ennio1963
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#GovernoDegliOrrori
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Caramelle dagli sconosciuti
Marco Travaglio
Il Fatto Quotidiano
L’analisi clinica sui guerrafondai è tutta nelle parole che usano, con aria fra lo svagato e l’annoiato, senza neppure accorgersi dell’enormità di ciò che dicono e tacciono.
Anche perché è quasi sempre roba d’importazione, made in Washington o in London. Ora, per dire, sono tutti eccitati per la prossima “controffensiva” ucraina che seguirà o anticiperà la prossima “controffensiva” russa: una doppia mattanza.
A che pro? Quando ancora ci si capiva qualcosa, era chiaro che la Russia aveva attaccato dal 24 febbraio 2022 occupando quattro regioni ucraine (Donetsk, Lugansk, Zhaporizhzhia e Kherson), pari a un quinto-un sesto del Paese; poi a settembre Kiev aveva contrattaccato, recuperando una modica quantità di territori, per poi subire una lenta e faticosa controffensiva russa prima del gelo.
Tutti gli esperti veri, come i generali Milley e Cavo Dragone, ne avevano dedotto che: una riconquista dei quattro oblast (per non dire della Crimea) è mission impossible; la “vittoria” di Kiev è una pia illusione; e l’unica soluzione è il negoziato con compromessi territoriali.
In attesa che gli Usa e quel che resta dell’Ue presentino un piano, la Cina avanza il suo.
È inevitabilmente vago (dei dettagli si parla in segreto) e colpevolmente unilaterale (Xi l’ha esposto a Putin, non ancora a Zelensky), ma è l’unico sul tavolo.
Parte dal cessate il fuoco, che noi ingenui credevamo fosse il primo e più auspicabile obiettivo: tantopiù che tutti assicurano che Putin ha già perso la guerra.
E poi il 1° marzo ’22 fu il ministro ucraino Kuleba a chiedere a Pechino di “mediare con Mosca per un cessate il fuoco”.
Invece, prim’ancora di un rifiuto di Mosca (e magari di Kiev) alla tregua, è giunto quello degli Usa.
Che l’han respinta perché “adesso avvantaggerebbe i russi” (ma non avevano perso la guerra?).
E hanno intimato a Zelensky di non accettare tregue dagli sconosciuti, peggio se cinesi.
Per non avvantaggiare Putin, gli ucraini devono restarsene lì sotto le bombe a farsi sterminare almeno un altro annetto e mezzo, fino al novembre 2023, così Biden può farsi la campagna elettorale per la rielezione.
Poi, se vince, seguiteranno a farsi macellare.
Se invece torna Trump, addio armi e proiettili agli ucraini, ai quali non resterà che la resa, oppure altri massacri senza più difese, visto che nessuno avrà messo in piedi uno straccio di negoziato.
E tutto questo, attenzione, dovrebbero farlo per il loro bene.
Anziché chiamare un’ambulanza e inviarla alla Casa Bianca, il portavoce-consigliere di Zelensky, Podolyak, ha respinto l’idea del cessate il fuoco evocata da Xi Jinping perché – udite udite – “ogni tentativo di congelare il conflitto lo farebbe protrarre”.
È il nuovo Comma 22: per fermare la guerra, bisogna proseguirla.
E tutti morirono felici e contenti.
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Caramelle dagli sconosciuti
Marco Travaglio
Il Fatto Quotidiano
L’analisi clinica sui guerrafondai è tutta nelle parole che usano, con aria fra lo svagato e l’annoiato, senza neppure accorgersi dell’enormità di ciò che dicono e tacciono.
Anche perché è quasi sempre roba d’importazione, made in Washington o in London. Ora, per dire, sono tutti eccitati per la prossima “controffensiva” ucraina che seguirà o anticiperà la prossima “controffensiva” russa: una doppia mattanza.
A che pro? Quando ancora ci si capiva qualcosa, era chiaro che la Russia aveva attaccato dal 24 febbraio 2022 occupando quattro regioni ucraine (Donetsk, Lugansk, Zhaporizhzhia e Kherson), pari a un quinto-un sesto del Paese; poi a settembre Kiev aveva contrattaccato, recuperando una modica quantità di territori, per poi subire una lenta e faticosa controffensiva russa prima del gelo.
Tutti gli esperti veri, come i generali Milley e Cavo Dragone, ne avevano dedotto che: una riconquista dei quattro oblast (per non dire della Crimea) è mission impossible; la “vittoria” di Kiev è una pia illusione; e l’unica soluzione è il negoziato con compromessi territoriali.
In attesa che gli Usa e quel che resta dell’Ue presentino un piano, la Cina avanza il suo.
È inevitabilmente vago (dei dettagli si parla in segreto) e colpevolmente unilaterale (Xi l’ha esposto a Putin, non ancora a Zelensky), ma è l’unico sul tavolo.
Parte dal cessate il fuoco, che noi ingenui credevamo fosse il primo e più auspicabile obiettivo: tantopiù che tutti assicurano che Putin ha già perso la guerra.
E poi il 1° marzo ’22 fu il ministro ucraino Kuleba a chiedere a Pechino di “mediare con Mosca per un cessate il fuoco”.
Invece, prim’ancora di un rifiuto di Mosca (e magari di Kiev) alla tregua, è giunto quello degli Usa.
Che l’han respinta perché “adesso avvantaggerebbe i russi” (ma non avevano perso la guerra?).
E hanno intimato a Zelensky di non accettare tregue dagli sconosciuti, peggio se cinesi.
Per non avvantaggiare Putin, gli ucraini devono restarsene lì sotto le bombe a farsi sterminare almeno un altro annetto e mezzo, fino al novembre 2023, così Biden può farsi la campagna elettorale per la rielezione.
Poi, se vince, seguiteranno a farsi macellare.
Se invece torna Trump, addio armi e proiettili agli ucraini, ai quali non resterà che la resa, oppure altri massacri senza più difese, visto che nessuno avrà messo in piedi uno straccio di negoziato.
E tutto questo, attenzione, dovrebbero farlo per il loro bene.
Anziché chiamare un’ambulanza e inviarla alla Casa Bianca, il portavoce-consigliere di Zelensky, Podolyak, ha respinto l’idea del cessate il fuoco evocata da Xi Jinping perché – udite udite – “ogni tentativo di congelare il conflitto lo farebbe protrarre”.
È il nuovo Comma 22: per fermare la guerra, bisogna proseguirla.
E tutti morirono felici e contenti.