FIR over 35/100 k che documentazione fornire II

Stato
Chiusa ad ulteriori risposte.
Le elezioni in Italia sono sempre una bella stagione di allegria e spensieratezza. Tutti i problemi passano in secondo piano e si vede finalmente la speranza che pervade il Paese. Tutto è più bello, più simpatico, più affabile, più di tutto insomma per i sentimenti positivi. Tutto a tutti. Ora è la volta delle elezioni amministrative a Vicenza. Ed il copione si ripete. Arriva il ministro dell'economia e delle finanze (il commercialista nato a Cazzago Brabbia) e fioccano le promesse: ULTERIORE DISTRIBUZIONE DEL F.I.R. DI ALMENO UN 10% MA PROBABILMENTE 15% (come riferisce il sito della Don Torta). Per carità il Gianca non è stato il primo e neppure sarà l'ultimo a fare promesse generali. Prima di lui ci sono stati der Kapitan e Giggino sette bellezze e sette vite ad arringare le folle. Poi è stato il turno di quel tale che imitava il commissarrio Zuzzurro (magistralmente interpretato dal compianto Brambilla) mostrando alla webcam dei fogli bianchi spacciati per decreto ministeriale. Poi le comparsate di quei tali che in pieno ferragosto (non avevano di sicuro di meglio da fare) si sono fiondati in Consap distribuendo patentini di amministrazione efficiente. E quel tale che si attovagliava nelle piole della Marca con il buon Pat (che ha seguito nella caduta le sue comete). Poi il deputato vicentino che sotto elezioni rispondeva alle mail ed ora è latitante (forse preoccupato per il cadreghino considerato il fine corsa di un noto partito).

So perfettamente che queste promesse sono marinare (tra otto giorni passate le elezioni si torna tutti napoletani: "chi ha dato ha dato scurdammucce u passato").

Ma il mio auspicio è sempre lo stesso: che si abbia indietro il nostro. Ma alla fine sono sicuro che la giustizia e l'equità trionferanno (a discapito di tutti gli astri nascenti, le stelle del firmamento e le comete che affollanno il cielo della Repubblica)
 
Gianca, ma cosa vuoi dire? Ci restituisci o meno i nostri risparmi?

Il ministro Giorgetti a Vicenza: «Il taglio del cuneo è per chi soffre di più. E sarà prorogato»

Nel Vicentino ci sono molti risparmiatori rimasti scottati dal crac delle Popolari. Nel Fondo Indennizzo Risparmiatori (Fir) c’è un residuo di circa 500 milioni che attende di essere ripartito tra gli ex soci già rimborsati fino al 30 per cento della perdita. Ha in mente un criterio per utilizzare quei fondi?
Penso che si debbano utilizzare quei fondi che hanno vincoli e regole comunitarie. Stiamo valutando, all’interno di questi vincoli, quale potrebbe essere e in quale misura uno sforzo aggiuntivo a favore dei risparmiatori.
 
Gianca, ma cosa vuoi dire? Ci restituisci o meno i nostri risparmi?

Il ministro Giorgetti a Vicenza: «Il taglio del cuneo è per chi soffre di più. E sarà prorogato»

Nel Vicentino ci sono molti risparmiatori rimasti scottati dal crac delle Popolari. Nel Fondo Indennizzo Risparmiatori (Fir) c’è un residuo di circa 500 milioni che attende di essere ripartito tra gli ex soci già rimborsati fino al 30 per cento della perdita. Ha in mente un criterio per utilizzare quei fondi?
Penso che si debbano utilizzare quei fondi che hanno vincoli e regole comunitarie. Stiamo valutando, all’interno di questi vincoli, quale potrebbe essere e in quale misura uno sforzo aggiuntivo a favore dei risparmiatori.
ma a noi non darebbe niente lo stesso.....
 

Ex Popolari, Giorgetti apre al riparto Fir (300milioni) Intervento aVicenza: «La quota del 30% di ristoro può salire del 5-10%»​

  • Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
  • 9 May 2023
  • Federico Nicoletti
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, a Vicenza apre al riparto di altri 300 milioni di euro agli azionisti azzerati delle ex popolari dal Fir.
Ex popolari, Giorgetti apre al riparto di altri 300 milioni dai fondi residui Fir. L’indicazione, sulla partita finale dei rimborsi a i soci azzerati delle popolari venete, dopo il pagamento del 30% di ristoro dal Fondo indennizzo risparmiatori, è di rilievo, mentre si avvicina giugno, scadenza dell’ultima proroga della Commissione tecnica del ministero dell’Economia, chiamata ad approvare le ultime domande ritardatarie. Di rilievo, perché viene direttamente dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che ha preso posizione molto concretamente sabato pomeriggio a Vicenza, in un appuntamento elettorale della Lega. Di fronte ai timori dei comitati dei risparmiatori che i 500 milioni ancora dai distribuire del Fir, finanziato dai conti dormienti, finiscano altrove, Giorgetti ha al contrario aperto la strada alla soluzione.
Secondo il ministro, sulla partita bisogna muoversi con i piedi di im piombo: «Questo tipo di gestione è monitorata dalle autorità europee - ha detto -. Non possiamo permetterci di sbagliare una sola mossa: toccando una vena, potremmo rompere un’arteria. Sarebbe un disastro, dopo quanto già è avvenuto in questa vicenda». Fuor di metafora, ha spiegato Giorgetti, «la cosa viene gestita con grande attenzione, perché siamo in una procedura autorizzata dall’Unione europea. Dobbiamo evitare soluzioni che rischiano di avviare una procedura che danneggia tutti i già rimborsati».
Ciò detto, se Giorgetti ha escluso ulteriori fondi per gli obbligazionisti, ristorati già con la quota massima, per gli azionisti, lasciati da parte i contenziosi, «potrebbe esserci un margine per un’ulteriore distribuzione che dal 30% attualmente previsto può andare dal 5 al 10%: stiamo valutando. Potranno essere distribuiti circa 300-340 milioni» del Fir. «Servirà una piccola modifica normativa, che credo sia il meno, nella vicenda», perché ha fatto capire il ministro, «la normativa contiene elementi di ambiguità». Ma chiudere l’ultimo riparto dovrebbe essere «relativamente facile», una volta fissato l’elenco dei rimborsati.
Un’uscita, quella di Giorgetti,
che legge come un passo in avanti importante il parlamentare vicentino Pierantonio Zanettin (Fi), che aveva scritto l’ordine del giorno approvato a febbraio con il decreto Milleproroghe, che impegnava il governo a procedere al riparto e che ha presentato ora un’interrogazione a Giorgetti. «È positivo che il ministro sia spinto fino ad indicare una cifra possibile, confermando che i fondi ci sono. Giorgetti sostiene la necessità di operare chirurgicamente per cambiare la norma: per me non sarebbe necessario, dopo la sentenza Tercas che ha stabilito che questo tipo di fondi non sono aiuti di Stato. Ma ora si tratta di lavorare per inserire la modifica normativa nel primo provvedimento disponibile».
«Siamo in una fase delicata, c’è da fare squadra con tutte le associazioni», aggiunge per parte sua il leader dell’associazione « Noi che credevamo nella Bpvi», che sempre sabato ha incontrato Giorgetti. Ugone aveva ricapitolato nei giorni scorsi i dati sui rimborsi Fir: 1.013 milioni di euro distribuiti fin qui, di cui 900 a 125 mila azionisti, solo un migliaio dei quali ha toccato il massimo dei centomila euro di rimborso. Ancora, l’80% dei fondi bonificati è andato, con oltre 800 milioni, ai soci delle banche venete. «Se riusciamo a distribuire il residuo, si può arrivare ad 1,1-1,2 miliardi sul territorio», dice Ugone. Il residuo Fir è valutato intorno a 530 milioni, mentre il numero di domande escluse è sceso da quattromila a 3.080, sulla scorta del lavoro di rivalutazione della Commissione tecnica.
 
Posto l'articolo del sempre ottimo V+. Un passo mi sembra che debba essere sottolineato. I soldi del FIR non sono introitabili dallo stato.

Qui non c'è nessun buonismo (diamo i soldi ai risparmiatori o altre sciocchezze che si sentono in giro) come se fossero una graziosità.
Banalmente quei soldi sono delle banche e delle istituzioni finanziarie (da quando esiste il diritto - quindi dai tempi dei romani - il debito prescritto è del debitore e non di un terzo). E la legge sta in piedi perché quei soldi devono andare a chi ha subito un ingiusto patimento. Lo stato non può introitarli bellamente: sarebbe una palese violazione costituzionale (artt. 24 e 53). Ed il ricorso non lo fanno certo le associazioni (PAT e Gigione probabilmente non hanno mai studiato diritto) ma banalmente chi è stato espropriato (e quindi le banche che hanno persone che sanno perfettamente cosa è il diritto).

I soldi del FIR devono andare ai risparmiatori. In questa interpretazione costituzionalmente orientata non riesco proprio a capire il pensiero dei signori commissari che si sono inventati quella sciocchezza dei periodi sospetti (se uno studente andasse a dire questa cosa - o altra di pari forza scientifica - ad uno di loro durante un esame universitario verrebbe cacciato in male modo).

Il sospetto è che siamo vittima dei cometati (prendendo a riferimente le cometone che sono cascate nelle ultime elezioni: nessuna lacrima ho però visto per le strade) che hanno letto su questo forum che vi era gente che comprava size da 50k delle venete. Di solito ad essere maliziosi si fa peccato ma non si sbaglia

La verità, la giustizia e l'equità però alla fine trionferanno


Indennizzi residui Dal Fir, Zanettin (FI) bacchetta Giorgetti (Lega)

Sabato scorso a Vicenza, in un incontro nella sede di Confartigianato, il ministro Giorgetti, rispondendo ad una domanda di Milena Zaggia del “Movimento risparmiatori traditi 4 banche”, ha fornito interessanti informazioni in merito agli sviluppi del Fondo Indennizzo Risparmiatori e sugli indennizzi residui per i soci della BPVi e di altre banche.

Senatore Zanettin il ministro Giorgetti ha aperto al riparto del residuo del FIR. Sta vincendo quindi la sua personale battaglia ?

“Nella scorsa campagna elettorale mi ero, in particolare, impegnato perché il residuo non fosse disperso e rimanesse destinato ai truffati delle banche. Dopo che un mio ordine del giorno è stato approvato all’unanimità al Senato il 15 febbraio scorso, l’obiettivo è ora a portata di mano“.

Il ministro ha parlato di legislazione “ambigua”, che necessita di un intervento normativo.

“Su questo non sono d’accordo con il ministro. Non c’è nessuna ambiguità. Già dal 2019 la legge istitutiva del FIR stabiliva che la percentuale di indennizzo degli azionisti, originariamente fissata nel 30 per cento del costo di acquisto, poteva essere elevata nel caso maturasse un residuo. Ora che c’è certezza dell’esistenza di questo residuo, si tratta di dare attuazione al comma 496 dell’art. 1 della legge di bilancio 2019. Sono d’accordo invece con lui sulla necessità di un piccolo intervento normativo da effettuare subito dopo che la Commissione Tecnica avrà concluso i suoi lavori al 30 giugno prossimo”.

Il ministro ha parlato di 300/340 milioni di euro da distribuire.

“È una somma assai consistente. Il ministro ha detto che l’indennizzo per gli azionisti potrà essere elevato del 10 per cento, arrivando quindi al 40 per cento del costo di acquisto. Un incremento davvero consistente, che aiuterà tanti risparmiatori in difficoltà”.

Il ministro, però, continua a parlare del rischio di veti da parte dell’Europa.

“La sua cautela mi pare eccessiva. La legge di bilancio 2019, che prevedeva la possibilità di un incremento della percentuale di indennizzo per gli azionisti, è già stata vistata, senza rilievi, dalla Commissione Europea. Inoltre, va ricordato che nel frattempo è stata emessa dalla Corte di Giustizia europea la sentenza c.d. Tercas, che ha sancito il principio secondo cui non possono essere considerati aiuti di Stato gli interventi attuati dal fondo interbancario per la tutela dei depositi. Lo stesso principio va applicato al FIR, che non viene alimentato con la fiscalità generale, ma dai conti dormienti delle banche, in attuazione di una legge voluta, con grande lungimiranza, dal secondo governo Berlusconi nel 2005″.

Quando potranno essere concretamente erogate le somme?

“Ci vorrà, credo, qualche mese. Innanzitutto occorre attendere la conclusione dei lavori della commissione tecnica al 30 giugno per stabilire l’esatto importo del residuo. Quindi, andrà attuata la modifica normativa che autorizzi Consap all’incremento dell’indennizzo. Realisticamente il tutto si potrà concludere nei primi mesi dell’anno prossimo, ma speriamo anche prima”.
 
Ex Banche Venete, dall'incontro di Cornuda l'invito a non mollare: "Ci impegneremo per andare oltre al 30% di ristoro dal Fir"


Ex Banche Venete, dall’incontro in paese l’invito a non mollare: “Ci impegneremo per andare oltre al 30% di ristoro dal Fir”

DI
ANDREA BERTON
LUNEDÌ, 22 MAGGIO 2023

Più di 300 persone venerdì sera nella Sala Cinema Giovanni XXIII a Cornuda in occasione della serata informativa organizzata dal Comune di Cornuda con l’Associazione “Noi che credevamo…” per fare il punto sulla situazione delle ex Banche Venete.

Diversi i punti toccanti durante l’incontro: Fondo Indennizzo Risparmiatori (per promuovere la ridistribuzione del saldo residuale del fondo Fir), costituzione parti civili (stato dell’arte dei processi in corso; società di revisione ecc) e Lca Veneto Banca (stato avanzamento liquidazione).

Il crac delle banche venete rappresenta ancora una ferita aperta per molte famiglie che, anche nell’Alta Marca Trevigiana, hanno visto sparire in un baleno i risparmi di una vita accantonati con grandi sacrifici. Solo la scorsa settimana il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti aveva aperto al riparto di altri 300 milioni dai fondi residui Fir, che si aggiungerebbero al pagamento del 30% di ristoro dal Fir.

“Fin dall’inizio – commenta il sindaco Claudio Sartor -, in tutte le iniziative che riguardano gli ex soci truffati delle due banche popolari venete, il Comune di Cornuda è sempre stato vicino ai risparmiatori, ha sostenuto le loro battaglie non solo idealmente ma con fatti concreti, mettendo a disposizione delle varie associazioni le proprie strutture e favorendo incontri e dibattiti. Nel 2019, inoltre, ha costituito il P.A.R. (Punto Assistenza Risparmiatori) che ha supportato oltre 1.500 risparmiatori nella presentazione della domanda al Fir e delle successive pratiche come le costituzioni di parte civile”.


In centinaia in platea per la serata a Cornuda sul crac delle banche venete
“Dallo scoppio della bolla finanziaria delle due Banche Venete – aggiunge il consigliere comunale Maurizio Lamonato, capogruppo di maggioranza – sono trascorsi ben 8 anni e quasi 6 dalla vendita a Banca Intesa. In questo periodo i risparmiatori hanno fatto sentire la propria voce e indignazione, per la truffa subita, in ogni sede: politica, giudiziaria e non solo. Hanno portato avanti battaglie che hanno permesso di far emergere come realmente venivano gestite le Banche Venete da Consoli – Zonin & C. e tutte le condotte fraudolente e le pressioni che i funzionari di banca subivano dai vertici al fine di vendere, agli ignari risparmiatori, le azioni, tossiche, della banca”.

“Purtroppo – continua -, come è tristemente noto, molte persone anziane hanno perso tutti i risparmi della propria vita, molti si sono trovati indebitati verso l’istituto con le cosiddette baciate. La lotta portata avanti dalle associazioni dei consumatori, dei risparmiatori e di alcune realtà locali ha già dato i suoi frutti: per la prima volta in Italia il governo ha stanziato un fondo per l’indennizzo dei risparmiatori truffati (Fir), che ha permesso di ottenere almeno un indennizzo del 30 per cento di quanto pagato per l’acquisto delle ‘quote’ sociali. Dopo quasi tre anni dallo scadere del termine per la presentazione delle domande, la Consap, soggetto preposto per la gestione delle domande Fir, ha quasi ultimato il proprio lavoro distribuendo poco più di 1.000 milioni sugli oltre 1.600 inizialmente stanziati”.

“Da molti mesi – conclude – si sta intrattenendo una interlocuzione con il governo ed esponenti politici, affinché il residuo venga ridistribuito agli aventi diritto. La tenacia ha premiato: il ministro del Tesoro e il primo Ministro si sono dichiarati disponibili a modificare la normativa istitutiva del Fir al fine di permettere la redistribuzione, probabilmente parziale, del residuo. In ogni caso, costituirebbe un grande successo e permetterebbe ai soci di ridurre ulteriormente le perdite subite”.

Un’esortazione a non mollare è arrivata anche dall’Associazione “Noi che credevamo…” perché, come spiegato durante la serata, tramite gli avvocati convenzionati si possono inoltrare le lettere di diffida alla Consap (Mef) per la redistribuzione del saldo residuale del fondo indennizzo risparmiatori (si parla di circa 500 milioni degli originali 1.600 milioni inizialmente stanziati).

L’appuntamento di Cornuda ha quindi confermato la volontà di alcune amministrazioni comunali, come quella cornudese, e associazioni ad impegnarsi per andare oltre al 30% di ristoro dal Fir.

(Foto: Comune di Cornuda).
#Qdpnews.it
 
Quello che vedo e' che continua a non esserci un cane qualsiasi al quale interessi la sorte obbligazionisti lasciati a zero rimborso con un cavillo da Azzeccagarbugli.
Purtroppo la legge fu fatta prevedendo il secondo binario, la parte politica che avrebbe dovuto tutelarci se ne frego' mentre per evasori e falliti ando' benone.
E ora siamo ormai al passata la festa, gabbato lo santo.
Forse a questo punto su questa storia conviene mettere una pietra sopra.
 
Ultima modifica:
Pubblicato il 29/05/2023
N. 09083/2023 REG.PROV.COLL.

N. 02396/2023 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2396 del 2023, proposto da-OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS--OMISSIS- e-OMISSIS--OMISSIS-, in qualità di eredi del sig. -OMISSIS--OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli Avvocati Salvatore Menditto e-OMISSIS-, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;Commissione Tecnica FIR e Consap S.p.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento

del provvedimento reso dalla Commissione Tecnica, invero non conosciuto né trasmesso, ed appreso solo in quanto comunicato per estratto da CONSAP s.p.a., Unità di Business 3-Servizi Finanziari, Servizio Fondo Indennizzo Risparmiatori, mediante invio di pec allegale e domiciliatario indicato nelle domande, Avv.-OMISSIS-, in data 06 dicembre 2022,con il quale la predetta domanda/istanza di indennizzo è stata rigettata, limitatamente alla parte in cui non è stato riconosciuto il rimborso delle azioni Banca Marche (n. 262.000 azioni -ISINIT0001063707) acquistate al di fuori del “periodo sospetto definito dalla Commissione tecnica”(01.01.2011 –27.08.2013);


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 maggio 2023 il dott. Michele Tecchia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il sig. -OMISSIS--OMISSIS- (di cui gli odierni ricorrenti sono eredi universali) era azionista della Banca delle Marche S.p.a., che in seguito è stata posta in liquidazione coatta amministrativa.

Nel 2020 ha presentato domanda per ottenere l’erogazione dell’indennizzo previsto dal Fondo indennizzo risparmiatori (FIR) istituito con l’art. 1, comma 493, della legge del 30 dicembre 2018, n. 145, in favore dei risparmiatori danneggiati dalle banche poste in liquidazione coatta amministrativa “dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018”, al ricorrere dei presupposti ivi stabiliti.

Consap s.p.a., che istruisce le richieste di indennizzo e gestisce il relativo procedimento, in data 6 dicembre 2022 ha comunicato all’istante il rigetto parziale dell’istanza.

Segnatamente Consap ha posto in evidenza – con riferimento agli investimenti in azioni effettuati al di fuori del c.d. periodo “sospetto” di cui si vedrà meglio più avanti (investimenti rispetto ai quali l’istanza è stata rigettata) - che “l’istante a seguito di specifica richiesta di integrazione, ha allegato a mezzo pec documentazione che non è stata ritenuta esaustiva da parte della medesima Commissione, al fine di dimostrare le violazioni massive”.

In ragione di ciò, pertanto, la Commissione tecnica ha deliberato, con riferimento alle azioni acquistate al di fuori del periodo “sospetto”, che non sussistono i requisiti per il riconoscimento dell’indennizzo previsto dalla richiamata normativa (art. 1, comma 493, della legge del 30 dicembre 2018, n. 145). L’indennizzo è stato invece riconosciuto soltanto ed esclusivamente con riferimento alle azioni acquistate nel periodo “sospetto”.

Parte ricorrente ha quindi impugnato la nota di Consap del 6 dicembre 2022, chiedendone l’annullamento, in quanto illegittima poiché adottata in violazione dell’art. 1, comma 501, della legge n. 145/2018, dell’art. 7 del d.m. 10 maggio 2019 del MEF, delle delibera della Commissione tecnica in data 19 dicembre 2019, delle Linee Guida della Commissione tecnica in data 13 gennaio 2022, oltre che per essere affetta da eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria e di motivazione, in ordine all’accertamento delle “violazioni massive” compiute in spregio agli obblighi di condotta cui sono tenute le banche ai sensi del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria).

Il MEF si è costituito in giudizio sollevando il difetto di giurisdizione del giudice adito e l’inammissibilità del ricorso per omessa notifica ad almeno un controinteressato da individuare negli altri soggetti che hanno presentato istanza per ottenere l’erogazione dell’indennizzo attraverso una procedura che rivestirebbe carattere selettivo in considerazione della limitatezza degli stanziamenti destinati alla misura di sostegno in questione; nel merito ha replicato puntualmente alle censure sollevate.

All’udienza del 24 maggio 2023, la causa è stata introiettata in decisione.

Il Collegio intende richiamare il precedente del Consiglio di Stato, Sez. VII, sentenza del 19 gennaio 2023, n. 664, che, dopo aver respinto in via preliminare eccezioni di rito analoghe a quelle qui proposte, ha esaminato la normativa applicabile ad una fattispecie in parte sovrapponibile alla presente distinguendo tra il procedimento di indennizzo ordinario (art. 1, comma 501, della legge del 30 dicembre 2018, n. 145) e quello di indennizzo forfettario (art. 1, comma 502-bis, della legge del 30 dicembre 2018, n. 145).

Sotto il profilo del riparto di giurisdizione il giudice d’appello ha evidenziato come sulla controversia avente ad oggetto la “pretesa” volta ad ottenere una “valutazione circa la spettanza dell’indennizzo previsto dalla l. n. 145 del 2018, sulla base della procedura ordinaria” rientra nella giurisdizione generale di legittimità in quanto la “situazione giuridica soggettiva” deve essere qualificata in termini di “interesse legittimo pretensivo”.

Il giudice d’appello ha disatteso anche l’eccezione di inammissibilità per omessa notifica del ricorso ad almeno un controinteressato evidenziando come nella fattispecie “non consta in atti che sia stata stilata una graduatoria delle istanze ammissibili, né emergono elementi che consentano di ritenere agevolmente individuabili eventuali controinteressati, dovendosi, quindi escludere la sussistenza della dedotta causa di inammissibilità in applicazione dell’art. 41, comma 2, c.p.a.”.

Si può dunque passare ad esaminare il merito della controversia.

La questione centrale della controversia riguarda l’accertamento della legittimità del provvedimento di Consap con cui è stata parzialmente rigettata la domanda di indennizzo prestata dal sig. -OMISSIS--OMISSIS- ai sensi dell’art. 1, comma 501, della legge del 30 dicembre 2018, n. 145.

È utile riportare il testo della disposizione di legge che fonda la pretesa azionata.

Ai dell’art. 1, comma 493, della legge n. 145/2018, “Per la tutela del risparmio e per il rispetto del dovere di disciplinare, coordinare e controllare l'esercizio del credito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito un Fondo indennizzo risparmiatori (FIR), con una dotazione iniziale di 525 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021. Il FIR eroga indennizzi a favore dei risparmiatori come definiti al comma 494 che hanno subìto un pregiudizio ingiusto da parte di banche e loro controllate aventi sede legale in Italia, poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018, in ragione delle violazioni massive degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza, ai sensi del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58”.

Il comma 494 cit. prevede che l’indennizzo è riconosciuto in favore di chi si trova in “possesso delle azioni” (azionisti) e il successivo comma 496 cit. precisa che la misura dell’indennizzo per gli azionisti “di cui al comma 494 è commisurata al 30 per cento del costo di acquisto, in caso di unico acquisto, ovvero del prezzo medio, in caso di più acquisti, inclusi gli oneri fiscali sostenuti anche durante il periodo di possesso delle azioni, entro il limite massimo complessivo di 100.000 euro per ciascun risparmiatore”, salvo incremento nei casi indicati nel medesimo comma.

Infine, il comma 501 cit. disciplina il procedimento di riconoscimento dell’indennizzo ordinario stabilendo che “Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono definite le modalità di presentazione della domanda di indennizzo nonché i piani di riparto delle risorse disponibili. Con il medesimo decreto è istituita e disciplinata una Commissione tecnica per: l’esame delle domande e l’ammissione all’indennizzo del FIR; la verifica delle violazioni massive, nonché della sussistenza del nesso di causalità tra le medesime e il danno subito dai risparmiatori; l’erogazione dell’indennizzo da parte del FIR. Le suddette verifiche possono avvenire anche attraverso la preventiva tipizzazione delle violazioni massive e la corrispondente identificazione degli elementi oggettivi e/o soggettivi in presenza dei quali l'indennizzo può essere direttamente erogato … Il suddetto procedimento non si applica ai casi di cui al comma 502-bis …”.

Il d.m. 10 maggio 2019 del MEF stabilisce altresì quali siano gli oneri di allegazione e di prova in capo all’istante e alla Commissione tecnica.

Per quanto riguarda l’accertamento delle “violazioni massive” degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza, sanciti dal d.lgs. n. 58/1998, occorre distinguere tra la posizione del risparmiatore e quella della Commissione tecnica.

Al risparmiatore l’art. 4, comma 2, lett. c), del d.m. 10 maggio 2019 del MEF, demanda il compito di allegare alla domanda: “c) copia di eventuale documentazione bancaria o amministrativa o giudiziale utile ai fini dell’accertamento delle violazioni massive del T.U.F. che hanno causato il danno ingiusto ai risparmiatori”, salvo poi precisare, al comma 4, che la Commissione tecnica “può chiedere ulteriori informazioni, dati e documenti necessari in relazione alla peculiarità della fattispecie”.

Alla Commissione tecnica l’art. 6, comma 2, del d.m. 10 maggio 2019 del MEF, affida il compito specifico di acquisire dalle banche e dagli altri enti interessati “le informazioni e i documenti necessari a riscontrare quanto dichiarato nella richiesta da parte degli istanti”.

Nel successivo art. 7, comma 1, del d.m. cit., vengono individuati i poteri che la Commissione ha in relazione al procedimento di indennizzo ordinario. Si prevede in particolare che la Commissione:

“a) esamina le istanze presentate dagli aventi diritto e la documentazione acquisita;

b) dispone l’acquisizione di informazioni, dati e documenti necessari per l’espletamento delle proprie funzioni;

c) verifica la sussistenza … delle violazioni massive del T.U.F. che hanno causato un pregiudizio ingiusto agli aventi diritto da parte di banche in liquidazione ai risparmiatori e, per conseguenza, agli altri eventuali aventi diritto, anche acquisendo d’ufficio apposita documentazione bancaria o amministrativa o giudiziale, tra cui sentenze di giudizi penali o civili, pronunce emesse da arbitrati promossi dalle parti, tra i quali l’arbitro bancario e finanziario della Banca d’Italia, l’arbitro per le controversie finanziarie della Consob, provvedimenti sanzionatori o atti ispettivi della Banca d'Italia o della Consob, documenti ricognitivi dei commissari delle liquidazioni coatte amministrative, documenti acquisiti dalla «Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario» prodotti dai soggetti intervenuti, documentazione bancaria sulla profilatura e informativa della clientela e sui contratti di acquisto;

d) stabilisce criteri generali e linee guida per la tipizzazione delle violazioni massive, individuali o di portata generale, di natura contrattuale o extracontrattuale, e la corrispondente modulazione degli elementi oggettivi e/o soggettivi nonché dei periodi temporali di riferimento in presenza dei quali, anche tenendo conto delle diverse tipologie di violazione in concreto prese in esame, sussistono il danno subito da ciascun istante e il nesso causale tra le suddette violazioni e tale danno …;

e) verifica la completezza delle istanze munite di idonea documentazione, come previsto dall’art. 4”.

La Commissione tecnica con delibera del 19 dicembre 2019 ha attuato l’art. 7, comma 1, lett. d), del d.m. del 2019, definendo, da un lato, i “criteri generali e linee guida per la tipizzazione delle violazioni massive” ed elencando a titolo esemplificativo, dall’altro lato, le tipizzazioni delle violazioni massive degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza, sanciti dal d.lgs. n. 58/1998.

Quindi con la successiva determinazione del 13 gennaio 2022 la Commissione tecnica ha individuato per ogni banca in liquidazione coatta amministrativa il “periodo temporale di massima” all’interno del quale è stata ritenuta “accertata su base generale”, alla luce delle indagini effettuate e delle evidenze processuali già acquisite, l’esistenza di violazioni massive poste in essere dall’istituto di credito con riferimento alle condotte illecite ivi individuate (c.d. “periodo sospetto” che per la Banca delle Marche viene ravvisato nell’arco temporale “1/1/2011 – 27/08/2013”). In questo modo, una volta riscontrato che i titoli sono stati acquistati nel “periodo sospetto”, le relative domande di indennizzo potranno essere accolte senza necessità di approfondimenti probatori sulle violazioni massive.

Alla luce dell’interpretazione letterale delle disposizioni sopra indicate emerge che, dopo l’ammissione delle domande, il riconoscimento dell’indennizzo ordinario è subordinato alle seguenti positive verifiche: i) “verifica delle violazioni massive”; ii) verifica del “nesso di causalità tra le medesime e il danno subito dai risparmiatori”.

Va evidenziato come il nesso di causalità cui fa riferimento il comma 501 cit. [e l’art. 7, comma 1, lett. d), d.m. 10 maggio 2019 del MEF di attuazione del comma 501 cit.] è la causalità giuridica (artt. 1223 e 2056 c.c.) la quale “attiene al nesso eziologico fra il danno evento ed il c.d. danno conseguenza (préjudice o praeiudicium), costituente l’oggetto dell’obbligazione risarcitoria” ed è posta “in funzione di selezione delle conseguenze dannose risarcibili” (cfr. Cassazione, Sezioni Unite, 15 novembre 2022, n. 33659 e n. 33645). La sussistenza della causalità giuridica, elemento costitutivo del danno ingiusto da risarcire, sia a titolo contrattuale che extracontrattuale, mira ad individuare i pregiudizi subiti dal singolo azionista istante (danno conseguenza) a seguito delle violazioni massive poste in essere dalla banca ritenute lesive del diritto dei risparmiatori all’autodeterminazione negoziale (danno evento).

Al contrario, il positivo accertamento del nesso di causalità materiale, rilevante ai fini dell’imputazione del danno evento (dommage o damnum) alla condotta del responsabile (art. 1218 e 2043 c.c.), è sancito direttamente dal legislatore che lo ha individuato nella condotta delle banche “poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018” che hanno realizzato violazioni massive degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza, sanciti dal d.lgs. n. 58/1998.

Rimane in ogni caso fermo che la Commissione tecnica dovrà accertare in concreto la sussistenza di queste violazioni, salvo che l’acquisto dei titoli rientri nell’arco temporale del c.d. “periodo sospetto” in relazione al quale la Commissione ha già ritenuto, in via generale, sussistenti le violazioni massive.

Dal quadro normativo su esposto emerge che, nel particolare settore in esame e in considerazione dell’ontologico rapporto di asimmetria informativa che caratterizza il risparmiatore e l’istituto bancario, il legislatore ha posto a carico dell’azionista soltanto l’onere di allegazione delle violazioni massive e dei pregiudizi subiti (danno conseguenza). Sotto il profilo probatorio, il risparmiatore non è tenuto invece a dimostrare la sussistenza delle violazioni massive, sebbene gli sia riconosciuta la facoltà di produrre “eventuale documentazione bancaria o amministrativa o giudiziale utile ai fini dell’accertamento delle violazioni massive del T.U.F.”, né è tenuto a dimostrare la sussistenza della causalità giuridica tra danno evento e danno conseguenza, risultando così invertito, quanto meno con riferimento alla causalità giuridica, l’ordinario regime dell’onere probatorio che grava, al riguardo, sul creditore danneggiato.

È a carico della Commissione tecnica che il legislatore ha posto l’onere di provare la sussistenza in concreto sia delle violazioni massive che del nesso di causalità giuridica e a tal fine ha fornito la Commissione di penetranti poteri istruttori e di acquisizione documentale.

Nel caso di specie, parte ricorrente, dopo aver adempiuto all’onere di allegazione a suo carico, si è vista respingere la domanda di indennizzo per la mancata dimostrazione della sussistenza delle violazioni massive collegate all’acquisto dei titoli effettuato nell’arco temporale diverso dal c.d. “periodo sospetto”, in quanto la Commissione tecnica ha ritenuto che la documentazione a sostegno delle violazioni massive TUF lamentate risulta essere non esaustiva.

Il provvedimento impugnato risulta viziato da un’evidente violazione di legge, oltre che affetto da eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Difatti, spettava alla Commissione tecnica, ai sensi dell’art. 1, comma 501, della legge n. 145/2018 e dell’art. 7, comma 1, del d.m. 10 maggio 2019 del MEF, riscontrare in concreto la sussistenza delle violazioni massive del TUB poste in essere dalla banche - anche nei periodi temporali diversi dal c.d. “periodo sospetto” - in relazione alla posizione dell’istante, avvalendosi se del caso dei poteri istruttori forniti dal legislatore proprio in considerazione della debolezza informativa (posizione asimmetrica) in cui versa quest’ultimo rispetto all’istituto di credito. Anziché operare secondo diritto, la Commissione ha illegittimamente invertito il riparto dell’onere probatorio, che il legislatore poneva a suo carico, sulla dimostrazione delle violazioni massive.

In conclusione, il gravame è fondato e va pertanto accolto; per l’effetto va annullato il provvedimento di Consap del 6 dicembre 2022. L’accoglimento delle censure “sostanziali”, riferite agli aspetti contenutistici del provvedimento impugnato, comporta l’assorbimento delle altre censure in quanto dal loro accoglimento parte ricorrente non potrebbe trarre un’utilità sostanziale maggiore rispetto a quella ottenuta con la presente pronuncia (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 27 aprile 2015, n. 5).

Le amministrazioni intimate sono tenute a conformarsi in via esecutiva alla presente decisione, ri-esercitando il rispettivo potere amministrativo emendato dai vizi di illegittimità ivi accertati e adottando gli atti amministrativi conseguenti alla presente pronuncia giurisdizionale, fermo restando che, in caso determinazione favorevole all’istante, dalle somme dovute dovranno essere scomputati gli importi medio tempore corrisposti in via parziale.

In considerazione delle peculiarità della fattispecie e della novità delle questioni trattate, sussistono giuste ragioni per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità delle parti coinvolte nel giudizio.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2023 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Riccio, Presidente

Luca Iera, Referendario

Michele Tecchia, Referendario, Estensore



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Michele Tecchia Francesco Riccio





IL SEGRETARIO



In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
 
A questa sentenza ne è seguita un'altra, simile, in data 30 maggio: giusto?
 
Ciao

posto innanzi tutto un'opera (San Gerolamo penitente con cappello cardinalizio di Georges de La Tour). Non voglio però accostarmi a San Gerolamo (se mi accostassi ad un Padre della Chiesa sarei un blasfemo).



8-de-la-tour-san-gerolamo-penitente-con-cappello-cardinalizio.jpg


In effetti tu hai ragione: ieri ho visto che la decisione del 30 maggio era per una causa patrocinata dal sommo Canafoglia (che apprezzo quasi quanto il sommo Chiovenda) e pensavo che si inserisse nel consolidato filone del FIDT.

Sono caduto nel vizio dell'accidia. La sentenza Invece abbraccia i periodi sospetti!

Magistrale è il capo della decisione in cui il qualificato collegio afferma:

Il provvedimento impugnato risulta viziato da un’evidente violazione di legge, oltre che affetto da eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Difatti, spettava alla Commissione tecnica, ai sensi dell’art. 1, comma 501, della legge n. 145/2018 e dell’art. 7, comma 1, del d.m. 10 maggio 2019 del MEF, riscontrare in concreto la sussistenza delle violazioni massive del TUB poste in essere dalla banche - anche nei periodi temporali diversi dal c.d. “periodo sospetto” - in relazione alla posizione dell’istante, avvalendosi se del caso dei poteri istruttori forniti dal legislatore proprio in considerazione della debolezza informativa (posizione asimmetrica) in cui versa quest’ultimo rispetto all’istituto di credito. Anziché operare secondo diritto, la Commissione ha illegittimamente invertito il riparto dell’onere probatorio, che il legislatore poneva a suo carico, sulla dimostrazione delle violazioni massive.

E quindi anche questa ottima sentenza mi fa guardare al futuro con serenità.

Esiste un giudice a Berlino!

Spero che altri facciano un'altrettanto e più profonda opera di pentimento ed agiscano secondo giustizia ed equità
 
Pubblicato il 30/05/2023
N. 09183/2023 REG.PROV.COLL.

N. 02384/2023 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2384 del 2023, proposto da Corrado Malpiedi, rappresentato e difeso dagli avvocati Salvatore Menditto, Carlo Canafoglia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento

provvedimento reso dalla Commissione Tecnica comunicato da CONSAP s.p.a., Unità di Business 3-Servizi Finanziari, Servizio Fondo Indennizzo Risparmiatori in data 02.12.2022, con il quale la è stata integralmente rigettata la domanda/istanza di indennizzo ex L. n. 218/2015, limitatamente alla parte in cui non è stato riconosciuto il rimborso delle azioni Banca Marche (n. 234.661 azioni - ISIN IT0001063707) acquistate al di fuori del “periodo sospetto definito dalla Commissione tecnica” (01.01.2011 – 27.08.2013);


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 maggio 2023 il dott. Luca Iera e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Parte ricorrente era azionista della Banca delle Marche S.p.a. che in seguito è stata posta in liquidazione coatta amministrativa.

Nel 2020 ha presentato domanda per ottenere l’erogazione dell’indennizzo previsto dal Fondo indennizzo risparmiatori (FIR) istituito con l’art. 1, comma 493, della legge del 30 dicembre 2018, n. 145, in favore dei risparmiatori danneggiati dalle banche poste in liquidazione coatta amministrativa “dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018”, al ricorrere dei presupposti ivi stabiliti.

Consap s.p.a., che istruisce le richieste di indennizzo e gestisce il relativo procedimento, in data 2 dicembre 2022 (e non 27 giugno) ha comunicato all’istante il rigetto dell’istanza. Segnatamente Consap ha posto in evidenza che “la documentazione allegata all’istanza, anche a seguito di integrazione, non è ritenuta esaustiva da parte della … Commissione [tecnica], al fine di dimostrare le violazioni massive”. In ragione di ciò, Consap ha deliberato che, nel caso di specie, non sussistono i requisiti per il riconoscimento dell’indennizzo previsto dall’art. 1, comma 493, della legge del 30 dicembre 2018, n. 145.

Parte ricorrente ha quindi impugnato la nota di Consap del 2 dicembre 2022, chiedendone l’annullamento, in quanto illegittima poiché adottata in violazione dell’art. 1, comma 501, della legge n. 145/2018, dell’art. 7 del d.m. 10 maggio 2019 del MEF, delle delibera della Commissione tecnica in data 19 dicembre 2019, delle Linee Guida della Commissione tecnica in data 13 gennaio 2022, oltre che per essere affetta da eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria e di motivazione, in ordine all’accertamento delle “violazioni massive” compiute in spregio agli obblighi di condotta cui sono tenute le banche ai sensi del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria).

Il MEF e Consap si sono costituite in giudizio sollevando le eccezioni di rito del difetto di giurisdizione, del difetto di competenza territoriale e della carenza di legittimazione passiva di Consap, senza tuttavia spiegarne le ragioni.

All’udienza del 24 maggio 2023, dopo la discussione di rito, la causa è stata trattenuta in decisione.

In relazione alle eccezioni di rito, il Collegio intende richiamare il precedente del Consiglio di Stato, Sez. VII, sentenza del 19 gennaio 2023, n. 664, che, dopo aver respinto in via preliminare eccezioni analoghe a quelle qui proposte, ha esaminato la normativa applicabile ad una fattispecie in parte sovrapponibile alla presente distinguendo tra il procedimento di indennizzo ordinario (art. 1, comma 501, della legge del 30 dicembre 2018, n. 145) e quello di indennizzo forfettario (art. 1, comma 502-bis, della legge del 30 dicembre 2018, n. 145).

Sotto il profilo del riparto di giurisdizione il giudice d’appello ha evidenziato come sulla controversia avente ad oggetto a “pretesa” volta ad ottenere una “valutazione circa la spettanza dell’indennizzo previsto dalla l. n. 145 del 2018, sulla base della procedura ordinaria” rientra nella giurisdizione generale di legittimità in quanto la “situazione giuridica soggettiva” deve essere qualificata in termini di “interesse legittimo pretensivo”.

L’eccezione di difetto di competenza territoriale è generica e quindi inammissibile, non ravvisandosi comunque elementi per ritenere, ai sensi dell’art. 13 c.p.a., l’incompetenza del giudice adito.

Il giudice d’appello ha disatteso anche l’eccezione di difetto di carenza di legittimazione passiva in quanto Consap svolge “anche un’attività di gestione che non si esaurisce nella predisposizione dei processi concernenti l’espletamento delle procedure, essendo la società incaricata, tra l’altro, dell’esecuzione delle delibere della Commissione tecnica ... l’interlocuzione diretta con i richiedenti l’indennizzo … tenuto conto, peraltro, dell’incidenza dei vincoli conformativi suscettibili di scaturire dalla pronuncia giurisdizionale sulla società”.

Si può dunque passare ad esaminare il merito della controversia.

La questione centrale della controversia riguarda l’accertamento della legittimità del provvedimento di Consap con cui è stata rigettata la domanda di indennizzo prestata dal ricorrente ai sensi dell’art. 1, comma 501, della legge del 30 dicembre 2018, n. 145.

La questione è stata già esaminata dalla Sezione in vari precedenti (cfr., tra i tanti, sentenza n. 4662/2023 e n. 4647/2023), con i quali sono stati accolti ricorsi analoghi a quello odierno, a cui il Collegio intende conformarsi ai sensi dell’art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a..

È utile riportare il testo della disposizione di legge che fonda la pretesa azionata.

Ai dell’art. 1, comma 493, della legge n. 145/2018, “Per la tutela del risparmio e per il rispetto del dovere di disciplinare, coordinare e controllare l'esercizio del credito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito un Fondo indennizzo risparmiatori (FIR), con una dotazione iniziale di 525 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021. Il FIR eroga indennizzi a favore dei risparmiatori come definiti al comma 494 che hanno subìto un pregiudizio ingiusto da parte di banche e loro controllate aventi sede legale in Italia, poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018, in ragione delle violazioni massive degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza, ai sensi del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58”.

Il comma 494 cit. prevede che l’indennizzo è riconosciuto in favore di chi si trova in “possesso delle azioni” (azionisti) e il successivo comma 496 cit. precisa che la misura dell'indennizzo per gli azionisti “di cui al comma 494 è commisurata al 30 per cento del costo di acquisto, in caso di unico acquisto, ovvero del prezzo medio, in caso di più acquisti, inclusi gli oneri fiscali sostenuti anche durante il periodo di possesso delle azioni, entro il limite massimo complessivo di 100.000 euro per ciascun risparmiatore”, salvo incremento nei casi indicati nel medesimo comma.

Infine, il comma 501 cit. disciplina il procedimento di riconoscimento dell’indennizzo ordinario stabilendo che “Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono definite le modalità di presentazione della domanda di indennizzo nonché i piani di riparto delle risorse disponibili. Con il medesimo decreto è istituita e disciplinata una Commissione tecnica per: l'esame delle domande e l'ammissione all'indennizzo del FIR; la verifica delle violazioni massive, nonché della sussistenza del nesso di causalità tra le medesime e il danno subito dai risparmiatori; l'erogazione dell'indennizzo da parte del FIR. Le suddette verifiche possono avvenire anche attraverso la preventiva tipizzazione delle violazioni massive e la corrispondente identificazione degli elementi oggettivi e/o soggettivi in presenza dei quali l'indennizzo può essere direttamente erogato … Il suddetto procedimento non si applica ai casi di cui al comma 502-bis …”.

Il d.m. 10 maggio 2019 del MEF stabilisce altresì quali siano gli oneri di allegazione e di prova in capo all’istante e alla Commissione tecnica.

Per quanto riguarda l’accertamento delle “violazioni massive” degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza, sanciti dal d.lgs. n. 58/1998, occorre distinguere tra la posizione del risparmiatore e quella della Commissione tecnica.

Al risparmiatore l’art. 4, comma 2, lett. c), del d.m. 10 maggio 2019 del MEF, demanda il compito di allegare alla domanda: “c) copia di eventuale documentazione bancaria o amministrativa o giudiziale utile ai fini dell'accertamento delle violazioni massive del T.U.F. che hanno causato il danno ingiusto ai risparmiatori”, salvo poi precisare, al comma 4, che la Commissione tecnica “può chiedere ulteriori informazioni, dati e documenti necessari in relazione alla peculiarità della fattispecie”.

Alla Commissione tecnica l’art. 6, comma 2, del d.m. 10 maggio 2019 del MEF, affida il compito specifico di acquisire dalle banche e dagli altri enti interessati “le informazioni e i documenti necessari a riscontrare quanto dichiarato nella richiesta da parte degli istanti”.

Nel successivo art. 7, comma 1, del d.m. cit., vengono individuati i poteri che la Commissione ha in relazione al procedimento di indennizzo ordinario. Si prevede in particolare che la Commissione:

“a) esamina le istanze presentate dagli aventi diritto e la documentazione acquisita;

b) dispone l'acquisizione di informazioni, dati e documenti necessari per l'espletamento delle proprie funzioni;

c) verifica la sussistenza … delle violazioni massive del T.U.F. che hanno causato un pregiudizio ingiusto agli aventi diritto da parte di banche in liquidazione ai risparmiatori e, per conseguenza, agli altri eventuali aventi diritto, anche acquisendo d'ufficio apposita documentazione bancaria o amministrativa o giudiziale, tra cui sentenze di giudizi penali o civili, pronunce emesse da arbitrati promossi dalle parti, tra i quali l'arbitro bancario e finanziario della Banca d'Italia, l'arbitro per le controversie finanziarie della Consob, provvedimenti sanzionatori o atti ispettivi della Banca d'Italia o della Consob, documenti ricognitivi dei commissari delle liquidazioni coatte amministrative, documenti acquisiti dalla «Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario» prodotti dai soggetti intervenuti, documentazione bancaria sulla profilatura e informativa della clientela e sui contratti di acquisto;

d) stabilisce criteri generali e linee guida per la tipizzazione delle violazioni massive, individuali o di portata generale, di natura contrattuale o extracontrattuale, e la corrispondente modulazione degli elementi oggettivi e/o soggettivi nonché dei periodi temporali di riferimento in presenza dei quali, anche tenendo conto delle diverse tipologie di violazione in concreto prese in esame, sussistono il danno subito da ciascun istante e il nesso causale tra le suddette violazioni e tale danno …;

e) verifica la completezza delle istanze munite di idonea documentazione, come previsto dall'art. 4”.

La Commissione tecnica con delibera del 19 dicembre 2019 ha attuato l’art. 7, comma 1, lett. d), del d.m. del 2019, definendo, da un lato, i “criteri generali e linee guida per la tipizzazione delle violazioni massive” ed elencando a titolo esemplificativo, dall’altro lato, le tipizzazioni delle violazioni massive degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza, sanciti dal d.lgs. n. 58/1998.

Quindi con la successiva determinazione del 13 gennaio 2022 la Commissione tecnica ha individuato per ogni banca in liquidazione coatta amministrativa il “periodo temporale di massima” all’interno del quale è stata ritenuta “accertata su base generale”, alla luce delle indagini effettuate e delle evidenze processuali già acquisite, l’esistenza di violazioni massive poste in essere dall’istituto di credito con riferimento alle condotte illecite ivi individuate (c.d. “periodo sospetto” che per la Banca Popolare di Vicenza viene ravvisato nell’arco temporale “1/4/2009 – 16/02/2016”). In questo modo, una volta riscontrato che i titoli sono stati acquistati nel “periodo sospetto”, le relative domande di indennizzo potranno essere accolte senza necessità di approfondimenti probatori sulle violazioni massive.

Alla luce dell’interpretazione letterale delle disposizioni sopra indicate emerge che, dopo l’ammissione delle domande, il riconoscimento dell’indennizzo ordinario è subordinato alle seguenti positive verifiche: i) “verifica delle violazioni massive”; ii) verifica del “nesso di causalità tra le medesime e il danno subito dai risparmiatori”.

Va evidenziato come il nesso di causalità cui fa riferimento il comma 501 cit. [e l’art. 7, comma 1, lett. d), d.m. 10 maggio 2019 del MEF di attuazione del comma 501 cit.] è la causalità giuridica (artt. 1223 e 2056 c.c.) la quale “attiene al nesso eziologico fra il danno evento ed il c.d. danno conseguenza (préjudice o praeiudicium), costituente l’oggetto dell’obbligazione risarcitoria” ed è posta “in funzione di selezione delle conseguenze dannose risarcibili” (cfr. Cassazione, Sezioni Unite, 15 novembre 2022, n. 33659 e n. 33645). La sussistenza della causalità giuridica, elemento costitutivo del danno ingiusto da risarcire, sia a titolo contrattuale che extracontrattuale, mira ad individuare i pregiudizi subiti dal singolo azionista istante (danno conseguenza) a seguito delle violazioni massive poste in essere dalla banca ritenute lesive del diritto dei risparmiatori all’autodeterminazione negoziale (danno evento).

Al contrario, il positivo accertamento del nesso di causalità materiale, rilevante ai fini dell’imputazione del danno evento (dommage o damnum) alla condotta del responsabile (art. 1218 e 2043 c.c.), è sancito direttamente dal legislatore che lo ha individuato nella condotta delle banche “poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018” che hanno realizzato violazioni massive degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza, sanciti dal d.lgs. n. 58/1998. Rimane in ogni caso fermo che la Commissione tecnica dovrà accertare in concreto la sussistenza di queste violazioni, salvo che l’acquisto dei titoli rientri nell’arco temporale del c.d. “periodo sospetto” in relazione al quale la Commissione ha già ritenuto, in via generale, sussistenti le violazioni massive.

Dal quadro normativo su esposto emerge che, nel particolare settore in esame e in considerazione dell’ontologico rapporto di asimmetria informativa che caratterizza il risparmiatore e l’istituto bancario, il legislatore ha posto a carico dell’azionista soltanto l’onere di allegazione delle violazioni massive e dei pregiudizi subiti (danno conseguenza). Sotto il profilo probatorio, il risparmiatore non è tenuto invece a dimostrare la sussistenza delle violazioni massive, sebbene gli sia riconosciuta la facoltà di produrre “eventuale documentazione bancaria o amministrativa o giudiziale utile ai fini dell'accertamento delle violazioni massive del T.U.F.”, né è tenuto a dimostrare la sussistenza della causalità giuridica tra danno evento e danno conseguenza, risultando così invertito, quanto meno con riferimento alla causalità giuridica, l’ordinario regime dell’onere probatorio che grava, al riguardo, sul creditore danneggiato.

È a carico della Commissione tecnica che il legislatore ha posto l’onere di provare la sussistenza in concreto sia delle violazioni massive che del nesso di causalità giuridica e a tal fine ha fornito la Commissione di penetranti poteri istruttori e di acquisizione documentale.

Nel caso di specie, parte ricorrente, dopo aver adempiuto all’onere di allegazione a suo carico, si è vista respingere la domanda di indennizzo per la mancata dimostrazione della sussistenza delle violazioni massive collegate all’acquisto dei titoli effettuato nell’arco temporale diverso dal c.d. “periodo sospetto”, in quanto la Commissione tecnica ha ritenuto che la “documentazione a sostegno delle violazioni massive TUF lamentate … risulta essere non esaustiva”.

Il provvedimento impugnato risulta viziato da un’evidente violazione di legge, oltre che affetto da eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Difatti, spettava alla Commissione tecnica, ai sensi dell’art. 1, comma 501, della legge n. 145/2018 e dell’art. 7, comma 1, del d.m. 10 maggio 2019 del MEF, riscontrare in concreto la sussistenza delle violazioni massive del TUB poste in essere dalla banche - anche nei periodi temporali diversi dal c.d. “periodo sospetto” - in relazione alla posizione dell’istante, avvalendosi se del caso dei poteri istruttori forniti dal legislatore proprio in considerazione della debolezza informativa (posizione asimmetrica) in cui versa quest’ultimo rispetto all’istituto di credito. Anziché operare secondo diritto, la Commissione ha illegittimamente invertito il riparto dell’onere probatorio, che il legislatore poneva a suo carico, sulla dimostrazione delle violazioni massive.

In conclusione, il gravame è fondato e va pertanto accolto; per l’effetto va annullato il provvedimento di Consap del 2 dicembre 2022. L’accoglimento delle censure “sostanziali”, riferite agli aspetti contenutistici del provvedimento impugnato, comporta l’assorbimento delle altre censure in quanto dal loro accoglimento parte ricorrente non potrebbe trarre un’utilità sostanziale maggiore rispetto a quella ottenuta con la presente pronuncia (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 27 aprile 2015, n. 5).

Le amministrazioni intimate sono tenute a conformarsi in via esecutiva alla presente decisione, ri-esercitando il rispettivo potere amministrativo emendato dai vizi di illegittimità ivi accertati e adottando gli atti amministrativi conseguenti alla presente pronuncia giurisdizionale, fermo restando che, in caso determinazione favorevole all’istante, dalle somme dovute dovranno essere scomputati gli importi medio tempore corrisposti in via parziale.

In considerazione delle peculiarità della fattispecie e della novità delle questioni trattate, sussistono giuste ragioni per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2023 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Riccio, Presidente

Luca Iera, Referendario, Estensore

Michele Tecchia, Referendario



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Luca Iera Francesco Riccio





IL SEGRETARIO
 
Pubblicato il 30/05/2023
N. 09183/2023 REG.PROV.COLL.

N. 02384/2023 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2384 del 2023, proposto da Corrado Malpiedi, rappresentato e difeso dagli avvocati Salvatore Menditto, Carlo Canafoglia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento

provvedimento reso dalla Commissione Tecnica comunicato da CONSAP s.p.a., Unità di Business 3-Servizi Finanziari, Servizio Fondo Indennizzo Risparmiatori in data 02.12.2022, con il quale la è stata integralmente rigettata la domanda/istanza di indennizzo ex L. n. 218/2015, limitatamente alla parte in cui non è stato riconosciuto il rimborso delle azioni Banca Marche (n. 234.661 azioni - ISIN IT0001063707) acquistate al di fuori del “periodo sospetto definito dalla Commissione tecnica” (01.01.2011 – 27.08.2013);


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 maggio 2023 il dott. Luca Iera e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Parte ricorrente era azionista della Banca delle Marche S.p.a. che in seguito è stata posta in liquidazione coatta amministrativa.

Nel 2020 ha presentato domanda per ottenere l’erogazione dell’indennizzo previsto dal Fondo indennizzo risparmiatori (FIR) istituito con l’art. 1, comma 493, della legge del 30 dicembre 2018, n. 145, in favore dei risparmiatori danneggiati dalle banche poste in liquidazione coatta amministrativa “dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018”, al ricorrere dei presupposti ivi stabiliti.

Consap s.p.a., che istruisce le richieste di indennizzo e gestisce il relativo procedimento, in data 2 dicembre 2022 (e non 27 giugno) ha comunicato all’istante il rigetto dell’istanza. Segnatamente Consap ha posto in evidenza che “la documentazione allegata all’istanza, anche a seguito di integrazione, non è ritenuta esaustiva da parte della … Commissione [tecnica], al fine di dimostrare le violazioni massive”. In ragione di ciò, Consap ha deliberato che, nel caso di specie, non sussistono i requisiti per il riconoscimento dell’indennizzo previsto dall’art. 1, comma 493, della legge del 30 dicembre 2018, n. 145.

Parte ricorrente ha quindi impugnato la nota di Consap del 2 dicembre 2022, chiedendone l’annullamento, in quanto illegittima poiché adottata in violazione dell’art. 1, comma 501, della legge n. 145/2018, dell’art. 7 del d.m. 10 maggio 2019 del MEF, delle delibera della Commissione tecnica in data 19 dicembre 2019, delle Linee Guida della Commissione tecnica in data 13 gennaio 2022, oltre che per essere affetta da eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria e di motivazione, in ordine all’accertamento delle “violazioni massive” compiute in spregio agli obblighi di condotta cui sono tenute le banche ai sensi del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria).

Il MEF e Consap si sono costituite in giudizio sollevando le eccezioni di rito del difetto di giurisdizione, del difetto di competenza territoriale e della carenza di legittimazione passiva di Consap, senza tuttavia spiegarne le ragioni.

All’udienza del 24 maggio 2023, dopo la discussione di rito, la causa è stata trattenuta in decisione.

In relazione alle eccezioni di rito, il Collegio intende richiamare il precedente del Consiglio di Stato, Sez. VII, sentenza del 19 gennaio 2023, n. 664, che, dopo aver respinto in via preliminare eccezioni analoghe a quelle qui proposte, ha esaminato la normativa applicabile ad una fattispecie in parte sovrapponibile alla presente distinguendo tra il procedimento di indennizzo ordinario (art. 1, comma 501, della legge del 30 dicembre 2018, n. 145) e quello di indennizzo forfettario (art. 1, comma 502-bis, della legge del 30 dicembre 2018, n. 145).

Sotto il profilo del riparto di giurisdizione il giudice d’appello ha evidenziato come sulla controversia avente ad oggetto a “pretesa” volta ad ottenere una “valutazione circa la spettanza dell’indennizzo previsto dalla l. n. 145 del 2018, sulla base della procedura ordinaria” rientra nella giurisdizione generale di legittimità in quanto la “situazione giuridica soggettiva” deve essere qualificata in termini di “interesse legittimo pretensivo”.

L’eccezione di difetto di competenza territoriale è generica e quindi inammissibile, non ravvisandosi comunque elementi per ritenere, ai sensi dell’art. 13 c.p.a., l’incompetenza del giudice adito.

Il giudice d’appello ha disatteso anche l’eccezione di difetto di carenza di legittimazione passiva in quanto Consap svolge “anche un’attività di gestione che non si esaurisce nella predisposizione dei processi concernenti l’espletamento delle procedure, essendo la società incaricata, tra l’altro, dell’esecuzione delle delibere della Commissione tecnica ... l’interlocuzione diretta con i richiedenti l’indennizzo … tenuto conto, peraltro, dell’incidenza dei vincoli conformativi suscettibili di scaturire dalla pronuncia giurisdizionale sulla società”.

Si può dunque passare ad esaminare il merito della controversia.

La questione centrale della controversia riguarda l’accertamento della legittimità del provvedimento di Consap con cui è stata rigettata la domanda di indennizzo prestata dal ricorrente ai sensi dell’art. 1, comma 501, della legge del 30 dicembre 2018, n. 145.

La questione è stata già esaminata dalla Sezione in vari precedenti (cfr., tra i tanti, sentenza n. 4662/2023 e n. 4647/2023), con i quali sono stati accolti ricorsi analoghi a quello odierno, a cui il Collegio intende conformarsi ai sensi dell’art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a..

È utile riportare il testo della disposizione di legge che fonda la pretesa azionata.

Ai dell’art. 1, comma 493, della legge n. 145/2018, “Per la tutela del risparmio e per il rispetto del dovere di disciplinare, coordinare e controllare l'esercizio del credito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito un Fondo indennizzo risparmiatori (FIR), con una dotazione iniziale di 525 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021. Il FIR eroga indennizzi a favore dei risparmiatori come definiti al comma 494 che hanno subìto un pregiudizio ingiusto da parte di banche e loro controllate aventi sede legale in Italia, poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018, in ragione delle violazioni massive degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza, ai sensi del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58”.

Il comma 494 cit. prevede che l’indennizzo è riconosciuto in favore di chi si trova in “possesso delle azioni” (azionisti) e il successivo comma 496 cit. precisa che la misura dell'indennizzo per gli azionisti “di cui al comma 494 è commisurata al 30 per cento del costo di acquisto, in caso di unico acquisto, ovvero del prezzo medio, in caso di più acquisti, inclusi gli oneri fiscali sostenuti anche durante il periodo di possesso delle azioni, entro il limite massimo complessivo di 100.000 euro per ciascun risparmiatore”, salvo incremento nei casi indicati nel medesimo comma.

Infine, il comma 501 cit. disciplina il procedimento di riconoscimento dell’indennizzo ordinario stabilendo che “Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono definite le modalità di presentazione della domanda di indennizzo nonché i piani di riparto delle risorse disponibili. Con il medesimo decreto è istituita e disciplinata una Commissione tecnica per: l'esame delle domande e l'ammissione all'indennizzo del FIR; la verifica delle violazioni massive, nonché della sussistenza del nesso di causalità tra le medesime e il danno subito dai risparmiatori; l'erogazione dell'indennizzo da parte del FIR. Le suddette verifiche possono avvenire anche attraverso la preventiva tipizzazione delle violazioni massive e la corrispondente identificazione degli elementi oggettivi e/o soggettivi in presenza dei quali l'indennizzo può essere direttamente erogato … Il suddetto procedimento non si applica ai casi di cui al comma 502-bis …”.

Il d.m. 10 maggio 2019 del MEF stabilisce altresì quali siano gli oneri di allegazione e di prova in capo all’istante e alla Commissione tecnica.

Per quanto riguarda l’accertamento delle “violazioni massive” degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza, sanciti dal d.lgs. n. 58/1998, occorre distinguere tra la posizione del risparmiatore e quella della Commissione tecnica.

Al risparmiatore l’art. 4, comma 2, lett. c), del d.m. 10 maggio 2019 del MEF, demanda il compito di allegare alla domanda: “c) copia di eventuale documentazione bancaria o amministrativa o giudiziale utile ai fini dell'accertamento delle violazioni massive del T.U.F. che hanno causato il danno ingiusto ai risparmiatori”, salvo poi precisare, al comma 4, che la Commissione tecnica “può chiedere ulteriori informazioni, dati e documenti necessari in relazione alla peculiarità della fattispecie”.

Alla Commissione tecnica l’art. 6, comma 2, del d.m. 10 maggio 2019 del MEF, affida il compito specifico di acquisire dalle banche e dagli altri enti interessati “le informazioni e i documenti necessari a riscontrare quanto dichiarato nella richiesta da parte degli istanti”.

Nel successivo art. 7, comma 1, del d.m. cit., vengono individuati i poteri che la Commissione ha in relazione al procedimento di indennizzo ordinario. Si prevede in particolare che la Commissione:

“a) esamina le istanze presentate dagli aventi diritto e la documentazione acquisita;

b) dispone l'acquisizione di informazioni, dati e documenti necessari per l'espletamento delle proprie funzioni;

c) verifica la sussistenza … delle violazioni massive del T.U.F. che hanno causato un pregiudizio ingiusto agli aventi diritto da parte di banche in liquidazione ai risparmiatori e, per conseguenza, agli altri eventuali aventi diritto, anche acquisendo d'ufficio apposita documentazione bancaria o amministrativa o giudiziale, tra cui sentenze di giudizi penali o civili, pronunce emesse da arbitrati promossi dalle parti, tra i quali l'arbitro bancario e finanziario della Banca d'Italia, l'arbitro per le controversie finanziarie della Consob, provvedimenti sanzionatori o atti ispettivi della Banca d'Italia o della Consob, documenti ricognitivi dei commissari delle liquidazioni coatte amministrative, documenti acquisiti dalla «Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario» prodotti dai soggetti intervenuti, documentazione bancaria sulla profilatura e informativa della clientela e sui contratti di acquisto;

d) stabilisce criteri generali e linee guida per la tipizzazione delle violazioni massive, individuali o di portata generale, di natura contrattuale o extracontrattuale, e la corrispondente modulazione degli elementi oggettivi e/o soggettivi nonché dei periodi temporali di riferimento in presenza dei quali, anche tenendo conto delle diverse tipologie di violazione in concreto prese in esame, sussistono il danno subito da ciascun istante e il nesso causale tra le suddette violazioni e tale danno …;

e) verifica la completezza delle istanze munite di idonea documentazione, come previsto dall'art. 4”.

La Commissione tecnica con delibera del 19 dicembre 2019 ha attuato l’art. 7, comma 1, lett. d), del d.m. del 2019, definendo, da un lato, i “criteri generali e linee guida per la tipizzazione delle violazioni massive” ed elencando a titolo esemplificativo, dall’altro lato, le tipizzazioni delle violazioni massive degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza, sanciti dal d.lgs. n. 58/1998.

Quindi con la successiva determinazione del 13 gennaio 2022 la Commissione tecnica ha individuato per ogni banca in liquidazione coatta amministrativa il “periodo temporale di massima” all’interno del quale è stata ritenuta “accertata su base generale”, alla luce delle indagini effettuate e delle evidenze processuali già acquisite, l’esistenza di violazioni massive poste in essere dall’istituto di credito con riferimento alle condotte illecite ivi individuate (c.d. “periodo sospetto” che per la Banca Popolare di Vicenza viene ravvisato nell’arco temporale “1/4/2009 – 16/02/2016”). In questo modo, una volta riscontrato che i titoli sono stati acquistati nel “periodo sospetto”, le relative domande di indennizzo potranno essere accolte senza necessità di approfondimenti probatori sulle violazioni massive.

Alla luce dell’interpretazione letterale delle disposizioni sopra indicate emerge che, dopo l’ammissione delle domande, il riconoscimento dell’indennizzo ordinario è subordinato alle seguenti positive verifiche: i) “verifica delle violazioni massive”; ii) verifica del “nesso di causalità tra le medesime e il danno subito dai risparmiatori”.

Va evidenziato come il nesso di causalità cui fa riferimento il comma 501 cit. [e l’art. 7, comma 1, lett. d), d.m. 10 maggio 2019 del MEF di attuazione del comma 501 cit.] è la causalità giuridica (artt. 1223 e 2056 c.c.) la quale “attiene al nesso eziologico fra il danno evento ed il c.d. danno conseguenza (préjudice o praeiudicium), costituente l’oggetto dell’obbligazione risarcitoria” ed è posta “in funzione di selezione delle conseguenze dannose risarcibili” (cfr. Cassazione, Sezioni Unite, 15 novembre 2022, n. 33659 e n. 33645). La sussistenza della causalità giuridica, elemento costitutivo del danno ingiusto da risarcire, sia a titolo contrattuale che extracontrattuale, mira ad individuare i pregiudizi subiti dal singolo azionista istante (danno conseguenza) a seguito delle violazioni massive poste in essere dalla banca ritenute lesive del diritto dei risparmiatori all’autodeterminazione negoziale (danno evento).

Al contrario, il positivo accertamento del nesso di causalità materiale, rilevante ai fini dell’imputazione del danno evento (dommage o damnum) alla condotta del responsabile (art. 1218 e 2043 c.c.), è sancito direttamente dal legislatore che lo ha individuato nella condotta delle banche “poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018” che hanno realizzato violazioni massive degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza, sanciti dal d.lgs. n. 58/1998. Rimane in ogni caso fermo che la Commissione tecnica dovrà accertare in concreto la sussistenza di queste violazioni, salvo che l’acquisto dei titoli rientri nell’arco temporale del c.d. “periodo sospetto” in relazione al quale la Commissione ha già ritenuto, in via generale, sussistenti le violazioni massive.

Dal quadro normativo su esposto emerge che, nel particolare settore in esame e in considerazione dell’ontologico rapporto di asimmetria informativa che caratterizza il risparmiatore e l’istituto bancario, il legislatore ha posto a carico dell’azionista soltanto l’onere di allegazione delle violazioni massive e dei pregiudizi subiti (danno conseguenza). Sotto il profilo probatorio, il risparmiatore non è tenuto invece a dimostrare la sussistenza delle violazioni massive, sebbene gli sia riconosciuta la facoltà di produrre “eventuale documentazione bancaria o amministrativa o giudiziale utile ai fini dell'accertamento delle violazioni massive del T.U.F.”, né è tenuto a dimostrare la sussistenza della causalità giuridica tra danno evento e danno conseguenza, risultando così invertito, quanto meno con riferimento alla causalità giuridica, l’ordinario regime dell’onere probatorio che grava, al riguardo, sul creditore danneggiato.

È a carico della Commissione tecnica che il legislatore ha posto l’onere di provare la sussistenza in concreto sia delle violazioni massive che del nesso di causalità giuridica e a tal fine ha fornito la Commissione di penetranti poteri istruttori e di acquisizione documentale.

Nel caso di specie, parte ricorrente, dopo aver adempiuto all’onere di allegazione a suo carico, si è vista respingere la domanda di indennizzo per la mancata dimostrazione della sussistenza delle violazioni massive collegate all’acquisto dei titoli effettuato nell’arco temporale diverso dal c.d. “periodo sospetto”, in quanto la Commissione tecnica ha ritenuto che la “documentazione a sostegno delle violazioni massive TUF lamentate … risulta essere non esaustiva”.

Il provvedimento impugnato risulta viziato da un’evidente violazione di legge, oltre che affetto da eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Difatti, spettava alla Commissione tecnica, ai sensi dell’art. 1, comma 501, della legge n. 145/2018 e dell’art. 7, comma 1, del d.m. 10 maggio 2019 del MEF, riscontrare in concreto la sussistenza delle violazioni massive del TUB poste in essere dalla banche - anche nei periodi temporali diversi dal c.d. “periodo sospetto” - in relazione alla posizione dell’istante, avvalendosi se del caso dei poteri istruttori forniti dal legislatore proprio in considerazione della debolezza informativa (posizione asimmetrica) in cui versa quest’ultimo rispetto all’istituto di credito. Anziché operare secondo diritto, la Commissione ha illegittimamente invertito il riparto dell’onere probatorio, che il legislatore poneva a suo carico, sulla dimostrazione delle violazioni massive.

In conclusione, il gravame è fondato e va pertanto accolto; per l’effetto va annullato il provvedimento di Consap del 2 dicembre 2022. L’accoglimento delle censure “sostanziali”, riferite agli aspetti contenutistici del provvedimento impugnato, comporta l’assorbimento delle altre censure in quanto dal loro accoglimento parte ricorrente non potrebbe trarre un’utilità sostanziale maggiore rispetto a quella ottenuta con la presente pronuncia (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 27 aprile 2015, n. 5).

Le amministrazioni intimate sono tenute a conformarsi in via esecutiva alla presente decisione, ri-esercitando il rispettivo potere amministrativo emendato dai vizi di illegittimità ivi accertati e adottando gli atti amministrativi conseguenti alla presente pronuncia giurisdizionale, fermo restando che, in caso determinazione favorevole all’istante, dalle somme dovute dovranno essere scomputati gli importi medio tempore corrisposti in via parziale.

In considerazione delle peculiarità della fattispecie e della novità delle questioni trattate, sussistono giuste ragioni per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2023 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Riccio, Presidente

Luca Iera, Referendario, Estensore

Michele Tecchia, Referendario



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Luca Iera Francesco Riccio





IL SEGRETARIO
Bisogna vedere poi la commissione come ha reagito: ha pagato o no?
 
Bisogna vedere poi la commissione come ha reagito: ha pagato o no?
Mi stavo chiedendo la stessa cosa… com’è stata gestita dalla Commissione? Gli stanno dicendo che hanno agito contra legem come noi sosteniamo da anni…
 
Pubblicato il 06/06/2023
N. 09511/2023 REG.PROV.COLL.

N. 02391/2023 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2391 del 2023, proposto da:
Maurizio Galardini, rappresentato e difeso dagli avvocati Salvatore Menditto, Carlo Canafoglia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Commissione Tecnica del Fondo Indennizzo Risparmiatori, Consap S.p.A., in persona dei legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento

del provvedimento reso dalla Commissione Tecnica comunicato da CONSAP s.p.a., Unità di Business 3-Servizi Finanziari, Servizio Fondo Indennizzo Risparmiatori in data 06 dicembre 2022, con il quale la domanda/istanza di indennizzo è stata rigettata, limitatamente alla parte in cui non è stato riconosciuto il rimborso delle azioni Banca Marche (n. 75.715 azioni - ISIN IT0001063707) acquistate al di fuori del “periodo sospetto definito dalla Commissione tecnica” (01.01.2011 – 27.08.2013);


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 maggio 2023 il dott. Igor Nobile e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il presente ricorso, parte ricorrente – già titolare di 150.000 azioni ordinarie emesse dalla ex Banca delle Marche s.p.a. – impugna l’atto in epigrafe con cui il Ministero dell’Economia e delle Finanze (di seguito, anche semplicemente “MEF”) ha parzialmente respinto la domanda di accesso alle prestazioni del Fondo indennizzo risparmiatori (FIR), dalla stessa parte ricorrente avanzata ai sensi della l. n. 145/2018, art. 1, commi 493 e ss. (recante la procedura speciale per l’indennizzo degli investitori di alcune banche finite in “default”, tra cui, per quel che qui rileva, detto istituto bancario).

2. Nello specifico, con la gravata determinazione, il citato Ministero:

- ha riconosciuto un indennizzo pari ad euro 25.295,38 quanto alle azioni (74.285) acquisite nel “cd. periodo sospetto”, posto dunque a carico del FIR, in misura pari al 30% del relativo controvalore;

- ha respinto la domanda di indennizzo quanto alle restanti azioni, acquisite dall’interessato al di fuori del “cd. periodo sospetto”, per mancata comprova delle violazioni massive subite.

Il potere di erogare l’indennizzo tramite il FIR trova la sua fonte legale nell’art. 1, commi 493 e seguenti, della legge n. 145 del 2018 (al comma 493 si prevede, invero, che “per la tutela del risparmio e per il rispetto del dovere di disciplinare, coordinare e controllare l’esercizio del credito, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze è istituito un Fondo indennizzo risparmiatori (FIR), con una dotazione iniziale di 525 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021. Il FIR eroga indennizzi a favore dei risparmiatori come definiti al comma 494 che hanno subìto un pregiudizio ingiusto da parte di banche e loro controllate aventi sede legale in Italia, poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1°(gradi) gennaio 2018, in ragione delle violazioni massive degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza, ai sensi del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58”).

Va inoltre aggiunto che, per quanto concerne la misura dell’indennizzo a carico del FIR sugli investimenti in azioni, l’art.1, co.496 L.n.145/2018 prevede l’indennizzo in misura pari al 30% del costo di acquisto, inclusi gli oneri fiscali, entro il limite massimo complessivo di 100.000 euro per ciascun risparmiatore.

3. Il motivo su cui poggia il provvedimento di diniego risiede nel fatto che, fatto salvo il riconoscimento dell’indennizzo per la quota di azioni acquisite nel periodo sospetto, ai sensi della Determinazione della Commissione Tecnica istituita in seno all’intimato Ministero del 25.11.2021, come integrata dalla successiva del 13.1.2022, si è ritenuto che l’interessato non abbia fornito la prova delle violazioni massive subite nel periodo non collocato all’interno dell’orizzonte temporale stabilito, con valenza generale, dalla suddetta Commissione Tecnica (“periodo sospetto”).

Parte ricorrente insta non soltanto per l’annullamento dell’atto impugnato, ma anche per l’accertamento del diritto (e la conseguente condanna) al pagamento dell’indennizzo previsto dalla legge n. 145/2018, art. 1, commi 493 e ss..

4. Il ricorso è affidato a due motivi di gravame, ciascuno dei quali a sua volta comprensivo di plurime e multiformi censure, di seguito rubricati e come articolati nell’atto introduttivo del giudizio.

- VIOLAZIONE DI LEGGE: VIOLAZIONE E/O ERRONEA E/O ARBITRARIA INTERPRETAZIONE ED APPLICAZIONE DELLE LINEE GUIDA ADOTTATE DALLA COMMISSIONE TECNICA E DELLA DETERMINAZIONE DEL 13.01.2022 (1) – VIOLAZIONE DELLA RATIO LEGIS SOTTESA ALLA COMPLESSIVA DISCIPLINA VIGENTE IN SUBIECTA MATERIA (2) – VIOLAZIONE E/O ERRONEA E/O ARBITRARIA INTERPRETAZIONE ED APPLICAZIONE DELLE LINEE GUIDA ADOTTATE (IN AUTOVINCOLO) DALLA COMMISSIONE TECNICA E DELLA DETERMINAZIONE DEL 13.01.2022, SOTTO ALTRI E DIVERSI PROFILI (5) – ERRONEA ED ARBITRARIA INTERPRETAZIONE ED APPLICAZIONE DELL’ART. 7 DEL D.M. MEF 10/05/2019, ANCHE IN FUNZIONE DEL CONTENUTO DELLE LINEE GUIDA E DELLA DETERMINAZIONE DEL 13.01.2022; ERRONEA APPLICAZIONE, EX SE, DELLA DETERMINAZIONE DEL 13.01.2022 (6) – VIOLAZIONE E/O ERRONEA E/O MANCATA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 1, 3 E 12 L. N. 241/1990 (7) ECCESSO DI POTERE: DISPARITÀ DI TRATTAMENTO, ARBITARIETÀ ED ILLOGICITÀ (3) – ILLOGICITÀ, INIQUITA’ ED INGIUSTIZIA MANIFESTE, CON RIGUARDO ANCORA ALLA DISPARITÀ DI TRATTAMENTO (4);

- ECCESSO DI POTERE: VIZIO DELL’ISTRUTTORIA E DELLA MOTIVAZIONE; ERRONEITA’, INCOERENZA E TRAVISAMENTO (1) – PERPLESSITA’, CONFUSIONE, TRAVISAMENTO DEL DATO NORMATIVO E DELLA COMPLESSIVA DISCIPLINA APPLICABILE IN SUBIECTA MATERIA (2)

5. Il MEF si è ritualmente costituito in giudizio instando per la reiezione del gravame, di cui è stata eccepita l’inammissibilità sotto plurimi profili e anche l’infondatezza nel merito, riportandosi alle difese svolte negli analoghi contenziosi incardinati presso questo Tribunale.

6. Seguiva il deposito dei documenti e delle memorie conclusionali ex art. 73, comma 1, c.p.a.

All’udienza pubblica del 24 maggio 2023, pertanto, il Collegio ha introiettato la causa in decisione.

7. In via preliminare, il Collegio ritiene di dover respingere le eccezioni di rito sollevate dalle Amministrazioni resistenti, e ciò sulla scorta dell’orientamento già espresso in una causa analoga dal Consiglio di Stato (Sezione VII) con la recente sentenza n. 664 del 19 gennaio 2023, a cui il Collegio presta adesione.

Per quel che concerne, infatti, l’eccepito difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo, l’esame della questione relativa al riparto di giurisdizione impone di valutare il petitum sostanziale, ossia l’intrinseca consistenza della posizione soggettiva dedotta in giudizio, individuata dal giudice con riguardo alla sostanziale protezione accordata a quest’ultima dal diritto positivo (v. ex plurimis, Cass. Sez. Un., 31 gennaio 2005, n. 6743; Cass. Sez. Un., 28 giugno 2006, n. 14846).

In particolare, secondo i principi espressi dall’Adunanza Plenaria 29 gennaio 2014, n. 6, il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in materia di controversie riguardanti la concessione e la revoca di contributi e sovvenzioni pubbliche (fattispecie assimilabili a quella in esame, almeno ai fini di giurisdizione) deve essere attuato (non configurandosi alcuna ipotesi di giurisdizione esclusiva) sulla base del generale criterio di riparto fondato sulla natura della situazione soggettiva azionata, con la conseguenza che sussiste la giurisdizione del giudice ordinario quando il finanziamento è riconosciuto direttamente dalla legge, mentre alla pubblica amministrazione è demandato soltanto il compito di verificare l’effettiva esistenza dei relativi presupposti senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa l’an, il quid, il quomodo dell’erogazione; inoltre, è configurabile una situazione soggettiva di interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, ove la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio, oppure quando, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse.

Il petitum sostanziale della presente controversia, chiaramente emergente dall’atto introduttivo del giudizio, attiene alla pretesa di parte ricorrente di ottenere una valutazione circa la spettanza dell’indennizzo previsto dalla l. n. 145 del 2018, sulla base della procedura ordinaria e, dunque, dell’accertamento, da parte della commissione tecnica prevista dalla disciplina di riferimento, della sussistenza di reiterate violazioni del TUF (decreto legislativo n. 58 del 1998) da parte dell’istituto bancario e del nesso causale tra le stesse ed il pregiudizio da lei subito.

Dunque, la situazione giuridica soggettiva ascrivibile all’odierna parte ricorrente deve essere qualificata in termini di interesse legittimo pretensivo, assumendo ai fini in esame rilievo il contenuto delle censure formulate con il ricorso, segnatamente riferite alla dedotta sussistenza di un obbligo dell’Amministrazione di valutare nel merito le violazioni massive del TUF commesse dall’istituto bancario e il nesso di causalità tra tali violazioni e il pregiudizio dell’investitore.

Acclarata la piena sussistenza della giurisdizione del Giudice Amministrativo sulla causa de qua, va poi respinta l’eccezione con cui la società Consap, in house del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha dedotto la propria carenza di legittimazione passiva.

Va evidenziato, infatti, che se è vero che la titolarità del rapporto controverso fa capo alla Commissione tecnica, organo straordinario del Ministero, la Consap in conformità alle previsioni dell’art. 1, comma 501, della l. n. 145 del 2018 (nonchè alla disciplina attuativa di cui al DM del 10 maggio 2019) svolge un’attività che non è limitata al mero supporto alla predetta Commissione, istituita ai sensi della citata disposizione, nell’espletamento dell’attività istruttoria e di acquisizione dei dati.

Come emerge, infatti, dall’art. 8, comma 5, del DM 10 maggio 2019, emanato in attuazione delle previsioni di cui all’art. 1, commi da 493 a 507, della l. n.145 del 2018, alla Consap non è demandata esclusivamente l’attività di segreteria, bensì anche un’attività di gestione che non si esaurisce nella predisposizione dei processi concernenti l’espletamento delle procedure, essendo la società incaricata, tra l’altro, dell’esecuzione delle delibere della Commissione tecnica.

Proprio il complesso delle attività espletate dalla società, tra le quali anche l’interlocuzione diretta con i richiedenti l’indennizzo, inducono a ritenere che correttamente la stessa sia stata evocata in giudizio insieme al Ministero, al quale come sopra esposto va riferita la titolarità del rapporto, tenuto conto peraltro dell’incidenza dei vincoli conformativi suscettibili di scaturire dalla pronuncia giurisdizionale sulla società.

Va parimenti respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per sua mancata notifica ad almeno un controinteressato, da individuare negli altri soggetti che hanno presentato istanza per ottenere l’erogazione dell’indennizzo attraverso una procedura che rivestirebbe carattere selettivo in considerazione della limitatezza degli stanziamenti destinati alla misura di sostegno in questione.

Si evidenzia, infatti, che, secondo la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. ex multis, da ultimo, sez. III, sentenza n. 5052/2020), il controinteressato da evocare in giudizio è il soggetto indicato nell’atto che si impugna, ovverosia il soggetto, facilmente individuabile, portatore di un interesse – concreto ed attuale – giuridicamente qualificato alla conservazione dell’atto, e dunque interessato a difendere una situazione giuridica di vantaggio uguale e contraria rispetto a quella del ricorrente.

Si afferma altresì che non occorre che il controinteressato sia espressamente individuato nell’atto, essendo sufficiente che sia comunque facilmente individuabile con l’ordinaria diligenza (Cons. St., sez. V, sentenza n. 4503/2019).

Nella fattispecie non consta in atti che sia stata stilata una graduatoria delle istanze ammissibili, né emergono elementi che consentano di ritenere agevolmente individuabili eventuali controinteressati, dovendosi quindi escludere la sussistenza della dedotta causa di inammissibilità in applicazione dell’art. 41, comma 2, c.p.a.

Va infine respinta anche l’eccezione di incompetenza territoriale di questo TAR genericamente sollevata dal Ministero resistente, non essendo revocabile in dubbio la competenza di questo TAR Lazio in ragione del criterio ordinario di competenza della sede dell’Amministrazione centrale da cui promana l’atto impugnato (cfr. art. 13 c.p.a.).

8. Ciò premesso, il Collegio può dunque procedere all’esame del merito del ricorso.

In proposito, è anzitutto necessario ricostruire brevemente il quadro normativo che disciplina l’indennizzo de quo agitur.

Il potere di erogare detto indennizzo trova la sua fonte legale nell’art. 1, commi 493 e seguenti, della legge n. 145 del 2018 (al comma 493 si prevede, invero, che “per la tutela del risparmio e per il rispetto del dovere di disciplinare, coordinare e controllare l’esercizio del credito, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze è istituito un Fondo indennizzo risparmiatori (FIR), con una dotazione iniziale di 525 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021. Il FIR eroga indennizzi a favore dei risparmiatori come definiti al comma 494 che hanno subìto un pregiudizio ingiusto da parte di banche e loro controllate aventi sede legale in Italia, poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1°(gradi) gennaio 2018, in ragione delle violazioni massive degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza, ai sensi del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58”).

La summenzionata legge n. 145 del 2018 ha anzitutto previsto la misura dell’indennizzo e la platea dei beneficiari dello stesso, nonché una sorta di “corsia procedurale preferenziale” in favore di quei risparmiatori che – oltre ad essere in possesso delle azioni od obbligazioni emesse dalle banche individuate dalla legge (id est quelle in liquidazione coatta amministrativa) – hanno un reddito ed un patrimonio inferiori a specifiche soglie economiche minime (cfr. art. 1, comma 502 bis, della legge n. 145 del 2018).

Questa prima categoria di risparmiatori (c.d. “forfettari”) può accedere all’indennizzo de quo soltanto perché in possesso dei summenzionati requisiti reddituali e patrimoniali.

Viceversa, i risparmiatori privi di tali requisiti (come ad esempio l’odierna parte ricorrente) sono gravati dell’onere di dimostrare le violazioni massive del TUF commesse dalla loro banca (così come accertate in sede penale), nonché il concreto nesso di causalità tra tali violazioni e il pregiudizio da loro subito.

Il legislatore ha poi delegato alla potestà regolamentare del Ministero dell’Economia e delle Finanze la definizione di molti altri aspetti del procedimento di assegnazione dell’indennizzo de quo, essendo stato previsto che “con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono definite le modalità di presentazione della domanda di indennizzo nonché i piani di riparto delle risorse disponibili. Con il medesimo decreto è istituita e disciplinata una Commissione tecnica per: l’esame delle domande e l’ammissione all’indennizzo del FIR; la verifica delle violazioni massive, nonché della sussistenza del nesso di causalità tra le medesime e il danno subito dai risparmiatori; l’erogazione dell’indennizzo da parte del FIR. Le suddette verifiche possono avvenire anche attraverso la preventiva tipizzazione delle violazioni massive e la corrispondente identificazione degli elementi oggettivi e/o soggettivi in presenza dei quali l'indennizzo può essere direttamente erogato” (cfr. art. 1, comma 501, della legge n. 145 del 2018).

In attuazione di tale previsione legale è appunto intervenuto il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 10 maggio 2019, il cui art. 7, comma 1, prevede (sotto la rubrica “Commissione tecnica”) che “è istituita la Commissione tecnica prevista dall’art. 1, comma 501, legge 30 dicembre 2018, n. 145, competente per l’esame e l’ammissione delle domande di indennizzo del FIR”, alla quale è affidato anche il compito di stabilire i “criteri generali e linee guida per la tipizzazione delle violazioni massive, individuali o di portata generale, di natura contrattuale o extracontrattuale, e la corrispondente modulazione degli elementi oggettivi e/o soggettivi nonché dei periodi temporali di riferimento in presenza dei quali, anche tenendo conto delle diverse tipologie di violazione in concreto prese in esame, sussistono il danno subito da ciascun istante e il nesso causale tra le suddette violazioni e tale danno”.

L’indennizzo de quo agitur trova la sua compiuta disciplina, pertanto, nell’art. 1, commi 493 e seguenti, della legge n. 145 del 2018, nonché nel Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 10 maggio 2019 e nelle Linee Guida adottate dalla Commissione Tecnica all’uopo istituita (con cui sono state tipizzate le violazioni massive del TUF in presenza delle quali può essere erogato l’indennizzo ai risparmiatori/investitori).

Ciò premesso in linea generale, il presente ricorso appare fondato e va quindi accolto con riferimento all’eccepito difetto motivazionale e istruttorio, nella misura in cui la motivazione dedotta, quanto alle azioni acquisite al di fuori del cd. periodo sospetto, è al contempo illegittima e argomentativamente carente.

Come già ritenuto da numerose pronunce della Sezione in analoghe fattispecie, “il provvedimento impugnato risulta viziato da un’evidente violazione di legge, oltre che affetto da eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Difatti, spettava alla Commissione tecnica, ai sensi dell’art. 1, comma 501, della legge n. 145/2018 e dell’art. 7, comma 1, del d.m. 10 maggio 2019 del MEF, riscontrare in concreto la sussistenza delle violazioni massive del TUB poste in essere dalla banche - anche nei periodi temporali diversi dal c.d. “periodo sospetto” - in relazione alla posizione dell’istante, avvalendosi se del caso dei poteri istruttori forniti dal legislatore proprio in considerazione della debolezza informativa (posizione asimmetrica) in cui versa quest’ultimo rispetto all’istituto di credito. Anziché operare secondo diritto, la Commissione ha illegittimamente invertito il riparto dell’onere probatorio, che il legislatore poneva a suo carico, sulla dimostrazione delle violazioni massive” (da Tar Roma, n.4646/2023; v., in senso conf., Tar Roma, nn.ri 4647/2023; 4649/2023).

Né può invocarsi alcuna dequotazione formale del rilevato vizio di motivazione in forza del meccanismo di sanatoria processuale previsto dall’art. 21-octies, secondo comma, della legge n. 241 del 1990, posto che la motivazione del provvedimento amministrativo discrezionale - come il Consiglio di Stato afferma secondo un orientamento ora recepito anche dal Giudice delle Leggi nelle ordinanze del 26 maggio 2015, n. 92, e del 17 marzo 2017, n. 58 - costituisce il presupposto, il fondamento, il baricentro e l’essenza stessa del legittimo esercizio del potere amministrativo (art. 3 della legge n. 241 del 1990) e, per questo, un presidio di legalità sostanziale insostituibile, nemmeno mediante il ragionamento ipotetico che fa salvo, ai sensi dell’art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990, il provvedimento affetto dai cosiddetti vizi non invalidanti (cfr. quam multis Consiglio di Stato n. 7883 del 10 dicembre 2020 e Consiglio di Stato, sez. III, 7 aprile 2014, n. 1629).

L’accoglimento della censura con cui si lamenta da un lato l’insufficienza motivazionale e dall’altro lato l’illegittimità dell’atto impugnato, conduce pertanto all’annullamento di quest’ultimo in parte qua (ossia limitatamente al rigetto dell’istanza di indennizzo FIR per le azioni ordinarie acquisite al di fuori del cd. periodo sospetto), annullamento che – in quanto ricadente su un atto lesivo di un interesse legittimo pretensivo connotato da discrezionalità tecnica – prelude ad un’inevitabile riedizione del potere.

Inammissibile è invece la domanda di accertamento del diritto della parte ricorrente ad ottenere una condanna dell’Amministrazione al rilascio di un provvedimento di attribuzione dell’indennizzo del FIR (o in subordine al pagamento di un risarcimento pari a tale indennizzo), atteso che tale domanda – laddove delibata nel merito – condurrebbe il Collegio a pronunziarsi rispetto a poteri amministrativi ancora non esercitati in violazione dell’art. 34, comma 2, c.p.a.

Non vi sono quindi i presupposti, allo stato, per adottare una decisione di condanna ad emettere uno specifico provvedimento, nonchè al risarcimento del danno, impossibile essendo la prognosi sulla spettanza del bene della vita.

Ciò chiarito, il Collegio rileva infine che l’accoglimento dell’azione annullatoria per difetto di motivazione e istruttoria determina l’assorbimento delle residue censure di parte ricorrente.

9. Conclusivamente, quindi, il ricorso va accolto e, per l’effetto, il provvedimento impugnato va annullato in parte qua per difetto di motivazione e istruttoria nei sensi e termini sopra indicati, fatto salvo il potere dell’Amministrazione di rideterminarsi sull’istanza della parte ricorrente.

Restano assorbiti i residui motivi di impugnazione, mentre va dichiarata invece inammissibile la domanda di accertamento del diritto della parte ricorrente ad ottenere l’indennizzo finanziato dal FIR, domanda (inclusa quella risarcitoria) che si infrange sul rilievo ostativo dell’art. 34, comma 2, c.p.a.

In considerazione delle peculiarità della fattispecie e della novità delle questioni trattate, sussistono giuste ragioni per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, accoglie la domanda di annullamento in parte qua dell’atto impugnato per difetto di motivazione e istruttoria nei sensi e termini indicati in parte motiva.

Dichiara inammissibile la domanda di accertamento del diritto ad ottenere un provvedimento di attribuzione dell’indennizzo per cui è causa o un risarcimento commisurato a tale indennizzo.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2023 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Riccio, Presidente

Eleonora Monica, Consigliere

Igor Nobile, Referendario, Estensore



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Igor Nobile Francesco Riccio





IL SEGRETARIO
 
Bisogna vedere poi la commissione come ha reagito: ha pagato o no?
Calma Ragazzi

la sentenza è di fine maggio e sono passati appena 10 giorni mal contati.

Ma la critica coglie nel segno: cosa farà la Consap? Ricorrerà in appello? Provvederà alla liquidazione (ed a questo punto non c'è santo che tenga: ha liquidato i periodi non sospetti e quindi non può che liquidare ceteris paribus anche questi)? Fara l'indiano?

Bravo chi lo sa....

Il 30 giugno oltre tutto si avvicina.
 
Crac Carife, i risparmiatori "Indennizzi, tempi più veloci"

Crac Carife, i risparmiatori "Indennizzi, tempi più veloci"
Dopo l’emendamento presentato dalla Lega, la richiesta di alcune modifiche "I soldi del Fir ci sono, non si attenda il 2024 per risarcire". Oggi incontro a Roma.

Una "modifica dell’emendamento 4.17", relativo alla proroga dell’operatività del Fir in merito al riparto degli indennizzi ai risparmiatori delle banche ’saltate’, "per evitare che oltre 140mila famiglie siano costrette ad ulteriori lunghe attese". Tre pagine firmate dalle associazioni dei risparmiatori – tra cui le ferraresi Milena Zaggia e Giovanna Mazzoni del Movimento risparmiatori traditi di Carife – per chiedere al Governo "un intervento immediato". "Nell’emendamento presentato dalla Lega in commissione Bilancio – così la Zaggia – viene praticamente confermato che i soldi ci sono: ma quando, nel 2023 o nel 2024?". L’operazione prevede che il Fondo indennizzo risparmiatori resti attivo fino all’aprile 2024, prorogando al 31 ottobre prossimo la deadline per chi ha già presentato la domanda, portando a scadenza anche le posizioni da sanare.

Un documento che, scrivono ora i risparmiatori, però "non considera l’urgenza del riparto alle oltre 140.000 famiglie delle vittime già accertate con l’indennizzo iniziale del 30%", in attesa "dell’incremento della percentuale del riparto delle rimanenze Fir". Da qui la modifica richiesta, che sarà presentata oggi nell’incontro a Roma tra le parti: "Entro il 30 settembre 2023 – una delle ’variazioni’ sul tavolo – gli aventi diritto in possesso dei requisiti (...), possono integrarla anche ove già definita pure al fine di sanare eventuali mancanze o errori, o comunque deficienze, in modo da poter accedere alle prestazioni del Fir". La percentuale del 30%, così i risparmiatori, "deve essere incrementata entro il 31 ottobre con il residuo di ciascuno degli anni 2019, 2020, 2021". Insomma, un intervento subito, senza attendere i ’ritardatari’
 
Stato
Chiusa ad ulteriori risposte.
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