Di Manuela Gandini.
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Nam June Paik.
Terrorista del pensiero comune, agitatore, inventore.
Nam June Paik è un genio. E’ una specie di divinità coreana, un Buddha dinoccolato e ilare che si aggira, nel 1993, nei giardini della Biennale di Venezia con le scarpe una diversa dall’altra. E’ il primo, con Charlotte Moorman, a incarnare il concetto di trans-umanesimo (50 anni fa). E’ il primo a usare i monitor nell’arte. Irride il potere e frammenta la musica e le immagini. Manipola, deforma e costruisce muri di televisori facendo rivivere elettronicamente Cage, Cunningham, Beuys, Maciunas...Ti porta dentro un mondo nervoso, colorato, dinamico, artificiale e pieno di fantasmi. E’ il mondo che – già trent’anni - fa ti stava aspettando. Il mondo che, tradotto nel presente, è quello che indirizza ogni tua scelta. Ieri mattina, Caterina Gualco, della Unimediamodern di Genova, è stata ospite a una mia lezione sul Fluxus. Le studentesse, rapite dai suoi racconti, erano commosse. Insieme abbiamo ricostruito la storia del gruppo più lungimirante e utopico degli ultimi cento anni.
I fluxer sono stati modello di una futura comunità umana libera, creativa, piena di amore, solidarietà, contraddizione e cooperazione. L’esatto contrario dell’opaco dispotismo polarizzante e omologante dell’attuale globalismo (basato - ops -sul controllo e la sottomissione).
Ma abbiamo fatto un viaggio nel tempo, ieri, ricordando due performance capitali di Paik. La prima riguarda l’incontro tra l’artista e Clinton. Alla Casa Bianca per ritirare un premio, Paik camminava con il suo deambulatore tenendosi i pantaloni con una mano. Arrivato di fronte al presidente li ha lasciati cadere mostrando il membro al potere. Un’immenso sorriso gli ha illuminato il volto. La sua immane forza e intelligenza gli ha permesso di agire, senza tabù e senza paure, alla cena di gala in totale coerenza con il suo pensiero cristallino.
Molti anni prima invece – ha raccontato Caterina - lo sconosciuto Paik, incontrando Beuys a un opening, gli saltò addosso e gli tagliò la cravatta. Da allora divennero grandi amici. Quando poi Paik morì, al suo funerale tutti gli artisti si tagliarono la cravatta.


