per chi vuole informarsi e non parlare per sentito dire...
ehm ehm, personalmente sono convinto che avremmo potuto comprare 95 cacciabombardieri un po' più stagionati di seconda mano come quando abbiamo comprato gli F16 dall'Olanda, resta però il fatto che degli F35 una notevole parte sarà fatta in Italia portando ad Alenia ed altri fornitori tanto lavoro, ca. 100 Mld di eurozzi anche per gli aerei destinati ad altri stati.
Riflettiamoci bene prima di parlare a vanvera.
Grazie
senza offesa personale, ma sei tu che stai parlando a vancera.
informati bene e scoprirai che l'operazione è una rimessa totale.
i dati forniti sono fumo negli occhi.
dettagli fondamentali sono nascosti, ad esempio:
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==>>>>>>>>Il miraggio occupazionale
L’Italia ha in corso un braccio di ferro con la Lochkeed Martin ed il Dipartimento della Difesa USA per i ritorni industriali. La scarsa disponibilità di Washington a cedere il know-how del velivolo e la partecipazione al progetto che si basa sul principio competitivo “best value”, cioè senza prevedere ritorni industriali garantiti, non sono due buone premesse.
Secondo la Difesa nella struttura industriale di Cameri si creeranno circa 600 posti di lavoro (nella fase di picco), più una spinta occupazionale nelle aziende locali e nazionali quantificata in circa 10.000 posti di lavoro. Una cifra sicuramente esagerata, se si pensa che in Italia l’industria a produzione militare nel 2008 ha dato occupazione a 26.395 persone. È più realistica l’ipotesi delle parti sociali che parlano di 200 occupati più altri 800 nell’indotto. In realtà, molti saranno di fatto solo ricollocazioni di chi perderà il posto di lavoro per i tagli all’Eurofighter. In questo settore, bisogna tener presente che alti sono i profitti dell’industria militare, anche perché garantiti dai governi, ma basse sono le ricadute occupazionali in base ai soldi investiti. In Europa nel settore industriale militare tra il 1993 e il 2003 sono stati cancellati 750.000 posti passando da 1.552.000 occupati a 772.000.
Secondo le ultime dichiarazioni governative (il Sottosegretario Crosetto a Cameri) il ritorno industriale del progetto arriverà al 75% del denaro impiegato dallo Stato. Non è ben chiaro se tale ritorno si avrà su tutti i caccia F35 costruiti in Europa oppure solo su quelli direttamente acquistati dall’Italia. Sicuramente si tratta però, per stessa ammissione del Governo, di una spesa maggiore del ritorno per avere poi a disposizione un caccia inutile sia alle necessità vere di sicurezza sia alle stesse richieste del mondo militare (in particolare se verrà eliminata la versione B a decollo verticale).
Da ultime, le dichiarazioni del Generale De Bertolis in Commissione Difesa della Camera dimostrano quanto la campagna ha sempre dichiarato: i “nuovi” posti di lavoro da sempre millantati da un lato non sono sicuri (affermazione ripresa anche dal Ministro Di Paola che che sottolinea come “li otterremo se saremo competitivi”) e dall’altro serviranno solamente a riassorbire i lavoratori delle linee Eurofighter che andranno a chiudersi per la conclusione del programma. De Bertolis parla infatti degli ormai mitici 10.000 posti di lavoro (con l’indotto) a fronte di una perdita di 11.000 per la chiusura dell’EFA.
L’inesistente trasferimento di tecnologia
Il trasferimento di tecnologia e di informazioni viene tenuto sotto stretto controllo di un ufficio particolare, quelle sensibili sono precluse per via del National Disclosure Policy, quelle classificate e non, sono rese accessibili secondo lo status ottenuto nel programma. A fronte degli oltre 2 miliardi e mezzo di euro già spesi dall’Italia, è dal 2004 (cfr. resoconti stenografici della Commissione Difesa) che generali della Difesa rispondono alle domande di politici ripetendo le stesse informazioni e gli stessi dati, tranne poi ridimensionare fortemente quello occupazionale e aumentare quello del costo del programma.
Sostanzialmente cosa affermano?
a) che la cooperazione transatlantica nella difesa è una opportunità per l’Italia.
b) che si dovrebbe registrare un trasferimento di tecnologie innovative verso l’industria della difesa e conseguentemente ottenere ricadute positive sulla competitività del tessuto industriale nazionale.
Vediamo invece come l’accesso ad un sistema specialistico sia sempre più connotato da una distribuzione disomogenea a danno dei partner del programma.
Nel 2004 il generale Giuseppe Bernardis dichiarava: “Quello che stiamo valutando, anche al fine di supportare l’industria nazionale, è la possibilità che l’Italia si occupi anche della parte Stealth
- la quale, certamente, non potrà essere affidata ad una industria qualsiasi -; i trattamenti, in tal caso, potrebbero essere effettuati all’interno di un apprestamento governativo, nella fattispecie un centro di manutenzione nazionale, dove l’industria italiana in concorso con il Ministero della difesa si facciano carico del controllo relativo all’applicazione di questa tecnologia. La discussione in proposito è tuttora in atto, sebbene esista già un via libera dell’industria americana sul punto. Non è stato invece ancora acquisito il nulla osta del governo americano, correlato alla conclusione degli appositi accordi con la parte industriale”.
Nel 2007 il Sottosegretario alla Difesa Forcieri asseriva “gli Stati Uniti, in cambio della partecipazione degli altri paesi, forniscono un’apertura tecnologica senza precedenti”.
Tuttavia il Department of Defense e il GAO (Government Accountability Office), in più rapporti hanno scritto che gli accordi di cooperazione permettono un “accesso tecnico alle migliori tecnologie dei partner esteri”. Tutte le aziende italiane coinvolte nel progetto dalla Alenia Aermacchi alla Avio e Piaggio, dalla Galileo alla Selex, Aerea, Vitrociset e poche altre, sono aziende con un know-how riconosciuto internazionalmente.
In questa relazione asimmetrica gli Stati Uniti si garantiscono un accesso alle migliori tecnologie e know-how europei, limitando di contro il trasferimento delle tecnologie chiave sviluppate negli stabilimenti americani. La partecipazione di aziende quali la Bae Systems o Alenia piuttosto che la Fokker Aerostructures, consente agli USA di disporre di competenze specialistiche di nicchia senza doverle sviluppare autonomamente (convenienza economica). In più si aggiunge una convenienza finanziaria per la sostenibilità dei costi e una garanzia nel mercato dei velivoli da combattimento.
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Una recente ricerca dell’Università del Massachusetts ha calcolato che: se investiamo un miliardo di dollari nella difesa abbiamo 11.000 nuovi posti di lavoro; 17.000 se lo impegniamo nelle energie rinnovabili e 29.000 se andasse nel settore dell’educazione.
======gli altri:
La Gran Bretagna – che è l’unico partner di Livello 1 – ha confermato il rinvio al 2015 della propria decisione sul numero complessivo di F-35 da acquistare rispetto ai 138 previsti in precedenza. Sempre la Gran Bretagna ha deciso (come si evince dal bilancio 2011 del Ministry of Defence) di rinunciare alla versione a decollo corto e atterraggio verticale, per le sue portaerei e punta solo al modello C convertendo le Queen Elizabeth con cavi d’arresto e catapulte.
Nei Paesi Bassi (come l’Italia è partner di secondo Livello) Il ministro della Difesa, Hans Hillen, dopo la visita alla fabbrica degli F35 a Fort Worth in Texas ha affermato: “Lockheed Martin sa che dovrà lavorare duro per tenerci a bordo” e ha ribadito che “i Paesi Bassi sono ancora divisi riguardo all’acquisto di F-35”. Il Partito per la Libertà di Geert Wilders, da cui il governo di minoranza del primo ministro Rutte dipende per il sostegno parlamentare, si oppone agli investimenti multi-miliardi di euro per l’F-35. Secondo i termini dell’accordo di coalizione, la decisione finale su un ordine definitivo è rimandata al prossimo Governo
Canada (partner di terzo Livello): lo scorso ottobre uno studio del centro studi parlamentare canadese ha valutato che ogni velivolo sarebbe costato 148 milioni di dollari, cioè quasi il doppio di quanto inizialmente affermato dal Department of National Defence (75 milioni US$). Il 14 febbraio scorso sia il Ministro della Difesa, Peter MacKay, sia il Sottosegretario (e responsabile della questione), Julian Fantino, non hanno confermato il numero definitivo di caccia F35 che saranno acquistati. Le opposizioni hanno invece espresso ripetutamente il loro secco “no” a una spesa giudicata «eccessiva e controproducente».
L’Australia (partner di terzo Livello) sta ritardando l’acquisto e nel frattempo ha optato per i più economici FA-18s Hornets. Il 30 gennaio, il ministro della Difesa australiano Stephen Smith ha detto che Canberra è contrattualmente obbligata solo a prendere in consegna due caccia F-35.
La Norvegia (anch’essa partner di terzo livello) ha annunciato l’acquisto, ma la decisione definitiva del parlamento norvegese di impegnarsi ad acquistare almeno il 48 caccia F-35 è attesa nel 2012. La Royal Norwegian Air Force intenderebbe acquistarne fino a 56, ma come ha specificato il Ministro della Difesa “ciò dipende da costi finali”.
In Danimarca (partner di terzo livello) la Royal Danish Air Force sta considerando l’acquisto di
48 caccia F-35 in sostituzione dei caccia F-16: il Parlamento dovrà votare entro il 2012, ma si stanno prendendo in considerazione soluzioni alternative come il JAS 39 Gripen, F/A-18E/F Super Hornet, e l’Eurofighter Typhoon.
Interessante è il caso della Turchia (partner di terzo livello) che era intenzionata ad acquistare
116 caccia F-35; nel gennaio 2011 ci sono però state indicazioni che la Turchia stesse per riconsiderare la propria partecipazione al programma F-35 e la partecipazione alle forniture del velivolo sia per via dell’attrito con Israele, che ha portato gli Stati Uniti a ritardare (e non effettuare) le spedizioni di componenti per l’F-35 (che dovrebbe esser prodotto in loco da una sussidiaria della Northrop Grumman), sia per l’aumento dei costi complessivi del programma. Il
24 marzo 2011 la Turchia ha annunciato di aver sospeso il suo ordine per 100 aerei per il rifiuto degli Stati Uniti di condividere il codice sorgente del software per l’F35. Il ministro della Difesa Vecdi Gönül ha detto che i negoziati di accesso ai codici sorgente, compresi i codici che possono essere utilizzati per controllare a distanza il caccia, non hanno dato “risultati soddisfacenti”. Nonostante la controversia, la Turchia ha mantenuto nel gennaio 2012 un accordo di principio per due F-35A.
Ma soprattutto gli Stati Uniti stanno rivedendo il programma e il numero di velivoli che intendono acquistare: e questo farà naturalmente lievitare i prezzi unitari degli aerei.