" Faremo crollare l'economia russa" cap. 3

  • Ecco la 60° Edizione del settimanale "Le opportunità di Borsa" dedicato ai consulenti finanziari ed esperti di borsa.

    Questa settimana abbiamo assistito a nuovi record assoluti in Europa e a Wall Street. Il tutto, dopo una ottava che ha visto il susseguirsi di riunioni di banche centrali. Lunedì la Bank of Japan (BoJ) ha alzato i tassi per la prima volta dal 2007, mettendo fine all’era del costo del denaro negativo e al controllo della curva dei rendimenti. Mercoledì la Federal Reserve (Fed) ha confermato i tassi nel range 5,25%-5,50%, mentre i “dots”, le proiezioni dei funzionari sul costo del denaro, indicano sempre tre tagli nel corso del 2024. Il Fomc ha anche discusso in merito ad un possibile rallentamento del ritmo di riduzione del portafoglio titoli. Ieri la Bank of England (BoE) ha lasciato i tassi di interesse invariati al 5,25%. Per continuare a leggere visita il link

Stato
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Dici che la Russia possa fare lo zerbino della Cina? Insomma la stessa fine che ha fatto l'Europa con gli stati uniti?
Seh.... gli piacerebbe alla Russia fare lo "zerbino" come l'UE con la sua ricchezza, libertà ed outonomia. Metà dello "zerbino" vive meglio dei "padroni" statunitensi

I cinesi non sono così benevoli con gli stati vassalli :D e già i russi partono da una condizione di estrema povertà
 
Proprio quel modello decadente, così disprezzato da Putin e Xi Jinping, perché troppi che decidono e hanno voce in capitolo non sono decisionisti come l'uomo solo al comando che decide per tutti
E lo disprezza così tanto da non poter tollerare che il suo popolo possa preferirlo alla dittatura del cremlino
È l'unica vera ragione per cui, a parte le proprie ambizioni personali e di supremazia della grande russia, si è lanciato in una avventura così folle.
L'unica volta che l'occidente non ha esportato con le armi il proprio modello di vita è stato proprio il momento in cui ha fatto più paura alle dittature.
E la reazione del dittatore ha creato l'effetto contrario, adesso è circondato da tutti, ai suoi confini, e non solo da un punto di vista militare quanto, soprattutto, come avversione al suo modello totalitario
Chi è causa del suo mal ....
Le dittature sembrano molto forti esteriormente ma sono molto fragili all'interno

Le democrazie al contrario sembrano molto deboli esteriormente ma sono estremamente resilienti al loro interno
 
L'economia americana crescerà quest'anno dell'1,4% (+0,4 punti percentuali su ottobre 2022), il doppio di Eurolandia. Lo prevede il Fondo Monetario Internazionale stimando un Pil in crescita dello 0,7% per l'area euro quest'anno (+0,2 punti) e dell'1,6% nel 2024 (-0,2). Il prossimo anno gli Stati Uniti sono invece attesi crescere dell'1,0% (-0,2 punti).

Anche la Russia è resiliente,sembra quasi che più la sanzioni più cresce.Anche più degli Usa e Eurolandia.

Il Fondo Monetario Internazionale rivede al rialzo le stime di crescita della Russia per il 2023 e il 2024, quando il Pil è atteso salire rispettivamente dello 0,3% (+2,6 punti percentuali) e del 2,1% (+0,6 punti).


Fmi alza stime pil mondo, +2,9% nel 2023, +3,1% nel 2024
 
Insomma è proprio crollata dopo un anno di sanzioni
 
Insomma è proprio crollata dopo un anno di sanzioni
Diciamo che stava meglio prima......oggi sta in grossa difficolta' e probabilmente domani non si sa.....ma sicuramente non gode di ottima salute.... :yes:
 
Sanzioni e price cap possono colpire 150 miliardi di ricavi russi - Formiche.net

I dubbi sul funzionamento del tetto al prezzo del petrolio imposto dall’Occidente sono stati diffusi urbi et orbi. Gli scettici si sono sbagliati di grosso. L’analisi di Timothy Ash (RBC/Chatham House) per Cepa.
Dopo un lungo dibattito, a dicembre è stato introdotto un tetto al prezzo del petrolio a 60 dollari al barile, ben al di sotto dell’attuale prezzo di mercato del Brent, pari a circa 85 dollari. Unito alle più ampie sanzioni occidentali sulla Russia, e quelle sull’energia in particolare, il price cap ha reso difficile e impegnativo dal punto di vista della reputazione l’acquisto di petrolio ed energia russi da parte delle imprese internazionali.

Nella fattispecie, le complicazioni nel commercio del petrolio russo hanno portato all’applicazione di un forte sconto (30%-40%) al prodotto. Il tetto del prezzo del petrolio è stato fissato a 60 dollari, ma la miscela di petrolio degli Urali viene ora scambiata a un prezzo significativamente inferiore.

Il risultato netto di tutto ciò è che la Russia ha perso più della metà del volume fisico delle sue vendite di gas all’Europa, dove i prezzi sono tornati ai livelli precedenti a febbraio. Questo potrebbe potenzialmente far perdere alla Russia 50 miliardi di dollari di affari annuali nel 2023.

Per quanto riguarda il petrolio, se quello degli Urali continuerà a essere scambiato con uno sconto del 30%-40% rispetto al Brent – e anche se il Brent dovesse costare attorno ai 75 dollari al barile –, la Russia potrebbe vedersi sottrarre altri 100 miliardi dai proventi delle esportazioni di petrolio. Potenzialmente, dunque, quest’anno la perdita totale sarebbe di 150 miliardi di dollari.

In generale, la riduzione dei proventi delle esportazioni di energia rallenterà anche la crescita del Pil reale della Russia, producendo un doppio colpo sul lato fiscale, dato che anche le entrate tramite tasse sono diminuite.

Si pensa che il deficit di bilancio della Russia abbia raggiunto circa il 2,3% del Pil nel 2022. Ma con i prezzi del petrolio degli Urali ormai ben al di sotto dei 50 dollari al barile, il deficit, che ora sopporta anche il peso dell’aumento delle spese militari e sociali, potrebbe schizzare al 6-7% del Pil. Sebbene il Ministero delle finanze possa in qualche modo attenuare questo problema permettendo al rublo di indebolirsi, aumentando il valore in rubli dei proventi petroliferi in dollari, ciò aumenterebbe i rischi più ampi per la stabilità finanziaria macroeconomica e probabilmente accelererebbe la fuga di capitali.

Tutto ciò va a sottolineare l’errore di calcolo commesso da Vladimir Putin quando ha lanciato l’invasione su larga scala dell’Ucraina nel febbraio dello scorso anno. Un filone di pensiero del Cremlino era giunto alla conclusione che gli sforzi per accelerare la transizione energetica in Europa avrebbero ridotto la sua dipendenza energetica, riducendo così l’influenza della Russia sull’Ucraina. Ma l’ipotesi di Putin che si trattasse (almeno in parte) di una questione di “ora o mai più” era sbagliata.

In effetti, alla fine del 2021, l’Europa aveva quasi raggiunto la massima dipendenza dall’energia russa, in particolare dal gas, e da quel momento in poi avrebbe potuto solo diminuire. Il dilemma che Putin ha posto all’Europa è stato il seguente: al continente è stato chiesto se, dato il suo bisogno di gas per riscaldare le case e alimentare l’industria, fosse più importante mantenere questa fornitura relativamente economica e critica, o se si preoccupasse di più dell’Ucraina, un Paese per il quale aveva mostrato solo un tiepido entusiasmo.

Nei primi mesi dopo l’invasione totale, e mentre l’Europa si avviava verso l’inverno, molti elementi facevano pensare che il calcolo di Putin fosse ben calibrato. I prezzi del petrolio sono saliti di 20-25 dollari al barile nel periodo immediatamente successivo all’invasione, superando i 105 dollari al barile. Nel frattempo, i prezzi del gas sono saliti alle stelle, aumentando in alcuni casi di oltre 20 volte (alla fine dell’estate), mentre i mercati si preoccupavano dei livelli di stoccaggio del gas in Europa e della capacità del continente di sopravvivere all’inverno con forniture russe molto ridotte. Si parlava di malcontento popolare, razionamento dell’energia, interruzioni delle forniture e un colpo potenzialmente catastrofico alla crescita e all’attività economica europea.

Le sanzioni occidentali che limitano gli acquisti occidentali di petrolio ed energia russa sono state viste come controproducenti, perché avrebbero fatto il gioco della Russia e aumentato i prezzi, rafforzando perversamente i flussi di entrate del Cremlino. A novembre, le entrate petrolifere russe erano aumentate di circa un terzo rispetto all’anno precedente, portando i funzionari del governo russo a prevedere con fiducia che il deficit di bilancio dell’intero anno sarebbe migliorato rispetto all’obiettivo dell’1,2% del Pil. I dati della bilancia dei pagamenti sono stati altrettanto incoraggianti per la Russia, con la Banca centrale che ha riferito che l’avanzo delle partite correnti è salito a 226 miliardi di dollari per i primi 11 mesi del 2022, più del doppio rispetto all’avanzo di 108 miliardi di dollari dell’anno precedente.

Insomma, Putin sembrava avere tutte le carte in regola e molti suggerivano che l’Europa avrebbe ceduto. Cosa ha sbagliato?

Innanzitutto, l’aumento dei prezzi ha prodotto un’impressionante risposta sul lato della domanda. Il consumo di gas in Germania è crollato di circa un quarto. In secondo luogo, finora l’inverno dell’Europa occidentale è stato relativamente mite – ironia della sorte, si sta rivelando rigido proprio in Russia. Terzo, la solidarietà occidentale ha retto e l’Europa è riuscita a reperire fonti energetiche alternative, in particolare le importazioni di gas naturale liquefatto (gnl) dal Nord Africa, dagli Stati Uniti e dal Medio Oriente. Grazie a questi fattori, i livelli di stoccaggio di gas in Europa si sono mantenuti su livelli stagionali elevati e la domanda di energia russa è diminuita. Quarto, dopo un lungo dibattito tra gli alleati occidentali, è stato raggiunto un accordo sul prezzo massimo del barile di 60 dollari. Quinto, la guerra in Ucraina ha avuto un impatto negativo sulla crescita globale e con essa sulla domanda di materie prime, in particolare di petrolio ed energia.

In conclusione, con la sua guerra in Ucraina Putin sembra aver finalmente cucinato la gallina dalle uova d’oro della Russia. L’Europa accelererà la sua transizione energetica e la sua diversificazione dal Paese, riducendo così la domanda di energia russa. Ma la guerra ha colpito la domanda e i prezzi globali, che aggraveranno le perdite di volume per la Russia con un effetto sui prezzi. Il risultato complessivo sarà un colpo dannoso per la stabilità macroeconomica russa, accelerando il malessere e il declino economico a lungo termine del Paese.

Timothy Ash è Senior Emerging Markets Sovereign Strategist presso RBC BlueBay Asset Management. È Associate Fellow di Chatham House nel programma Russia ed Eurasia.
Western Oil Cap Helps Slash Russian Oil Revenues by $150bn
 
Diciamo che stava meglio prima......oggi sta in grossa difficolta' e probabilmente domani non si sa.....ma sicuramente non gode di ottima salute.... :yes:
Sicuramente.
Però le sanzioni stanno facendo male anche a noi, non vedo tutto questo gran vantaggio al momento.
Poi si legge sempre "eh ma nel medio periodo vedrete gli effetti..". Nel medio periodo non si può sapere cosa accade..potrebbe anche tornare il Covid per dire
 
Dici che la Russia possa fare lo zerbino della Cina? Insomma la stessa fine che ha fatto l'Europa con gli stati uniti?
Vedo che tornano le teorie economiche da bar.

Spiega pure questa brillante deduzione e i suoi effetti :D
 
Diciamo che stava meglio prima......oggi sta in grossa difficolta' e probabilmente domani non si sa.....ma sicuramente non gode di ottima salute.... :yes:

sta meglio dell'europa sicuro...
 
È ovvio che non vuole esserlo, ma le conseguenze del conflitto, soprattutto a lungo termine, la costringeranno a rivolgersi ai cinesi con il cappello in mano, è cosa che sicuramente Fabbri (lo ha scritto già dai primi mesi del conflitto) e se non ricordo male anche Caracciolo hanno sostenuto più volte, analisi che condivido pienamente

La Cina ha un approccio abbastanza classico.
Sosterrà Mosca economicamente rappresentando l'unico provider tecnologico che può offrire soluzioni di rimpiazzo a quelle europee. Lentamente penetrerà con tecnologia, costruzioni e finanziamenti sino a essere indispensabile e controllare.
 
ops

(ANSA) - ROMA, 31 GEN - L'ex speechwriter di Vladimir Putin Abbas Gallyamov dice in un'intervista alla Cnn che un colpo di stato militare sta diventando una possibilità in Russia.





"L'economia russa si sta deteriorando.





La guerra è persa. Ci sono sempre più cadaveri che tornano in Russia, quindi i russi incontreranno maggiori difficoltà e cercheranno di trovare una spiegazione al perché di tutto questo, guardando al processo politico e rispondendosi: 'Beh, questo è perché il nostro Paese è governato da un vecchio tiranno, un vecchio dittatore'", ha detto Gallyamov, riferendosi a Putin. Per Gallyamov, il golpe potrebbe arrivare nei prossimi 12 mesi.
Entro un anno, aggiunge l'analista politico, "quando la situazione politica cambierà e a capo del Paese ci sarà un presidente impopolare e odiato, e la guerra sarà davvero impopolare, e sarà necessario versare sangue per questo, in quel momento un colpo di Stato diventerà una possibilità reale".
Gallyamov ha anche detto di ritenere che Putin potrebbe annullare le elezioni presidenziali previste per il marzo 2024.
"A giudicare dalle sue azioni, quando si accanisce su qualcosa senza necessità, potrebbe davvero cancellare le elezioni: senza la vittoria sull'Ucraina, avrà difficoltà con i russi. I russi non hanno bisogno di lui se non è forte. Potrebbe davvero dichiarare la legge marziale e annullare le elezioni", ha detto all'emittente statunitense. (ANSA).
 
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Tutto questo affannarsi perché perdiamo le materie prime e gli affari con la Russia non lo capisco. Ma grazie alla Russia abbiamo avuto un boom economico? Il loro stile di vita è esportabile? .
Ora " scopriamo" che ha un massiccio apparato militare atto ad offendere chi gli si para contro, facendo della guerra il primo asset della loro politica. E noi Italia che ci azzecchiamo con loro? I primi giacimenti di metano distano 3000km ad est di Mosca, mentre quelli Algerini o libici sono a qualche centinaio di km dalla Sicilia. Eni è lì da decenni, mentre di là il dominus è Gazprom. Ora sappiamo che i soldi che gli diamo ci tornano indietro sulle testate dei missili. Mi spacco le meningi ma non trovo motivazioni per fare business coi russi.
 
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