I difetti dell'imprenditoria italiana

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er patrizio

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Volevo chiedere a tutti i lavoratori ed imprenditori della sezione...

Quali sono secondo voi alcuni difetti macroscopici dell'imprenditoria italiana...

Non vorrei eccessivamente generalizzare,tuttavia sento molte persone lamentarsi.

Ecco un esempio.

https://www.facebook.com/pasquale.abiuso.1/posts/10201732559069081

I 5 MOTIVI PER I QUALI LE PMI ITALIANE MI HANNO ROTTO I MARONI.

1)Mi sono rotto i maroni perchè gli imprenditori continuano a parlare di crisi e non capiscono che la crisi è finita perchè questa situazione sarà la normalita' per i prossimi anni. Forse è arrivato il momento di uscire dalla loro maledetta zona di comfort e iniziare a farsi domande un tantino intelligenti. Per fare questo ci vogliono le palle e senza palle non sei imprenditore.

2)Mi sono rotto i maroni perchè gli imprenditori si ostinano a non capire che le aziende "me too" sono ad orologeria e con il destino segnato. Avranno lenta agonia o morte improvvisa.

3) Mi sono rotto i maroni perchè gli imprenditori si sbracano esausti sul divano di casa per continuare a vedere Tg spazzatura e manipolati, ma non si decidono a prendere in mano un libro che parli di marketing, o gestione aziendale o altri ***** utili per capire in quale baratro si sono cacciati e se c'è possibilità di un'eventuale terapia intensiva salvavita o è meglio dichiarare la morte clinica del loro sogno imprenditoriale.

4) Mi sono rotto i maroni perchè gli imprenditori non capiscono che non possono vendere indistintamente a tutti e che il loro prodotto/servizio non è universale, pena la caduta nella grande macrocategoria delle commodities (leggi materie prime se vuoi!) dove contano solo caratteristiche e prezzo e dove troveranno sempre qualcuno che per i motivi più disparati avrà un prezzo più basso del loro (leggi guerra dei poveri!). Sarà arrivato il momento di capire che se non si differenziano in qualche modo, muoiono, senza possibilità di salvezza? Sarà arrivato il momento di capire che se hanno un negozio di scarpe non possono vendere al manager, alla casalinga, alla cubista, all'atleta professionista e al neonato ma devono fare una scelta e posizionare la loro bottega in una nicchia di valore e magari specializzarsi in calzature classiche da uomo o tacchi a spillo per donne da 20 a 45 anni di età,ecc.? Ma per fare una scelta del genere ci vogliono le palle, ma senza palle non sei imprenditore.

5) Mi sono rotto i maroni perchè gli imprenditori muoiono ma non capiscono che l'azienda è un sistema organizzato dove deve esserci un posizionamento, un marketing semplice che si ispira al posizionamento e porta leads qualificati e un minimo sistema di vendita per convertire parte dei leads in acquirenti. In pochi lo hanno capito e saranno i pochi che usciranno vittoriosi e continueranno a prosperare in tutti i mercati e in ogni momento storico.

Finalmente mi sono sfogato.
 
Io mi sarei un po' rotto i maroni di gente come questo Pasquale qui: dice cose fondamentalmente giuste se riferite alla nostra microimprenditoria, ma non dice la cosa più giusta di tutte e cioè che la microimprenditoria non è il modello giusto per lo sviluppo industriale di un paese. Piuttosto mi sembra voglia fare il professorino, spiegando ai poveri imprenditorucoli de noantri cosa bisognerebbe fare per non morire e continuare a galleggiare in un limbo senza fine. Io penso che le cose che scrive gli imprenditori le conoscano bene e che magari qualcuno metterà anche il pratica delle contromisure. Purtroppo le storie di successo che ci saranno non basteranno a far diventare l'Italia un paese industriale a livello dei partner europei.
 
per me pasqualino è solo uno dei tanti che sa bene lamentarsi...

in un paese che vede il sud come un rimorchio e il nord come la locomotiva non ha ancora capito che se il sud non si sviluppa da solo il Nord non si toglierà mai da questa situazione...

i punti fondamentali sono sempre i soliti,

INCOMPETENZA la gente in italia è incompetente, quelli buoni se ne vanno

problemi sono sempre gli stessi... al sud atterrano i rifiuti (per legarci al discorso di prima) e Pomì promuove il suo prodotto di ***** dicendo "noi produciamo al NORD siamo meglio" è chiaro... va bene... ma il produci il meno del 300.000 tonnellate mentre il prodotto totale è 2.2 milioni di tonnellate italiano ed equivale al 38% del totale europeo

ovvio che non hai peso... e ti comprano i francesi.

così su tutto... in europa ognuno si fa i fatti suoi e le sue politiche e non hai leggi comuni alle dogane... e quindi le tue contromisure sono inutili.
 
Scusate l'intromissione, ho letto questo topic e mi sento di dirvi cosa penso anche se sono solo una voce nel coro.
Se si vuol parlare di difetti mi sento spassionatamente di dire che il difetto dell'imprenditoria italiana è quello di credere di essere convinti di avere un made in italy superiore a tutti.Non è vero! Siamo onesti.I nostri prodotti valgono come tanti altri ed è inutile stra qui a smanettare la leva del vero made in italy, tanto poi la fatica che facciamo per sbandierarlo ai quattro venti (per non dire i soldi in pubblicità versati anzichè in innovazioni tecnologiche) ce la fregano gli stranieri producendo stessi prodotti a costi e manodopera notevolmente inferiori.
Dunque cosa non va secondo me? Questo, ossia stiamo puntando sulla qualità eccelsa dei nostri prodotti perdendo di vista gli elementi che invece fanno forti le economie che ci stan facendo le scarpe.La riduzione dei costi in primis (e non so il latino:)).Ci son costi e costi, è vero ma alcuni sarebbe meglio evitarli al fine di immettere sul mercato prodotti dal prezzo competitivo anche se qualitativamente buoni.
Ma passiamo ad un altro punto fondamentale.La tassazione.Questa è una nota dolente e pesa negativamente sulla crescita della nostra imprenditoria. In alcuni paesi permettono per cinque anni al nuovo imprenditore di non pagar tasse.Purtroppo da noi vige la legge del furbetto e quindi se uscisse una legge come detto sopra tutto funzionerebbe bene solo nei primi 5 anni, dopodichè prevedo catastofi fallimentari studiate ad hoc.Quindi altro problemino dell'imprenditoria, accanto a quello della tassazione troppo forte e penalizzante, c'è che molti imprenditori se nesbattono dell'Italia e pensano solo a portare a casa il più possibile e in poco tempo e magari prevedendo da subito piani di risanamento futuri, ridimensionamenti, concordati o veri e propri fallimenti.
Questi sono solo alcuni problemucci dell'imprenditoria italiana che mi vengono in mente, ma non sono solo quelli.
Credo che se si vuole uscire da questa situazione critica tre siano i punti fondamentali:
1- ridurre la tassazione
2- agire sui costi evitando o limitandone alcuni
3-pensare al bene dell'Italia e poi a quello della propria azienda.Utopia, ma almeno proviamoci...o siamo italiani solo col pallone?
 
La cosa che rimprovero agli imprenditori italiani é che lavorano a testa bassa mentre dovrebbero combattere contro uno stato che con burocrazia e tasse gli rende la vita 1000 volte piú difficile che in un qualsiasi altro stato più o meno sviluppato.
 
Topic molto interessante, a cui voglio dare il mio contributo elencando quelli che secondo me sono i problemi dell'Italia che non permettono all'imprenditoria di crescere.

1 - Ridurre il numero di leggi
Siamo un paese con un numero enorme di leggi in confronto con gli altri paesi europei tant'è che si parla di inquinamento legislativo.

2 - Ridurre il cuneo fiscale
Va ridotto per tutti. Non solo per le nuove imprese, perchè poi saltano le imprese più vecchie. I soldi per ridurre il cuneo fiscale si possono trovare dai tantissimi finanziamenti che vengono dati a destra e a manca per finanziare inutili startup, promuovere manifestazioni o ridurre il carico fiscale di alcuni settori economici. Abbassate le tasse, ma fatelo per tutti, più che altro perchè in tutto il marasma creato di sgravi fiscali e finanziamenti non si capisce più nulla.

3 - Velocizzare i tempi della giustizia
Le cause nel nostro paese sono tra le più lunghe d'europa, e anche tramite il punto numero 1 bisogna riportare ad un livello europeo la durata dei nostri processi.

4 - Sburocratizzare
Non è possibile che in Svizzera si possa aprire una azienda in un giorno, e qui in italia si debbano perdere 6 mesi girando per tutti gli uffici comunali possibili e immaginabili per chiedere autorizzazioni e permessi.

5 - Meritocrazia
I sindacati in Italia sarebbero capaci di difendere anche il lavoratore che per anni timbrava il cartellino e poi se ne andava a fare la spesa e in palestra. Bisogna finirla con questo atteggiamento e riconoscere chi realmente cerca di vivere sulle spalle dello stato o di una impresa. E ricordo che va fatto in tempi brevi.

6 - Chiudere organismi statali in perdita
Tempo fa si parlava di chiudere l'aeroporto di Forlì perchè in perdita da anni, e qualcuno disse "Pensate a chi perderebbe il lavoro". Questo atteggiamento è sbagliatissimo. Dispiace anche a me a chi perderebbe il lavoro ma lo stato non può continuare a sovvenzionare organismi costantemente in perdita che non creano sviluppo solamente perchè qualcuno perderebbe il lavoro. Creare posti di lavoro non vuol dire pagare stipendi per falsare le statistiche di disoccupazione, ma vuol dire creare politiche di sviluppo economico in grado di sostenersi da sole.

7 - Ognuno deve metterci del suo
Non si può sempre pensare che la soluzione ad ogni problema arrivi dal parlamento. Certamente è importantissimo, ognuno di noi dovrebbe cercare di metterci del suo facendo il proprio lavoro il meglio possibile, e non fregandosene se il prodotto o il servizio che si è fornito smette di funzionare il giorno dopo in cui si è incassata la fattura. Ognuno deve fare il proprio lavoro e deve farlo bene.

Sicuramente la lista non è esaustiva ma questi sono i macroproblemi che attualmente mi vengono in mente.
 
Non mi piace questo ragionamento...

Cosberg, la multinazionale che non vuole i laureati | Linkiesta

Cosberg, la multinazionale che non vuole i laureati
Nata in una “baracca”, ora è un gigante della meccatronica. Anche lasciando perdere gli ingegneri

Ogni volta che Gianluigi Viscardi arriva a un’assemblea di imprenditori o a un dibattito sulla crisi e sui modi per uscirne, qualcuno gli confida che vorrebbe fare un film sulla storia della sua impresa, cominciata in una “baracca” di un piccolo capannone trent’anni fa, con i due fratelli, Ermanno e Antonio. E oggi diventata un’eccellenza internazionale, meta per visite scolastiche, delegazioni straniere, appassionati di meccatronica. E persino giornalisti vagabondi, in cerca di spunti per raccontare quelle isole (abbastanza) felici, che emergono ogni tanto nei luoghi più inaspettati, fra le tempeste della recessione.

E infatti il quartiere generale della Cosberg, tra le principali aziende nell’automazione dei sistemi dell’assemblaggio, si trova nella bassa bergamasca, nella parte più remota della pianura padana, in un Comune che si chiama Terno d’Isola. Dove si progettano e si costruiscono prototipi di macchine ideate al Pc in 3D, che a vederle sembrano un video-game, di cui si serve la filiera della meccatronica nazionale, e diverse multinazionali, compresa l’Ikea. A tutti quelli che lo interpellano, quando la sua azienda viene sbandierata come vessillo del rinascimento del manifatturiero, Viscardi non fa che ripetere la stessa cosa: «il mio segreto è solo uno: la conoscenza globale. O meglio condivisa. Ossia mettere nelle condizioni chiunque di fare le stesse cose. Così se perdiamo qualche dipendente - ma spesso accade che tornino indietro - lo possiamo sostituire in fretta con un altro membro della nostra squadra», dice ridendo, appena varco la soglia della Cosberg.

Ed ecco perché lui, che segue direttamente la progettazione di prototopi di macchine commissionate da aziende italiane e straniere, bada poco ai curriculum, ma preferisce affidarsi al suo fiuto. «Vede questo ragazzo?», chiede, indicando un giovane che fa scorrere sul Pc frame di macchine da assemblare, e sorride, impacciato. «Era un magazziniere. Un ragazzo sveglissimo. Appena ho avuto l’occasione, l’ho messo alla prova. Conosceva i nostri prodotti, il software, la nostra filosofia, e ora progetta i prototipi, che poi costruiamo in reparto«. Come un artista (quotato) che mostra i suoi quadri già venduti da cui sa di dover separarsi, a malincuore, Viscardi mi mostra le macchine commissionate in esclusiva, che costano come diamanti. «Abbiamo ordini per un anno e mezzo, fino al 2015», dice orgoglioso. E lui, che è vicepresidente della Confindustria bergamasca con la delega per l’Innovazione, sa che oggi dire di «avere ordini per un anno e mezzo» è come confidare di possedere la lampada di Aladino. l suoi prodotti sono moduli che vibrano e rigurgitano in continuazione, minuterie meccaniche. I nomi dei suoi gioielli sono ostici: Ader circolari, unità avvitatrici autoalimentate, bracci elettro-pneumatici, pick and place meccanci. Piccoli robot che fanno muovere le cose, gli oggetti, un mercato in bilico. Macchine che, assemblate, possono costare fino a due milioni di euro, come quella consegnata a un’azienda meccanica bergamasca, per costruire cerniere che vengono vendute negli Stati Uniti. O per assemblare impianti frenanti che finiscono nelle motociclette che sono entrate nella mitologia cinematografica: Harley-Davidson.

E infatti la Cosberg ha ideato 12 brevetti di ingranaggi da assemblare, fra cui gli autodistributori elettrorisonanti Piezo, ha preso il premio governativo per l’Innovazione, intercettando anche una generazione di studenti delle scuole medie, che vengono qui a fare visite nei reparti, nella speranza di poter un giorno far parte della filiera della conoscenza globale della meccatronica. E a sentire lui chiunque può fare co-design e concurrent engineering, anche se non sono molte le aziende della piccola e media impresa, che possono permettersi di seguire tutto il ciclo. Dalla progettazione alla manifattura di macchine complesse per l’automazione, che vengono vendute in diversi mercati industriali: automotive, carpenteria, elettronica.

Perché il valore aggiunto della Cosberg è quello di seguire l’intero processo della sua filiera: dalla progettazione alla costruzione, fino alla manutenzione. E per questo motivo la catena creata da Viscardi è come una piccola università della meccatronica, dove anche i tecnici e i disegnatori dei loro clienti vengono a seguire i lavori di assemblaggio. E ricevono un corso di formazione per la manutenzione delle macchine. Il segreto della Cosberg, infatti, è non avere segreti, per non essere ricattabili. Gianluigi Viscardi progetta, è lui l’inventore che, grazie alla collaborazione della sua squadra, crea un know-how che finisce nella libreria telematica dell’azienda. E chi si mette dietro un Pc, non deve inventare nulla, ma seguire il protocollo veloce, flessibile, sempre in evoluzione, visto che ogni anno si spende un milione di euro per la ricerca. Creando un prototipo di una macchina, che il giorno dopo può essere rivisto, per essere migliorato, con il sussidio della ricerca e dell’innovazione.

Nell’ufficio tecnico ci sono otto persone seguite da Gianluigi Viscardi, fra le quali nessun ingegnere. «L’unico che abbiamo, lo abbiamo messo nell’ufficio commerciale perché sa parlare tedesco e segue i nostri clienti in Germania», scherza, ma non troppo suo fratello, Antonio Viscardi, responsabile della linea di produzione. Si investe molto sul capitale umano: «I disegnatori arrivati qui dentro possono anche dimenticare i loro studi. Imparano il nostro modo di lavorare, e poi ricevono corsi di formazione per affinare le conoscenze tecniche», spiegano. «Fra i disegnatori abbiamo anche ragazzi che hanno fatto solo la terza media o preso un diploma in istituto tecnico, non abbiamo bisogno di laureati. Fra loro c’è anche un tecnico che, prima, vendeva galline».

Così anche un magazziniere che sappia a giocare alla PlayStation e conosca il loro modello di software può diventare un progettista. Per costruire macchine semplici, ergonomiche, modulari, con cui gli i tecnici dialogano, a colpi di mouse perché a bordo macchina si trova un Pc per assemblare in 3D, per vedere tutti i dettagli dell’assemblaggio in tripla dimensione. Con un motto semplice: la qualità è figlia dell’esperienza, l’esperienza è figlia della qualità.

Certo, non è sempre stato così. All’inizio, Gianluigi Viscardi era il classico patròn che gestiva con paternalismo la sua azienda dove non esistevano sindacati e si stava, come si usa dire in questi casi «come in una famiglia». Viscardi vagheggiava campi da tennis e dare benefit di ogni tipo per i suoi dipendenti, prendeva i lavoratori con le famiglie e le portava in giro per l’Italia, o in Svizzera a fare soggiorni di formazione per conoscere altre aziende, per aumentare la loro conoscenza. Poi, un incidente di percorso con un dipendente, che si è messo di traverso, gli ha fatto prendere un’altra strada. Dopo un momento di incertezza, in cui aveva ipotizzato di smettere, di prendersi un pausa e addirittura di cedere la sua azienda, ha cambiato pelle. Niente più figli e padri, sulla base di architettura imprenditoriale ancora diffusa fra le piccole e medie aziende italiane, di stampo familistico.

Così ha creato una governance moderna, che gli ha permesso di internazionalizzarsi e di passare dal modello familiare della piccola azienda a quello più avanzato del team, della squadra. Con tre filiali all’estero, in Francia e in Brasile e in Slovenia. E 12 milioni di fatturato annui, di cui l’8% viene investito nella ricerca. Risultato: oltre ai brevetti depositati, un’importante onorificenza. Il “Premio dei premi”, istituito dalla Presidenza della Repubblica nel 2008, dedicato all’innovazione e alla ricerca. Ottenuto dalla Cosberg l’anno scorso «per essersi distinta nell’innovazione, e vincere le sfide della concorrenza internazionale». Difficile capire quanto lavoro ci sia dietro quei cilindri che girano da cui escono cascate di minuterie meccaniche, perché a sentire il presidente della Cosberg, sembra tutto facile, quasi un ciclo naturale. «È facilissimo imparare, ecco perché quando qualcuno se ne va, far partire una nuova staffetta è una cosa da niente», spiega con orgoglio.

Si deve fare ricorso alla fantasia per immaginare Gianluigi Viscardi che, lasciata la stalla da ragazzo - visto che il nonno era contadino, aveva la mucca in cortile -, ha messo in piedi con i fratelli e le mogli una baracca, dove all’inizio progettavano delle macchine semplici come i pedalò. Per poi arrivare a costruire macchine complesse, che finiscono in tutto il mondo, anche in Turchia e in Marocco. Si parla tanto del modello della multinazionale tascabile che, grazie all’alta tecnologia, sta facendo rinascere il manifatturiero, ma vederlo all’opera in un capannone di vetro, ai margini di un piccolo comune di tremila anime, dove si arriva solo se si sbaglia strada, be’, è un’altra storia. Al di là dell’abusata retorica d’impresa, constatare i risultati che si possono ottenere grazie al matrimonio felice fra una filosofia artigianale e la conoscenza globale, fa un certo effetto. Se non altro consolatorio, ai tempi della crisi e della ripresa, per ora, mancata.
 
Non mi piace questo ragionamento...

Perché? in pratica é meritocrazia allo stato puro, ci sono molti laureati r*********ti che sanno solo leggere un libro e ripeterlo e molti con la terza media che hanno idee geniali.
 
Perché? in pratica é meritocrazia allo stato puro, ci sono molti laureati r*********ti che sanno solo leggere un libro e ripeterlo e molti con la terza media che hanno idee geniali.

E' vero e ne conosco alcuni... in media però è molto più facile trovare un laureato comunque affidabile nel lavoro che svolge che non uno con la terza media.
In ogni caso, nonostante io in un'azienda assumerei SOLO ingegneri per tutte le mansioni, riconosco che se le cose a quel tizio vanno bene, allora ha ragione e fa bene a pensarla così
 
E' vero e ne conosco alcuni... in media però è molto più facile trovare un laureato comunque affidabile nel lavoro che svolge che non uno con la terza media.
In ogni caso, nonostante io in un'azienda assumerei SOLO ingegneri per tutte le mansioni, riconosco che se le cose a quel tizio vanno bene, allora ha ragione e fa bene a pensarla così

Il classico ingegnere assunto per pulire i bagni XD

PI Forum - L'ingegnere e...la scopa. - Post 1487619.

A parte gli scherzi, io assumerei chi mi convince e non guardo certo il diploma.......
Invece trovo ottimo l'approccio di spiegare a tutti come funziona l'azienda e le varie divisioni.
 
Il classico ingegnere assunto per pulire i bagni XD

PI Forum - L'ingegnere e...la scopa. - Post 1487619.

A parte gli scherzi, io assumerei chi mi convince e non guardo certo il diploma.......
Invece trovo ottimo l'approccio di spiegare a tutti come funziona l'azienda e le varie divisioni.

In un colloquio di mezz'ora non si capisce tutto.
Chi presenta una laurea in ingegneria dimostra, senza bisogno di colloqui, certamente doti di concretezza, organizzazione, logica, memoria, resistenza, orientamento al risultato, sistematicità
Non è detto che le stesse doti le abbia anche uno con la terza media che al contrario, senza bisogno di colloqui, dimostra quantomeno incapacità di concludere e scarsa propensione all'apprendimento
 
In un colloquio di mezz'ora non si capisce tutto.
Chi presenta una laurea in ingegneria dimostra, senza bisogno di colloqui, certamente doti di concretezza, organizzazione, logica, memoria, resistenza, orientamento al risultato, sistematicità
Non è detto che le stesse doti le abbia anche uno con la terza media che al contrario, senza bisogno di colloqui, dimostra quantomeno incapacità di concludere e scarsa propensione all'apprendimento

Dipende anche dalla facoltà....ho visto ingegneri usciti da universitá emiliane con esami farsa.
Certo ci sono anche facoltà di eccellenza in Italia.
Comunque non sono i 30 minuti del colloquio (fissato astutamente nella notte fra sabato e domenica ), ma i 3 mesi di praticantato a fare la differenza.
 
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