistico. Forti rialzi salariali da paesi importanti come la Germania sono prossimi ad avvenire.
Ovviamente grazie allo spirito di autoflagellazione degli europei si è interotto anche l'export verso la Russia, tanto da provocare forti eccedenze positive nella bilancia commerciale russa.
Allo stesso tempo il quadro inflazionistico è drammatico e la fiducia nei confronti della BCE è ai minimi termini. Anni di rendimenti reali negativi e di smodato uso della macchina stampatrice stanno per presentare il conto. Avere in portafoglio titoli di stato europei equivale a perdere giorno dopo giorno potere d'acquisto.
A questo si aggiunga la perdita di credibilità dovuta al congelamento da parte di americani ed europei dei beni della banca centrale russa e di privati cittadini russi, in spregio a qualsiasi norma di diritto. Tanto da portare molti altri paesi a considerare alternative al dollaro e all'euro.
Ovviamente in questo quadro le nazioni europee sono state allegramente concordi nel decidere un aumento della spesa militare tanto per sprecare ulteriori risorse e per compiacere il vecchio di Washington.
Naturalmente in Ucraina la campagna militare viaggia di successo in successo. Invece che optare per un veloce accordo di pace con i russi in modo da arrivare ad una soluzione per il Donbass e ad un riconoscimento della Crimea, gli Stati Uniti hanno incoraggiato Zelensky a non cedere dandogli certezza sulla vittoria finale. In conseguenza di ciò i russi hanno modificato la loro strategia puntando al logoramente dell'esercito ucraino. Il territorio già in mano russa è in questo momento oggetto di russificazione. Non si tratta più solo della Crimea o del Donbass, ma anche di Kherson e della Zaporizhzhia: un 20% del paese. Che i russi non vogliono più restituire. Riforniti di armi gli ucraini hanno più volte contrattaccato, ottenendo la distruzione dei propri uomini e dei mezzi provenienti dai vari sponsor europei. L'esercito ucraino da segni di cedimento e gli americani stessi prevedono un prossimo confine sulla linea del Dnepr.
La Russia già di suo uno dei principali produttori agricoli controlla le vie di sbocco per la produzione agricola ucraina nel contesto di una drammatica crisi alimentare. Di suo l'economia ucraina è in ginocchio per la guerra e 40 milioni di ucraini vivono di sussidi.
In Italia e altrove nel frattempo si assiste ad una preoccupante penuria di acqua che danneggia l'agricoltura. Questo dovrebbe ricordare il famoso ritornello del cambiamento climatico che ormai è stato definitivamente cestinato. Si torna al carbone.
Il superamento delle risorse fossili e l'adozione delle rinnovabili era possibile solo nel contesto di un economia interconnessa e di scelte condivise. In un mondo in cui Washington decide di isolare l'occidente dal resto del mondo, le scelte per un'economia più green diventano immediatamente obsolete.
Tutto questo è merito naturalmente del buon zio Sam, che avendo organizzato e cucinato il conflitto in Ucraina sin da piazza Maidan può assumersi quasi tutti i meriti. Secondo posto nella classifica del merito va alla stupidità e inconsistenza dei leader europei. Al cameriere di Biden, il vecchio Draghi, va in particolare un encomio particolare, sia per il suo operato alla guida della BCE che per il suo servilismo come primo ministro italiano.
Un terzo posto anche alla Russia il cui leader da perfetto rimbambito è riuscito a fare la parte del cattivo, nascondendo (solo in parte) le responsabilità americane.