Ad ulteriore spunto di discussione, posto anche questo interessante articolo, di cui non riesco a inserire i grafici, che potete però trovare su Fineco nella pagina degli ETF, tra le news:
La volata Commodity...
Dopo anni di continuo rialzo delle quotazioni, i prezzi delle materie prime non sembrano incontrare ostacoli e raggiungono nuovi massimi storici: più rischi o più opportunità?
Ultimo sprint o ulteriore allungo?
Esiste una giustificazione molto semplice alla recente proliferazione di prodotti finanziari che consentono di investire direttamente in materie prime: negli ultimi 5 anni esistono pochi asset finanziari e pochi mercati che hanno saputo rendere una performance pari a quella delle commodities, dal petrolio, all’oro, fino ai materiali industriali.
Sfortunatamente però gli investimenti “corrono” in avanti e non indietro nel tempo e anni di continui rialzi, sebbene siano un’ottima credenziale, possono anche ragionevolmente far pensare che sia il momento ideale per vendere e non per acquistare.
Il successivo grafico 1, mette in evidenza l’andamento negli ultimi 35 anni dell’indice Reuters/Jefferies CRB Global, che da sempre rappresenta un benchmark consolidato del mercato delle commodities e che è anche l’indice sottostante l’etf Commodities CRB-LX (CRB.PAR) quotato a Parigi e prossimamente a Milano.
Si tratta di un indice rappresentativo dell’intero mercato delle commodities in quanto, sebbene il petrolio detenga il peso più rilevante pari a circa il 25% dell’intero paniere, posizioni significative sono detenute anche dai metalli preziosi (oro e argento), dai materiali industriali (alluminino e rame) e da quelli agricoli (mais, soja e cacao).
Grafico 1 – Andamento dell’indice Reuters/Jefferies CRB Global (da novembre ‘70 ad aprile ’06).
Lo scorso mese di aprile è stato molto significativo per l’indice in quanto ha rappresentato la rottura della resistenza statica posta in area 340 e che rappresentava il massimo storico raggiunto al termine degli shock petroliferi degli anni ’70.
Si tratta dunque di un segnale tecnico dall’assoluta rilevanza, mitigato in parte solo dal quadro tecnico di breve periodo che, come evidenzia il successivo grafico 2, mostra si un moderato trend rialzista ma anche la formazione di un doppio massimo in area 360 con la concreta possibilità, nell’immediato, di una correzione ribassista fino in zona 320.
Grafico 2 – Andamento dell’indice Reuters/Jefferies CRB Global (dal 1 giugno ‘05 al 4 maggio ’06).
Molti analisti e asset manager iniziano a chiedersi se la congiuntura economica internazionale (il mercato delle commodities è infatti per definizione globale) giustifichi l’attuale livello raggiunto dalle quotazioni delle materie prime.
Secondo alcune opinioni le commodities sarebbero entrate in un trend rialzista di lungo periodo determinato dalla loro stessa natura di risorse limitate e quindi dalla loro crescente scarsità all’interno del sistema globale. Ad esempio, sembrerebbe che questo anno, per la prima volta nella storia, verranno scoperti nuovi giacimenti di petrolio per un quantitativo inferiore a quanto ne verrà effettivamente prodotto e consumato.
All’opposto di queste posizioni, vi sono invece coloro che ritengono che la crescente terziarizzazione dell’economia mondiale e lo sviluppo di nuove e più efficienti tecnologie di produzione, abbia comportato una sempre minore dipendenza dell’economia dagli input produttivi.
Pur essendo entrambe delle argomentazioni ragionevoli, la storia passata sembra non lasciare spazio a molti dubbi. Il successivo grafico 3 confronta infatti l’andamento tra l’indice blue chips Usa S&P500 e l’indice Reuters/Jefferies CRB Global negli ultimi 50 anni.
Grafico 3 – Confronto tra l’indice Reuters/Jefferies CRB Global e l’indice blue chips Usa S&P500 (da settembre ’56 ad aprile ’06).
Nelle ultime 5 decadi lo S&P500 ha offerto una performance total return, quindi comprensiva dei dividendi distribuiti nel periodo, del 2789.99% contro il 223.16% dell’indice commodity globale (dati in dollari Usa). In termini di rendimento annuale, le materie prime si sarebbero quindi apprezzate solo del 2.39%, contro il 7.02% del mercato azionario Usa, dimostrando quindi un evidente deprezzamento in termini reali.
L’economia capitalista ha dunque già dimostrato di sapere convivere bene con il vincolo costituito dalle risorse produttive limitate in natura e, sebbene probabilmente non siamo tuttora giunti al picco rialzista del mercato, non si può fare a meno di notare come il mercato ci abbia spesso abituati a drammatiche correzioni ribassiste dei prezzi delle commodities: ad esempio, dal picco raggiunto al termine del 1980 al minimo toccato nel 1986, l’indice Reuters/Jefferies CRB Global aveva perso oltre il 40% del suo valore…