Il cibo è passione, è amore.

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BUONA COLAZIONE
 


E con il ciabattone croccante e appena sfornato ci sta d'incanto la Mortadella!

Una mortadella guarda dritto negli occhi un coltello e gli chiede:
- Ma tu nei miei confronti cosa provi?
Il coltello risponde:
- Affetto...

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Ode alla Mortadella :
“Odorosa, Saporosa, Biancarosa…”


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Come siete passati dal panino con la mortadella a ricreazione
alla pausa pranzo con insalatina di soia bio integrale io non lo so.
(diodeglizilla, Twitter)


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Irresistibile Sofia. OK! Ciao Maf :)

La schiaccia toscana! Le sue caratteristiche fondamentali sono la croccantezza, le grandi bolle d’aria, i segni dei pizzichi sulla pasta fatti a mano, abbondante olio extravergine di oliva e sale grosso messi dopo che la schiaccia è cotta.
Altri aspetti sono l’impasto ben idratato, ben lavorato e fatto lievitare per molto tempo e l’infornatura senza teglia.

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Questa delizia ha origini molto antiche, risalenti all’epoca dell’antico Egitto. Originariamente aveva una forma rotondeggiante e si faceva impastando acqua e cereali macinati. Ottenuta la pasta, la si schiacciava per renderla molto fine, così poteva cuocere bene anche internamente. Per cuocerla si utilizzavano delle pietre calde, se la schiaccia fosse stata spessa, con questo metodo di cottura si sarebbe rischiato di avere una pietanza non cotta al suo interno. Le origini contadine di questa ricetta, non le hanno impedito di diventare in epoca rinascimentale a Firenze, un alimento molto apprezzato anche dai nobili. Lo stesso Lorenzo il Magnifico ne era un estimatore e consumatore, inoltre era solito regalare la schiacciata ai suoi ospiti durante le sue visite in Toscana, sua la celebre frase: "Doman t’arrecherò una schiacciata"


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La classica pecorino e fino-cchiona, bon apetit :D
 
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Buona serata a te, Diago:)

Quale è il santo dei panini?
... Sandwich :D


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Il tramezzino è un'invenzione culinaria del Piemonte, e più specificamente di Torino, il cui termine fu coniato dal grande scrittore italiano Gabriele D'Annunzio, che così lo chiamò come diminutivo di “tramezzo” (derivato da “intramezzo”), ossia una sorta di spuntino tra la colazione e il pranzo. Una specie di merenda. D'Annunzio creò questo termine per sostituire il termine inglese analogo di sandwich.

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John Montagu, duca di Sandwich, giocava sempre d'azzardo e non voleva mai abbandonare il tavolo neanche per mangiare. Così, per mettere sotto i denti qualcosa da mangiare rapidamente mentre giocava, si faceva fare questo panino imbottito.
Gli altri compagni di gioco lo imitarono, chiedendo al maggiordomo di portar loro “lo stesso di Sandwich” e poi, per semplificare, un sandwich.



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In the Mood for Love, la storia d’amore attorno al cibo

Una storia d’amore sussurrata, raccontata con una lentezza disarmante, struggente, eppure mai eccessiva.
Guardando scendere e salire dalle scale i due amanti segreti che non si sono mai concessi al desiderio,
incrociandosi appena sul corridoio angusto, verrebbe voglia di fermarlo quel tempo sospeso, cristallizzato
in attimi, lievi sfioramenti, sguardi accennati.

Tantissimo cibo. Condiviso in silenzio, con gesti ritmati, ripetuti all’infinito, in una linea temporale inesistente,
forse per questo immortale, come la loro relazione incompiuta.
Mai come nel caso di In the Mood for Love, il capolavoro di Wong Kar-wai, il cibo non solo fa parte della storia,
ma ne traccia i confini, ne delimita gli spazi stretti, soffocanti, evidenziandone i colori saturi, le sfumature del
rosso, del nero, la cupezza accecante di ogni scena.


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Una pellicola costruita su ossimori e parole non dette, dialoghi brevi, concisi e incisivi, una colonna sonora
azzeccatissima – a cominciare da “Quizas Quizas Quizas” di Nat King Cole (Chissà…) – una fotografia straordinaria.
E il talento indiscutibile dei due attori protagonisti, Su Li-Zhen e Tony Leung Chiu-Wai, che offrono un’interpretazione
impeccabile della signora Chan e il signor Chow, vicini di casa che scoprono la storia clandestina dei loro coniugi,
spesso fuori per lavoro, e si promettono di non diventare come loro........è il cibo a parlare per loro, mostrarne i
sentimenti più intimi, riservati, nascosti dalla timidezza di uno e il rigore dell’altra, custoditi gelosamente, messi
a tacere di continuo. Con il cibo si esprimono, si trovano, si toccano.


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E' amore, ma non rivelato esplicitamente, piuttosto percepito da sguardi,
gesti, vissuto in maniera sospesa e intermittente.


Chow: Ma che coincidenza?
Signora Chan: Già. Stai uscendo?
Chow: Bhe, scendo a mangiare qualcosa, oggi ho saltato il pranzo. Mangiamo insieme? Ti va?
Signora Chan: No grazie.
Chow: Torni adesso dall'ufficio? Dovete avere molto lavoro.
Signora Chan: Veramente sono uscita presto. Sono andata al cinema.
Chow: Ah sì. Era un bel film?
Signora Chan: Non molto.
Chow: Anche a me piaceva il cinema.
Signora Chan: Adesso non ti piace più?
Chow: Eh, certo quando uno vive da solo può fare quello che vuole, ma una volta sposati si deve decidere in due. Non ti pare? A volte mi domando come sarei, come sarei adesso se non fossi sposato, a te capita mai di pensarci?
Signora Chan: Forse sarei più felice. Non immaginavo che la vita a due fosse così complicata. Quando si è da soli non si deve rendere conto a nessuno, ma una volta che sei sposata, anche se fai del tuo meglio non basta.
Chow: Non stare a rimuginarci, forse torneranno presto.
Signora Chan: Ma la cosa non ti tocca?
Chow: Siamo nella stessa situazione, ma non mi do troppa pena, non è colpa mia, non perderò tempo a compatirmi. La vita è troppo corta, bisogna cambiare.

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Cibo sensuale, lussureggiante, ma anche rivelatore: è attorno al tavolo di un ristorante che i due hanno la conferma dei loro sospetti. La borsa della signora Chan comprata dal marito in un viaggio di lavoro, la stessa che ha anche la moglie di Chow, e la cravatta di lui, regalo della coniuge, uguale a quella del signor Chan, che sosteneva essere un dono del suo capo.
Mangiano alzando lo sguardo di tanto in tanto, con movenze cadenzate, sempre uguali, che col tempo si caricano di significati più profondi.
Dalle cene più formali si passa all’intimità di casa, le inquadrature del regista sono meticolose, maniacali, si soffermano sui dettagli.
Il wonton ingoiato intero da Chow, deluso dal comportamento della moglie, il fumo della sua sigaretta che lo avvolge continuamente, in ufficio ma soprattutto a tavola, scandendo il tempo tra le parole sospese dei dialoghi.


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uno splendido ricordo :)




:clap: Maf. Capolavoro del regista cantonese, in cui i silenzi e i colori trasmettono quasi più dei dialoghi. Infatti nel montaggio ha eliminato le scene più esplicite, per dare la parola alle emozioni.


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Lui ordina anche per lei, mangiano perlopiù in silenzio, tagliando minuziosamente il filetto di carne. Il signor Chow le aggiunge della senape nel piatto.

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La signora Chan ci intinge la bistecca, la assapora senza lasciar trasparire la sorpresa per il gusto pungente. “A tua moglie piacciono le cose piccanti”.

È forse una delle citazioni più significative del film, la personificazione dell’amante nel ruolo di moglie, che si fa andar bene un sapore per lei inconsueto, ma che ora diventa passione, voglia, un qualcosa a cui tendere, da ricercare. Per sentirsi per un attimo sua, pur mantenendo la distanza dovuta.

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Non credevo che ti innamorassi di me

Nemmeno io lo credevo. Mi chiedevo come fosse cominciata tra loro, adesso lo so. Certe cose succedono così”.

 
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Ciao Mafalda & Diago, ho appena visto "In the mood for love" dopo che mi ha incuriosito il post di Mafalda...strano...bello...strano...lo devo rivedere :o

Sempre interessanti, piacevoli e che tiran fuori pensieri :D i vostri articoli :yes:OK!

Ah, pure io da bambino aprivo in due i nocciolini dei cachi per vedere quali posate vi si trovavano, non ricordo però la leggenda contadina che li riguardava...ho un ricordo di quella specie di mandorla (amarissima) dentro al nocciolo delle albicocche, le nonne dicevano che curavano le "malattie brutte", quali fossero ste malattie però non l'ho mai saputo :D, e però potevano anche essere dannose per chi queste malattie non le aveva...mah, cmq io almeno uno l'ho assaggiato...bleah.

Un caro saluto a tutti e due :)
 
Ciao Mafalda & Diago, ho appena visto "In the mood for love" dopo che mi ha incuriosito il post di Mafalda...strano...bello...strano...lo devo rivedere :o

Sempre interessanti, piacevoli e che tiran fuori pensieri :D i vostri articoli :yes:OK!

Ah, pure io da bambino aprivo in due i nocciolini dei cachi per vedere quali posate vi si trovavano, non ricordo però la leggenda contadina che li riguardava...ho un ricordo di quella specie di mandorla (amarissima) dentro al nocciolo delle albicocche, le nonne dicevano che curavano le "malattie brutte", quali fossero ste malattie però non l'ho mai saputo :D, e però potevano anche essere dannose per chi queste malattie non le aveva...mah, cmq io almeno uno l'ho assaggiato...bleah.

Un caro saluto a tutti e due :)

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Grazie Olbrok:bow:per gli apprezzamenti e per aver condiviso con noi un ricordo della tua infanzia,:) quando nei semi dei cachi cercavi
una innocente magia.

Io ricordo il maestoso albero di cachi di fronte all'abitazione dei nonni, che andavo a trovare d'estate in Toscana,
con i frutti piccoli e ancora acerbi e le storie che mi raccontavano la sera dopo cena, a volte un po' paurose di orchi e fate...
C'era una casa abbandonata, la casa "dell'orco", senza porte e finestre, lungo la strada sterrata che portava al paese e quando arrivavo
in quel punto cominciavo a correre a più non posso... "gambe mie non fatevi vergogna":eek::D

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La nonna mi preparava i necci (una specie di crespelle) con la farina di castagne, acqua e poco sale e i testi (dischi di ferro con manico)
sulle braci.

La cottura con i testi è particolarmente elaborata: appena sono stati scaldati, su di un testo vengono posate due foglie di castagno poi un mestolo di impasto, altre due foglie e un altro testo caldo, fino a formare una pila. In questo modo il neccio non si attacca al testo e assume aroma e sapore dalle foglie
Dopo cotti, i necci vengono generalmente farciti con ricotta.


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In the Mood for Love - Nel film i dettagli sono ricchissimi.

Il cibo: la zuppa di sesamo, la premura della donna nei confronti dell’uomo ammalato rimasto solo, con questo forte desiderio.
La signora Chan ne prepara una pentola intera, riversando nel piatto le cure e l’amore represso verso il suo amato, che fino alla fine rimane un sogno lontano, impossibile. E’ una carezza come una foglia srotolata dove all’interno c’è del riso.

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Si costringe in una parte che fatica a interpretare, beandosi di quel poco che può avere. Senza accontentarsi, ma godendosi a pieno il momento in cui si può finalmente prendere cura di lui, fino a cominciare a recitare una parte, di nuovo al ristorante.

È l’amore quieto ma profondo:
tre squilli di telefono per sapere che è tornata a casa, “poi attacca”. Tre squilli, niente più
.


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Ciao Mafalda & Diago, ho appena visto "In the mood for love" dopo che mi ha incuriosito il post di Mafalda...strano...bello...strano...lo devo rivedere :o

Sempre interessanti, piacevoli e che tiran fuori pensieri :D i vostri articoli :yes:OK!

Ah, pure io da bambino aprivo in due i nocciolini dei cachi per vedere quali posate vi si trovavano, non ricordo però la leggenda contadina che li riguardava...ho un ricordo di quella specie di mandorla (amarissima) dentro al nocciolo delle albicocche, le nonne dicevano che curavano le "malattie brutte", quali fossero ste malattie però non l'ho mai saputo :D, e però potevano anche essere dannose per chi queste malattie non le aveva...mah, cmq io almeno uno l'ho assaggiato...bleah.

Un caro saluto a tutti e due :)

Ciao :) , grazie :bow: per uno dei complimenti più belli letti sul forum: il merito naturalmente è suo ;).
Ah, Olb, lasciamene qualcuno di codesti necci, non li conoscevo ma mi sembrano proprio gustosi :D

*

Uno dei ricordi culinari dell'infanzia è dolce, una specie di budino fatto da una delle nonne... con il mosto :D. Da noi si chiamano sùgoi

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Bon jour Maf :)
 
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Buon sabato Diago e allegra compagnia di Amaca...

"Aspetto ancora la mia cioccolata"
(Zucchero)


"Eravamo una famiglia patriarcale, in dodici, in quattordici la domenica a tavola. Il gioco che mi faceva mio padre il ciocabèc. Per dirmi che non c'era niente di dolce: "Delmo, adess a ghè al ciocabèc". Io sognavo montagne di cioccolato. Immaginavo un dolce, una torta enorme, buonissima. La sto ancora aspettando.

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La mamma faceva delle frittelle di baccalà buonissime, che tanto piacevano al papà. Cucinava lei con la zia. La cucina era basata tutta sul maiale. L'uccisione del ***** era una grande festa.

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Il sanguinaccio, le frittelle di sangue, i ciccioli, le cotenne, si mangiava tutto del maiale
. E col maiale si svernava...gli adulti accendevano la stufa economica solo per preparare la cena e poi, quando quella si raffreddava, andavamo a letto col prete, lo scaldino, a gh'era un fred ca's muriva, c'era un freddo da morire, ma sotto le coperte al calduccio si stava bene.


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Il pranzo della domenica, verso Natale, prevedeva i cappelletti in brodo, i capltòn della mamma, verdi,
dentro di erba, con il soffritto sopra di pomodoro e strutto, il cotechino con le salse, lo stortino, che
era l'anguilla marinata, il capitone dei poveri. I ciccioli, la coppa, il salame, la gallina lessata, il coniglio.
Tanto lambrusco. Pesce mai.


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Per andare a letto dovevo passare dalla camera dei nonni. C'era una porticina che attraversavo ed entravo
in questa stanza che veniva usata anche per stagionare i salumi. Dormivo coi prosciutti, i salami appesi
sopra al letto. Quando sudavano, mi svegliavo tutto unto e bisunto di grasso.
Ma che profumi...


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Buon sabato Diago e allegra compagnia di Amaca...

"Aspetto ancora la mia cioccolata"
(Zucchero)


"Eravamo una famiglia patriarcale, in dodici, in quattordici la domenica a tavola. Il gioco che mi faceva mio padre il ciocabèc. Per dirmi che non c'era niente di dolce: "Delmo, adess a ghè al ciocabèc". Io sognavo montagne di cioccolato. Immaginavo un dolce, una torta enorme, buonissima. La sto ancora aspettando.

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La mamma faceva delle frittelle di baccalà buonissime, che tanto piacevano al papà. Cucinava lei con la zia. La cucina era basata tutta sul maiale. L'uccisione del ***** era una grande festa.

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Il sanguinaccio, le frittelle di sangue, i ciccioli, le cotenne, si mangiava tutto del maiale
. E col maiale si svernava...gli adulti accendevano la stufa economica solo per preparare la cena e poi, quando quella si raffreddava, andavamo a letto col prete, lo scaldino, a gh'era un fred ca's muriva, c'era un freddo da morire, ma sotto le coperte al calduccio si stava bene.


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Apperò :D. Ciao Maf :)

Visto che ha rinfrescato un po', si comincia infatti coi piatti della tradizione dell'ultima fase dell'anno. Da me il musetto (per chi non lo conoscesse è il fratello del cotechino): insaccato di carne di maiale insaporita con le spezie, dove ogni contadino custodisce la ricetta del mix di famiglia.

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Abbinato con il purè di patata, e non lesinate la noce moscata.
In Veneto alcuni vi accompagnano, come con tutti i lessi, il cren: una salsa pungente a base di rafano.

Al termine della lenta bollitura, la cucina resta avvolta dai profumi e sapori della memoria della terra e famigliare.
Naturalmente il vino: Raboso o Valpolicella :cincin:

 
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"Fu la mia maestra delle scuole elementari..., ero dolce e introverso, a cominciare a chiamarmi "zuccherino"
...La maestra mi chiedeva: "Ma il panino ti piace alla marmellata, ci metti lo zucchero?" Sempre peggio.
Mi chiamavano zucchero e marmellata, sòcher e marmlèda.

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Conservo ancora due disegni fatti da me. Uno raffigura la chiesa di Roncocesi...e un altro che ritrae me,
mio padre e mio fratello Lauro, piccolino, ha sette anni meno di me, che andiamo a riccioni.
Andòm a catèr di risòn. Il riccione è tarassaco...
Quando è giovane e fresco è ottimo da mangiare in insalata.
Un po' amarognolo. Mio padre ne andava ghiotto e se ne faceva enormi insalatone con l'uovo sodo.
La domenica mattina andavamo nei campi a riccioni."

(ZUCCHERO)

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grande Sugar :bow:, buongiorno Maf

Con il R&B posso anche tornare un attimo in Louisiana, uno dei primi amori musicali di Zucchero fu Otis Redding con questa song.



Oltre alle varie pietanze, c'è un famoso panino nato lì come street food. Il suo nome è Po' Boy: durante la grande depressione i fratelli Martins, ex tranvieri di New Orleans, una volta andati in pensione aprirono un bar. Durante gli scioperi dei loro ex colleghi tramvieri, decisero di aiutarli sfamandoli proprio con questo panino a buon mercato.

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Si narra che in St. Claude Avenue il venditore avrebbe avuto l’abitudine di urlare ai suoi aiutanti “here comes another po’ boy!”, ecco un altro ragazzo povero (poor), da cui il nome, quando un operaio si avvicinava: spesso questo non aveva neanche tutti i soldi per mangiare un panino.

Il ripieno è gamberi fritti, verdure fresche e salsa

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Zucchero ha trascorso la sua infanzia in Emilia, dove è cresciuto in un casolare nella campagna di Reggio Emilia.
“Sono molto legato alla terra dove sono nato, della quale ricordo il forte contrasto tra la fede cattolica e quella nel partito comunista”
L'artista, in un'intervista, ha ricordato scene alla Peppone e Don Camillo, dove il primo era ben rappresentato da suo zio Guerra, e il secondo dal parroco locale Don Tagliatella (soprannominato così per le dimensioni per nulla ridotte della sua figura).
“Nella mia famiglia nessuno aveva nomi cristiani: mia nonna si chiamava Diamante e mio zio Guerra. In casa mia era fortissima l’ideologia di sinistra, e per tutta la settimana non si faceva che sparare a zero sulla Chiesa, però poi la domenica mia nonna invitava il prete a pranzo perché poveretto era da solo”.

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L’atmosfera del brano “Diamante”, dedicato alla nonna, richiamano il periodo del Dopoguerra e la vita quotidiana nella Pianura Padana, dove la nonna Diamante viveva insieme al marito e ai figli. Si tratta di un viaggio nel tempo, attraverso odori e suggestioni di una campagna che rinasce dopo la distruzione della guerra: “Respirerò / L’odore dei granai / E pace per chi ci sarà / E per i fornai / Pioggia sarò / E pioggia tu sarai”. Tutto rinasce: i nevai fioriscono, i vinai aprono le botteghe, le persone tornano a passeggiare per le strade del paese, i soldati tornano a casa dalle loro spose. Il testo si conclude con la frase “Fai piano, i bimbi grandi non piangono…” ripetuta più volte: il ricordo del monito di nonna Diamante.

La famiglia di Zucchero si trasferisce in seguito a Forte dei Marmi dove il padre apre una bottega di alimentari. Zucchero passeggia per il Forte, i ragazzi sono tutti *****tti, vestiti con camicie azzurre Oxford. Lui è capellone, ha una maglia arancione e pantaloni rossi. Lo guardano male.

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Zucchero ricorda il suo primo amore. Dopo una lunghissima e durissima gavetta ha cominciato a farsi conoscere nel mondo della canzone, è seduto su una panchina assieme a una ragazza di cui è innamorato perso. Di colpo alle loro spalle arriva la madre della ragazza che urla a Zucchero: «Torna al tuo paese, mortadella, lascia stare mia figlia, lasagna che non sei altro! Non è roba per te, lei è un angelo, tu sei un catarro». Zucchero è colpito al cuore e si porta dentro a lungo il dolore che gli ha lasciato quella scena. Solo molto tempo dopo riuscirà a liberarsene. Un giorno, cercando le parole per una canzone di cui ha già scritto la musica, gli viene in mente un testo che fa: «Mi piace la lasagna. E poi mi piaci tu. Un po’ di marijuana. Sotto il cielo blu. Mi piace la bologna». Zucchero ha sposato quella ragazza


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