In una settimana la Fiorentina ha accumulato molti segnali "sentimentali" (e anche un po' di punti). Il ritorno di Antognoni, che ha gravato di emozione lo stadio intero. La vittoria contro la Juventus, e poi il rifiuto di Kalinic - motivato bene - e adesso questa vittoria robusta, con il gol del ragazzino, vocazione e possibilità per una società come la Fiorentina.
Sono notizie che si legano bene, e che insieme fertilizzano un territorio decisivo, dove cresce la comunità che identifica e rafforza qualsiasi squadra, e può fare la differenza. C'è più valore in queste cose che in alcune voci di bilancio.
Sono gesti spontanei e altri cercati. Bisognerebbe crederci, e continuare a concimare, proteggere, accudire. Una società dovrebbe raccogliere questo vento e soffiarci dentro. Sarebbe stato più importante se il No ai cinesi l'avessero detto loro (che invece hanno atteso le parole di Kalinic, per accettarle, in qualsiasi verso). Ma non è tempo di risentimento: è tempo di sentimento. Quanto sia importante, lo dimostra il disfacimento in sua mancanza: lì si sono fatti posto l'asttio verso Sousa (per me è tecnico enorme, non posso condividere questo, ma un minimo sindacale di decente critica andrebbe preteso), i borbottii su Bernardeschi, i dubbi sul professionista (così serio da accettare qualsiasi consegna, eppure vittima di frustrazioni generali e generiche), le delusioni che hanno svuotato lo stadio. il foglio di via a Gonzalo, la compassione per Borja Valero e l'eterno sospetto verso la proprietà.
E' tempo di cambiare racconto. Nel mio piccolo, lo dico da mesi, ma i risultati aiutano a spiegarsi. E questi segnali sentimentali non possono essere sprecati.
In campo, dunque. La lotta è stata superiore alla manovra, complicata dal terreno e dal Chievo: è difficile abbassarli e tenerli lontani, questo significa avere Kalinic, e poter giocare con lui, addensando la trequarti. Babacar "chiede" invece una squadra che sa andare sul fondo, o servirlo dentro: chiede in sostanza un gioco che si avvicini a lui, mentre Kalinic sa avvicinarsi al gioco degli altri, e migliorarlo, portando alla partecipazione due reparti, fino a dominare coralmente la zona.
La Fiorenitna vince di sussulti, può farlo solo così, omaggiando il paradosso: il duello Cacciatore-Tello è vinto dal difensore, bell'interprete dell'azione a tutta fascia. Lo spagnolo è giocatore da 30 metri, ma recupera quel pallone e per paura di smazzarlo, lo butta in porta, perfino con il sinistro. Il centravanti ha un solo pallone giocabile in area: è quello accomodato sul dischetto del rigore. Gli altri si muovono, si aiutano, mancano della verticalità che sfiancherebbe il Chievo e quindi lo subiscono ma così compatti da sedarne l'impulso. Sul finale, il dolore di Gonzalo toglie il capitano dal governo all'area di rigore, e subito si contano le occasioni: tardi per preoccuparsi, ma buonissime a testimoniare il valore (già messo in dubbio) del difensore. Intanto, Chiesa mostra la sua ostinata e giovanile voglia di calcio, e le qualità fisiche e tecniche che lo portano al tiro (in corsa!!!) nell'ultimo contropiede, avviato con limpida bravura da Badelj e Cristoforo, due che sanno giocare.
Non è stata una grande Fiorentina, ma è stata una grandissima settimana.
Marco Bucciantini