Di quanto anticipa in genere la borsa?

  • Trading Day 19 aprile Torino - Corso Gratuito sull'investimento

    Migliora la tua strategia di trading con le preziose intuizioni dei nostri esperti su oro, materie prime, analisi tecnica, criptovalute e molto altro ancora. Iscriviti subito per partecipare gratuitamente allo Swissquote Trading Day.

    Per continuare a leggere visita questo LINK
Si dice che per metà dell'anno prossimo dovrebbe iniziare una ripresa economica.
Il rialzo di fine anno fa comodo ai gestori, ma non bisogna pensare a strane cospirazioni di grandi banche che spostano i mercati. Molto più semplicemente tutti smettono di vendere. Chi vuole realizzare plusvalenze per ragioni fiscali (una pratica diffusissima quest’anno in America in vista del fiscal cliff) lo fa a fine novembre e nei primi giorni di dicembre e poi se ne va e lascia il campo ai compratori. Non occorre che gli acquisti siano massicci, è sufficiente che siano più delle vendite. La conseguente salita dei mercati viene poi razionalizzata e diventa a sua volta una conferma delle buone prospettive del mondo che verrà. Chi non è convinto si adegua e rinvia le vendite. Sa che, aspettando, venderà meglio più avanti.

Perfino nel 2008, nel bel mezzo della più grande recessione degli ultimi 70 anni, dicembre trascorse in un’atmosfera irreale di tepore e di speranza che la tempesta fosse finita. L’SP 500, che era precipitato dopo Lehman da 1300 a 752, il 20 novembre iniziò il rialzo di fine anno che lo portò a 931 il 2 gennaio 2009, un recupero del 24 per cento. Passate le feste, senza nemmeno aspettare l’Epifania, il mercato ricominciò immediatamente a flettere fino al 9 marzo, toccando il famigerato minimo di 666.

Quanto alla dinamica tra primo e secondo semestre, le previsioni istituzionali (a partire da Fed, Bce e Bundesbank) e quelle delle grandi case sono unanimi nel dire che la prima metà del 2013 sarà lenta in America e stagnante in Europa (con segno negativo nell’area mediterranea) ma che in compenso il secondo semestre e, ancora di più, gli anni successivi vedranno una continua accelerazione. Ebbene, ironicamente, le previsioni di un anno fa a quest’epoca erano identiche. Ci sarà recessione in Italia e Spagna nella prima parte del 2012, si disse allora, ma verso metà anno vedremo l’avvio della ripresa. Che ovviamente non c’è stata.Per il 2013 c’è una giustificazione, il fiscal cliff. Lo scontro politico, al di là di qualche misura tampone che verrà presa entro i primi di gennaio, si prolungherà per tutto il primo e forse il secondo trimestre. Una volta prese le grandi decisioni, si ragiona, verrà meno l’incertezza e questo fatto, da solo, porterà a una riaccelerazione dei consumi e degli investimenti. Tutto vero, se non per l’impatto che le misure fiscali avranno sull’economia. Se queste misure saranno modeste l’impressione degli operatori economici e dei mercati sarà che molto presto vi si dovrà di nuovo porre mano. L’incertezza, a quel punto, non verrà dissipata. Se invece le misure saranno significative (molte più tasse e molte meno spese) le conseguenze per l’economia, come ormai sappiamo in Europa (Regno Unito compreso) saranno negative. La speranza è che si prendano misure strutturali, come l’aumento dell’età della pensione, che abbiano un impatto importante ma non immediato. Al momento, tuttavia, non c’è molto sul tavolo.

Detto questo, rispetto a un anno fa non è irragionevole essere più fiduciosi. La politica fiscale americana, anche ammesso che diventi davvero (moderatamente) restrittiva, sarà compensata da una linea europea che su questo piano, al di là della retorica, sarà alla fine neutrale o addirittura leggermente espansiva. I disavanzi pubblici di molti paesi europei, infatti, non saranno a fine 2013 molto diversi da quelli finali del 2012.

Le politiche monetarie, in compenso, saranno ancora più espansive. La Fed è più aggressiva ogni mese che passa e il suo Quantitative easing continuerà fino a che la disoccupazione non sarà scesa al 6.5 per cento (e non al 7 come si era capito fino agli ultimi giorni). La Bce, dal canto suo, con la svolta di agosto è diventata una banca centrale (quasi) normale e la normalità, di questi tempi, significa monetizzazione del debito pubblico.

Quello che potrà però fare pendere la bilancia dal lato positivo sarà la ripresa del mercato immobiliare (e, in particolare, dell’edilizia) negli Stati Uniti e in Cina. Oltre a sostenere materie prime e acciaio (che altrimenti sarebbero scesi) l’edilizia promuoverà l’occupazione e un largo indotto.
La ripresa delle costruzioni avrà però una conseguenza negativa di cui è bene essere consapevoli. Fino a oggi i consumi di alcuni beni non troppo costosi (tablet, cellulari, abbigliamento, piccola gioielleria) sono andati bene perché hanno assolto una funzione consolatoria. Non impegnandosi in operazioni rilevanti come l’acquisto di una casa, a molte persone è restata in tasca la disponibilità per togliersi qualche soddisfazione nella vita quotidiana. Se si riprenderà ad acquistare case, il pagamento del mutuo assorbirà per molte famiglie risorse importanti e ci saranno meno soldi per le piccole gratificazioni.

Le vicende italiane, negli ultimi giorni, hanno prodotto ondate di paura ingiustificata. A leggere bene le posizioni delle forze politiche, incluse quelle considerate inclini al populismo, ciò che viene chiesto da tutti (con la sola eccezione di Monti) è la possibilità di rinegoziare con la Germania i tempi e i modi dell’austerità, non l’uscita dall’euro. A ben guardare, la campagna elettorale di Hollande si era mossa su un terreno simile. Per non parlare della Grecia, che ha infatti rinegoziato in grande stile la sua politica fiscale.

La Germania da una parte e Italia e Spagna dall’altra sono del resto condannate a venirsi incontro. Il problema, semmai, continuerà a essere la qualità, non la quantità, delle misure di austerità. Aumentare le tasse non è lo stesso che tagliare le spese, come non è lo stesso dimagrire perdendo grasso o perdendo muscoli. Il Regno Unito, che ha soprattutto tagliato le spese, non cresce, è vero, ma la sua occupazione privata è aumentata in questi anni in misura rilevante, mentre è scesa in Spagna e scenderà presto in Italia.

Operativamente, bisognerà fare attenzione al fiscal cliff. I mercati, nella loro spensieratezza natalizia, hanno deciso di non preoccuparsene. Bernanke, in conferenza stampa, ha notato però che le borse si comportano spesso in questo modo di fronte a uno scontro politico, salvo poi spaventarsi improvvisamente quando le cose cominciano ad andare troppo per le lunghe. A mercati spaventati (e solo allora) i politici trovano rapidamente un accordo.

Può darsi che quest’anno la fase di paura sia così breve da essere quasi impercettibile per chi si trova in vacanza sulle piste da sci o in qualche mare caldo. A costoro consigliamo di non spaventarsi più di tanto a condizione di non avere posizioni a leva.

Il primo trimestre del 2013 sarà verosimilmente di stagnazione in Europa e di crescita debole. Il peso delle banche centrali, sempre più aggressive, e la stagionalità positiva (gennaio e febbraio sono generalmente mesi molto buoni) dovrebbero tuttavia indurre ad approfittare di debolezze per comperare azioni e bond a spread (tra cui i governativi lunghi italiani). Il posizionamento del mercato, che da un mese ha ripreso a caricarsi di titoli, non è più particolarmente favorevole, ma non è ancora diventato un fattore negativo.
 
Attenzione alle "false partenze". In questo senso il 1° trimestre 2012 è stato esemplare; tutti dicevano che era probabile una ripartenza dell'economia globale nel 2° semestre 2012 e la nostra borsa da inizio 2012 si avviò in una specie di rally che si interruppe alla fine di marzo, andando poi a ritestare i minimi e subito dopo lateralizzando tra i 14 e i 16mila di Ftmib.
Molti sono rimasti incastrati avendo riacquistato nei primi mesi dell'anno e si trovano in perdita tuttora.
Le previsioni restano tali e soggette a continue revisioni, il consiglio è quello di seguire il mercato facendo sempre molta attenzione.
Saluti
 
Da qui all'eternità

Nel linguaggio degli economisti 6 mesi significa un "tempo indefinito compreso tra sei mesi ed infinito". Fine del mondo permettendo, prima o poi la ripresa ci sarà. È una ovvietà, ma nessun economista riese a fare previsioni su base razionale. Al massimo, riuscirà domani a spiegarci perché oggi non è accaduto quello che aveva previsto ieri.
Quindi mettiamoci l'anima in pace e speriamo in bene.
 
Indietro