Fondi comuni? Costano molto, rendono poco, movimentano troppo.

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“Fondi comuni? Costano molto, rendono poco, movimentano troppo. Lo dice l’ultimo rapporto Mediobanca. In 20 anni replicando semplicemente gli indici si sarebbe ottenuto un rendimento doppio rispetto a quello dei gestori”

FONDI D’INVESTIMENTO AL SETACCIO.

SECONDO MEDIOBANCA LA MONTAGNA PARTORISCE IL TOPOLINO. COSTANO TANTO, RENDONO POCO. RIVELAZIONE: IN 20 ANNI IL FAI DA TE SULLA BORSA ITALIANA AVREBBE PRODOTTO IL DOPPIO DEL RISULTATO DEI FONDI AZIONARI ITALIANI.


“Il segreto per investire bene non è un segreto”. “Se per voi il risparmio è una cosa seria abbiamo già una cosa in comune”. “Il mercato ha un’entrata di sicurezza”. Slogan finale: “Nei fondi comuni si può investire con fiducia”. Sono le pubblicità che Assogestioni (l’organizzazione che comprende tutte le principali società che promuovono fondi comuni e gestioni) ha diffuso da maggio di quest’anno sui giornali e sulle radio.
Quella che è stata presentata come “ la prima campagna pubblicitaria istituzionale dell'Industria del Risparmio Gestito (le lettere maiuscole le scrivono quelle di Assogestioni nemmeno parlassero della Santissima Trinità, ndr) per far conoscere al pubblico dei risparmiatori i principi su cui si fonda: diversificazione, trasparenza e professionalità”. Per la serie chi si loda, si imbroda. E’ infatti di ieri sera la pubblicazione sul sito dell’ufficio Studi di Mediobanca (consultabile gratuitamente all’indirizzo www.mbres.it ) dell’annuale studio sull’industria (con la i minuscola) del risparmio gestito, ovvero il focus annuale sul rendimento dei fondi comuni fatto da un ufficio studi fra i più autorevoli in Italia anche perché Mediobanca non colloca…fondi comuni o ha interessi diretti sul settore. Un parere quindi (merce rara) indipendente, basato su dati oggettivi e non su tesi precostituite o disturbate dal solito venticello del “conflitto d’interessi” che soffia senza interruzioni sullo Stivale (e dove è la regola del mondo finanziario). Cosa dice questo studio? I fondi d’investimento (per la stragrande maggioranza) hanno scoperto e vendono l’acqua calda. E la vendono a caro prezzo. Facendola però passare spesso per un elisir miracoloso, capace di guarire (quasi) tutti i mali. L’analisi si ferma ai dati definitivi 2003 e svela che anche quest’anno il mondo del risparmio gestito non è riuscito a superare il consueto esame oggettivo fatto di dati e non di parole in libertà dell’ufficio studio di Mediobanca. Che ha bocciato sia i costi dei prodotti (più alti di quelli Usa e di quelli europei) sia soprattutto le performance, carenti rispetto al mercato ma anche in confronto agli indici scelti dai gestori. In particolare risulta davvero impietoso il raffronto con i mercati di riferimento: il rendimento dei fondi resta infatti insoddisfacente rispetto agli impieghi alternativi. Nel 2003 i prodotti obbligazionari hanno fruttato l’1,9%, meno dei Bot che hanno reso il 2,4%. E non è andata meglio ai fondi azionari: nonostante il campione abbia guadagnato in media il 9,9% non è riuscito a superare né il 10,5% dalle Borse mondiali né il 16,6% di Piazza Affari. Insomma per i risparmiatori che non hanno avuto la fortuna di scovare i prodotti migliori sarebbe stato più conveniente acquistare uno strumento a basso costo (come gli Etf, exchange traded fund) o puntare sul fai-da-te “intelligente”. “I fondi italiani sotto processo. Costano tanto, rendono poco” scrive la Repubblica del 23 luglio 2004, evidenziando le spese alle stelle: le commissioni salgono al 2,5% del patrimonio per gli azionari. Passando invece al confronto delle performance con i benchmark scelti dagli stessi gestori il risultato è meno negativo ma comunque perdente: nel 2003 il rendimento dell’insieme dei fondi è stato inferiore di 1,2 punti rispetto ai benchmark dichiarati (l’obiettivo dai gestori dei fondi dichiarato da battere) con i prodotti azionari che hanno perso la gara con un gap sul benchmark del 2,8%, dato peggiore dell 2002 quando il divario era stato dell’1,7 per cento. Sul fronte costi, nel 2003 quelli medi di gestione dei 1.209 fondi comuni analizzati da Mediobanca sono rimasti invariati all’1,3 per cento. Ma questa stabilità è figlia della minore incidenza del comparto azionario, per il quale le commissioni sono invece risalite al 2,4%, il massimo degli ultimi cinque anni. A spingere sulla crescita dei costi degli azionari sono state soprattutto le commissioni di performance (quelle recentemente finite nel mirino della Banca d’Italia) che hanno rappresentato il 13% del totale oneri (ciò significa che se anche dovessero sparire del tutto le commissioni di performance, oggetto di un processo di revisione da parte della Banca d'Italia, gli oneri di gestione si ridurrebbero dal 2,4% al 2,1%). Ma ha contribuito anche l’alta rotazione dei portafogli perché le azioni risultano movimentate con una frequenza di otto mesi contro la media Usa di due anni. Ciò significa che ogni otto mesi vendono e ricomprano tutti i titoli in cui investono. In pratica ai gestori italiani piace fare molto “trading” con i soldi dei clienti, alimentando il sospetto (“a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca” direbbe Giulio Andreotti) che in questo modo, facciano affluire più commissioni di intermediazioni alle loro banche. “Continuano a comprare e vendere titoli in una sarabanda frenetica. Al punto che ogni otto mesi rigirano tutto il patrimonio, e poi ricominciano da capo. Nervosi e, visti i risultati, non troppo efficienti” osserva La Repubblica. Parliamo di fondi perchè nella lista delle domande che ci sono poste dai nostri clienti proprio su questi spesso ci vengono fatte domande riguardo la presunta "buona scelta" operata (a detta dei promotori che hanno piazzato i prodotti spesso scadenti). La maggior movimentazione del portafoglio non è spiegabile con extra-profitti di gestione, dato che dalla nascita dei fondi comuni in Italia, cioè dal 1984, la performance netta media annua è stata del 7,5% contro l'8,4% dei BoT. Negli ultimi dieci anni la performance dei fondi è stata del 2,9% contro il 5% annuo dei BoT, mentre negli ultimi cinque anni il rendimento dei fondi è stato negativo per lo 0,6% contro il +3% dei Buoni ordinari del Tesoro. Dal '98 al 2003 sarebbe cioè stato più conveniente tenere i risparmi investiti nei BoT: con i fondi cumulativamente si sarebbe ottenuto il 19,2% in meno. L'indagine riguarda solo i fondi comuni di diritto italiano. Quest'anno però l'ufficio studi di Mediobanca ha raccolto anche qualche indicazione sui fondi di diritto lussemburghese o irlandese (le famose Sicav) gestite da società di casa nostra. Ebbene, l'industria italiana del risparmio gestito, che è la terza al mondo per dimensioni dopo quella Usa e francese, si distingue per avere la maggior quota di patrimonio in veicoli esteri. Siamo i più “esterofili”. Nel 2003 per i soli fondi lussemburghesi di matrice italiana il patrimonio ammontava a 110 miliardi di euro, pari al 28% dei fondi gestiti in Italia, contro il 20% della Germania o il 15% del Regno Unito. In effetti guardando ai rendimenti il vantaggio delle sicav rispetto ai fondi è trascurabile (il vantaggio è infatti soprattutto per le società di gestione italiane che preferiscono spingere le sicav rispetto ai fondi perché ci guadagnano di più e hanno maggiore libertà). Lo scorso anno il rendimento medio dei fondi esteri è stato del 4,5% (-10% nel 2002), con i fondi azionari all'8% (-30% nel 2002), e gli obbligazionari e misti al 3%, rendimenti quindi non molto differenti da quelli realizzati in Italia.

Le “balle spaziali” smascherate dal report Mediobanca

Questi dati sicuramente anche quest’anno alimenteranno da parte di Assogestioni l’accusa che il confronto non è pienamente corretto, su questioni completamente risibili e cercando di trovare qualche “pagliuzza” sbagliata. Lo studio di Mediobanca svela in realtà la “trave”, ovvero smaschera chiaramente la favola raccontata da banchieri, bancari, promotori e pennivendoli che i fondi d’investimento offrono una gestione “professionale” del risparmio, operando con i soldi dei clienti nel loro interesse. Come si evince dalle statistiche pubblicate da Mediobanca su un periodo di 20 anni si evidenzia invece che i fondi (come sistema e certo si possono essere delle eccezioni) fanno sempre meno dei mercati dove investono (azioni italiane o estere, obbligazioni o fondi monetari).
Nonostante i gestori dicano di fare riunioni continue, leggere report, disporre di uffici studi con decine o centinaia di analisti, organizzano “comitati di gestione”, dispongano di mezzi sofisticati dal punto di vista tecnologico come software o hardware dell’ultimo modello con budget illimitati alla fine…tutta questa montagna partorisce.. un topolino. Il risultato realizzato è infatti lo specchio dei mercati dove i fondi investono dedotte le commissioni di gestione e gli altri balzelli prelevati. Insomma la maggior parte dei fondi d’investimento venduti come strumenti a valore aggiunto e gestione attiva dove “il team di gestione è in grado di seguire i mercati con professionalità, individuando i migliori momenti e le migliori opportunità per entrare o uscire sul mercato” nella realtà si comporta non come un “primo della classe” capace di svolgere con brillantezza il proprio compito ma come uno studente “copione” che replica pedissequamente gli indici (un lavoro a prova di “stupido” e dove basta acquistare un Etf).
Dentro il rapporto Mediobanca si può anche verificare (dati alla mano e non opinioni) che la presunta funzione “calmieratrice” dei fondi d’investimento italiani capaci di comprare nei momenti di debolezza e vendere in quelli di euforia è una balla colossale. I fondi d’investimento comprano azioni a “manetta” nei periodi di boom (contribuendo ad alimentare i rialzi) e di disfano delle azioni nei momenti di discesa e di depressione (contribuendo ad accentuare i ribassi) come il risparmiatore più “sfigato” e maldestro.
A comprare dei fondi e tenerlì li (e questo indica chiaramente la ricerca Mediobanca) non conviene rispetto a una strategia senza rischi: meglio i Bot (un rivincita delle nonnine)! Meno stress e maggior risultato (e non si mantiene con il proprio patrimonio il promotore, il suo capo area, la direzione commerciale della sgr, il gestore, gli analisti, gli impiegati, la banca). Negli ultimi 10 anni rispetto ai vecchi Bot i fondi (con la f minuscola) hanno reso il 30,6% in meno. Abbiamo provato a fare dei conti (che nessun ha ancora fatto) sui dati pubblicati da Mediobanca che vi invitiamo a valutare. Dal 1984 a oggi (data della nascita ufficiale dei fondi in Italia) un risparmiatore (immaginando che non abbia pagato alcuna commissione di sottoscrizione, ipotesi falsa per chi aveva sottoscritto i fondi all’epoca) avrebbe con un fondo azionario ottenuto a fine 2003 (su un periodo di 20 anni) un ritorno sotto forma di rendimento del 153,6% (solo l’inflazione nel periodo è stata del 121,3%). Se invece avesse investito in tranquillissimi Bot il ritorno sarebbe stato del 169,5! Ma il dato più clamoroso è confrontare la “professionalità e la capacità” dei gestori dei fondi con l’andamento dei mercati nello stesso periodo. Ebbene si può scoprire che in questo ventennio l’indice delle Borse Mondiali (il Morgan Stanley World) è salito del 250% (il 100% in più di quanto hanno ottenuto i fondi azionari) con il dato ancora più clamoroso del rendimento di Piazza Affari (l’indice Mib) salito nel periodo 1984-2004 del 300%. Il doppio, ovvero il 150% in più!

Altro che fondi, meglio il fai da te!

Dati che (quasi) nessun promotore farà mai vedere a un suo cliente e che smentiscono che in Borsa basta comprare le azioni, sedersi sotto l’albero, e aspettare il raccolto (gestire i risparmi in modo informato, attivo e consapevole secondo una strategia è una necessità, non un hobby inutile) o che l’intermediazione dei gestori dei fondi produce valore aggiunto (le sgr brave si contano sulla dita di una mano nonostante le centinaia di società di gestione e gli oltre 8.000 fondi e sicav). Tutto questo non per dire che i fondi o le gestioni siano prodotti inutili (secondo la nostra esperienza esistono prodotti peggiori come le gestioni patrimoniali o tutti i prodotti strutturati, con capitale garantito e comunque alcune sgr dimostrano sul campo di fare gestione attiva e bene come Anima) ma che non sono la “panacea” raccontata da chi li vende e incassa laute commissioni (naturalmente consigliando guardacaso quelli su cui percepisce commissioni e mai gli altri...visto che il sistema italiano dei promotori è fondato essenzialmente sul monomandato dove non capiterà mai a un promotore di Mediolanum di consigliare un fondo Anima). Una volta conosciuti i punti di forza e di debolezza di un fondo (in questi anni abbiamo dimostrato sul campo che una gestione azionaria indipendente può avere risultati nettamente migliori) occorre quindi saperli “maneggiare”. Fermo restando che in diversi mercati l’utilizzo dei fondi resta una strada quasi obbligata per milioni di risparmiatori che puntano alla diversificazione del rischio. Comprare delle quote dei fondi, stabilire una diversificazione a priori e lasciarla lì, statica, in balia dei mercati, non è secondo noi un modo intelligente per investire i propri risparmi. Fa felice il vostro broker ma non il vostro conto. Meglio puntare a una gestione flessibile, potendo diminuire la quota dall’azionario all’obbligazionario, da un Paese o da un’area all’altra, adeguandosi ai mercati piuttosto che subirli passivamente. Per questo motivo a fianco alle nostre linee di consulenza solo azionaria abbiamo affiancato da qualche mese un servizio di consulenza sui fondi (Portfolio Fund Strategy) che opera con la stessa logica “attiva” che ci ha consentito in questi anni di fare nettamente meglio del mercato. Il tempo “galantuomo” ci dirà se anche per i fondi la nostra strategia sarà premiata (intanto già in questi mesi il “sistema” ha consigliato a ragione di sottopesare la quota azionaria facendo meglio di una gestione “classica” statica e al 100% investita in fondi azionari). Intanto a settembre anche sul settore obbligazionario vi anticipiamo che lanceremo sempre con la stessa logica un servizio di consulenza che “seleziona” i migliori fondi (oppure in alternativa ETF) che operano su questi mercati, potendo quindi contare su diversificazione massima, garanzia di assoluta solvibilità, facilità di intermediazione e rendimenti (per il settore) crediamo interessanti (negli ultimi 3 anni si sarebbero potuti ottenere rendimenti quasi doppi rispetto a quelli offerti dai fondi obbligazionari ovvero il 14,5% contro il 7,5%). Per i gestori dei fondi e gli esperti delle banche che continuano come indica il rapporto 2004 di Mediobanca a muovere in continuazione il patrimonio dei loro clienti, ottenendo risultati risibili, incapaci di fare meglio dei mercati dove investono resta (ahinoi) sempre valida la battuta di Woody Allen (di professione comico e umorista). “Il gestore di patrimoni? Quel tizio che con i vostri soldi compra e vende azioni in Borsa fino a che non resta nulla”. Ma c’è poco da ridere.

OK!
 
Scritto da luciotrader
“Fondi comuni? Costano molto, rendono poco, movimentano troppo. Lo dice l’ultimo rapporto Mediobanca. In 20 anni replicando semplicemente gli indici si sarebbe ottenuto un rendimento doppio rispetto a quello dei gestori”

FONDI D’INVESTIMENTO AL SETACCIO.

SECONDO MEDIOBANCA LA MONTAGNA PARTORISCE IL TOPOLINO. COSTANO TANTO, RENDONO POCO. RIVELAZIONE: IN 20 ANNI IL FAI DA TE SULLA BORSA ITALIANA AVREBBE PRODOTTO IL DOPPIO DEL RISULTATO DEI FONDI AZIONARI ITALIANI.


“Il segreto per investire bene non è un segreto”. “Se per voi il risparmio è una cosa seria abbiamo già una cosa in comune”. “Il mercato ha un’entrata di sicurezza”. Slogan finale: “Nei fondi comuni si può investire con fiducia”. Sono le pubblicità che Assogestioni (l’organizzazione che comprende tutte le principali società che promuovono fondi comuni e gestioni) ha diffuso da maggio di quest’anno sui giornali e sulle radio.
Quella che è stata presentata come “ la prima campagna pubblicitaria istituzionale dell'Industria del Risparmio Gestito (le lettere maiuscole le scrivono quelle di Assogestioni nemmeno parlassero della Santissima Trinità, ndr) per far conoscere al pubblico dei risparmiatori i principi su cui si fonda: diversificazione, trasparenza e professionalità”. Per la serie chi si loda, si imbroda. E’ infatti di ieri sera la pubblicazione sul sito dell’ufficio Studi di Mediobanca (consultabile gratuitamente all’indirizzo www.mbres.it ) dell’annuale studio sull’industria (con la i minuscola) del risparmio gestito, ovvero il focus annuale sul rendimento dei fondi comuni fatto da un ufficio studi fra i più autorevoli in Italia anche perché Mediobanca non colloca…fondi comuni o ha interessi diretti sul settore. Un parere quindi (merce rara) indipendente, basato su dati oggettivi e non su tesi precostituite o disturbate dal solito venticello del “conflitto d’interessi” che soffia senza interruzioni sullo Stivale (e dove è la regola del mondo finanziario). Cosa dice questo studio? I fondi d’investimento (per la stragrande maggioranza) hanno scoperto e vendono l’acqua calda. E la vendono a caro prezzo. Facendola però passare spesso per un elisir miracoloso, capace di guarire (quasi) tutti i mali. L’analisi si ferma ai dati definitivi 2003 e svela che anche quest’anno il mondo del risparmio gestito non è riuscito a superare il consueto esame oggettivo fatto di dati e non di parole in libertà dell’ufficio studio di Mediobanca. Che ha bocciato sia i costi dei prodotti (più alti di quelli Usa e di quelli europei) sia soprattutto le performance, carenti rispetto al mercato ma anche in confronto agli indici scelti dai gestori. In particolare risulta davvero impietoso il raffronto con i mercati di riferimento: il rendimento dei fondi resta infatti insoddisfacente rispetto agli impieghi alternativi. Nel 2003 i prodotti obbligazionari hanno fruttato l’1,9%, meno dei Bot che hanno reso il 2,4%. E non è andata meglio ai fondi azionari: nonostante il campione abbia guadagnato in media il 9,9% non è riuscito a superare né il 10,5% dalle Borse mondiali né il 16,6% di Piazza Affari. Insomma per i risparmiatori che non hanno avuto la fortuna di scovare i prodotti migliori sarebbe stato più conveniente acquistare uno strumento a basso costo (come gli Etf, exchange traded fund) o puntare sul fai-da-te “intelligente”. “I fondi italiani sotto processo. Costano tanto, rendono poco” scrive la Repubblica del 23 luglio 2004, evidenziando le spese alle stelle: le commissioni salgono al 2,5% del patrimonio per gli azionari. Passando invece al confronto delle performance con i benchmark scelti dagli stessi gestori il risultato è meno negativo ma comunque perdente: nel 2003 il rendimento dell’insieme dei fondi è stato inferiore di 1,2 punti rispetto ai benchmark dichiarati (l’obiettivo dai gestori dei fondi dichiarato da battere) con i prodotti azionari che hanno perso la gara con un gap sul benchmark del 2,8%, dato peggiore dell 2002 quando il divario era stato dell’1,7 per cento. Sul fronte costi, nel 2003 quelli medi di gestione dei 1.209 fondi comuni analizzati da Mediobanca sono rimasti invariati all’1,3 per cento. Ma questa stabilità è figlia della minore incidenza del comparto azionario, per il quale le commissioni sono invece risalite al 2,4%, il massimo degli ultimi cinque anni. A spingere sulla crescita dei costi degli azionari sono state soprattutto le commissioni di performance (quelle recentemente finite nel mirino della Banca d’Italia) che hanno rappresentato il 13% del totale oneri (ciò significa che se anche dovessero sparire del tutto le commissioni di performance, oggetto di un processo di revisione da parte della Banca d'Italia, gli oneri di gestione si ridurrebbero dal 2,4% al 2,1%). Ma ha contribuito anche l’alta rotazione dei portafogli perché le azioni risultano movimentate con una frequenza di otto mesi contro la media Usa di due anni. Ciò significa che ogni otto mesi vendono e ricomprano tutti i titoli in cui investono. In pratica ai gestori italiani piace fare molto “trading” con i soldi dei clienti, alimentando il sospetto (“a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca” direbbe Giulio Andreotti) che in questo modo, facciano affluire più commissioni di intermediazioni alle loro banche. “Continuano a comprare e vendere titoli in una sarabanda frenetica. Al punto che ogni otto mesi rigirano tutto il patrimonio, e poi ricominciano da capo. Nervosi e, visti i risultati, non troppo efficienti” osserva La Repubblica. Parliamo di fondi perchè nella lista delle domande che ci sono poste dai nostri clienti proprio su questi spesso ci vengono fatte domande riguardo la presunta "buona scelta" operata (a detta dei promotori che hanno piazzato i prodotti spesso scadenti). La maggior movimentazione del portafoglio non è spiegabile con extra-profitti di gestione, dato che dalla nascita dei fondi comuni in Italia, cioè dal 1984, la performance netta media annua è stata del 7,5% contro l'8,4% dei BoT. Negli ultimi dieci anni la performance dei fondi è stata del 2,9% contro il 5% annuo dei BoT, mentre negli ultimi cinque anni il rendimento dei fondi è stato negativo per lo 0,6% contro il +3% dei Buoni ordinari del Tesoro. Dal '98 al 2003 sarebbe cioè stato più conveniente tenere i risparmi investiti nei BoT: con i fondi cumulativamente si sarebbe ottenuto il 19,2% in meno. L'indagine riguarda solo i fondi comuni di diritto italiano. Quest'anno però l'ufficio studi di Mediobanca ha raccolto anche qualche indicazione sui fondi di diritto lussemburghese o irlandese (le famose Sicav) gestite da società di casa nostra. Ebbene, l'industria italiana del risparmio gestito, che è la terza al mondo per dimensioni dopo quella Usa e francese, si distingue per avere la maggior quota di patrimonio in veicoli esteri. Siamo i più “esterofili”. Nel 2003 per i soli fondi lussemburghesi di matrice italiana il patrimonio ammontava a 110 miliardi di euro, pari al 28% dei fondi gestiti in Italia, contro il 20% della Germania o il 15% del Regno Unito. In effetti guardando ai rendimenti il vantaggio delle sicav rispetto ai fondi è trascurabile (il vantaggio è infatti soprattutto per le società di gestione italiane che preferiscono spingere le sicav rispetto ai fondi perché ci guadagnano di più e hanno maggiore libertà). Lo scorso anno il rendimento medio dei fondi esteri è stato del 4,5% (-10% nel 2002), con i fondi azionari all'8% (-30% nel 2002), e gli obbligazionari e misti al 3%, rendimenti quindi non molto differenti da quelli realizzati in Italia.

Le “balle spaziali” smascherate dal report Mediobanca

Questi dati sicuramente anche quest’anno alimenteranno da parte di Assogestioni l’accusa che il confronto non è pienamente corretto, su questioni completamente risibili e cercando di trovare qualche “pagliuzza” sbagliata. Lo studio di Mediobanca svela in realtà la “trave”, ovvero smaschera chiaramente la favola raccontata da banchieri, bancari, promotori e pennivendoli che i fondi d’investimento offrono una gestione “professionale” del risparmio, operando con i soldi dei clienti nel loro interesse. Come si evince dalle statistiche pubblicate da Mediobanca su un periodo di 20 anni si evidenzia invece che i fondi (come sistema e certo si possono essere delle eccezioni) fanno sempre meno dei mercati dove investono (azioni italiane o estere, obbligazioni o fondi monetari).
Nonostante i gestori dicano di fare riunioni continue, leggere report, disporre di uffici studi con decine o centinaia di analisti, organizzano “comitati di gestione”, dispongano di mezzi sofisticati dal punto di vista tecnologico come software o hardware dell’ultimo modello con budget illimitati alla fine…tutta questa montagna partorisce.. un topolino. Il risultato realizzato è infatti lo specchio dei mercati dove i fondi investono dedotte le commissioni di gestione e gli altri balzelli prelevati. Insomma la maggior parte dei fondi d’investimento venduti come strumenti a valore aggiunto e gestione attiva dove “il team di gestione è in grado di seguire i mercati con professionalità, individuando i migliori momenti e le migliori opportunità per entrare o uscire sul mercato” nella realtà si comporta non come un “primo della classe” capace di svolgere con brillantezza il proprio compito ma come uno studente “copione” che replica pedissequamente gli indici (un lavoro a prova di “stupido” e dove basta acquistare un Etf).
Dentro il rapporto Mediobanca si può anche verificare (dati alla mano e non opinioni) che la presunta funzione “calmieratrice” dei fondi d’investimento italiani capaci di comprare nei momenti di debolezza e vendere in quelli di euforia è una balla colossale. I fondi d’investimento comprano azioni a “manetta” nei periodi di boom (contribuendo ad alimentare i rialzi) e di disfano delle azioni nei momenti di discesa e di depressione (contribuendo ad accentuare i ribassi) come il risparmiatore più “sfigato” e maldestro.
A comprare dei fondi e tenerlì li (e questo indica chiaramente la ricerca Mediobanca) non conviene rispetto a una strategia senza rischi: meglio i Bot (un rivincita delle nonnine)! Meno stress e maggior risultato (e non si mantiene con il proprio patrimonio il promotore, il suo capo area, la direzione commerciale della sgr, il gestore, gli analisti, gli impiegati, la banca). Negli ultimi 10 anni rispetto ai vecchi Bot i fondi (con la f minuscola) hanno reso il 30,6% in meno. Abbiamo provato a fare dei conti (che nessun ha ancora fatto) sui dati pubblicati da Mediobanca che vi invitiamo a valutare. Dal 1984 a oggi (data della nascita ufficiale dei fondi in Italia) un risparmiatore (immaginando che non abbia pagato alcuna commissione di sottoscrizione, ipotesi falsa per chi aveva sottoscritto i fondi all’epoca) avrebbe con un fondo azionario ottenuto a fine 2003 (su un periodo di 20 anni) un ritorno sotto forma di rendimento del 153,6% (solo l’inflazione nel periodo è stata del 121,3%). Se invece avesse investito in tranquillissimi Bot il ritorno sarebbe stato del 169,5! Ma il dato più clamoroso è confrontare la “professionalità e la capacità” dei gestori dei fondi con l’andamento dei mercati nello stesso periodo. Ebbene si può scoprire che in questo ventennio l’indice delle Borse Mondiali (il Morgan Stanley World) è salito del 250% (il 100% in più di quanto hanno ottenuto i fondi azionari) con il dato ancora più clamoroso del rendimento di Piazza Affari (l’indice Mib) salito nel periodo 1984-2004 del 300%. Il doppio, ovvero il 150% in più!

Altro che fondi, meglio il fai da te!

Dati che (quasi) nessun promotore farà mai vedere a un suo cliente e che smentiscono che in Borsa basta comprare le azioni, sedersi sotto l’albero, e aspettare il raccolto (gestire i risparmi in modo informato, attivo e consapevole secondo una strategia è una necessità, non un hobby inutile) o che l’intermediazione dei gestori dei fondi produce valore aggiunto (le sgr brave si contano sulla dita di una mano nonostante le centinaia di società di gestione e gli oltre 8.000 fondi e sicav). Tutto questo non per dire che i fondi o le gestioni siano prodotti inutili (secondo la nostra esperienza esistono prodotti peggiori come le gestioni patrimoniali o tutti i prodotti strutturati, con capitale garantito e comunque alcune sgr dimostrano sul campo di fare gestione attiva e bene come Anima) ma che non sono la “panacea” raccontata da chi li vende e incassa laute commissioni (naturalmente consigliando guardacaso quelli su cui percepisce commissioni e mai gli altri...visto che il sistema italiano dei promotori è fondato essenzialmente sul monomandato dove non capiterà mai a un promotore di Mediolanum di consigliare un fondo Anima). Una volta conosciuti i punti di forza e di debolezza di un fondo (in questi anni abbiamo dimostrato sul campo che una gestione azionaria indipendente può avere risultati nettamente migliori) occorre quindi saperli “maneggiare”. Fermo restando che in diversi mercati l’utilizzo dei fondi resta una strada quasi obbligata per milioni di risparmiatori che puntano alla diversificazione del rischio. Comprare delle quote dei fondi, stabilire una diversificazione a priori e lasciarla lì, statica, in balia dei mercati, non è secondo noi un modo intelligente per investire i propri risparmi. Fa felice il vostro broker ma non il vostro conto. Meglio puntare a una gestione flessibile, potendo diminuire la quota dall’azionario all’obbligazionario, da un Paese o da un’area all’altra, adeguandosi ai mercati piuttosto che subirli passivamente. Per questo motivo a fianco alle nostre linee di consulenza solo azionaria abbiamo affiancato da qualche mese un servizio di consulenza sui fondi (Portfolio Fund Strategy) che opera con la stessa logica “attiva” che ci ha consentito in questi anni di fare nettamente meglio del mercato. Il tempo “galantuomo” ci dirà se anche per i fondi la nostra strategia sarà premiata (intanto già in questi mesi il “sistema” ha consigliato a ragione di sottopesare la quota azionaria facendo meglio di una gestione “classica” statica e al 100% investita in fondi azionari). Intanto a settembre anche sul settore obbligazionario vi anticipiamo che lanceremo sempre con la stessa logica un servizio di consulenza che “seleziona” i migliori fondi (oppure in alternativa ETF) che operano su questi mercati, potendo quindi contare su diversificazione massima, garanzia di assoluta solvibilità, facilità di intermediazione e rendimenti (per il settore) crediamo interessanti (negli ultimi 3 anni si sarebbero potuti ottenere rendimenti quasi doppi rispetto a quelli offerti dai fondi obbligazionari ovvero il 14,5% contro il 7,5%). Per i gestori dei fondi e gli esperti delle banche che continuano come indica il rapporto 2004 di Mediobanca a muovere in continuazione il patrimonio dei loro clienti, ottenendo risultati risibili, incapaci di fare meglio dei mercati dove investono resta (ahinoi) sempre valida la battuta di Woody Allen (di professione comico e umorista). “Il gestore di patrimoni? Quel tizio che con i vostri soldi compra e vende azioni in Borsa fino a che non resta nulla”. Ma c’è poco da ridere.

OK!

Non mi sono nemmeno applicato a leggerlo sicuramente sarà vero(?) ma il punto è........... altro il mercato italiano è un mercato:confused: :no: :mmmm:

confronta con il Nyse e poi si vede.................:)
 
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