FIR over 35/100 k che documentazione fornire II

Stato
Chiusa ad ulteriori risposte.
Dal sempre ottimo V+. Qui mi sembra che non si mettano affatto in discussione le baciate (neppure dalla difesa) ma il loro autore (o autori).

Il dato certo è quindi che queste vi erano (in abbondanza) e che i prospetti delle obbligazioni erano farlocchi.

Speriamo solo che la commissione FIR prenda finalmente coscienza di questa incontrastata verità processuale ed emendi la sua condotta.


https://www.vipiu.it/leggi/processo-dappello-bpvi-manes-roetta-marin-pellegrini-colpa/

Processo d’appello BPVI 30 settembre. Per le difese di Marin e Pellegrini, avv. Manes e Roetta, non ci fu dolo, ma al massimo colpa
Di Avv. Fulvio Cavallari -30 Settembre 2022, 21:23419


È proseguito oggi venerdì 30 settembre 2022 presso l’aula bunker di Mestre (Venezia) con la ventitreesima udienza il processo d’appello BPVI davanti al collegio veneziano presieduto da Francesco Giuliano, con i giudici Alberta Beccaro e David Calabria e con il pool dell’accusa composto dal procuratore generale Alessandro Severi, dalla Dottoressa Paola Cameran col supporto dei Pm del I° grado di Vicenza Luigi Salvadori e Gianni Pipeschi (qui tutte le udienze su ViPiu.it, qui “Banca Popolare di Vicenza. La cronaca del processo”, il libro/documento sul primo grado da noi pubblicato, ndr).

Sul banco degli imputati ci sono Zonin (condannato in primo grado a 6 anni e 6 mesi oltre a sanzioni e confisca) Giustini (sei anni e tre mesi etc.), Marin (sei anni, etc.), Piazzetta (sei anni, etc.), Zigliotto e Pellegrini, assolti in primo grado ma la cui assoluzione è stata appellata dalla Procura di Vicenza

Hanno preso oggi la parola nell’ordine l’avv. prof. Vittorio Manes per la difesa di Massimiliano Pellegrini, dirigente responsabile del bilancio, e l’avv. Lino Roetta per la difesa Paolo Marin, vicedirettore generale per il settore del credito.

L’avv. Manes ha sottolineato da subito che il processo d’appello BPVI vede imputare alla parte di filiera di comando della banca coinvolta nel procedimento la predisposizione e l’attuazione di una pluralità di illeciti. In sostanza vi sarebbe in tesi un’azione di gruppo sistematicamente organizzata e realizzata da una micro organizzazione che avrebbe programmato tutto.

In questo disegno il primo dato che sorprende il difensore è l’assoluta mancanza di prove sulla concertazione di questa operazione ad un livello diverso dall’esecuzione materiale

Rispetto alle operazioni baciate la stessa Procura, sostiene il difensore di Pellegrini, crea una selezione verso il basso escludendo alcuni dei partecipanti a questa operazione congiunta, per concentrarsi solo su coloro ritenuti partecipi della fase di progettazione dell’operazione.

In sostanza non sarebbero stati coinvolti coloro che sono stati ritenuti, a torto o ragione, meri esecutori materiali e coloro che, pur in posizione apicale, non sono stati ritenuti consapevoli.

È in questo contesto, sostiene Manes, che compare Massimiliano Pellegrini, convolto in questo processo solo in seconda battuta, visto che inizialmente il ruolo di Pellegrini era quello di mero testimone.

In sostanza per la Procura Pellegrini non poteva non sapere, ma avrebbe dovuto ipotizzare gli illeciti con l’uso della diligenza richiesta dal suo ruolo, ma questa, dice Manes è colpa, non dolo.

Non vi è per il legale alcuna traccia di compartecipazione con gli altri soggetti, neppure di connivenza (Pellegrini è stato l’unico a non avere la nomina di vicedirettore generale).

La presunta consapevolezza della situazione stride con l’assenza della prova di qualsiasi tacito accordo.

L’avvocato bolognese elenca dettagliatamente gli elementi sulla scorta dei quali il Tribunale di Vicenza ha ritenuta non provata la responsabilità del suo assistito, l’assenza di ogni contatto con il gruppo ristretto e quindi di ogni suo contributo, oltre all’assenza di ogni indizio o elemento che potesse dimostrare la sua conoscenza del fenomeno: per Manes non c’è prova che Pellegrini sia entrato in contatto con operazioni correlate.

Le argomentazioni dei Pubblici ministeri non convincono la difesa di Pellegrini a partire dal cosiddetto Comitato dell’ 8 novembre, la madre di tutte le prove per la Procura (alcune testimonianze hanno ribadito che si intendesse dire che certe operazioni non si potevano fare) e, a seguire, il Comitato di direzione del 2014, a cui Pellegrini era addirittura assente, e la questione KPMG (la richiesta di un parere sulla questione baciate proveniva dalla società di revisione). Oltretutto Pellegrini mai sarebbe intervenuto sull’avv. Anna Papacchini, responsabile dell’ufficio legale della banca.

Quanto agli esiti della rinnovata istruttoria dibattimentale d’appello in sostanza per l’avv. Manes questi hanno confermato quanto emerso in primo grado e anche il contributo di Giustini non è parso dirimente e risolutivo.

Tutta la ricostruzione processuale, conclude la difesa, dice che a Pellegrini possa essere attribuito uno stato di dubbio, il che porta a una distanza siderale dal dolo.

Processo BPVi, in aula in I° grado l'avvocato Lino Roetta, difensore di Paolo Marin
Processo BPVi, in aula in I° grado l’avvocato Lino Roetta, difensore di Paolo Marin
Nel pomeriggio ha preso la parola l’avv. Roetta in difesa di Paolo Marin, che ha sostenuto con forza la linea difensiva secondo cui le valutazioni di merito creditizio, di cui si occupava il suo assistito, nulla rivelano sulla sua consapevolezza del fenomeno delle baciate.

Peraltro la nota “causale generica” apposta a giustificazione delle operazioni di finanziamento sotto la lente della Procura non ha mai inciso su detta valutazione e il fatto, ha sottolineato il legale vicentino, è stato confermato dalla deposizione di Sansone, ispettore di Banca d’Italia.

Oltretutto quella era una causale presente da tempo in banca che Marin continuava ad usare, creata nel 2013 dalle strutture Bilancio e Mercati senza alcun contributo da parte della divisione crediti.

Quanto alla contestazione sulla conoscenza dell’applicabilità dell’articolo 2358 cc e sulla conoscenza del fatto che il capitale di vigilanza non veniva decurtato delle operazioni baciate, in primis, ha sostenuto la difesa, la norma non si applica a Marin, bensì’ agli amministratori e al direttore generale; in secondo luogo il responsabile del credito aveva ricevuto plurime rassicurazioni, visto d’altro canto che l’audit interno e l’ufficio legale sapevano, pertanto egli poteva tranquillamente supporre che non vi fosse alcun tipo di problema.

Anche la nota ispezione di Banca d’Italia, che rinvenne 284 milioni di euro di operazioni baciate senza che dal verbale conclusivo emergesse nulla, nessuna contestazione, rassicurò Marin sulla liceità del fenomeno.

Forse avrebbe dovuto, ha sostenuto la difesa, chiedere di più, farsi parte diligente, ma in una struttura rigida come quella della Popolare di Vicenza non era semplice.

Né Marin, ha sostenuto Roetta, si è mai scontrato con Sorato sulle baciate, perché il problema era nelle rettifiche dei crediti della banca.

Nulla poi veniva riferito da Sorato a Marin sui fondi esteri con in pancia azioni della banca, poiché Sorato all’epoca negò a Marin ogni informativa sul punto.

L’operazione Sorgente additata dalla Procura come indice di riconoscibilità del fenomeno baciate in realtà riguardò una vera operazione immobiliare, quindi, la causale adoperata era calzante né dissimulava alcunché.

Le risultanze istruttorie d’appello portano l’Avv. Roetta a concludere che nulla di nuovo sia emerso rispetto al primo grado, tutto quello che ha sostenuto il suo assistito dall’inizio del processo è stato confermato e le dichiarazioni di Giustini lo confermano in pieno.

L’unico rischio, ha paventato il difensore, è che al posto della colpa venga addossata al suo assistito una fattispecie di dolo un po’ scivolosa, quello eventuale (Cass. pen. n. 43348/2014 Ricorre il dolo eventuale quando chi agisce si rappresenta come seriamente possibile, sebbene non certa, l’esistenza dei presupposti della condotta, ovvero il verificarsi dell’evento come conseguenza dell’azione e, pur di non rinunciare ad essa, accetta che il fatto possa verificarsi, decidendo di agire comunque. Brocardi.it massima in nota all’art 43 C.P. ) quando in realtà al massimo a Marin può essere attribuito il solo grado della colpa.

Ora posto che in diritto penale la responsabilità è tipicamente dolosa, salvo diversa ipotesi stabilita per legge, la differenza non è di poco conto perché il distinguo psicologico porterebbe ad escludere qualsivoglia ipotesi di reato a carico sia di Marin così come di Pellegrini.

Il Processo d’appello BPVI proseguirà con le ultime difese, quelle del vicedirettore generale per la Finanza Andrea Piazzetta e del consigliere di amministrazione Giuseppe Zigliotto.
 
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V+ è per me il miglior quotidiano


https://www.vipiu.it/leggi/liquidaz...rSOd9D9SclVBH9R4uxLXf_VxaLzsH3NJVUTmvq66I6izY

Torniamo sulla vicenda delle “chiusura con cessione a terzi” di BPVi e Veneto Banca, con tutto il carico di perdite e sofferenze che ha generato nella nostra regione e partiamo dal mese di giugno 2017. Per la precisione riandiamo a domenica 25, quando il governo in carica a guida Paolo Gentiloni decise di sacrificare azionisti e obbligazionisti per consentire, disse, il salvataggio di dipendenti e correntisti.

Il famoso decreto DL 99 (scaricalo da qui) che pose in liquidazione e fece cedere a Intesa Sanpaolo BPVI e Veneto Banca all’art 3 diceva : “Restano in ogni caso esclusi dalla cessione anche in deroga all’articolo 2741 del codice civile: a) le passività indicate all’articolo 52, comma 1, lettera a) , punti i) , ii) , iii) e iv) , del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180; b) i debiti delle Banche nei confronti dei propri azionisti e obbligazionisti subordinati derivanti dalle operazioni di commercializzazione di azioni o obbligazioni subordinate delle Banche o dalle violazioni della normativa sulla prestazione dei servizi di investimento riferite alle medesime azioni o obbligazioni subordinate, ivi compresi i debiti in detti ambiti verso i soggetti destinatari di offerte di transazione presentate dalle banche stesse; c) le controversie relative ad atti o fatti occorsi prima della cessione, sorte successivamente ad essa, e le relative passività.”.

In pratica nessuno poteva più vantare pretese risarcitorie contro la cessionaria Banca Intesa Sanpaolo, meno che mai le banche in LCA, per preciso disposto del TUB (Testo unico bancario).

Un fendente mortale per centinaia di migliaia di famiglie e risparmiatori, che, ricordiamolo, non erano speculatori, ma protagonisti di azionariato popolare, con una distanza siderale dagli investitori di borsa, e che, nonostante ciò, furono rottamati d’un colpo una domenica di giugno.

La storia che ne seguì la conosciamo un po’ tutti: proteste, manifestazioni di piazza, il primo spiraglio di ristoro con la Legge 205/2017, semplice e di pratica attuazione, poi messa nel cassetto dal governo giallo verde, votato nel 2018 a furor di popolo, e, quindi, sostituita dalla attuale 145/2018 .

Numerosi furono gli aggiustamenti di quest’ultima legge paragonabile, diciamolo pure, ad una gruviera, tante sono state le lacune colmate, ma mai completamente, durante il suo percorso.

C’è però una novità: il 4 ottobre 2022 presso la Corte costituzionale (giudice relatore Petitti) si è tenuto il giudizio di legittimità, di cui si attende la sentenza, contro il succitato disposto normativo con il seguente ruolo “Ord. 179/2021 ord. 20 luglio 2021 Tribunale di Firenze- A. P. c/ Banca Intesa San Paolo spa e Banca Popolare di Vicenza spa, in liquidazione coatta amministrativa decreto-legge 25/06/2017, n. 99, convertito, con modificazioni, in legge 31/07/2017, n. 121, intero testo, nonché artt. 2, c. 1°, lett. c), e 2°, 3, c. 1°, lett. a), b) e c), 2°, 3° e 4°, 4, c. 1°, lett. b) e d), 3°, 4° e 5°, e 6 medesimo decreto-legge (Banche e istituti di credito – Disciplina dell’avvio e dello svolgimento della liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza spa e di Veneto Banca spa – Cessione di azienda, nonché di beni, diritti e rapporti giuridici individuabili in blocco – Esclusione di alcune classi di rapporti dall’ambito della cessione al cessionario [Banca Intesa San Paolo spa] – Interventi dello Stato – Omessa previsione di una possibilità di ristoro anche per gli azionisti – Previsione di un aiuto di Stato di importo pari a 4,785 miliardi complessivi posto a carico dei soggetti in liquidazione) – rif. artt. 2, 3, 23, 24, 41, 42, 45, 47 e 111, c. 1°, Costituzione; art. 1 Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali; artt. 17 e 47 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”.

In altre parole il tribunale fiorentino, su richiesta della BPVi in Lca, ha censurato il DL 99/2017 proprio dove ha fatto più male ai risparmiatori e lo ha inviato alla Corte Costituzionale per il relativo giudizio di legittimità con decisione del 20 luglio 2021 del G.U. Mazza (scarica da qui la remissione).

Se la norma venisse dichiarata incostituzionale gli effetti potrebbero essere dirompenti, perché il divieto di far causa a Intesa Sanpaolo cadrebbe, rimettendo in gioco coloro che alla 145/2018 hanno fatto spallucce poiché il massimo a cui avrebbero potuto aspirare non era il 100% del valore dei loro titoli, bensì un risicato 30% nonostante le mirabolanti promesse fatte in campagna elettorale da Lega e M5S.

Che accadrebbe a quelli che hanno giocato le loro carte con FIR? Nulla si può presumere dalle norme perché, com’è ovvio, il dato presupposto era proprio il blocco di azioni di rivalsa imposto dal DL 99/2017.

Ma è tutto da chiarire e i beneficiari dell’indennizzo parziale del Fir ai risparmiatori soci di BPVI e Veneto Banca potrebbero agire in giudizio per la differenza, poiché in fin dei conti il FIR si è surrogato nei loro diritti nel limite dell’indennizzo ricevuto.

Staremo a vedere, certo è che la possibilità di ristoro è stata offerta, ma a posteriori non certo con il DL 99/2017 e su questo interverrà il giudizio della Corte.

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Ps https://www.cortecostituzionale.it/actionCalendarioLavori.do
 
Se come penso la Corte costituzionale applica il diritto Messina dovrà andare dalla Meloni a chiedere un rifinanziamento del FIR (altrimenti ISP rischia di invischiarsi in una vicenda senza fine)
 
Pubblicato il 05/10/2022
N. 12660/2022 REG.PROV.COLL.

N. 08771/2022 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 8771 del 2022, proposto da
Mario Malimpensa, rappresentato e difeso dall'avvocato Pietro Mussato, con domicilio digitale come in atti;
contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, Agenzia delle Entrate, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Consap S.p.A., rappresentata e difesa dall'avvocato Pierluigi Piselli, con domicilio digitale come in atti;
per l'annullamento

del provvedimento emesso dalla Consap S.p.A. denominato "Comunicazione di mancato riconoscimento dell'indennizzo richiesto ai sensi della l. 30.12.2018 n. 145".


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze, della Consap S.p.A. e dell’Agenzia delle Entrate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 settembre 2022 la dott.ssa Giovanna Vigliotti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il presente ricorso, il ricorrente – titolare di azioni della Veneto Banca S.p.A. in Liquidazione Coatta Amministrativa – impugna l’atto in epigrafe con il quale il Ministero dell’Economia e delle Finanze (di seguito, anche semplicemente “MEF”) ha respinto le cinque istanze finalizzate ad ottenere l’indennizzo previsto dall’art. 1, commi 493 e seguenti, L. n. 145/2018 ed attingere così al Fondo Indennizzo Risparmiatori (FIR), mediante la procedura c.d. “forfettaria”, riservata agli aventi diritto in possesso di determinati requisiti reddituali o patrimoniali.

2. Le istanze presentate dal ricorrente venivano respinte in quanto la Commissione Tecnica di cui all’art. 1, co. 501, L. 30.12.2018, n. 145 deliberava che “nel caso di specie, non sussistono i requisiti per il riconoscimento dell’indennizzo previsto”, in quanto “non sono soddisfatti i requisiti reddito-patrimoniali ai fini dell’accesso alla procedura di indennizzo forfettario di cui all’art. 1, co. 502 bis, L. 30.12.2018, n. 145”.

3. Nelle predette istanze, infatti, il ricorrente aveva dichiarato di essere in possesso dei requisiti per la richiesta di indennizzo forfettario; pertanto, la Commissione Tecnica eseguiva il controllo presso l’Agenzia delle Entrate sul requisito reddituale. Dal momento che tale requisito non risultava conforme al dato certificato dall’Agenzia delle Entrate, veniva eseguita la verifica sul requisito alternativo (patrimonio), parimenti risultato non idoneo.

4. Alla luce degli accertamenti di cui sopra, la Commissione Tecnica ha ritenuto non sussistenti i requisiti per il riconoscimento dell’indennizzo previsto dalla normativa sopra richiamata.

5. Il ricorrente impugnava il provvedimento di diniego articolando la seguente censura:

1. Violazione e/o falsa applicazione di legge (art. 1, co. 502 bis, L. 30.12.2018, n. 145; art. 1, co. 2 bis, L. 241/1990; art. 4, comma 3, lett. a) del D.M. 11 maggio 2019). Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti. Violazione dei doveri di collaborazione e buona fede.

6. Le Amministrazioni intimate si costituivano in giudizio preliminarmente eccependo l’inammissibilità del gravame per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in ragione del fatto che l’indennizzo in questione è dovuto sulla base della semplice verifica dei presupposti e dei requisiti puntualmente definiti ed individuati dalla fonte normativa, non residuando spazi di discrezionalità.

7. Alla camera di consiglio del 5 settembre 2022 la causa veniva trattata e, dunque, trattenuta in decisione, previo avviso alle parti in ordine alla possibile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata.

8. Ritiene il Collegio che il giudizio possa essere definito in esito all’udienza cautelare con sentenza ai sensi dell’articolo 60 del Cod. Proc. Amm., essendo trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione, non essendovi necessità di integrare il contraddittorio, risultando completa l’istruttoria e non avendo alcuna delle parti dichiarato di voler proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza o di giurisdizione.

9. Ciò premesso il ricorso - come formalmente eccepito dalle Amministrazioni resistenti - deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione dell’adìto giudice amministrativo, rivestendo tale profilo carattere assorbente rispetto a tutte le altre eccezioni sollevate da parte resistente (ivi inclusa l’eccezione di difetto di legittimazione passiva formulata da CONSAP).

10. Ciò premesso il ricorso - come formalmente eccepito dall’amministrazione resistente - deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo, avendo ad oggetto la controversia un atto di diniego dell’indennizzo adottato dalla competente Commissione istituita presso il FIR in assenza di un qualsiasi potere discrezionale, bensì in stretta attuazione del citato art. 1, co. 502 bis, L. 30.12.2018, n. 145.

11. Ne consegue come, nel caso di specie, l’attività dell’amministrazione si sia esaurita nell’accertare la sussistenza del requisito reddituale/patrimoniale previsto dalla legge per accedere all’indennizzo in questione, senza che sia possibile rinvenire l’esercizio di alcun potere valutativo.

12. All’accertamento relativo alla sussistenza del requisito reddituale/patrimoniale consegue, infatti, necessariamente l’esercizio di un potere rigidamente vincolato che si limita alla consultazione dei dati in possesso dell’Agenzia delle Entrate, con conseguente devoluzione della controversia alla cognizione del giudice ordinario, attesa l’assenza dell’esercizio di una qualsiasi potestà discrezionale con riguardo ai presupposti per l’erogazione dell’indennizzo.

13. L’accertamento relativo ai requisiti reddito-patrimoniali ai fini dell’accesso alla procedura di indennizzo forfettario non ricade, infatti, nel perimetro della discrezionalità amministrativa (che sola potrebbe radicare la giurisdizione del Giudice Amministrativo nel caso de quo) bensì in quello dell’accertamento tecnico secondo la realtà oggettiva esaminata.

14. Si ha accertamento tecnico, infatti, in tutti quei casi in cui l’Amministrazione è chiamata a valutare fatti o situazioni strumentali alla decisione amministrativa (come nel caso di specie la situazione reddituale e patrimoniale del ricorrente) alla stregua di regole di carattere specialistico.

15. In tal caso, l’Amministrazione non effettua – come richiesto ai fini della configurazione della discrezionalità amministrativa – una valutazione comparativa degli interessi (scegliendo, all’esito, le modalità che consentano il più efficace soddisfacimento dell’interesse pubblico primario) ma si limita a verificare, in applicazione di regole specialistiche, la sussistenza di taluni presupposti richiesti dalla norma per l’adozione della determinazione amministrativa. Il che, come anticipato, non basta a radicare la giurisdizione del giudice amministrativo.

16. Il ricorso deve essere, dunque, dichiarato inammissibile, in quanto va declinata la giurisdizione del Giudice Amministrativo in favore di quella del Giudice Ordinario, davanti al quale il giudizio andrà riassunto, ai sensi dell’art. 11 comma II cod.proc.amm., entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza, salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda e ferme restando le preclusioni e le decadenze eventualmente intervenute.

17. Attesa la natura della controversia e la sua definizione con sentenza di rito, senza alcuna possibilità per il giudice adito di verificare la fondatezza della pretesa azionata, il Collegio ravvisa eccezionali motivi per disporre l’equa compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione in favore della giurisdizione del giudice ordinario, dinanzi al quale il processo può essere proseguito con le modalità e i termini di cui all’art. 11 cod. proc. amm.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 settembre 2022 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Riccio, Presidente

Luca Iera, Referendario

Giovanna Vigliotti, Referendario, Estensore



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanna Vigliotti Francesco Riccio





IL SEGRETARIO
 
Non ha risposto alla faccenda perchè banalmente nessuno gliel'ha sottoposta. Io mi stupisco che nessuno delle associazione ne parli. Eppure il problema ce l'hanno presente (tante mail hanno ricevuto)

Tieni conto che quelli delle associazioni (ed anche della Consap) leggono questo 3d

ho contattato gli avvocati della associazione noi che credevamo mi hanno risposto che sono per loro l'unico nella posizione obbligazionista oltre 100e 35 quindi è complicato annullare la risposta negativa della commissione .Nella risposta negativa inviatami da consap sono citati chiaramente i termini di tempo (oltre il 16/02/2016)
 
Prima vi invito a vedere questo video


Poi vado a vedere questo articolo

https://corrieredisiena.corr.it/new...hiesta-servono-strategia-visione-insieme.html

Incuriosito sono andato a cercare nel sito interenet del parlamento. Forse non sono un provetto navigatore ma la relazione proprio non la trovo (https://www.camera.it/leg18/824?tipo=I&anno=2022&mese=10&giorno=06&view=&commissione=75#)

I commenti li lascio alle gentili lettrici (tra i quali la rigenerata - per la società civile - onorevole) e gli stimati lettori (i nomi sceglieteli Voi)
 
Dalla relazione al bilancio 2021 di ISP

Con ordinanza del 20 luglio 2021, il Tribunale di Firenze, nell’ambito di un giudizio ascrivibile al Contenzioso Escluso promosso per c.d. misselling di azioni BPVi, nel quale è parte anche Intesa Sanpaolo (che ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva sulla base del D.L. 99/2017 e del contratto di cessione), ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale del D.L. 99/2017.

Si tratta del primo caso di rimessione alla Corte Costituzionale di questioni relative al D.L. 99/2017; finora, infatti, le numerose istanze di rimessione alla Corte Costituzionale formulate dalle controparti nei giudizi relativi al Contenzioso Escluso erano sempre state respinte dai giudici, perché giudicate irrilevanti o manifestatamente infondate.

Le questioni sollevate e le argomentazioni a sostegno non paiono tenere in sufficiente conto il quadro complessivo della legislazione europea e italiana in materia concorsuale, di ristrutturazione bancaria e di disciplina degli aiuti di Stato (con particolare riferimento al c.d. burden sharing); il D.L. 99/2017 si iscrive in tale quadro normativo e la sua coerenza con i dettami costituzionali appare supportata da solidi argomenti.

La Banca si è costituita in giudizio il 13 dicembre scorso. La memoria difensiva della Banca contesta il provvedimento di rimessione in quanto privo degli essenziali requisiti di specificità, non ambiguità, corretta illustrazione delle fattispecie, adeguata motivazione delle censure di costituzionalità (profili di inammissibilità); inoltre, la Banca ha agito in piena conformità alla cornice normativa vigente e sosterrà, in ogni sede (compresa la Corte Costituzionale dove si è costituta), la corretta applicazione, da parte del legislatore del D.L. 99/2017, della normativa UE e nazionale in materia di aiuti di Stato nell’ambito dell’operazione sulle Banche Venete, l’assenza di effetti discriminatori nei confronti degli azionisti delle banche venete e la giustificazione dei sacrifici imposti a alcune categorie di creditori. La Presidenza del Consiglio dei Ministri è intervenuta nel giudizio chiedendo che venga dichiarata inammissibile ovvero infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata.

Analoga richiesta è stata formulata nel suo atto di costituzione da BPVi in liquidazione.

Dalla semestrale ISP al 30 giugno 2022

Contenzioso derivante dall’operazione di acquisizione di certe attività, passività e rapporti giuridici facenti capo a Banca Popolare di Vicenza S.p.A. in LCA e a Veneto Banca S.p.A. in LCA
Nell’ambito del giudizio davanti alla Corte Costituzionale, originato dall’ordinanza di rimessione del 20 luglio 2021 con cui il Tribunale di Firenze ha sottoposto la questione di legittimità costituzionale del D.L. 99/2017, la Corte ha inizialmente fissato l’udienza di discussione al 5 luglio 2022, rinviandola poi al 4 ottobre 2022. Entro il 14 settembre la Banca potrà depositare
una memoria per fornire ulteriori elementi di approfondimento ed argomentazioni per la trattazione orale del caso davanti alla Corte.
 
Un saluto di incoraggiamento a Gigi ora a Mestre

GIGI CI SIAMO ANCHE NOI!


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Sarà interessante leggere le motivazioni della sentenza.

Però Zonin è beneficiario della prescrizione. Questo non vuol dire che non abbia commesso il fatto (ovvero il prospetto farlocco) ma che sia trascorso il tempo per l'azione penale (e d'altra parte per come è congegnato il reato la prescrizione è quasi garantita nel 99 per cento dei casi: ma quando mai salta fuori che un prospetto è falso al di fuori di un fallimento?).

Ma i fatti sono stati commessi. E l'inganno per il risparmiatore c'è stato!

COME POTEVAMO SAPERE CHE QUESTI FACEVANO LE BACIATE E CHE RACCONTAVANO UN FRACCO DI BALLE??

Alla fine l'ignoranza sarà la nostra colpa secondo i canoni della commissione



https://www.repubblica.it/economia/...rtici_del_crac_popolare_di_vicenza-369462773/

Crac della Popolare di Vicenza, pena dimezzata in appello per Gianni Zonin e gli ex vertici
di Rosaria Amato, Andrea Greco

Crac della Popolare di Vicenza, pena dimezzata in appello per Gianni Zonin e gli ex vertici(ansa)

Il secondo grado di Mestre riduce a 3 anni e 11 mesi la condanna del foro vicentino all'ex presidente, per le attenuanti e per la prescrizione di due reati su tre. I risparmiatori vittime del fallimento nel 2017: "Ce lo aspettavamo, ma ora si aprono nuove strade ai risarcimenti".
10 OTTOBRE 2022 ALLE 22:02

MILANO - La prescrizione e qualche attenuante portano a dimezzare, in appello, le condanne che il tribunale di Mestre aveva comminato all'imprenditore Gianni Zonin e ai vertici dell'ex Banca Popolare di Vicenza, in liquidazione coatta amministrativa dopo il dissesto che nel 2017 ne fece confluire parte dell'attivo nel gruppo Intesa Sanpaolo. Secondo quanto stabilito nell'aula bunker mestrina l'ex presidente della banca vicentina dovrà ora scontare 3 anni e 11 mesi. Stessa pena anche per gli ex vicedirettori Andrea Piazzetta e Paolo Marin.

Prescritti i reati emersi con il crac 2017

A quasi dimezzare le condanne stabilite in primo grado sarebbe stata la prescrizione, che ha di fatto estinto alcuni dei reati come il falso in prospetto e, parzialmente, l'aggiotaggio. Alla luce dei reati caduti in prescrizione come appunto l'aggiotaggio e di alcune attenuanti la Corte d'Appello di Venezia ha di fatto dimezzato le condanne anche per gli ex dirigenti Emanuele Giustini e Massimiliano Pellegrini (rispettivamente 2 anni e 7 mesi e 3 anni e 11 mesi). Revocate anche le confische per complessivi un milione di euro operate nei confronti degli imputati. Nel marzo del 2021 il giudice del tribunale di Vicenza aveva condannato a 6 anni e 6 mesi l'ex presidente della Banca Popolare di Vicenza Gianni Zonin. In quella occasione erano stati condannati anche gli ex dirigenti Emanuele Giustini (6 anni e 3 mesi), Paolo Marin e per Andrea Piazzetta (entrambi 6 anni).

I soci traditi: "Ce l'aspettavamo, ma ora si aprono nuove strade ai risarcimenti"

“Ce l’aspettavamo – commenta Luigi Ugone, presidente dell’associazione vicentina “Noi che credevamo nella Bpvi”, - perché ci sono due reati prescritti, e quindi evidentemente il carico della pena doveva ridursi, ma l’importante è che si sia ribadita la colpevolezza. Tra l’altro stavolta l’unico innocente rimane Giuseppe Zigliotto, ai precedenti colpevoli si aggiunge Massimiliano Pellegrini, che in primo grado era stato assolto”. Per i risparmiatori il giudizio di secondo grado apre anche nuove strade per cercare il recupero dei soldi persi, circa 5 miliardi di euro che hanno impoverito 118 mila soci dell'ex popolare vicentina. “Per noi era giusto esserci, per una questione di giustizia e di morale. – prosegue Ugone – Ma non si tratta solo di questo: testimonianze e documenti hanno aperto nuove strade anche per i risarcimenti del Fir (il Fondo per il risarcimento per le vittime dei crack bancari, ndr). E’ una questione che vorremmo sottoporre alla commissione dei nove saggi, che spesso hanno usato criteri molto restrittivi per i risarcimenti del “secondo binario”, cioè quelli non forfettari”.

L'imprenditore diviso tra banca e azienda vinicola
Nato nel 1938, Zonin è stato il maggiore protagonista dell’ascesa vorticosa, e poi del tracollo, delle banche popolari nel decenni scorso. Dal 1996 a fine 2015 fu presidente della Popolare di Vicenza, carica lasciata dopo un’ispezione della Bce che lo persuase a dimettersi. Indagato per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza con l'ex dg Samuele Sorato, nel luglio 2017 Zonin è stato rinviato a giudizio con altri quattro ex manager. Nel febbraio 2018 il gup ha disposto il sequestro conservativo di beni della famiglia Zonin, imprenditori vinicoli, per 176 milioni di euro, che nel frattempo il capostipite aveva donato ai familiari. Nel marzo 2018 il tribunale di Vicenza ha ordinato un nuovo sequestro di beni di Zonin per 19 milioni. Il 19 marzo 2021 il tribunale di Vicenza, in primo grado, lo ha condannato a 6 anni e 6 mesi per aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza e falso in prospetto, a fronte di una richiesta di 10 anni dell’accusa. La Casa Vinicola Zonin, tra i principali produttori di vino in Italia e che Zonin aveva guidato fino al 2016, era nel frattempo stata trasferita ai tre figli. Quattro anni fa, in cambio di 65 milioni, la 21 Invest della famiglia Benetton ha rilevato il 36% dell'azienda.
 
Non ho ancora avuto il bene di trovare la relazione della commissione Ruocco (la commissione parlamentare di inchiesta più inutile dell'universo).

Già solo l'idea di usare i soldi del FIR per lanciare una opa sulle azioni Popolare Bari è sintomo che sulla piazza di Roma non gira più "robba bbuona"....


https://corrieredelmezzogiorno.corr...ti-6a98424e-4d26-11ed-b416-920b17989984.shtml

«Circa i contenziosi con gli azionisti della banca, dalle interlocuzioni avute, è emerso che una possibile soluzione potrebbe consistere nel lancio di un’Offerta Pubblica di Acquisto (OPA) da parte dell’azionista di controllo Mcc sulle azioni della Popolare di Bari per il delisting del titolo». Il passaggio sulle vicende dell’istituto di credito barese è contenuto nella relazione finale della commissione parlamentare di inchiesta sul sistema Bancario e Finanziario (presieduta da Carla Ruocco) nella seduta del 6 ottobre 2022. Un documento che suggerisce un’altra opzione per concludere, in modo transattivo, i contrasti tra i risparmiatori-azionisti della banca (ipoteticamente 70 mila) con la proprietà che attualmente è nelle mani del MedioCredito Centrale. E che non trascura la missione di “Banca del Sud” più volte ribadita dai vari interlocutori, ma che attualmente non ha visto compiere passi concreti.

Il fondo di indennizzo e la chiusura della normativa

La commissione ha effettuato numerosi incontri e audizioni con gli attori dei difficili giorni del passaggio della proprietà dalla famiglia Jacobini al commissariamento e infine allo sbarco con Mcc. Nella relazione, inoltre, viene scartata l’ipotesi di utilizzare il Fir (il fondo indennizzo risparmiatori, con una dotazione iniziale di 525 milioni per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021) visto che tale strumento è legato alle banche poste in liquidazione coatta amministrativa. «Dalle interlocuzioni avute con il ministero dell’Economia e delle Finanze - prosegue la relazione - è emerso che l’intervento del Fir è specificamente diretto a indennizzare situazioni patologiche di risparmiatori danneggiati dalle banche oggetto di risoluzione o di liquidazione coatta amministrativa, ovvero di soggetti non più operanti sul mercato e quindi non più in grado di operare il risarcimento per propri fatti illeciti... L’ipotesi di un fondo, alimentato da risorse pubbliche, che intervenga in luogo di una società operante sul mercato ed emittente strumenti finanziari, quale è Banca Popolare di Bari, per risarcire i risparmiatori a fronte di responsabilità per danno ingiusto che fossero accertate in capo a detto soggetto emittente che continui ad operare sul mercato, configurerebbe un’ipotesi di aiuto di Stato a favore dell’emittente incompatibile con la normativa europea, vanificando così il percorso di rilancio della Banca fin qui compiuto e le prospettive future della banca». In sostanza attingere al Fir significherebbe creare un sistema di aiuti di Stato.

La Banca del Sud che non decolla

L’ultimo aspetto ribadito dalla commissione è il ruolo da affidare alla Banca Popolare di Bari. La configurazione ipotizzata era di trasformare l’istituto di credito in una Banca del Sud in grado di supportare la crescita di imprese e famiglie del Sud in un’otti a di macro area. «Appare opportuno evidenziare - conclude il documento - come la concreta implementazione del Pnrr, con specifico riferimento al Meridione, richieda una rapida attuazione del progetto “Banca per il Sud”. Su tale aspetto dalle audizioni svolte è emerso che le strategie di business e i processi di crescita della controllata Popolare di Bari sono prerogativa della Capogruppo Mediocredito Centrale». Il prossimo governo dovrà riprendere il dossier, magari con un accostamento al caso Monte Paschi di Siena. Sono le due banche che ora necessitano di un intervento sulle prospettive.
 
Sezione Contattaci del sito FIR

Buongiorno a tutti, volevo sapere se qualcuni di voi ha utilizzato di ecente la sezione contattaci del sito FIR per inviare domande. Io ho provato da ieri ma non mi consente di inviare la richiesta nonostante tutti i campi siano compilati e senza dare nessun errore.
Avrei necessità di contattarli per avere un chiarimento sui conteggi effettuati per definire il rimborso che mi spetta per obbligazioni subordinate BpVi.
Volevo anche sapere se qualcuno di voi ha perplessità sui calcoli effettuati, a me sembra prorpio ci sia un errore, per questo vorrei avere chiarimenti. Comunque trovo abbastanza inaccettabile che assieme al rimborso non alleghino una sorta di nota in cui vengono esplicitati i calcoli effettuati, secondo me è voluta questa mancanza di trasparenza.
Ringrazio in anticipo chi potrà dare un contributo.
 
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