Giovani "Bamboccioni" : ecco i numeri - Parte II

Bigmad,
Il mazzo te lo devi fare anche da dipendente...
 
concordo, ma la colpa non è del datore di lavoro, schiacciato dalle tasse che mette sul mercato prodotti al doppio del prezzo di analoghi fatti all'estero, è il sistema Italia che non è competitivo e, visto chi siede in parlamento e nelle amministrazioni, temo ci saranno tanti anni bui a venire

Ok, bionabol, ma se sta al 100% come dici, allora Pagotto non si deve lamentare con i giovani!!!
 
Se lo fai è solo perchè pensi di poter guadagnare di più dei 1800/2500 euro al mese che guadagnaresti quasi sicuramente facendo un lavoro dipendente.
E se guadagni più di 3/4000 euro al mese è giustissimo che tu faccia questo "mazzo" (anzi io aggiungerei anche qualche festa comandata!)
Non te l'ha ordinato mica il medico di fare l'imprenditore... :p

chiaramente tu NON hai mai avuto una azienda tua, altrimenti non parleresti così, denoti grandissima ignoranza.
Non posso chiudere l'impresa, hai idea di quanto costa chiudere? non ho abbastanza soldi per farlo.
Hai idea di quanto sia facile fare un grosso buco ed avere la vita ipotecata senza poter fare più nulla se non scappare dai creditori? ci sono mesi che intasco meno dei miei dipendenti pur lavorando il doppio, ma se non lo faccio si apre una voragine che ci affossa tutti e non sarà più sanabile, spesso si lavora per nulla pur di far andare la macchina.
KO!
 
Si, il punto è che devono essere dignitosi (ovvero per quel che io intendo, in grado di mantenere quantomeno un'unità abitativa autonoma), non per forza "generosi".

In un paese mediamente civile ci sarebbe un numero sufficiente di case di proprietà pubblica decenti. Affittandole a canoni ridotti, corrispondenti alla semplice spese di manutenzione (ord. e straord.) degli stabili (e con notevolissime economie di scala), si potrebbe campare bene anche con 1.200 euro al mese. Piano piano metti via qualcosa, poi te ne compri una tutta tua (e con tante case pubbliche i prezzi tenderebbero maggiormente a restare bassi).

Ma siccome noi italiani siamo furbi, diamo tutto questo settore ai privati e poi frignamo contro le aziende.
 
chiaramente tu NON hai mai avuto una azienda tua, altrimenti non parleresti così, denoti grandissima ignoranza.
Non posso chiudere l'impresa, hai idea di quanto costa chiudere? non ho abbastanza soldi per farlo.
Hai idea di quanto sia facile fare un grosso buco ed avere la vita ipotecata senza poter fare più nulla se non scappare dai creditori? ci sono mesi che intasco meno dei miei dipendenti pur lavorando il doppio, ma se non lo faccio si apre una voragine che ci affossa tutti e non sarà più sanabile, spesso si lavora per nulla pur di far andare la macchina.
KO!
Conosco benissimo i tuoi problemi che sono i medesimi che ci sono nella azienda in cui lavoro, per quanto so anche di imprenditori che "falliscono" chiudono e riaprono "camaleonticamente" con altri nomi, aziende e prestanomi.
Non solo non ho un'azienda mia, ma non l'ho mai avuta né vorrò mai averla (a meno che non venga costretto dalla necessità -leggi: "perdita del posto di lavoro"-) e, stranamente per come la si pensa qui dentro, penso che questo sia un PREGIO e non un difetto!
Non capisco cosa spinga un uomo ad andare "contro" la forza della natura: se un'attività è improduttiva o si regge a stento, uno può aspettare un paio d'anni per vedere se è un momento che si può superare, ma poi non può continuare a lavorare per rimetterci.
Se continua invece a lavorare e a tenere in piedi un'azienda, io mi sento autorizzato a pensare che, tutto sommato, non ci rimetta poi così tanto... oppure che gli stiano bene le cose così come stanno, e cioè lavorare il doppio dei suoi dipendenti per guadagnare di meno (ma sarà vero?).
La mia visione della società ideale "prevede" pochissima piccola e media impresa, confinata nei limiti fisiologici di una economia moderna e molte grandi aziende (pubbliche o private non ha importanza, basta che siano serie) da migliaia di dipendenti ciascuna. In questa "vision" il protagonista è colui che progetta la vita per diventare un ingranaggio di un meccanismo perfetto a servizio del benessere comune, aspirando di far parte di un'azienda "mamma" che pensa a lui dall'inizio alla fine della sua vita lavorativa e non colui che si sottrae a questo percorso pensando di essere più "bravo" o più "furbo" degli altri, rifiutando la disciplina (e forse sì, anche la noia) "da dipendente" per "insofferenza" alle gerarchie o per l'idea di voler "lavorare per sé stesso e non per un altro", con conseguente speranza di guadagni a 9 zeri.
Poi so bene che le cose nel Mondo vanno diversamente e che quello che spero probabilmente non si realizzerà più (perchè prima -anni 60/70 e 80- il mondo del lavoro era molto più vicino a questa vision), però ciò non toglie che il mio pensiero di fondo sia questo.
Senza voler offendere nessuno, sia chiaro.;)
 
Conosco benissimo i tuoi problemi che sono i medesimi che ci sono nella azienda in cui lavoro, per quanto so anche di imprenditori che "falliscono" chiudono e riaprono "camaleonticamente" con altri nomi, aziende e prestanomi.
Non solo non ho un'azienda mia, ma non l'ho mai avuta né vorrò mai averla (a meno che non venga costretto dalla necessità -leggi: "perdita del posto di lavoro"-) e, stranamente per come la si pensa qui dentro, penso che questo sia un PREGIO e non un difetto!
Non capisco cosa spinga un uomo ad andare "contro" la forza della natura: se un'attività è improduttiva o si regge a stento, uno può aspettare un paio d'anni per vedere se è un momento che si può superare, ma poi non può continuare a lavorare per rimetterci.
Se continua invece a lavorare e a tenere in piedi un'azienda, io mi sento autorizzato a pensare che, tutto sommato, non ci rimetta poi così tanto... oppure che gli stiano bene le cose così come stanno, e cioè lavorare il doppio dei suoi dipendenti per guadagnare di meno (ma sarà vero?).
La mia visione della società ideale "prevede" pochissima piccola e media impresa, confinata nei limiti fisiologici di una economia moderna e molte grandi aziende (pubbliche o private non ha importanza, basta che siano serie) da migliaia di dipendenti ciascuna. In questa "vision" il protagonista è colui che progetta la vita per diventare un ingranaggio di un meccanismo perfetto a servizio del benessere comune, aspirando di far parte di un'azienda "mamma" che pensa a lui dall'inizio alla fine della sua vita lavorativa e non colui che si sottrae a questo percorso pensando di essere più "bravo" o più "furbo" degli altri, rifiutando la disciplina (e forse sì, anche la noia) "da dipendente" per "insofferenza" alle gerarchie o per l'idea di voler "lavorare per sé stesso e non per un altro", con conseguente speranza di guadagni a 9 zeri.
Poi so bene che le cose nel Mondo vanno diversamente e che quello che spero probabilmente non si realizzerà più (perchè prima -anni 60/70 e 80- il mondo del lavoro era molto più vicino a questa vision), però ciò non toglie che il mio pensiero di fondo sia questo.
Senza voler offendere nessuno, sia chiaro.;)

Io sono sostanzialmente d'accordo con Bigmad. Bionabol ha descritto una realtà agghiacciante. Non si può chiedere alla gente questi livelli di autolesionismo.
 
La mia visione della società ideale "prevede" pochissima piccola e media impresa, confinata nei limiti fisiologici di una economia moderna e molte grandi aziende (pubbliche o private non ha importanza, basta che siano serie) da migliaia di dipendenti ciascuna. In questa "vision" il protagonista è colui che progetta la vita per diventare un ingranaggio di un meccanismo perfetto a servizio del benessere comune[/I], aspirando di far parte di un'azienda "mamma" che pensa a lui dall'inizio alla fine della sua vita lavorativa e non colui che si sottrae a questo percorso pensando di essere più "bravo" o più "furbo" degli altri, rifiutando la disciplina (e forse sì, anche la noia) "da dipendente" per "insofferenza" alle gerarchie o per l'idea di voler "lavorare per sé stesso e non per un altro", con conseguente speranza di guadagni a 9 zeri.
Poi so bene che le cose nel Mondo vanno diversamente e che quello che spero probabilmente non si realizzerà più (perchè prima -anni 60/70 e 80- il mondo del lavoro era molto più vicino a questa vision), però ciò non toglie che il mio pensiero di fondo sia questo.

Big, ti sei dimenticato dei piani quinquennali :D
...basta che siano serie....
Qualche esempio di aziende pubbliche serie.
Comincio io: Aziende Sanitarie Locali,regioni, comuni,PPSS.
Ooops, qualcuno ha detto SELEX :p ?
Il problema e' che neanche tra le private sono rose e fiori, ma almeno quelle non le paghiamo noi (almeno non direttamente) e qualche volta chiudono pure smettendo di fare danni.
 
In un paese mediamente civile ci sarebbe un numero sufficiente di case di proprietà pubblica decenti. Affittandole a canoni ridotti
Questo approccio dirigistico è già stato tentato, non è assolutamente sostenibile economicamente, mentre sono assolutamente certi gli abusi.
Mentre facendo pagare molto caro i grandi detentori di immobili si potrebbe evitare le grandi concentrazioni, in mano di pochi, questo favorirebbe una sana concorrenza e livello di prezzi, risolvendo il problema alla radice.
 
Questo approccio dirigistico è già stato tentato, non è assolutamente sostenibile economicamente, mentre sono assolutamente certi gli abusi.
Mentre facendo pagare molto caro i grandi detentori di immobili si potrebbe evitare le grandi concentrazioni, in mano di pochi, questo favorirebbe una sana concorrenza e livello di prezzi, risolvendo il problema alla radice.

In altri paesi d'Europa le case pubbliche (o di enti privati con scopi simili a quelli di ente pubblico) sono molto più presenti che in Italia e le finanza pubbliche sono anche messe meglio.

Mi spiegate dove sono le grandi concentrazioni di immobili in Italia? Mi sembra anzi che la proprietà sia piuttosto polverizzata. Leggevo le cifre dei vari enti che si stanno sognando di dismettere parte del patrimonio immobiliare, i più grossi vanno sulle decine di migliaia di immobili. Considerato che in Italia ce ne sono parecchie decine di milioni, non mi sembra una gran concentrazione.
 
Big, ti sei dimenticato dei piani quinquennali :D

Qualche esempio di aziende pubbliche serie.
Comincio io: Aziende Sanitarie Locali,regioni, comuni,PPSS.
Ooops, qualcuno ha detto SELEX :p ?
Il problema e' che neanche tra le private sono rose e fiori, ma almeno quelle non le paghiamo noi (almeno non direttamente) e qualche volta chiudono pure smettendo di fare danni.
Il fatto che fino ad oggi le aziende pubbliche siano state gestite male e a forza di clientele e inefficienza, non significa che le cose debbano rimanere così anche nel futuro.
Essere in linea di principio favorevoli alla presenza (anche massiccia) dello stato in alcuni settori strategici (difesa, ricerca, sicurezza, trasporti, ecc...) e/o essenziali (istruzione, sanità, Pubblica Amministrazione, ecc), non siginifica automaticamente essere a favore dello spreco, dell'inefficienza, della raccomandazione e nemico del merito...
 
In altri paesi d'Europa le case pubbliche (o di enti privati con scopi simili a quelli di ente pubblico) sono molto più presenti che in Italia e le finanza pubbliche sono anche messe meglio.

Mi spiegate dove sono le grandi concentrazioni di immobili in Italia? Mi sembra anzi che la proprietà sia piuttosto polverizzata. Leggevo le cifre dei vari enti che si stanno sognando di dismettere parte del patrimonio immobiliare, i più grossi vanno sulle decine di migliaia di immobili. Considerato che in Italia ce ne sono parecchie decine di milioni, non mi sembra una gran concentrazione.
Invece io sono contrario, in questo caso, alla presenza diretta dello stato nei panni del "proprietario di casa". Piuttosto, anzichè dover gestire milioni di immobili, che pagasse l'affitto a chi ne ha bisogno: sono certo che costerebbe di meno e sarebbe 100 volte più efficace.
 
Invece io sono contrario, in questo caso, alla presenza diretta dello stato nei panni del "proprietario di casa". Piuttosto, anzichè dover gestire milioni di immobili, che pagasse l'affitto a chi ne ha bisogno: sono certo che costerebbe di meno e sarebbe 100 volte più efficace.

Non sono d'accordo. A parte che sarebbe l'ennesimo caso di soldi pubblici che finiscono in tasche private, chi deciderebbe il "giusto affitto"? Se un privato mi chiede 1.000 euro per un bilocale in perifieria, devo farmelo pagare dallo Stato? E se si ponessero delle soglie, credo che tanti proprietari privati direbbero "bene, 500 euro al mese te li dà lo Stato, allora il canone totale è 1.200 euro".

In tanti paesi civili le case pubbliche ci sono, non necessariamente dei cessi, e sono tante, e questo diminuisce il peso degli inevitabili abusi che ci possono essere. Se adesso in Italia ci sono situazioni di degrado è perchè lo Stato (o chi per lui) ha abbandonato questo settore.
 
Giovani, forti e laureati Un milione resta senza lavoro - disoccupazione, giovani, istat, laurea - Libero Quotidiano

Giovani, forti e laureati Un milione resta senza lavoro
Tra il 2010 e il 2013 è crollato il numero degli under 35 al lavoro, passati da 6,3 a 5,3 milioni. Situazione drammatica al Sud

Colpa della pensione sempre più lontana, colpa della crisi economica e al generale calo dell'occupazione nelle imprese private, colpa del blocco del turn over nella pubblica amministrazione che di fatto ha ridotto al lumicino le assunzioni nel pubblico. Fatto sta che tra il 2010 e il 2013 è crollato il numero degli under 35 al lavoro, passati da 6,3 a 5,3 milioni (-1 milione). Leggendo le tabelle dell'Istat riferite al secondo trimestre dalle quali emerge in tutta la sua drammaticità la difficoltà nella quale si trova soprattutto i giovani di età compresa tra i 25 e i 34 anni per la quale si è registrato un calo di 750.000 unità nel sistema produttivo. Sono giovani che hanno terminato gli studi, c'è anche chi si è laureato e nella quale negli anni scorsi si cominciava a lavorare e in molti casi ci si formava una famiglia, ma adesso si ritrovano senza lavoro. Nel secondo trimestre 2013 nella fascia tra i 25 e i 34 anni lavoravano appena 4,329 milioni di persone contro i 5,089 milioni di solo tre anni prima. Il tasso di occupazione ha subito un crollo dal 65,9 al 60,2 (era al 70,1% nella media 2007), con quindi appena 6 persone su 10 al lavoro nell'età attiva per eccellenza. E se per i maschi del Nord la situazione è ancora accettabile con l'81,4% al lavoro (dall'86,6% del secondo trimestre 2010) al Sud la situazione è drammatica con appena il 51% degli uomini della fascia 25-34 anni che lavora (e solo il 33,3% delle donne).

Se si guarda al complesso degli under 35 (quindi anche ai giovanissimi) il tasso di occupazione a livello nazionale risulta in calo dal 45,9% del secondo trimestre 2010 al 40,4% dello stesso periodo del 2013. Il tasso di disoccupazione nella fascia tra i 25 e i 34 anni è cresciuto dall'11,7% del secondo trimestre 2010 al 17,8% dello stesso periodo del 2013 con oltre sei punti in più. I disoccupati tra i giovani adulti sono passati da 670.000 a 935.000. Al Sud il tasso di disoccupazione in questa fascia di etè è ormai al 30% (molto simile tra uomini al 29,1% a donne al 31,5%) dal 20,6% di appena tre anni prima. Al Nord la disoccupazione tra i giovani adulti è passata dal 7,3% del secondo trimestre 2010 al 10,9%.
 
Giovani, forti e laureati Un milione resta senza lavoro - disoccupazione, giovani, istat, laurea - Libero Quotidiano

Giovani, forti e laureati Un milione resta senza lavoro
Tra il 2010 e il 2013 è crollato il numero degli under 35 al lavoro, passati da 6,3 a 5,3 milioni. Situazione drammatica al Sud

Colpa della pensione sempre più lontana, colpa della crisi economica e al generale calo dell'occupazione nelle imprese private, colpa del blocco del turn over nella pubblica amministrazione che di fatto ha ridotto al lumicino le assunzioni nel pubblico. Fatto sta che tra il 2010 e il 2013 è crollato il numero degli under 35 al lavoro, passati da 6,3 a 5,3 milioni (-1 milione). Leggendo le tabelle dell'Istat riferite al secondo trimestre dalle quali emerge in tutta la sua drammaticità la difficoltà nella quale si trova soprattutto i giovani di età compresa tra i 25 e i 34 anni per la quale si è registrato un calo di 750.000 unità nel sistema produttivo. Sono giovani che hanno terminato gli studi, c'è anche chi si è laureato e nella quale negli anni scorsi si cominciava a lavorare e in molti casi ci si formava una famiglia, ma adesso si ritrovano senza lavoro. Nel secondo trimestre 2013 nella fascia tra i 25 e i 34 anni lavoravano appena 4,329 milioni di persone contro i 5,089 milioni di solo tre anni prima. Il tasso di occupazione ha subito un crollo dal 65,9 al 60,2 (era al 70,1% nella media 2007), con quindi appena 6 persone su 10 al lavoro nell'età attiva per eccellenza. E se per i maschi del Nord la situazione è ancora accettabile con l'81,4% al lavoro (dall'86,6% del secondo trimestre 2010) al Sud la situazione è drammatica con appena il 51% degli uomini della fascia 25-34 anni che lavora (e solo il 33,3% delle donne).

Se si guarda al complesso degli under 35 (quindi anche ai giovanissimi) il tasso di occupazione a livello nazionale risulta in calo dal 45,9% del secondo trimestre 2010 al 40,4% dello stesso periodo del 2013. Il tasso di disoccupazione nella fascia tra i 25 e i 34 anni è cresciuto dall'11,7% del secondo trimestre 2010 al 17,8% dello stesso periodo del 2013 con oltre sei punti in più. I disoccupati tra i giovani adulti sono passati da 670.000 a 935.000. Al Sud il tasso di disoccupazione in questa fascia di etè è ormai al 30% (molto simile tra uomini al 29,1% a donne al 31,5%) dal 20,6% di appena tre anni prima. Al Nord la disoccupazione tra i giovani adulti è passata dal 7,3% del secondo trimestre 2010 al 10,9%.

---> si dovrebbe almeno iniziare a distinguere se sono laureati in materie valide o scienza delle merendine...:yes:
 
---> si dovrebbe almeno iniziare a distinguere se sono laureati in materie valide o scienza delle merendine...:yes:
Si... ma anche no!
Il fatto che qualcuno possa mettere sul piatto una laurea, ancorchè in scienza delle merendine, dovrebbe ampliare il ventaglio delle sue possibilità di trovare lavoro e non diminuirlo.
Se sono laureato, come suggerisce artaserse, in giurisprudenza, potrò candidarmi a tutti i lavori per i quali la laurea in giurisprudenza NON è richiesta, più quelli per i quali è necessaria, più quelli in cui è comunque necessaria o auspicabile una laurea qualunque (magari attinente gli studi svolti). L'insieme dei lavori possibili, dunque, si amplia e quello dei lavori per i quali è necessaria la laurea in giurisprudenza, è solo un sottoinsieme, peraltro piuttosto piccolo, rispetto a quello.
Il fatto che aumentino i disoccupati tra i laureati è grave, ma non perchè questi laureati avrebbero sbagliato la scelta della facoltà, quanto perchè evidentemente è il lavoro nel suo complesso che cala e che non riesce ad assorbire neanche quelli che, avendo comunque una laurea, dovrebbero avere un c***** preferenziale.
 
Si... ma anche no!
Il fatto che qualcuno possa mettere sul piatto una laurea, ancorchè in scienza delle merendine, dovrebbe ampliare il ventaglio delle sue possibilità di trovare lavoro e non diminuirlo.
Se sono laureato, come suggerisce artaserse, in giurisprudenza, potrò candidarmi a tutti i lavori per i quali la laurea in giurisprudenza NON è richiesta, più quelli per i quali è necessaria, più quelli in cui è comunque necessaria o auspicabile una laurea qualunque (magari attinente gli studi svolti). L'insieme dei lavori possibili, dunque, si amplia e quello dei lavori per i quali è necessaria la laurea in giurisprudenza, è solo un sottoinsieme, peraltro piuttosto piccolo, rispetto a quello.
Il fatto che aumentino i disoccupati tra i laureati è grave, ma non perchè questi laureati avrebbero sbagliato la scelta della facoltà, quanto perchè evidentemente è il lavoro nel suo complesso che cala e che non riesce ad assorbire neanche quelli che, avendo comunque una laurea, dovrebbero avere un c***** preferenziale.

---> tutto giusto SE il costo dei laureati in scienza delle merendine (quindi sicuri disoccupati inquesto paese alla deriva) fosse zero per la comunita'...invece, dato il loro costo nei conti pubblici, ogni laureato rappresenta un po' di debito pubblico in piu' per la nazione quindi sarebbe meglio avere piu' manovali ignoranti che laureati disoccupati.
 
Il problema è che scappano anche i laureati "tosti"...
 
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