PiVi1962
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Insomma! Per legge il coniuge più debole deve essere tutelato. Se la moglie non lavora (e senza figli) si becca il diritto di abitare nella casa e pure l'assegno. Alla faccia della tutela del coniuge debole, le parti si rovesciano. La legge viene applicata senza equità.
Non so di che legge parli.
Correntemente i commenti giurisprdenziali sono del seguente tenore:
"Al coniuge (non proprietario) non spetta il diritto di abitare la casa familiare se non vi sono figli, poichè l’art. 155 comma 4 c.c., (che attribuisce al giudice il potere di assegnare l’abitazione al coniuge affidatario dei figli) è una norma eccezionale e non è applicabile analogicamente, del resto la norma è posta a tutela dell’esclusivo interesse dei figli e non avrebbe senso applicarla quando non ci sono figli."
"Diversa è la questione se il diritto di abitazione può essere usato per soddisfare il diritto al mantenimento (quando mancano i figli, ma l'altro coniuge ha diritto al mantenimento). Sicuramente i coniugi, volontariamente, basandosi sull’autonomia negoziale (1322 c.c.), possono stipulare un contratto con cui l’assegnazione della casa familiare è un mezzo per realizzare (in tutto o in parte) il diritto al mantenimento del coniuge privo di adeguati redditi propri.
Il problema si complica quando ci si chiede se questa richiesta può essere rivolta direttamente al Giudice, cioè, ci si domanda, se il coniuge che ha diritto al mantenimento (quando non ci sono figli) può chiedere al Giudice di soddisfare (in tutto o in parte) il proprio diritto al mantenimento mediante l’assegnazione dell’abitazione.
Un orientamento, più liberale, ritiene che l’assegnazione della casa può essere richiesta al giudice, nell’ambito della domanda di mantenimento, ma presuppone un’apposita domanda e, certo, non è configurabile un dovere (e un potere) del giudice di assegnare la casa familiare in assenza di una specifica richiesta in tal senso.
Una seconda teoria, più restrittiva, esclude una tale possibilità, poiché ritiene che il diritto al mantenimento può essere soddisfatto solo mediante la quantificazione di una somma di denaro (una prestazione fungibile) e il Giudice non può imporre al debitore di eseguire, per estinguere il proprio obbligo, una prestazione infungibile, come l’assegnazione della abitazione, (questo sembra essere l’orientamento prevalente, anche dopo l’introduzione dell’art. 155 quater c.c., sia in caso di separazione sia in caso di divorzio)."
(cfr. Il diritto di abitazione della casa coniugale in caso di separazione e divorzio | Fanpage)
Resta salvo il principio che il coniuge più forte, ove lo ritenga opportuno o per accordo tra le parti, può sostituire in tutto o in parte l'assegno di mantenimento con la concessione al coniuge più debole del diritto di abitazione nella casa di propria proprietà esclusiva.