Alla logica dell’emergenza si aggiunge un altro fattore che pesa e non poco sulle prospettiva dell’economia e del paese per i prossimi mesi: l’incertezza. Un sondaggio Swg mostra che non è mai stata così alta. Il combinato disposto di massima incertezza e visione a corto raggio del governo non rischia di essere una miscela esplosiva?
Certamente. L’incertezza paralizza gli investimenti, deprime i consumi, induce a ridurre l’attività produttiva per minimizzare costi e rischi: un vero disastro. Quanto alla miopia del governo, alla sua incapacità di fornire un argine all’epidemia e quindi sicurezza ai cittadini, credo non vi possano essere dubbi che è il fattore chiave della tragedia che viviamo. Devo dire, tuttavia, che quella miopia riflette anche i limiti dell’opinione pubblica e la cautela (per non dire la pavidità) dell’informazione. Non credo vi siano dubbi sul fatto che, nel governo, conta più Rocco Casalino, che gestisce l’immagine pubblica di Conte, che il Comitato tecnico-scientifico, che dà pareri spesso inascoltati. Però se siamo nelle mani di un comico (Grillo) e di uno “spin doctor” (Casalino) è anche perché in Italia l’informazione non fa il suo mestiere e, anche per questo, i cittadini sono spesso passivi, rassegnati, e in definitiva incapaci di richiamare il ceto politico alle sue responsabilità. A me colpisce molto il fatto che, con i gravissimi e visibilissimi peccati di imprudenza che stava commettendo, Conte sia rimasto popolare per almeno otto mesi. E ancor più mi colpisce il modo con cui la maggior parte dei media hanno legittimato il racconto governativo (“siamo stati i più bravi”) e hanno accuratamente evitato di tallonare il governo nei mesi cruciali, quando si dimenticava di moltiplicare i tamponi, rafforzare le terapie intensive e la medicina territoriale, ampliare il trasporto pubblico locale, o chiudeva un occhio su assembramenti e movida, così preparando il disastro attuale. Del resto basterebbe un “esperimento mentale” per rendersi conto dell’anomalia.
Quale esperimento mentale?
Proviamo a immaginare che, al posto di Conte e del governo giallo-rosso, vi fosse stato Salvini, alla guida di un governo di centro-destra. Qualcuno può credere che i maggiori giornali avrebbero sorvolato sulle infinite omissioni del governo? Possiamo pensare che non sarebbero partite inchieste dettagliate, denunce, e che qualcuno non avrebbe martellato il governo con liste di domande imbarazzanti, come quelle con cui, dalle colonne di Repubblica, Giuseppe D’Avanzo mise sulla graticola Berlusconi nel 2009? E il Fatto Quotidiano, così attento a difendere l’indifendibile quando al potere ci sono i Cinque Stelle, non avrebbe improvvisamente ritrovato la sua verve giacobina e anti-governativa?
Ma non è solo questo, non è solo il fatto che l’informazione in Italia è partigiana, e quindi non riesce a svolgere con continuità la sua funzione di critica e controllo del potere. Il problema siamo anche noi, cittadini di una società che ha cambiato pelle e somiglia sempre meno a una fabbrica e sempre più a un luna park. In realtà io penso che – come una volta ebbe a dire Norberto Bobbio – abbiamo i governanti che ci meritiamo, e che se è doveroso criticarli quando ci stanno portando al disastro, non possiamo dimenticare che se ci portano al disastro con tanta spensierata incoscienza è anche perché noi non siamo più in grado di accettare alcun sacrificio che leda quelli che consideriamo ormai diritti fondamentali, come il divertimento, le vacanze, l’evasione, più in generale i riti del consumo di massa. Ve li immaginate, oggi, dei genitori che dicano ai loro figli: per quest’estate niente vacanze nei santuari del turismo di massa, pensate piuttosto a recuperare quel che non avete potuto studiare nei mesi della didattica a distanza? E’ un caso che, sulla scena pubblica, solo Antonio Scurati e Federico Rampini abbiano avuto il coraggio di fare discorsi di questo tipo? E ve lo immaginate, oggi, un leader politico che, come Berlinguer nel 1977, richiamasse i cittadini alla necessità di fare rinunce in nome del bene comune?