Pubblicato il 06/06/2023
N. 09511/2023 REG.PROV.COLL.
N. 02391/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2391 del 2023, proposto da:
Maurizio Galardini, rappresentato e difeso dagli avvocati Salvatore Menditto, Carlo Canafoglia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Commissione Tecnica del Fondo Indennizzo Risparmiatori, Consap S.p.A., in persona dei legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
del provvedimento reso dalla Commissione Tecnica comunicato da CONSAP s.p.a., Unità di Business 3-Servizi Finanziari, Servizio Fondo Indennizzo Risparmiatori in data 06 dicembre 2022, con il quale la domanda/istanza di indennizzo è stata rigettata, limitatamente alla parte in cui non è stato riconosciuto il rimborso delle azioni Banca Marche (n. 75.715 azioni - ISIN IT0001063707) acquistate al di fuori del “periodo sospetto definito dalla Commissione tecnica” (01.01.2011 – 27.08.2013);
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 maggio 2023 il dott. Igor Nobile e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il presente ricorso, parte ricorrente – già titolare di 150.000 azioni ordinarie emesse dalla ex Banca delle Marche s.p.a. – impugna l’atto in epigrafe con cui il Ministero dell’Economia e delle Finanze (di seguito, anche semplicemente “MEF”) ha parzialmente respinto la domanda di accesso alle prestazioni del Fondo indennizzo risparmiatori (FIR), dalla stessa parte ricorrente avanzata ai sensi della l. n. 145/2018, art. 1, commi 493 e ss. (recante la procedura speciale per l’indennizzo degli investitori di alcune banche finite in “default”, tra cui, per quel che qui rileva, detto istituto bancario).
2. Nello specifico, con la gravata determinazione, il citato Ministero:
- ha riconosciuto un indennizzo pari ad euro 25.295,38 quanto alle azioni (74.285) acquisite nel “cd. periodo sospetto”, posto dunque a carico del FIR, in misura pari al 30% del relativo controvalore;
- ha respinto la domanda di indennizzo quanto alle restanti azioni, acquisite dall’interessato al di fuori del “cd. periodo sospetto”, per mancata comprova delle violazioni massive subite.
Il potere di erogare l’indennizzo tramite il FIR trova la sua fonte legale nell’art. 1, commi 493 e seguenti, della legge n. 145 del 2018 (al comma 493 si prevede, invero, che “per la tutela del risparmio e per il rispetto del dovere di disciplinare, coordinare e controllare l’esercizio del credito, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze è istituito un Fondo indennizzo risparmiatori (FIR), con una dotazione iniziale di 525 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021. Il FIR eroga indennizzi a favore dei risparmiatori come definiti al comma 494 che hanno subìto un pregiudizio ingiusto da parte di banche e loro controllate aventi sede legale in Italia, poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1°(gradi) gennaio 2018, in ragione delle violazioni massive degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza, ai sensi del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58”).
Va inoltre aggiunto che, per quanto concerne la misura dell’indennizzo a carico del FIR sugli investimenti in azioni, l’art.1, co.496 L.n.145/2018 prevede l’indennizzo in misura pari al 30% del costo di acquisto, inclusi gli oneri fiscali, entro il limite massimo complessivo di 100.000 euro per ciascun risparmiatore.
3. Il motivo su cui poggia il provvedimento di diniego risiede nel fatto che, fatto salvo il riconoscimento dell’indennizzo per la quota di azioni acquisite nel periodo sospetto, ai sensi della Determinazione della Commissione Tecnica istituita in seno all’intimato Ministero del 25.11.2021, come integrata dalla successiva del 13.1.2022, si è ritenuto che l’interessato non abbia fornito la prova delle violazioni massive subite nel periodo non collocato all’interno dell’orizzonte temporale stabilito, con valenza generale, dalla suddetta Commissione Tecnica (“periodo sospetto”).
Parte ricorrente insta non soltanto per l’annullamento dell’atto impugnato, ma anche per l’accertamento del diritto (e la conseguente condanna) al pagamento dell’indennizzo previsto dalla legge n. 145/2018, art. 1, commi 493 e ss..
4. Il ricorso è affidato a due motivi di gravame, ciascuno dei quali a sua volta comprensivo di plurime e multiformi censure, di seguito rubricati e come articolati nell’atto introduttivo del giudizio.
- VIOLAZIONE DI LEGGE: VIOLAZIONE E/O ERRONEA E/O ARBITRARIA INTERPRETAZIONE ED APPLICAZIONE DELLE LINEE GUIDA ADOTTATE DALLA COMMISSIONE TECNICA E DELLA DETERMINAZIONE DEL 13.01.2022 (1) – VIOLAZIONE DELLA RATIO LEGIS SOTTESA ALLA COMPLESSIVA DISCIPLINA VIGENTE IN SUBIECTA MATERIA (2) – VIOLAZIONE E/O ERRONEA E/O ARBITRARIA INTERPRETAZIONE ED APPLICAZIONE DELLE LINEE GUIDA ADOTTATE (IN AUTOVINCOLO) DALLA COMMISSIONE TECNICA E DELLA DETERMINAZIONE DEL 13.01.2022, SOTTO ALTRI E DIVERSI PROFILI (5) – ERRONEA ED ARBITRARIA INTERPRETAZIONE ED APPLICAZIONE DELL’ART. 7 DEL D.M. MEF 10/05/2019, ANCHE IN FUNZIONE DEL CONTENUTO DELLE LINEE GUIDA E DELLA DETERMINAZIONE DEL 13.01.2022; ERRONEA APPLICAZIONE, EX SE, DELLA DETERMINAZIONE DEL 13.01.2022 (6) – VIOLAZIONE E/O ERRONEA E/O MANCATA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 1, 3 E 12 L. N. 241/1990 (7) ECCESSO DI POTERE: DISPARITÀ DI TRATTAMENTO, ARBITARIETÀ ED ILLOGICITÀ (3) – ILLOGICITÀ, INIQUITA’ ED INGIUSTIZIA MANIFESTE, CON RIGUARDO ANCORA ALLA DISPARITÀ DI TRATTAMENTO (4);
- ECCESSO DI POTERE: VIZIO DELL’ISTRUTTORIA E DELLA MOTIVAZIONE; ERRONEITA’, INCOERENZA E TRAVISAMENTO (1) – PERPLESSITA’, CONFUSIONE, TRAVISAMENTO DEL DATO NORMATIVO E DELLA COMPLESSIVA DISCIPLINA APPLICABILE IN SUBIECTA MATERIA (2)
5. Il MEF si è ritualmente costituito in giudizio instando per la reiezione del gravame, di cui è stata eccepita l’inammissibilità sotto plurimi profili e anche l’infondatezza nel merito, riportandosi alle difese svolte negli analoghi contenziosi incardinati presso questo Tribunale.
6. Seguiva il deposito dei documenti e delle memorie conclusionali ex art. 73, comma 1, c.p.a.
All’udienza pubblica del 24 maggio 2023, pertanto, il Collegio ha introiettato la causa in decisione.
7. In via preliminare, il Collegio ritiene di dover respingere le eccezioni di rito sollevate dalle Amministrazioni resistenti, e ciò sulla scorta dell’orientamento già espresso in una causa analoga dal Consiglio di Stato (Sezione VII) con la recente sentenza n. 664 del 19 gennaio 2023, a cui il Collegio presta adesione.
Per quel che concerne, infatti, l’eccepito difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo, l’esame della questione relativa al riparto di giurisdizione impone di valutare il petitum sostanziale, ossia l’intrinseca consistenza della posizione soggettiva dedotta in giudizio, individuata dal giudice con riguardo alla sostanziale protezione accordata a quest’ultima dal diritto positivo (v. ex plurimis, Cass. Sez. Un., 31 gennaio 2005, n. 6743; Cass. Sez. Un., 28 giugno 2006, n. 14846).
In particolare, secondo i principi espressi dall’Adunanza Plenaria 29 gennaio 2014, n. 6, il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in materia di controversie riguardanti la concessione e la revoca di contributi e sovvenzioni pubbliche (fattispecie assimilabili a quella in esame, almeno ai fini di giurisdizione) deve essere attuato (non configurandosi alcuna ipotesi di giurisdizione esclusiva) sulla base del generale criterio di riparto fondato sulla natura della situazione soggettiva azionata, con la conseguenza che sussiste la giurisdizione del giudice ordinario quando il finanziamento è riconosciuto direttamente dalla legge, mentre alla pubblica amministrazione è demandato soltanto il compito di verificare l’effettiva esistenza dei relativi presupposti senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa l’an, il quid, il quomodo dell’erogazione; inoltre, è configurabile una situazione soggettiva di interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, ove la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio, oppure quando, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse.
Il petitum sostanziale della presente controversia, chiaramente emergente dall’atto introduttivo del giudizio, attiene alla pretesa di parte ricorrente di ottenere una valutazione circa la spettanza dell’indennizzo previsto dalla l. n. 145 del 2018, sulla base della procedura ordinaria e, dunque, dell’accertamento, da parte della commissione tecnica prevista dalla disciplina di riferimento, della sussistenza di reiterate violazioni del TUF (decreto legislativo n. 58 del 1998) da parte dell’istituto bancario e del nesso causale tra le stesse ed il pregiudizio da lei subito.
Dunque, la situazione giuridica soggettiva ascrivibile all’odierna parte ricorrente deve essere qualificata in termini di interesse legittimo pretensivo, assumendo ai fini in esame rilievo il contenuto delle censure formulate con il ricorso, segnatamente riferite alla dedotta sussistenza di un obbligo dell’Amministrazione di valutare nel merito le violazioni massive del TUF commesse dall’istituto bancario e il nesso di causalità tra tali violazioni e il pregiudizio dell’investitore.
Acclarata la piena sussistenza della giurisdizione del Giudice Amministrativo sulla causa de qua, va poi respinta l’eccezione con cui la società Consap, in house del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha dedotto la propria carenza di legittimazione passiva.
Va evidenziato, infatti, che se è vero che la titolarità del rapporto controverso fa capo alla Commissione tecnica, organo straordinario del Ministero, la Consap in conformità alle previsioni dell’art. 1, comma 501, della l. n. 145 del 2018 (nonchè alla disciplina attuativa di cui al DM del 10 maggio 2019) svolge un’attività che non è limitata al mero supporto alla predetta Commissione, istituita ai sensi della citata disposizione, nell’espletamento dell’attività istruttoria e di acquisizione dei dati.
Come emerge, infatti, dall’art. 8, comma 5, del DM 10 maggio 2019, emanato in attuazione delle previsioni di cui all’art. 1, commi da 493 a 507, della l. n.145 del 2018, alla Consap non è demandata esclusivamente l’attività di segreteria, bensì anche un’attività di gestione che non si esaurisce nella predisposizione dei processi concernenti l’espletamento delle procedure, essendo la società incaricata, tra l’altro, dell’esecuzione delle delibere della Commissione tecnica.
Proprio il complesso delle attività espletate dalla società, tra le quali anche l’interlocuzione diretta con i richiedenti l’indennizzo, inducono a ritenere che correttamente la stessa sia stata evocata in giudizio insieme al Ministero, al quale come sopra esposto va riferita la titolarità del rapporto, tenuto conto peraltro dell’incidenza dei vincoli conformativi suscettibili di scaturire dalla pronuncia giurisdizionale sulla società.
Va parimenti respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per sua mancata notifica ad almeno un controinteressato, da individuare negli altri soggetti che hanno presentato istanza per ottenere l’erogazione dell’indennizzo attraverso una procedura che rivestirebbe carattere selettivo in considerazione della limitatezza degli stanziamenti destinati alla misura di sostegno in questione.
Si evidenzia, infatti, che, secondo la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. ex multis, da ultimo, sez. III, sentenza n. 5052/2020), il controinteressato da evocare in giudizio è il soggetto indicato nell’atto che si impugna, ovverosia il soggetto, facilmente individuabile, portatore di un interesse – concreto ed attuale – giuridicamente qualificato alla conservazione dell’atto, e dunque interessato a difendere una situazione giuridica di vantaggio uguale e contraria rispetto a quella del ricorrente.
Si afferma altresì che non occorre che il controinteressato sia espressamente individuato nell’atto, essendo sufficiente che sia comunque facilmente individuabile con l’ordinaria diligenza (Cons. St., sez. V, sentenza n. 4503/2019).
Nella fattispecie non consta in atti che sia stata stilata una graduatoria delle istanze ammissibili, né emergono elementi che consentano di ritenere agevolmente individuabili eventuali controinteressati, dovendosi quindi escludere la sussistenza della dedotta causa di inammissibilità in applicazione dell’art. 41, comma 2, c.p.a.
Va infine respinta anche l’eccezione di incompetenza territoriale di questo TAR genericamente sollevata dal Ministero resistente, non essendo revocabile in dubbio la competenza di questo TAR Lazio in ragione del criterio ordinario di competenza della sede dell’Amministrazione centrale da cui promana l’atto impugnato (cfr. art. 13 c.p.a.).
8. Ciò premesso, il Collegio può dunque procedere all’esame del merito del ricorso.
In proposito, è anzitutto necessario ricostruire brevemente il quadro normativo che disciplina l’indennizzo de quo agitur.
Il potere di erogare detto indennizzo trova la sua fonte legale nell’art. 1, commi 493 e seguenti, della legge n. 145 del 2018 (al comma 493 si prevede, invero, che “per la tutela del risparmio e per il rispetto del dovere di disciplinare, coordinare e controllare l’esercizio del credito, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze è istituito un Fondo indennizzo risparmiatori (FIR), con una dotazione iniziale di 525 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021. Il FIR eroga indennizzi a favore dei risparmiatori come definiti al comma 494 che hanno subìto un pregiudizio ingiusto da parte di banche e loro controllate aventi sede legale in Italia, poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1°(gradi) gennaio 2018, in ragione delle violazioni massive degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza, ai sensi del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58”).
La summenzionata legge n. 145 del 2018 ha anzitutto previsto la misura dell’indennizzo e la platea dei beneficiari dello stesso, nonché una sorta di “corsia procedurale preferenziale” in favore di quei risparmiatori che – oltre ad essere in possesso delle azioni od obbligazioni emesse dalle banche individuate dalla legge (id est quelle in liquidazione coatta amministrativa) – hanno un reddito ed un patrimonio inferiori a specifiche soglie economiche minime (cfr. art. 1, comma 502 bis, della legge n. 145 del 2018).
Questa prima categoria di risparmiatori (c.d. “forfettari”) può accedere all’indennizzo de quo soltanto perché in possesso dei summenzionati requisiti reddituali e patrimoniali.
Viceversa, i risparmiatori privi di tali requisiti (come ad esempio l’odierna parte ricorrente) sono gravati dell’onere di dimostrare le violazioni massive del TUF commesse dalla loro banca (così come accertate in sede penale), nonché il concreto nesso di causalità tra tali violazioni e il pregiudizio da loro subito.
Il legislatore ha poi delegato alla potestà regolamentare del Ministero dell’Economia e delle Finanze la definizione di molti altri aspetti del procedimento di assegnazione dell’indennizzo de quo, essendo stato previsto che “con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono definite le modalità di presentazione della domanda di indennizzo nonché i piani di riparto delle risorse disponibili. Con il medesimo decreto è istituita e disciplinata una Commissione tecnica per: l’esame delle domande e l’ammissione all’indennizzo del FIR; la verifica delle violazioni massive, nonché della sussistenza del nesso di causalità tra le medesime e il danno subito dai risparmiatori; l’erogazione dell’indennizzo da parte del FIR. Le suddette verifiche possono avvenire anche attraverso la preventiva tipizzazione delle violazioni massive e la corrispondente identificazione degli elementi oggettivi e/o soggettivi in presenza dei quali l'indennizzo può essere direttamente erogato” (cfr. art. 1, comma 501, della legge n. 145 del 2018).
In attuazione di tale previsione legale è appunto intervenuto il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 10 maggio 2019, il cui art. 7, comma 1, prevede (sotto la rubrica “Commissione tecnica”) che “è istituita la Commissione tecnica prevista dall’art. 1, comma 501, legge 30 dicembre 2018, n. 145, competente per l’esame e l’ammissione delle domande di indennizzo del FIR”, alla quale è affidato anche il compito di stabilire i “criteri generali e linee guida per la tipizzazione delle violazioni massive, individuali o di portata generale, di natura contrattuale o extracontrattuale, e la corrispondente modulazione degli elementi oggettivi e/o soggettivi nonché dei periodi temporali di riferimento in presenza dei quali, anche tenendo conto delle diverse tipologie di violazione in concreto prese in esame, sussistono il danno subito da ciascun istante e il nesso causale tra le suddette violazioni e tale danno”.
L’indennizzo de quo agitur trova la sua compiuta disciplina, pertanto, nell’art. 1, commi 493 e seguenti, della legge n. 145 del 2018, nonché nel Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 10 maggio 2019 e nelle Linee Guida adottate dalla Commissione Tecnica all’uopo istituita (con cui sono state tipizzate le violazioni massive del TUF in presenza delle quali può essere erogato l’indennizzo ai risparmiatori/investitori).
Ciò premesso in linea generale, il presente ricorso appare fondato e va quindi accolto con riferimento all’eccepito difetto motivazionale e istruttorio, nella misura in cui la motivazione dedotta, quanto alle azioni acquisite al di fuori del cd. periodo sospetto, è al contempo illegittima e argomentativamente carente.
Come già ritenuto da numerose pronunce della Sezione in analoghe fattispecie, “il provvedimento impugnato risulta viziato da un’evidente violazione di legge, oltre che affetto da eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Difatti, spettava alla Commissione tecnica, ai sensi dell’art. 1, comma 501, della legge n. 145/2018 e dell’art. 7, comma 1, del d.m. 10 maggio 2019 del MEF, riscontrare in concreto la sussistenza delle violazioni massive del TUB poste in essere dalla banche - anche nei periodi temporali diversi dal c.d. “periodo sospetto” - in relazione alla posizione dell’istante, avvalendosi se del caso dei poteri istruttori forniti dal legislatore proprio in considerazione della debolezza informativa (posizione asimmetrica) in cui versa quest’ultimo rispetto all’istituto di credito. Anziché operare secondo diritto, la Commissione ha illegittimamente invertito il riparto dell’onere probatorio, che il legislatore poneva a suo carico, sulla dimostrazione delle violazioni massive” (da Tar Roma, n.4646/2023; v., in senso conf., Tar Roma, nn.ri 4647/2023; 4649/2023).
Né può invocarsi alcuna dequotazione formale del rilevato vizio di motivazione in forza del meccanismo di sanatoria processuale previsto dall’art. 21-octies, secondo comma, della legge n. 241 del 1990, posto che la motivazione del provvedimento amministrativo discrezionale - come il Consiglio di Stato afferma secondo un orientamento ora recepito anche dal Giudice delle Leggi nelle ordinanze del 26 maggio 2015, n. 92, e del 17 marzo 2017, n. 58 - costituisce il presupposto, il fondamento, il baricentro e l’essenza stessa del legittimo esercizio del potere amministrativo (art. 3 della legge n. 241 del 1990) e, per questo, un presidio di legalità sostanziale insostituibile, nemmeno mediante il ragionamento ipotetico che fa salvo, ai sensi dell’art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990, il provvedimento affetto dai cosiddetti vizi non invalidanti (cfr. quam multis Consiglio di Stato n. 7883 del 10 dicembre 2020 e Consiglio di Stato, sez. III, 7 aprile 2014, n. 1629).
L’accoglimento della censura con cui si lamenta da un lato l’insufficienza motivazionale e dall’altro lato l’illegittimità dell’atto impugnato, conduce pertanto all’annullamento di quest’ultimo in parte qua (ossia limitatamente al rigetto dell’istanza di indennizzo FIR per le azioni ordinarie acquisite al di fuori del cd. periodo sospetto), annullamento che – in quanto ricadente su un atto lesivo di un interesse legittimo pretensivo connotato da discrezionalità tecnica – prelude ad un’inevitabile riedizione del potere.
Inammissibile è invece la domanda di accertamento del diritto della parte ricorrente ad ottenere una condanna dell’Amministrazione al rilascio di un provvedimento di attribuzione dell’indennizzo del FIR (o in subordine al pagamento di un risarcimento pari a tale indennizzo), atteso che tale domanda – laddove delibata nel merito – condurrebbe il Collegio a pronunziarsi rispetto a poteri amministrativi ancora non esercitati in violazione dell’art. 34, comma 2, c.p.a.
Non vi sono quindi i presupposti, allo stato, per adottare una decisione di condanna ad emettere uno specifico provvedimento, nonchè al risarcimento del danno, impossibile essendo la prognosi sulla spettanza del bene della vita.
Ciò chiarito, il Collegio rileva infine che l’accoglimento dell’azione annullatoria per difetto di motivazione e istruttoria determina l’assorbimento delle residue censure di parte ricorrente.
9. Conclusivamente, quindi, il ricorso va accolto e, per l’effetto, il provvedimento impugnato va annullato in parte qua per difetto di motivazione e istruttoria nei sensi e termini sopra indicati, fatto salvo il potere dell’Amministrazione di rideterminarsi sull’istanza della parte ricorrente.
Restano assorbiti i residui motivi di impugnazione, mentre va dichiarata invece inammissibile la domanda di accertamento del diritto della parte ricorrente ad ottenere l’indennizzo finanziato dal FIR, domanda (inclusa quella risarcitoria) che si infrange sul rilievo ostativo dell’art. 34, comma 2, c.p.a.
In considerazione delle peculiarità della fattispecie e della novità delle questioni trattate, sussistono giuste ragioni per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, accoglie la domanda di annullamento in parte qua dell’atto impugnato per difetto di motivazione e istruttoria nei sensi e termini indicati in parte motiva.
Dichiara inammissibile la domanda di accertamento del diritto ad ottenere un provvedimento di attribuzione dell’indennizzo per cui è causa o un risarcimento commisurato a tale indennizzo.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2023 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Riccio, Presidente
Eleonora Monica, Consigliere
Igor Nobile, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Igor Nobile Francesco Riccio
IL SEGRETARIO