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Buongiorno a tutti, sono nuovo di questo forum e dei forum in generale.
Sto acquistando una tela di Griffa in galleria del 1983.
E' firmata e datata al retro.
E' normale che l'autentica dell'artista sia la semplice foto dell'opera con la firma, senza nessun altro riferimento.
La galleria rilascia anche il proprio certificato.
Grazie in anticipo per le risposte
Buongiorno a tutti, sono nuovo di questo forum e dei forum in generale.
Sto acquistando una tela di Griffa in galleria del 1983.
E' firmata e datata al retro.
E' normale che l'autentica dell'artista sia la semplice foto dell'opera con la firma, senza nessun altro riferimento.
La galleria rilascia anche il proprio certificato.
Grazie in anticipo per le risposte
Io comunque, al tuo posto, insisterei a chiedere al venditore di provvedere: sarebbe un indice di serietà.
Quando scrivi del prendere le distanze dalla pittura analitica mi viene da sorridere.Lo spunto è nato dal post di Cento Arte credo, che evidenziava come la produzione più cercata e forse "pregiata" dell'artista sia quella anni '70, anche se non mi nascondo che in quel decennio ha avuto l'affermazione/consacrazione con mostre e Biennali.
Non vorrei ribaltare il paradigma sostenuto in tante pagine ma mi chiedo se abbia tutto questo senso ritagliare e dare tanto rilievo a quel determinato periodo quando Griffa stesso prende le distanze dalla pittura analitica, rifiutando di venire inquadrato in quell'ambito, ponendosi in modo tangente a più movimenti pur senza navigarli del tutto come anche la critica recente pare sottolineare.
Opera per cicli progressivi che non si chiudono ma coesistono (es. Alter Ego dura decenni) ed ai quali sembra riconoscere pari dignità oltre che esprimere un concetto di “non finito”, di un tempo sospeso, di un processo mai concluso rivendicando con forza "l'intelligenza della materia" di cui si pone a servizio come la continuità nel suo lavoro.
Non avrebbe forse più senso ricercare la qualità all'interno di ogni singolo ciclo?!
"...Non ho mai pensato a un catalogue raisonné e ho una mente che riesce a contaminare tutti i ricordi, del resto è proprio la contaminazione uno dei meccanismi da cui ha origine la vita. Quindi sono più attento ai percorsi mentali costruttivi e connettivi che a quelli di riepilogo, per cui mi trovo in difficoltà a trovare o designare un numero 1."
(non sembra forse una sorta di rifiuto della "cronologia"?...)
Lo spunto è nato dal post di Cento Arte credo, che evidenziava come la produzione più cercata e forse "pregiata" dell'artista sia quella anni '70, anche se non mi nascondo che in quel decennio ha avuto l'affermazione/consacrazione con mostre e Biennali.
Non vorrei ribaltare il paradigma sostenuto in tante pagine ma mi chiedo se abbia tutto questo senso ritagliare e dare tanto rilievo a quel determinato periodo quando Griffa stesso prende le distanze dalla pittura analitica, rifiutando di venire inquadrato in quell'ambito, ponendosi in modo tangente a più movimenti pur senza navigarli del tutto come anche la critica recente pare sottolineare.
Opera per cicli progressivi che non si chiudono ma coesistono (es. Alter Ego dura decenni) ed ai quali sembra riconoscere pari dignità oltre che esprimere un concetto di “non finito”, di un tempo sospeso, di un processo mai concluso rivendicando con forza "l'intelligenza della materia" di cui si pone a servizio come la continuità nel suo lavoro.
Non avrebbe forse più senso ricercare la qualità all'interno di ogni singolo ciclo?!
"...Non ho mai pensato a un catalogue raisonné e ho una mente che riesce a contaminare tutti i ricordi, del resto è proprio la contaminazione uno dei meccanismi da cui ha origine la vita. Quindi sono più attento ai percorsi mentali costruttivi e connettivi che a quelli di riepilogo, per cui mi trovo in difficoltà a trovare o designare un numero 1."
(non sembra forse una sorta di rifiuto della "cronologia"?...)
Sono contento.Ed alla fine il Griffa in Meeting e' andato.
Quando scrivi del prendere le distanze dalla pittura analitica mi viene da sorridere.
Molto probabilmente aveva preso consapevolezza di quanto qui sul forum andiamo dicendo da una vita riguardo la valenza dell’analitica sullo scenario internazionale, cioè non significativo.
Detto ciò però è troppo comodo defilarsi tentando di rifarsi il pedegree per poi andarsi ad allocare dove ? In quale ambito ?
Tutto questo non funziona fermo restando che Griffa rimane un ottimo Artista italiano senza voli pindarici internazionali e pretese di mercato fuori da ogni logica.
Due parole anche per spiegare come mai tutti gli "analitici" via via sono diventati meno analitici.
Dopo gli anni 70 (ricordo che la Biennale dell'80 segnò un drastico cambio di direzione in senso Post-moderno) alcuni "pittori" dell'Analitica cambiarono le loro posizioni: Battaglia, Gastini e Morales, se ne allontanarono definitivamente, mentre Griffa, Guarneri, Olivieri e Verna si limitarono a prendere le distanze dagli altri "Analitici" troppo concettuali e a loro volta poco "pittori". .
cito quanto ho letto dall'intervento di Lory:
"...Non ho mai pensato a un catalogue raisonné ..."
può motivarla come meglio crede, ma non la vedo affatto bene come scelta