Errori da evitare. Quando investi o fai trading fatti guidare dalla testa! /7 e 8

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Errori da evitare. Quando investi o fai trading fatti guidare dalla testa! /7 e 8

7. A questo punto avrete capito che inseguire le azioni quando scendono non è sempre un’idea brillante. Oltre a legarsi le mani per evitare di comprare ancora, “mediare”, proprio le azioni che vanno peggio, l’altro trucco per non farsi troppo male è quello di mettere un paracadute che ci salvi prima di schiantarci al suolo. Il freno in questo caso si chiama Stop Loss cioè stop alle perdite. Si tratta in pratica di un ordine automatico, che la maggior parte delle piattaforme di trading consente di impostare, per vendere le azioni o altri titoli se scendono a un certo valore prestabilito. Potrebbe sembrare assurdo vendere quando il valore è minore, vorremmo tutti vendere a un prezzo più alto, ma il problema è che la discesa potrebbe continuare e portare molto più in basso. Ci sarà tempo per recuperare riacquistando l’azione se e quando tornerà a crescere, o puntare su altre azioni migliori. In alcuni casi è quindi utile impostare questo benedetto stop Loss in modo che una moderata perdita non si trasformi in una perdita devastante. Ciò detto, lo Stop Loss può anche essere controproducente se usato rigidamente. Deve essere sufficientemente distante da lasciare “respirare“ il titolo, consentirgli di oscillare come può succedere anche ai migliori. Uno Stop Loss troppo ravvicinato ci porterebbe a chiudere posizioni che potrebbero tornare ad andar bene, il che si tradurrebbe in tante piccole perdite che sommate fanno una grossa perdita. Il particolare se il mercato è una fase di alta volatilità bisogna tenerne conto. D’altra parte il livello di Stop non deve essere neanche troppo basso perché a quel punto sarebbe inutile, come chiudere il recinto quando i buoi sono scappati. Inoltre lo Stop può essere dinamico, cioè essere aggiustato nel corso del tempo per adeguarsi ai segnali che cambiano man mano. Se il titolo è salito possiamo prevedere uno Stop Loss più alto, in modo che anche se il titolo dovesse poi perdere quota chiuderemmo la posizione comunque in guadagno. Inoltre bisogna distinguere: in un investimento di lungo termine non si usa lo stop ma si valuta se i fondamentali sono ancora validi, le prospettive ancora buone. Su un acquisto speculativo di breve termine invece è più utile per almeno due buoni motivi. Il primo è che non possiamo materialmente stare sempre davanti a un monitor a controllare la quotazione e non sempre possiamo intervenire tempestivamente come vorremmo. Per questo esistono gli automatismi. Il secondo motivo è psicologico. La tentazione, come già detto, è quella di non ammettere la sconfitta, sperare fino all’ultimo che le cose vadano meglio, una speranza spesso vana che inseguiamo anche quando non ci sarebbero le condizioni per crederlo razionalmente. Invece l’automatismo non possiede emozioni: esegue quanto pianificato senza esitazioni.
In qualche caso ci pentiremo di aver venduto con lo Stop Loss perché poi il titolo è andato meglio. Ma in altri casi l’automatismo ci salverà la vita o quantomeno il capitale. Il discorso si collega a quello già fatto sul money management, la buona amministrazione del patrimonio, che significa anche non giocarsi troppo su un singolo cavallo e limitare le perdite. Lo Stop Loss può servire a evitare che una singola operazione possa avere conseguenze gravi sia economicamente sia psicologicamente.
Oltre che per le azioni è bene usare lo Stop Loss anche in altri casi dove una perdita eccessiva sarebbe difficilmente recuperabile. Per esempio Altroconsumo Finanza consiglia di vendere certificati in leva quando la perdita supera il 20 / 25%.
La valutazione può essere diversa per strumenti senza leva e che storicamente hanno dimostrato di ritornare alla media. Quando gli indici americani vanno giù, anzi, si può valutare se sia un’occasione per aumentare la propria esposizione di lungo termine. Mentre una singola azienda può fallire, l’economia americana nel complesso ha dimostrato di avere nove vite come un gatto, almeno finora. Sapendo però che se il mercato Orso si protrae a lungo bisognerà soffrire per un po’… E sapendo che non esistono certezze matematiche, il passato può darci qualche indicazione utile ma non è detto che si ripeta.

8. E quando siamo in profitto? In questo caso il rischio è l’inverso: quello di avere troppa fretta di arraffare gli euro o i dollari non appena l’operazione si colora di verde. L’attenzione deve essere alta anche quando si guadagna. Se ci si rende conto che un titolo che oggi fortunosamente in verde domani potrebbe finire rosso perché il vento che lo spingeva sta cambiando, non è fuori luogo mettere in sicurezza i profitti per intero o, nel dubbio, almeno al 50%. Ma se il titolo sta crescendo e ci sono tutti i segni positivi del vento in poppa, a maggior ragione su un investimento di lungo periodo, non c’è motivo di tarpare le ali alle rondini del gain. L’importante è darsi delle regole, cioè sapere in anticipo cosa si farà per ogni situazione che si presenterà, per esempio un netto segnale di inversione, o una stasi laterale, o una notizia negativa, o semplicemente il fatto che il titolo ha raggiunto la quotazione che ci si era prefissi come obiettivo perché si ritiene che sia il massimo livello oltre il quale il titolo non può andare. L’errore comunque è andare avanti senza un piano, cioè senza sapere in anticipo in base a quali criteri, con quali regole, si prenderà la decisione di vendere. Questo lascerebbe la porta aperta a scelte improvvisate dettate dagli ormoni più che dal cervello. Se davvero si è in dubbio esiste sempre la classica via di mezzo, la soluzione salomonica di mettere in sicurezza metà dei profitti vendendo il 50% e mantenere il resto.

Continua.
 
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