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Ecco un’altra previsione totalmente sbagliata.

Era il 15 dicembre 2022 quando Cathie Wood, che gestisce l’ETF a gestione attiva “ARK Innovation Fund”, fece una delle tantissime previsioni dell’andamento futuro dei mercati finanziari: una nuova “Grande Depressione”.

Come riporta l’articolo linkato, “Il contesto sarà più simile a quello del 1929” nel caso in cui la FED attuerà un altro pesante rialzo dei tassi.

Nei giorni immediatamente precedenti al 15 dicembre 2022, i tassi erano appena stati alzati di 50 punti base (0,50%), salendo dal 4% al 4,5%.

Il monito della Wood nei confronti della FED era chiaro: basta con i rialzi dei tassi, oppure si verificherà un nuovo 1929.

Come è noto, la FED non si è fermata al 4,5%: ha eseguito altri 4 rialzi dei tassi, dello 0,25% ciascuno, il 1° febbraio 2023, il 22 marzo 2023, il 3 maggio 2023 e il 26 giugno 2023. Da allora, i tassi si sono stabilizzati al 5,5%, come mostrato nel grafico in basso.

Per fortuna questi ulteriori rialzi non hanno causato nessuna nuova Grande Depressione. Anzi, lo S&P 500, il principale indice azionario statunitense, che quotava 3.895 punti il 15 dicembre 2022, era cresciuto fino a 4.328 punti il 26 giugno 2023, quando i tassi furono portati al livello attuale, per chiudere il 2023 a 4.769 punti e toccare, proprio ieri, il suo massimo storico di 5.224 punti.

La previsione di Cathie Wood non solo non si è verificata: è accaduto esattamente l’opposto.

È chiaro che prima o poi una crisi arriverà: ciò non toglie che la previsione di Cathie Wood del 15 dicembre 2022 sia stata totalmente sbagliata.

Gli esperti di finanza, i gestori, i consulenti e gli investitori non vogliono imparare la lezione e ogni giorno continuano a regalare al mondo le loro profezie: sono vittime delle loro superstizioni senza saperlo.

Il sistema finanziario, d’altronde, gioca in loro favore, in quanto è alla continua ricerca di notizie sensazionalistiche, a partire dal nome del prossimo titolo che genererà rendimenti eccezionali.

Non rimane che seguire il suggerimento di Daniel Kahneman: non credere a chi tenta di prevedere il futuro.

Cathie Wood: recessione da 1929. Dove investire FinanzaOnline
 
Bolle finanziarie

Nel vasto panorama dell’attività umana, pochi campi come quello della finanza sembrano ignorare così apertamente gli insegnamenti della storia.

“Sono pochi i campi dell’attività umana in cui la storia conta così poco come nel mondo della finanza. L’esperienza passata, nella misura in cui diventa parte della memoria, è rifiutata come il rifugio primitivo di coloro che non hanno il discernimento necessario per apprezzare le incredibili meraviglie del presente.”

Sono le parole di John Kenneth Galbraith, uno dei più importanti economisti del XX secolo, contenute in quel piccolo capolavoro intitolato “Breve storia dell’euforia finanziaria”.

Questa tendenza a trascurare le esperienze passate, viste come inadeguate per decifrare i complessi meccanismi dei mercati moderni, si manifesta con una particolare recrudescenza nelle fasi di euforia finanziaria, quando l’ottimismo e la fiducia nel futuro rendono obsoleto ogni riferimento al passato.

Questa mancanza di memoria è favorita dal fatto che possono passare alcuni anni tra un’euforia finanziaria e l’altra: nel frattempo, potrebbe esserci stato un ricambio generazionale.

Di conseguenza, nuovi protagonisti, spesso giovani e dotati di un’incommensurabile fiducia nelle proprie analisi e strumenti, entrano in scena, portando con sé un approccio fresco ma talvolta pericolosamente privo di contesto storico.

Per dirla con le parole di Galbraith: “Una nuova generazione, spesso giovane, sempre assai sicura di sé”.

Riconoscere l’importanza delle esperienze passate non significa fossilizzarsi su di esse, ma integrarle in un approccio equilibrato alla finanza. Le parole di Galbraith invitano a una riflessione profonda sull’equilibrio tra novità e tradizione, tra innovazione e memoria storica.

In questo equilibrio sta la chiave per evitare le trappole di un eccessivo ottimismo e per navigare i mercati finanziari con saggezza, imparando dai successi e dagli insuccessi del passato.

p.s.: questa riflessione non si riferisce a nessuna specifica bolla finanziaria in atto, ammesso che ve ne siano.

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Quali sono le conseguenze di anticipare il disinvestimento di una parte delle quote di un ETF accumulate prima del completamento di un PAC?

Quando l’orizzonte temporale di un PAC non è flessibile, i disinvestimenti anticipati hanno lo scopo di ridurre il rischio che, nella fase finale del piano di accumulo, una crisi finanziaria generi una discesa considerevole del valore delle quote, facendo diminuire il rendimento finale o, peggio ancora, trasformando un rendimento positivo in uno negativo.

I disinvestimenti anticipati, però, hanno anche uno svantaggio: se il valore degli investimenti continua a crescere, il rendimento finale del PAC ne risentirà negativamente.

Questa strategia deve essere basata su criteri stabiliti prima di iniziare l’investimento: ad esempio, se il VIX è superiore a 24 e se si sono versate almeno l’80% delle rate, allora si disinveste l’80% del capitale accumulato (è un esempio di percentuali scelte sulla base di considerazioni ragionate, senza essere il risultato diretto di alcuna simulazione).

Come si modificano le performance del PAC con i disinvestimenti anticipati?

In media, i rendimenti diminuiscono: tanto più, quanto più il PAC è di lunga durata. Analizzando i backtest relativi ai PAC sull’ETF iShares Core DAX (ISIN: DE0005933931, ticker: EXS1), la cui serie storica parte dalla fine del 2000, si osserva come i rendimenti medi siano mediamente più bassi per tutte le durate dei PAC simulate (fino a 240 mesi, 20 anni) rispetto a quelli dei PAC “classici”.
La scelta di questo ETF è motivata esclusivamente dalla sua lunga serie storica: favorisce l’analisi fornita a titolo di esempio.

La stessa cosa accade per i rendimenti massimi, che sono tutti mediamente più bassi o uguali.

I rendimenti minimi, invece, riescono a essere migliori, in certe durate, di quelli dei PAC senza versamenti aggiuntivi: questo avviene nei PAC di durata media di 5, 8 e 15 anni.

Questi risultati, insieme a molti altri, sono dettagliati nella tabella sottostante.

Disinvestire prima del raggiungimento dell’orizzonte temporale è una sorta di assicurazione nel caso in cui i mercati subiscano un crollo che avrà un impatto nella parte finale del PAC.

La maggior parte delle volte questa scelta costerà in termini di rendimento ma, se l’evento temuto si verifica, permetterà di preservare una parte significativa del rendimento ottenuto.

PAC_disinvestimenti_anticipati.png
 
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