In un contratto di affitto immobile ho sempre visto i classici contratti liberi , 4+4 o simili..dove con la raccomandata puoi comunque mandare disdetta contrattuale nei termini previsti , di norma 6 mesi. Con il contratto transitorio come funziona la cosa?
E' chiaro che il contratto (almeno spero..) sia da registrare lo stesso su agenzia entrate, ma cosa cambia rispetto al libero?
Quel che chiedo è questo:
- devo affittare un immobile, il potenziale inqulino mi chiede transitorio perché dice che non ci starà tantissimo tempo..io gli spiego che anche se facciano un classico contratto lui può andare via quando vuole dando disdetta,
le mie domande sono le seguenti:
- il transitorio mi fa perdere qualche tutela ? a me che sono proprietaria
- il transitorio ha dei vantaggi per qualcuno ? magari inquilino?
- quali pro e contro ?
Dal 1° gennaio di quest’anno, i contratti locativi (transitori compresi) – qualora ne ricorrano i presupposti (durata superiore ai 30 giorni) – se non vengono registrati entro 30 giorni dalla stipula (o dalla sua decorrenza, se anteriore) sono nulli, sotto l’aspetto civilistico: la legge di Stabilità 2016, al comma 59, ha integralmente riscritto l’art.13 della legge 431/1998. La ritardata registrazione, a seguito di ravvedimento operoso, non ridona efficacia al contratto (come confermano le prime pronunce di merito dopo l’entrata in vigore della legge di Stabilità, allineate sul netto orientamento delle Sezioni Unite della Cassazione che nel 2015 ha finalmente messo un punto fermo sulla questione relativa alla possibilità di sanare un contratto nullo per mancata registrazione), trattandosi di un mero adempimento fiscale e non civilistico: l’Agenzia delle Entrate rimane obbligata a registrare qualsiasi atto, anche se quest’ultimo è civilisticamente nullo.
Con riferimento alla disdetta del contratto da parte del locatore nelle locazioni transitorie, la legge non contempla tale possibilità per tale soggetto (solo il conduttore può recedere anticipatamente per gravi motivi): in tali locazioni non opera infatti il congegno della rinnovazione automatica in difetto di disdetta previsto dall’art.3 della legge di riforma del 1998.
Quanto alle cause della transitorietà, se l’esigenza transitoria per un tempo oggettivamente predeterminabile (minima di un mese e massima di diciotto) è riferita al locatore (in questo caso, l’art.3 del contratto-tipo
(Esigenze del conduttore) va cancellato), va semplicemente enunciata in atto, senza necessità alcuna di darne riscontro documentale: il medesimo può solo evitare la riconduzione del contratto al termine quadriennale ordinario, confermando con lettera raccomandata al conduttore – prima dello spirare del rapporto - i motivi di transitorietà indicati in contratto (vedi art.2 del contratto-tipo allegato al decreto ministeriale 30 dicembre 2002, ripreso dalle convenzioni locali) che lo hanno indotto a sottoscrivere un contratto di tale natura, perché la legge vuole impedire che il rapporto – nato transitorio – possa poi proseguire oltre il termine pattuito in origine.
Se il locatore non vi provvede, il contratto torna ad avere la durata ordinaria prevista dalla legge (4+4), dalla data di stipula del contratto. Ne deriva che il locatore si ritrova non solo con un contratto molto più lungo (sempre che il conduttore non voglia recedere anzitempo), ma con un contratto ordinario a canone calmierato. Ove poi la sua esigenza si protragga nel tempo (la data di fine certa, per le più disparate ragioni, salta: ad es. il matrimonio della figlia va in fumo), il locatore, in caso di mancato utilizzo, rischia pure la sanzione di trentasei mensilità.
Ove, invece, l’esigenza transitoria sia riferita al conduttore (in questo caso, l’art.2 del contratto-tipo
(Esigenze del locatore) va cancellato), la documentazione, proveniente da un terzo (ad es. contratto di lavoro a termine, preliminare di compravendita ecc.), della necessità abitativa va non solo documentata, ma anche allegata al contratto. Contrariamente al locatore, nessun obbligo e nessuna conseguenza deriva dall’omissione della conferma delle esigenze transitorie enunciate in atto (anche se il primo decreto ministeriale del 1° marzo 1999, emanato ai sensi della legge di riforma del 1998 a fissare le modalità e i presupposti, collide con quello del 30 dicembre 2002).
Ma anche qui, le cose possono prendere una brutta piega. Si ipotizzi che il contratto a termine del conduttore, un mese prima della scadenza del contratto, venga trasformato in un contratto a tempo indeterminato ovvero che i lavori di ristrutturazione del suo appartamento vadano per le lunghe a causa di un impedimento burocratico ovvero che l’appartamento che l’Agenzia Casa del Comune gli aveva promesso per il 1° marzo sarà disponibile alla fine dell’anno, l’esigenza transitoria non sussiste più:il conduttore si vede costretto a comunicare al locatore che quell’esigenza temporanea – oggetto di specifica clausola – persiste anche dopo la scadenza, in contrasto con il carattere provvisorio e occasionale di questa tipologia negoziale.
Il medesimo effetto della mancata conferma dell’esigenze di transitorietà da parte del locatore (mutamento della disciplina da transitoria ad ordinaria) colpirebbe anche il non verificarsi dell’esigenza stessa da parte del conduttore, ma anche in questo caso, sembra doversi ritenere che il venir meno delle cause di transitorietà riguardi il solo locatore: tale ricostruzione trova infatti conferma nel testo del contratto-tipo: art. 2
(Esigenze del locatore).
In caso contrario, l’opposta soluzione (il non verificarsi dell’esigenza transitoria in capo al conduttore: tale tesi non trova conferma nel contratto-tipo: art. 3
(Esigenze del conduttore) trasformerebbe questo tipo di contratto in un contratto imprevedibile (un contratto del secondo canale, ma con un gene mutante che può trasformarlo in un contratto del primo canale, di faticosa gestione (il mutamento della disciplina, sotto il profilo tributario, imporrebbe di registrare una scrittura modificativa o integrativa, a seguito dell’avverarsi della condizione posta a contratto, nonché a rideterminare l’imposta di registro), con conseguenze estremamente punitive nei confronti del locatore, il quale, per ragioni indipendenti della sua volontà, verrebbe a subire un prolungamento della durata del contratto non voluto e non programmato, senza neppure poter fruire di un canone a livello di mercato, salvo fuori dalle aree metropolitane, nei Comuni confinanti, e negli altri Comuni capoluogo di provincia indicati dalla legge.
Riguardo, infine, il canone (la locazione transitoria non blocca la cedolare secca), importo massimo stabilito dalle convenzioni locali fino ad un 20% superiore al canone concordato, ma sono pochi i Comuni che applicano tale maggiorazione. Per questa tipologia contrattuale per il locatore non sono previste agevolazioni fiscali statali, né IRPEF (95%) né registro (2%) o comunali, salvo che l’ente municipale non ne abbia deciso l’applicazione (in genere, IMU non agevolata con ulteriore abbattimento del 25%, ma ordinaria).