Ammazzano per...il petrolio?
Il petrolio e le guerre
Diciannove dei venti personaggi chiamati a far parte del Gruppo erano dirigenti del settore energetico. Si parlò a lungo di loro dopo lo scoppio dello scandalo Enron, allorché le commissioni d'inchiesta del congresso e una pletora di giudici chiesero di esaminarne i verbali, compresi quelli delle conversazioni private del vice presidente Cheney cui si deve materialmente la stesura del documento presidenziale; esami che però non furono concessi. In ogni caso nel leggere oggi il documento della cosiddetta Nep, o politica energetica nazionale (da non confondere con la Nep di Lenin e Bucharin) vi si ritrova una descrizione precisa del settore, difficoltà e prospettive, presenti all'inizio del 2001 (il documento è stato completato in aprile), circa un secolo fa. Il sistema elettrico è poco efficiente e da ridescrivere con una forte spesa e nel corso di molti anni. Occorrerà un uso più efficiente del gas, un rilancio del carbone, un nucleare non più impastoiato, nuove - tantissime - centrali di produzione, reti affidabili per collegare le centrali e le città, evitando la vergogna dei blackout. C'è interesse per l'idroelettrico e c'è simpatia per le energie alternative e per il risparmio. In ogni caso, assicura il presidente, "non accetteremo la falsa scelta tra protezione ambientale e produzione di energia". Questo per l'energia elettrica, un problema, tutto considerato, interno. Rimane il problema dei trasporti. I petrolieri del governo danno per scontata l'equazione elettorale: automobile = libertà. A grandi linee è il messaggio con il quale hanno vinto le elezioni nel duemila. Il documento della Nep insiste su un concetto assai condiviso che in bocca al governo diventa anche una previsione che si autorealizza: da qui al 2020 non vi saranno drammatici cambiamenti: petrolio per i trasporti. Le auto andranno con il loro bravo motore a scoppio e i camion con il diesel: benzina e gasolio, gasolio o benzina. Poi si vedrà. Tra vent'anni, ai tempi di Bush III, forse le auto andranno altrimenti, ma non è compito della politica pensare tanto avanti.
Così il presidente indica l'esigenza che precede il resto: la disponibilità di petrolio, abbondante, sicuro, come elemento concreto, fondante della politica energetica e più in generale della strategia del paese. Gli Usa consumano un quarto del petrolio mondiale; tre quarti va al trasporto: le auto, da sole, consumano dall'otto al dieci per cento di tutto il petrolio del mondo. E anche questa è libertà.
In tema di petrolio sono forniti alcuni dati eloquenti. Il primo è quello generale già indicato: nei prossimi venti anni esso non avrà alternative per quanto riguarda i trasporti. Treni e navi potrebbero andare a carbone ma aeroplani, trasporti merce su gomma, automobili, macchine per il movimento terra, no, il petrolio è indispensabile. Il secondo punto è che il petrolio di produzione nazionale è insufficiente, ormai da moltissimi anni, oltre che più costoso. Un grafico mostra come il fabbisogno di petrolio, pari a 19 milioni di barili al giorno (mbg) nel 2000, dovrebbe salire a 26 mbg nel 2020, anno di riferimento. La produzione nazionale, compresa l'Alaska, avendo rimosso le infantili preoccupazioni ambientali in proposito, dovrebbe scendere dagli 8 mbg del 2000 ai 7 mbg del 2020. Le importazioni di conseguenza dovrebbero passare da 11 mbg a 19 mbg raggiungendo, dal 63% attuale, il 73% del totale del petrolio consumato. "Con l'andazzo attuale dice il presidente - tra vent' anni l'America importerà circa due barili di petrolio ogni tre - una condizione di crescente dipendenza da potenze straniere che non sempre hanno gli interessi dell'America nel cuore".
Il terzo punto riguarda la distribuzione delle importazioni. Il petrogoverno Usa riceve nel 2000 il petrolio da un gran numero di paesi, ma 4 coprono il 55% dell'importazione. Si tratta di Canada 1,686 mbg, Arabia saudita 1,566 mbg, Messico 1,519 mbg, Venezuela 1,359 mbg. Oltre ai quattro indicati, rientrano tra i dieci maggiori fornitori, anche, nell'ordine: Nigeria 0,887, Iraq 0,613, Colombia 0,332, Norvegia 0,332, Regno unito 0,330, Angola 0,296. L'"emisfero occidentale", cioè gli altri paesi delle Americhe, compresa la Colombia, pesa per circa metà delle importazioni degli Usa. Ma questo non può bastare: gli Usa sono ben consci del fatto che il mercato del petrolio è uno solo. Agli Usa conviene avere petrolio da tutte le provenienze, tanto più che le multinazionali Usa sono attive in ogni angolo del mondo che non gli sia inibito da qualche "sanzione". L'Iraq è importante, nello scacchiere petrolifero Usa nonostante l'embargo, come sono importanti gli alleati europei e l'Africa. L'Iraq però fa troppo di testa sua, è irriducibile, non diverrà mai, con il governo che si ritrova, un fornitore affidabile. L'indicazione che percorre il documento è che sono importanti tutti i produttori, purché siano docili, vi sia un prezzo unico, senza strappi, in un mercato tenuto sotto controllo.
Il ventaglio degli interessi è analizzato nell'ottavo e ultimo capitolo del documento. Gli Usa, per garantirsi il petrolio necessario alla libertà, e ai trasporti di merci e persone, cioè petrolio sicuro e a buon prezzo stabile, dovranno tener conto anche degli altri consumatori, ma non per generosità. Occorre sapere se la ricca Europa e il ricchissimo Giappone Saranno disposti a cedere mollemente ai ricatti dei produttori, con il risultato di inflazionare il mercato petrolifero. Si lasci libero corso al mercato - è perfino inutile ripeterlo - però la Nep contiene un consiglio ai paesi amici: quello di aumentare molto le riserve strategiche, per contenere gli inevitabili sbalzi di prezzo conseguenti alle restrizioni di offerta. Occorre convincersi anche che Cina e India, per non nominare che i paesi maggiori, si presenteranno sul mercato nel corso del ventennio di riferimento, cercando il petrolio mancante per i loro nuovi consumi. La domanda di petrolio crescerà allora nel corso dei prossimi due decenni e non solo negli Usa, ma anche altrove, spesso con ritmi più elevati. Quanto sarà il petrolio disponibile nel prossimo ventennio? Basterà per tutti? Basterà per l'America?
Il capitolo ottavo esamina allora l'offerta attuale di petrolio nel mondo e le conoscenze in fatto di riserve Un grafico suggerisce una distribuzione delle riserve all'inizio del 2000: 67 % in Medio Oriente, 9% in America centrale e del sud, 7 % in Africa, 6 % nei paesi dell'ex Urss, 5 % in nord America, 4 % in Asia orientale e in Oceania, 2 % il, Europa. Nel Medio Oriente è inteso che l'Arabia saudita è la cassaforte maggiore, ma è noto che altri paesi Iraq, Kuwait, Emirati presi insieme uguagliano o superano le riserve arabe. Il richiamo alle riserve non ha seguito nella Nep, anche se è una discussione abituale in tema di petrolio. Qui serve solo a indicare il Medio Oriente come lo scacchiere indispensabile nel corso dei prossimi vent'anni di dipendenza mondiale e americana dal petrolio. Se il petrolio sia agli sgoccioli, oppure se ve ne sarà per altri 80 o 100 anni, è un argomento lasciato da parte, nel testo della Nep, con qualche ragione, dal loro punto di vista. Sia come sia, il petrolio nel prossimo futuro, nel decennio che abbiamo di fronte è indispensabile (indispensabile per la libertà) ed è indispensabile quello mediorientale. "Risulta da ogni previsione che il Medio Oriente rimarrà centrale per la sicurezza petrolifera mondiale". Questo è il centro della strategia, quale che sia la durata del petrolio e la profondità delle riserve. Il petrolio mediorientale è in buona parte arabo, in parte iracheno e degli emirati; poi c'è quello iraniano. Come impedire che qualcuno chiuda i rubinetti, se non stando lì a controllare? Come proteggere l'operato delle compagnie Usa, se non impegnando la forza? "Il Gruppo per lo sviluppo della Nep raccomanda che il presidente appoggi le iniziative di Arabia saudita, Kuwait, Algeria, Qatar ed Emirati arabi uniti e di altri produttori nell'aprire aree dei loro settori energetici agli investimenti esteri", ciò che in linguaggio meno diplomatico vuol dire la Nep (cioè il presidente) raccomanda al presidente di premere sui paesi petroliferi arabi perché si aprano a Exxon e agli altri.
Vi è poi un' altra raccomandazione: "Il gruppo per lo sviluppo della Nep raccomanda che il presidente dia istruzioni ai segretari di stato, del tesoro e del commercio perché inizino una completa revisione delle sanzioni. La sicurezza energetica dovrebbe essere uno dei fattori considerati in tale revisione". Non diplomaticamente: Di fronte ai problemi della sicurezza energetica le sanzioni possono essere abolite. La scelta di cambiare, con la forza, il regime iracheno, prima che esso si consolidi con un'alleanza internazionale con Francia e/o Russia e/o Cina, per sostituirlo con uno più favorevole (molto più favorevole) a Washington e ai suoi petrolieri, diventa una priorità per il governo Usa che deve garantire un flusso di petrolio per i prossimi vent'anni: dai pozzi alle stazioni di servizio dei liberi elettori Usa.