IL SUICIDIO ECONOMICO DELLA RUSSIA
8/08/2022
L’invasione dell’Ucraina e le conseguenti sanzioni assestano un colpo formidabile all’economia russa, già fiaccata da anni di ‘stagnazione putiniana’. Le origini di un’arretratezza storica. L’illusione della fortezza economica e i dolori del rublo.
Mentre le armi sparano in Ucraina, il mondo occidentale ha steso un cordone economico-finanziario attorno alla Federazione Russa, separandola dai mercati finanziari mondiali e paralizzando quasi il suo sistema economico.
Secondo l’analisi di JP Morgan il pil russo calerà quest’anno del 7%, secondo il Fondo monetario internazionale (Fmi) dell’8,5% Altri sono ancora più pessimisti: l’Institute of International Finance prevede un calo del 15%. L’agenzia di valutazione del rischio creditizio Fitch ha declassato il debito russo a «spazzatura» e ha segnalato il possibile fallimento del paese.

Putin ha dichiarato che l’insieme delle sanzioni rappresenta «una dichiarazione di guerra». È andato vicino al vero.
La storia della Russia moderna e contemporanea, da Pietro il Grande a Putin, è caratterizzata da un costante e sempre frustrato tentativo di annullare il distacco con l’Europa e con il resto del mondo attraverso riforme volte a modernizzare il paese, sottraendolo all’arretratezza economica.
Le conseguenze economiche della guerra
La guerra in Ucraina e la dura risposta sanzionatoria dell’Occidente hanno causato una crisi dell’economia russa che con ogni probabilità la farà retrocedere ai tremendi anni Novanta. La Russia ha un’economia per grandezza equivalente alla Spagna o alla somma di Belgio e Olanda, con un reddito pro capite che è circa un terzo di quello tedesco. Si ritiene che il periodo di recessione durerà almeno cinque anni, con conseguente drastico calo del tenore di vita dei cittadini.
Le sanzioni aprono un nuovo capitolo nella storia economica russa. Un risultato dell’avventura ucraina sarà rendere la Russia più povera: il reddito calerà mentre aumenteranno le spese militari. È evidente anche il notevole scontento della grande oligarchia, che si vede colpita dalle sanzioni. La Russia avrà inoltre un notevole danno finanziario dalla cessazione delle esportazioni energetiche in Europa, da cui dipende buona parte del suo bilancio statale. Le sanzioni causeranno una caduta del reddito nazionale che Aleksej Kudrin, ministro delle Finanze, stima intorno all’8-10%: un tonfo maggiore di quelli verificatisi in epoca post-sovietica. Nel 1998 dopo il default sul debito interno il reddito calò del 5,3%, dopo la crisi mondiale del 2008 del 7,8% e dopo l’annessione della Crimea del 2,3%. L’inflazione ha inoltre toccato il 17,6% a marzo e il 27% a giugno, mentre le vendite al consumo sono diminuite del 10%.
Anche se Putin ha ridicolizzato chi sottolinea i danni delle sanzioni, già se ne vedono alcuni importanti effetti sul sistema economico.
Contrariamente a quanto sostiene Putin, le sanzioni stanno già mordendo l’economia. Il settore manifatturiero importa il 45% dei componenti necessari, la farmaceutica nel 2021 ha importato princìpi attivi e preparati pari al 67% del suo fabbisogno. Anche in altri settori la situazione è simile: le scarpe sono importate per il 67%, le componenti automobilistiche per il 95%, l’abbigliamento per l’82%, i sistemi di telecomunicazione per l’86%. Molti esperti sostengono che nei settori tecnologici (circuiti integrati e software) il paese abbia un ritardo di 10-15 anni. La sospensione delle importazioni di metalli ferrosi da parte di Unione Europea e Stati Uniti ha causato in giugno la riduzione del 20-40% della produzione di Severstal’ e Magnitogorsk. Anche il mercato dell’auto ha seri problemi, con un crollo delle vendite che non si era verificato nemmeno nel 1998.
E questo e' solo l'inzio.
