https://www.linkiesta.it/2022/08/putin-sanzioni-gas-russia-economist/
Perché le sanzioni più efficaci contro la Russia sono quelle di cui si è parlato di meno
Come scrive anche l’Economist, più che il congelamento delle ricchezze all’estero degli oligarchi o l’estromissione del settore finanziario dalla rete Swift, le vere picconate arrivano dal settore industriale, sul lato import, che il Cremlino non aveva messo in sicurezza.
Per l’Economist a colpire non sono tanto le sanzioni sull’import dalla Russia,
ma sull’export in Russia. In particolare sul sistema industriale, per cui Putin non aveva avuto tempo o forse voglia di fare un lavoro di diversificazione analogo. Su questo punto, l’Economist inizia dal trasporto aereo, di cui si è già occupata anche Linkiesta e che attira di più l’attenzione proprio perché riguarda il più diffuso approccio tra russi e occidentali. Come già avevamo ricordato, poiché i tre quarti della flotta commerciale del Paese proviene dall’America, dall’Europa o dal Canada e le parti sono necessarie per le riparazioni, per evitare il collasso che veniva pronosticato prima dell’estate le compagnie aeree russe sono state costrette a cannibalizzare gli aerei, togliendo ad alcuni le parti necessarie per far volare altre. Qui i danni sono già fatti, anche se secondo questa analisi «ci vorrà del tempo prima che si concretizzino».
Ma ancora più indicativo è per l’Economist il settore industriale, di cui pure Linkiesta si era occupata per via della comparsa di vari rapporti. Qui si parla di un calo del 7% dell’industria manifatturiera tra dicembre e giugno, proprio per mancanza di componenti. «A salve successive da febbraio, i governi occidentali hanno reso obbligatorio per una serie di industrie nazionali richiedere licenze prima di vendere in Russia, e raramente queste vengono concesse. Le restrizioni vanno ben oltre i prodotti “a doppio uso” – quelli con applicazioni sia militari che commerciali, come droni e laser – per coprire kit avanzati come chip, computer, software e apparecchiature energetiche. Mirano anche a beni a bassa tecnologia, come prodotti chimici e materie prime, che di solito sono soggetti a restrizioni solo se fissati per l’Iran o la Corea del Nord».
Le esportazioni globali di chip in Russia sono diminuite del 90% rispetto allo scorso anno. automobili: -90%. Ma c’è anche un -25% della farmaceutica e un -15% per le apparecchiature elettriche. La mancanza di kit high-tech ha ostacolato il lancio del 5G in Russia.
I campioni del cloud computing sono in crisi. La carenza di chip sta ostacolando l’emissione di nuove carte di plastica su Mir, il sistema di pagamento nazionale.
Anche le industrie di base, come l’estrazione e la raffinazione dei metalli, sono crollate.
Anche l’Economist cita i rapporti sulla fuga di imprese occidentali e cervelli, che accentueranno i problemi. E l’Fmi prevede per il 2025-26 un tassi di crescita dimezzato. Insomma, «finché l’America e i suoi alleati manterranno le loro sanzioni, la spina dorsale industriale, la forza intellettuale e i legami internazionali della Russia svaniranno e il suo futuro sarà caratterizzato da produttività in calo, poca innovazione e inflazione strutturale. Gli economisti hanno sbagliato a prevedere un crollo istantaneo. Quello che sta ottenendo la Russia, invece, è un biglietto di sola andata verso il nulla».