Costi chiusura deposito titoli

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MPS, UNICREDIT, BANCA SELLA E BPI HANNO APERTO IL FRONTE DELL’USCITA GRATUITA DOPO L’AVVIO DELL'INDAGINE ANTITRUST CHE SI CONCLUDERÀ A GIUGNO

La chiusura del conto titoli è un vero salasso
Il costo arriva fino a 550 euro. E si paga anche l’addio al bancomat

Sandra riccio tuttosoldi


IL 2006 potrebbe segnare l'avvio
della concorrenza bancaria in
Italia. Dal 18 gennaio l'Antitrust
sta facendo chiarezza sui prezzi
applicati dalle banche alla clientela.
L'indagine si chiuderà a giugno,
ma i primi risultati sono già arrivati,
perché alcune tra le maggiori
banche del Paese si sono affrettate
ad azzerare le tanto chiacchierate
spese di chiusura del conto corrente.
La prima ad aver tagliato il
fastidioso balzello è stata Unicredito,
seguita a ruota da Monte dei
Paschi di Siena, Banca Sella, Unipol
e Bpi.
Ma nonostante questo primo
passo, sono ancora molti gli istituti
che pretendono commissioni salate
da chi decide di dire addio alla
propria banca, magari perché ne
ha trovata una migliore. Tuttavia
gli esperti prevedono che presto
anche altri grandi gruppi nazionali
seguiranno la strada del divorzio a
costo zero. «È una tendenza ormai
avviata che si compirà in tempi
molto brevi», sostiene Elio Lannutti,
presidente dell'Adusbef, una delle
più battagliere associazioni di
consumatori. Incrociamo le dita
perché un'analisi dei costi delle
principali banche e dei conti che
offrono alla clientela evidenzia che
chiudere il conto corrente per spostarsi
su un'altra banca può essere
un vero e proprio salasso: si possono
toccare i 100 euro per i conti
semplici, vale a dire senza portafoglio
investimenti, e superare facilmente
i 550 euro se ci sono titoli e
Btp da trasferire.
I clienti che abbandonano la
propria banca devono innanzitutto
affrontare le spese di estinzione
standard dei conti. Si tratta di
tariffe una tantum, che possono
arrivare sino a 35-50 euro e che
sono richiesti dagli istituti di credito
come contropartita per tutti i
servizi che di solito accompagnano
la chiusura del rapporto.
Tuttavia a pesare sul costo di
fine rapporto sono le spese di trasferimento
titoli, che pesano sui risparmiatori
più evoluti cioè abituati a
operare sui mercati finanziari e a
tenere in portafoglio azioni e obbligazioni.
Per spostare i titoli da un
istituto all'altro bisogna spendere
anche parecchio. Il listino dei costi
applicato da quegli istituti che fanno
pagare le spese di trasferimento
è variegato: la tendenza è di far
pagare una commissione che va da
un minimo di 10 a un massimo di
52 euro per ogni categoria di titolo
identificata da un medesimo codice,
come per esempio tutte le azioni
di una stessa società oppure tutti i
Btp che hanno una determinata
scadenza.
Mapagare l'estinzione e il trasferimento
titoli non basta per chiudere
i conti con le banche. Ci sono,
infatti, anche costi impliciti dati
dall'utilizzo del bancomat e delle
carte di credito. Di solito, infatti,
l'utilizzo di strumenti di pagamento
di plastica richiede il pagamento
di un canone annuale che va da un
minimo di 9 euro sino a un massimo
di oltre 31 euro. Per questo tipo
di strumenti vale il principio del
silenzio assenso. Significa che i
contratti di utilizzo delle carte si
rinnovano automaticamente ogni
12 mesi e il canone viene addebitato
sul conto del cliente. In caso di
chiusura del rapporto il correntista
è tenuto al pagamento della quota
annuale, anche se la carta è diventa
automaticamente inutilizzabile.
I recenti azzeramenti dei costi
di chiusura potrebbero aver inauguranto
la stagione delle banche
meno care? Per Elio Lannutti dell'
Adusbef, «le ultime manovre sono
soltanto un'operazione di facciata.
Alle banche rimangono mille altre
fonti su cui lucrare in maniera
sproporzionata». Un esempio? Il
mutuo a tasso variabile. La nuova
politica di rialzo dei tassi inaugurata
con decisione dalla Bce farà
salire il costo dei mutui. E nel
nostro Paese il 90% dei contratti è a
tasso variabile anche perché negli
ultimi due anni le banche hanno
consigliato ai loro clienti proprio i
tassi variabili. E non è un caso
secondo Lannutti. Inoltre, rimane
il famigerato articolo 118 del Testo
Unico Bancario, «una vera e propria
licenza di "rapina di massa" a
danno dei correntisti perché consente
alle banche di cambiare le
condizioni applicate ai correntisti
con una semplice inserzione sulla
Gazzetta Ufficiale. Ci aspettiamo
che il nuovo governo lavori all'abrogazione
di questo strumento che
menoma i diritti dei consumatori»,
dice Lannutti.
 

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Era ora OK! Auguriamoci però che :

1) abbia concreta applicazione :( ;

2) la chiusura gratuita si estenda a tutte le banche.
 
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