Il girotondo del papà più bello del mondo

Papà, perché tu e mamma vi siete lasciati?
Ci sono canzoni nel cuore in attesa di essere cantate,
e poesie in un barattolo vicino alla finestra che aspettano di essere liberate.
Un giorno trovi la persona che ami e tutto questo succede
in modo così inaspettato e sorprendente.
Ogni cosa è una canzone, e da ogni barattolo nasce una poesia.
Poi passano i mesi, gli anni e arriva un giorno in cui tutto cambia.
Io e tua madre non riuscivamo più a cantare le nostre canzoni,
non riuscivamo più a liberare la poesie dai barattoli.

Dal libro "Se mi guardi esisto" - Fabrizio Caramagna
 

Allegati

  • VM_September-1956_-New-York-NY-300x300.jpg
    VM_September-1956_-New-York-NY-300x300.jpg
    27,2 KB · Visite: 341
  • Like
Reazioni: enn
"Perché ancora oggi il passo di mio padre
è ciò che più di ogni altra cosa può immediatamente riportarmi all’infanzia…"

(Gianfranco Calligarich)**
 

Allegati

  • IMG_7685_1076.jpg
    IMG_7685_1076.jpg
    84,5 KB · Visite: 24
Michele Mari (Milano, 26 dicembre 1955) è uno scrittore, traduttore, poeta e accademico italiano.
Figlio del designer Enzo Mari
e della disegnatrice Iela Mari, prima moglie del designer, ha insegnato Letteratura italiana all'Università Statale
di Milano fino all'anno accademico 2019-2020. Dal 1992 risiede prevalentemente a Roma. Il suo primo testo narrativo
(L'incubo nel treno, 1964) è nato come regalo di Natale per suo padre, che nel 1995 ne ha realizzato un'edizione in fac-simile fuori commercio.
Michele, in un romanzo intitolato Leggenda privata, definì la qualità del suo rapporto col padre “un ammirato terrore”.
Michele Mari racconta la letteratura come vocazione, il mondo onirico dentro di sé, la spaventosa forza morale che gli ha dato suo padre.

fc55e34d89d127ecd2d5a3b1e5a3a97c.jpg


“E’ stato una specie di ricatto di mio padre, quello che io chiamo l’onere del quoziente. Mio padre fin da piccoli ha condannato me e mia
sorella, ma soprattutto me, a celebrare l’intelligenza, a frequentare solo pochi giusti. Lui ti faceva il vuoto intorno con due parole soltanto:
quello è un *******, quello è un **********, non frequentare quelli che parlano così, non fare come loro perché loro sono tutti uguali.
Io aderivo ai suoi giudizi, li assorbivo completamente, e questo ha fatto sì che io eliminassi tutta una serie di comportamenti perché
erano generazionali: non sono mai andato ai concerti, non ho mai fumato uno spinello, non sono mai andato in motorino, perché siccome
lo facevano tutti io dovevo mantener fede a questo programma di eccezionalità. Da una parte giustificavo il tutto e me la raccontavo in
termini gratificanti: io sono meglio degli altri, io che a diciotto anni mi sono letto tutte le Vite di Plutarco, la lettura dei nostri Alfieri, Foscolo
, Leopardi, che si sono titanizzati su questo mito stoico eroico, dall’altra mi sentivo un mentecatto.
Avvertivo un senso di superiorità perché ragionavo come mio padre: noi Mari stiamo nel nostro castello, arroccati, torvi, soli, perché mio
padre curava anche l’idea che l’uomo di genio sia misantropo, scorbutico, e in più avevo la convinzione, in questa commistione diabolica
fra mio padre e mia madre, che il buonumore fosse segno di scarsa intelligenza. Se sei intelligente devi essere triste: questa cosa, pur
nella diversità dei caratteri e dei percorsi biografici, apparteneva a entrambi i miei genitori, per cui io ho l’ho fatta mia totalmente...
Però io avevo gli occhi per vedere la vita degli altri, per cui mi sentivo anche l’ultimo dei derelitti: così, per tutta la vita, l’ascetismo
laico dei miei genitori e l’ascetismo bigotto devozionale di mia nonna, assieme ai miei stessi blocchi e all’eccesso di sublimazione,
hanno creato la mia fascinazione per la volgarità, per i corpi, per la vita vera che può fare a meno della lotta dell’intelligenza."



CVI4nDRrrlZ-I3yP6vZY4gojwtdIWzmHz9-Ag6_vDeOk5xsW4tCsQlECr8Yhjo9L2Yug7QIDINoq9780zku5ZSkg90PleXNXw7S24Q
 


Chris Cornell, frontman dei Soundgarden e Audioslave, ha scritto e interpretato Black Hole Sun e svariati altri successi. La rivista Rolling Stone ha detto di lui : "è stato capace di transizioni agili tra il metal minaccioso e il folk più riflessivo, con deviazioni persino nell’elettropop e nella musica per colonne sonore. ".
E' morto nel maggio 2017, a soli 52 anni, suicida in un albergo di Detroit dopo un concerto.


Il cantante di Seattle aveva tre figli piccoli, Lillian oggi ventenne, e i due ragazzi concepiti con la seconda moglie Vicky: Christopher Nicolas e la fanciulla Toni, che spesso lo seguivano addirittura sul palco.

Screenshot-204.png


chriscornellcolour152-e1495638446733.jpg


Lillian-Jean-Cornell-Christopher-Nicholas-Cornell-con-il-padre-chris-cornell-figli-1280x720.png


Il papà ha insegnato a Toni la musica, anche duettando insieme, e diventando successivamente produttore del suo brano "Far Away Places", scritto a 15 anni.

chris-cornell-ha-cantato-con-figlia-redemption-song.jpg


0c5936a91269069037afa1316db5df40.jpg


"Papà,

Ti amo e mi manchi così tanto. Eri il miglior papà che chiunque potesse desiderare. Il nostro rapporto era così speciale e tu c’eri sempre per me. Mi ha dato il coraggio quando io non l’avevo. Hai creduto in me quando io non l’ho fatto. Mi manca il tuo amore ogni giorno. Registrare questa canzone con te è stata un’esperienza speciale e strepitosa che mi auguro di poter ripetere altre 100 volte e so che anche tu lo vorresti. Buona festa del papà, papà, nothing compares to you" (Toni Cornell, 2018)



(dal web)
 
Ultima modifica:



Lo scorso luglio la figlia maggiore Lily ha lanciato Mind Wide Open, un evento tramite instagram che coinvolgerà moltissimi ospiti e si soffermerà su tutte le problematiche legate alla salute mentale delle persone. Un tema sempre più importante in una società paranoica e viziata dal dilemma del continuo confronto con gli altri. “Ora più che mai le persone soffrono di malattie mentali, così come di traumi collettivi, stress, lutto e sofferenza causati dal COVID-19. Di tutti i problemi della società, questo è un’intersezione



"Abbiamo parlato spesso delle nostre esperienze con ansia e depressione, e la salute mentale è una cosa con cui ha combattuto per tutta la vita. Attraverso lui ho imparato quanto sia importante avere qualcuno che comprenda le tue oscurità, dia valore alle tue esperienze e ti dia conforto. Perdere mio padre mi ha aperto un buco nel cuore, e il lutto e il trauma che sono seguiti hanno portato la loro dose di problemi." (Lily Cornell). - "Papà raccontava le sue crisi di panico e mi diceva «Solo gli stupidi non provano ansia. Ti preoccupi di come andranno le cose, analizzi ogni possibile opzione, ti preoccupi di tutti i modi in cui le cose potrebbero andare male perché sei molto intelligente e perché il tuo cervello lavora velocemente. Questa cosa fa schifo e rappresenta un peso, ma troverai un modo per utilizzarla a favore tuo e degli altri»."

chris-cornell-3.jpg



"Mio padre non si aspettava che la sua vita fosse perfetta, veniva da una famiglia in cui tutti e due i suoi genitori soffrivano di alcolismo ed era spesso vittima di un ambiente fatto di abusi. A quattordici anni iniziò a provare diversi tipi di droghe, inclusi gli allucinogeni, che gli hanno causato attacchi di panico. Non era qualcosa di cui poter parlare con i suoi genitori e per due anni affrontò tutto da solo e senza alcun supporto. Ci ha spiegato che fino a quel momento sentiva che poteva fare tutto, che la vita era piena di possibilità. Poi cambiò tutto."

"Ha imparato dai suoi errori e ha condiviso con noi la sua lezione , ci ha detto come ha fatto a superare l'ansia ma ci ha anche raccontato di come l'alcool lo abbia riportato verso le droghe, di come questo abbia portato alla depressione e ad utilizzare altre droghe per allontanare le sue paure. Ci ha insegnato l'importanza di capire la dipendenza, una cosa molto importante ma che, comunque, non è stata ancora insegnata e portata abbastanza al centro del dibattito".

"Ha perso la sua vita quando , in un momento tragico, le droghe hanno alterato la sua realtà - ha concluso la figlia di Cornell - e questo momento tragico non definisce in alcun modo la sua persona, e così dovrebbe essere anche per tutti gli altri."

.



Durante la pandemia dell'anno in corso, la seconda figlia Toni ha anche pubblicato una canzone suonata con una band "a distanza", Black dei Pearl Jam dell'amico fraterno Eddie Vedder

Per concludere, qui di nuovo in coppia col padre, anche se impossibile :(




(dal web)
 
Ultima modifica:
zfntlJ9Fm0yXaunN1IK5WMzIMlznPpgu1lIc1kNt5QFeuCzrZw0KwbMjpdcl-OaliAGuORMdC1OwsBHVEwMkwCEwAIKzMFSCmA2afQ


Michele Mari ha raccontato, nella sua autobiografia, un’infanzia eccezionale e terribile... la paura e l’amore per un’autorità assoluta, gli incubi notturni che diventano letteratura, l’ironia e una solitudine lancinante.

“E’ stato una specie di ricatto di mio padre, quello che io chiamo l’onere del quoziente. Mio padre fin da piccoli ha condannato me e mia sorella, ma soprattutto me, a celebrare l’intelligenza, a frequentare solo pochi giusti. Lui ti faceva il vuoto intorno con due parole soltanto: quello è un *******, quello è un **********, non frequentare quelli che parlano così, non fare come loro perché loro sono tutti uguali. Io aderivo ai suoi giudizi, li assorbivo completamente, e questo ha fatto sì che io eliminassi tutta una serie di comportamenti perché erano generazionali: non sono mai andato ai concerti, non ho mai fumato uno spinello, non sono mai andato in motorino, perché siccome lo facevano tutti io dovevo mantener fede a questo programma di eccezionalità. Da una parte giustificavo il tutto e me la raccontavo in termini gratificanti: io sono meglio degli altri, io che a diciotto anni mi sono letto tutte le Vite di Plutarco, la lettura dei nostri Alfieri, Foscolo, Leopardi, che si sono titanizzati su questo mito stoico eroico, dall’altra mi sentivo un mentecatto.
Avvertivo un senso di superiorità perché ragionavo come mio padre: noi Mari stiamo nel nostro castello, arroccati, torvi, soli, perché mio padre curava anche l’idea che l’uomo di genio sia misantropo, scorbutico, e in più avevo la convinzione, in questa commistione diabolica fra mio padre e mia madre, che il buonumore fosse segno di scarsa intelligenza.
Se sei intelligente devi essere triste: questa cosa, pur nella diversità dei caratteri e dei percorsi biografici, apparteneva a entrambi i miei genitori, per cui io ho l’ho fatta mia totalmente”

In questo libro ci sono anche foto in bianco e nero, e nessuno sorride mai, né la madre, né il padre, né lui né sua sorella.

“Però io avevo gli occhi per vedere la vita degli altri, per cui mi sentivo anche l’ultimo dei derelitti: così, per tutta la vita, l’ascetismo laico dei miei genitori e l’ascetismo bigotto devozionale di mia nonna, assieme ai miei stessi blocchi e all’eccesso di sublimazione, hanno creato la mia fascinazione per la volgarità, per i corpi, per la vita vera che può fare a meno della lotta dell’intelligenza”.

Suo padre è stato un genio, sua madre una donna di grandissimo talento, pervasa da un senso catastrofico della vita e da una tendenza all’autodistruzione, che in vecchiaia l’ha trasformata in quello che Michele Mari bambino temeva più di tutto: “Un ultracorpo”.

“Mia madre, morta da quasi tre anni, è invecchiata molto male, un po’ per il declino fisico, un po’ per un cinismo, un malessere, un veleno indotti dalla depressione: è diventata molto anaffettiva, alla fine uno dei miei incubi d’infanzia si è quasi avverato: lei era sempre triste o seria, così quando la sera mi salutava sorridendo, dandomi di nascosto da mio padre il bacio della buonanotte, io sospettavo che fosse falsa, un orrendo alieno ultracorpo, e alla fine mia madre è diventata davvero quell’alieno. Intorno a lei è cresciuta quest’altra persona che ha spento il suo spirito, la sua ironia, la sua grazia. Quando ha smesso di lavorare e di disegnare è proprio implosa, e solo dopo la sua morte ho riscoperto e ricordato la donna che è stata”.

michmar.png


Due genitori così eccezionali hanno trasformato Michele Mari bambino in un personaggio di Dickens, senza alcun bisogno di romanzare:

“Infatti sono diventato scrittore sulla scia delle letture: vivevo in una famiglia così poco famiglia, così poco affettuosa, così poco morbida e poco avvolgente che ho sviluppato molto presto un rapporto morboso con le cose: mi circondavo di soldatini, macchinine, biglie, figurine, avevo un rapporto feticistico con le cose perché chiedevo in ritorno tutto quello che non mi davano i rapporti umani. Oltre a essere strozzati e raggelati i rapporti con i miei genitori, erano altrettanto disastrati quelli con i miei coetanei: non si poteva frequentare nessuno che non fosse Einstein, e io stesso sono diventato amministratore di questo decalogo, applicavo come un soldatino zelante questi disumani princìpi. Avendo così pochi rapporti e così duri cercavo un mondo alternativo, come il bambino di Shining che fa la doppia voce, la voce schizofrenica dell’altro. Ho cominciato presto a raccontarmi storie di cui ero il protagonista, a farmi paura da solo, ero sempre io che trovavo, inseguivo e ero inseguito, e passavo le giornate a leggere. Tom Sawyer, Mark Twain, Conan Doyle, Calvino, i fratelli Grimm: io ho letto tutto a dieci anni. A tredici anni avevo già letto quasi tutto Conrad, quasi tutto Stevenson, tutto Melville, i racconti di Poe, Jules Verne, Salgari, i corsari, Sandokan. Questi libri erano un po’ in casa un po’ dai nonni un po’ me li comprava mia madre, certi tascabili in edicola come L’uomo invisibile di Wells, e leggendo molto mi sono creato un mondo alternativo che molto presto è diventato il mondo elettivo, quello in cui volevo stare: il mondo che avrei scelto. Mio padre e mia madre per motivi morali e ideologici non hanno mai voluto la televisione, quindi io non sapevo niente, conoscevo solo i libri”.


leggenda_privata.jpg
 
La secondogenitaCarlotta Proietti(oggi 36enne), racconta che la madre era molto severa, mentre il padre Gigi era il genitore comprensivo.
La storia risale a quando Carlotta aveva appena 14 anni ed era stata scoperta a fumare a scuola. La preside avvertì la famiglia ed al ritorno
a casi si attendeva la punizione: “Mamma era davanti la porta, scura in volto: ‘Ha telefonato la scuola, so che ti hanno scoperta mentre
fumavi. E adesso a Papà glielo dici tu’. Andai da mio padre. Bussai alla porta del suo studio: ‘Devo confessarti una cosa, papà’. Lui stava
sfogliando il giornale. Alzò lo sguardo. ‘Dimmi, amore di papà, che c’è?’. ‘Ecco, vedi….. Stamattina a scuola mi hanno scoperta a fumare
una sigaretta’. Sorpreso mi domandò: ‘E perché, non si può fumare a scuola?’ “.

Carlotta Proietti avrebbe voluto vivere negli Anni 70, vestirsi hippy, andare a Woodstock. Invece è nata negli Anni 80 e papà Gigi stava
sveglio ad aspettarla in piedi sino alle quattro del mattino, quando rincasava dopo la discoteca.


figlieproietti-1024x560.jpg
 
Carlotta-e-Gigi-Proietti.png


"Questa è stata la mia unica forma di ribellione: tornare tardi la sera. A punirmi ci pensava la mamma (Sagitta Alter, ex guida turistica svedese, ndr), papà era troppo buono per castigarmi....
Ho trascorso un’infanzia e un’adolescenza all’insegna dell’allegria, sui palcoscenici dei teatri, che per me erano un grande parco giochi, insieme a un padre divertentissimo. Da bambina, tutte le sere, mi facevo trovare pronta davanti alla porta di casa: volevo che mamma e papà mi portassero a teatro con loro. Mi piaceva quell’ambiente, avevo sempre voglia di stare con la gente dello spettacolo. Crescendo, però, ho capito che non è tutto oro quello che luccica e che anche nel mondo artistico ci sono cattiveria e invidia». devo dire che anche in casa ci ha fatto sempre ridere tanto: papà regala una battuta dietro l’altra. Quando ero piccola per me era un mito, quasi un trofeo vivente: mi ricordo che una volta, dopo uno spettacolo allo stadio, chiamarono una scorta per portarlo via, tanta era la ressa...
Ci assomigliamo? Forse nella pigrizia. Lui, che sulla scena è un leone, a casa è decisamente meno pimpante e la mattina dorme sempre. Entrambi, poi, ci arrovelliamo, ci mettiamo troppo in discussione, ci lasciamo prendere da mille paranoie mentali». Ho lavorato con il maestro Nicola Piovani, ho partecipato a spettacoli di teatro-canzone e sono stata in scena anche con mio padre, che non mi ha mai raccomandata. Però è vero che sono cresciuta nel suo ambiente e mi sono cibata della sua arte. Se Gigi Proietti fosse stato un “pizzicarolo” (salumiere in romanesco, ndr), probabilmente oggi lavorerei nel suo negozio. Ma la mia vita è il teatro ed è qui che mi sento a mio agio."

Carlotta Proietti



Copia%20di%20PROIETTI100-k7IH-U322082600463621F-656x492@Corriere-Web-Sezioni.jpg


carlotta-proietti-con-gigi-proietti.jpg
 


1547481441245_1547481466.jpg



Giuseppe Povia ha salutato per sempre il padre con un addio sui suoi profili Facebook e Instagram.
Annunciando la triste notizia, il cantautore si è rivolto all’amato genitore:

“Ciao papà, sei stato grande”

Giuseppe ha voluto scrivere una dedica al genitore scomparso, lo ha ringraziato per quanto ha fatto per lui.

“Mi hai insegnato ironia, schiettezza e voglia di fare...Quando ho vinto Sanremo mi hanno chiesto: “Chi è il tuo mito?”.
Ho detto: “Mio padre”. Non ti dico ‘riposa in pace’ perché dicevi che nella vita eterna non ci si riposa, si vive nella gioia e nella luce, eri troppo avanti”.

Parole ricche di gratitudine e di emozione, che dimostrano l’amore di un figlio verso il padre.

"Sono sempre il tuo bimbo con le dita in bocca che tenevi stretto. Eri un uomo tanto buono... buon paradiso Papà" 👼


147489765_10159033746884670_7469954297947065584_n.jpg
 
portrait-of-langston-hughes-1024.jpg


La scala di cristallo

Bene, figliolo, voglio dirti una cosa
la vita per me non è stata una scala di cristallo.
Ci furono chiodi
e schegge
e assi sconnesse
e tratti senza tappeti sul pavimento,
nudi.
Ma per tutto il tempo
ho continuato a salire
e ho raggiunto pianerottoli
voltato angoli
e qualche volta ho camminato nel buio
dove non c’era uno spiraglio di luce.
Quindi, ragazzo, non tornare indietro.
Non fermarti sui gradini
perché trovi che salire è difficile.
Non cadere adesso
perché io vado avanti, amor mio,
continua a salire
e la vita per me
non è stata una scala di cristallo


(Langston James Hughes)

Langston James Hughes (1902 - 1967) è stato poeta, scrittore e giornalista afro-americano.
Dedicò la sua vita alla scrittura.



hughes_with_children.jpg
 


"Mio padre era un uomo fragile, l’ho capito dopo, negli anni. Era molto timido e soffriva di depressione.
Allora non si sapeva ancora cosa fare per questo male che è terribile, io lo chiamo il “Male oscuro”, come
il libro di Berto. Insomma, Milano bruciava, siamo corsi alla stazione e c’erano migliaia di persone, si
aggrappavano ai treni, un delirio. Avevo paura e lui mi prese per la vita, tipo John Wayne, e mi tirò su,
mi sembrava di volare. E io, da allora, ho sempre pensato che l’uomo doveva essere chi ti proteggeva,
chi ti salvava».

(Ornella Vanoni)


Ornella-Vanoni-da-bambina-piccola.jpg
 
La nostra mente inganna come una maestra della bugia, buttiamo via frammenti e foto del passato,
altri li ritocchiamo a piacimento.
Forse sono solo gelosa.
Vorrei ritoccare le mie foto ricordo. Potessi farlo anche con te, papà.
Forse è questa la ragione che mi ha spinto fin qui. Ritoccare l’hard disk della memoria.

Francesca G. Marone


brad-pitt-e-vivienne-.jpg


Travolta-e-figlia.jpg


steven-tyler-e-la-figlia-liv.jpg
 


"Anche se può suonare falso, non sono un' anticonformista. Sono una borghese, una provinciale: né più né meno di tante ragazzine
di Cremona. E il giudizio degli altri mi terrorizza. Quando aspettavo Paciughino è stato terribile. Avevo la pancia, ma dicevo:
"Ma voi siete matti, non aspetto figli"... Avevo paura di dirlo... Ma quando stava per arrivare ero terrorizzata: dalla gente, dal futuro,
da tutto. Si ha un bel dire, ma essere una ragazza-madre non è facile nella nostra società. Anche se una si chiama Mina.
Fu mio padre ad aiutarmi a superare quel momento. Fu adorabile papà, comprensivo. Se ero serena quando mio figlio venne al
mondo lo devo proprio a mio padre."


Mina (1969)


27%20olycom.jpg
 
carlo-conti-da-piccolo.jpg


Carlo Conti: 'Mio padre non l'ho mai conosciuto, mia madre faceva le pulizie per arrotondare...Mio padre morì che avevo appena 18 mesi
e non me lo ricordo affatto...Mia madre quindi mi ha fatto sia da mamma che da papà: non aveva una lira, avendo speso tutto in cure
sperimentali che si erano rivelate inutili...Trovò nella fede la forza di continuare. Era una donna forte e anche dura, se necessario.
Tirò fuori dal cassetto il diploma da ostetrica che aveva preso durante la guerra e iniziò a fare assistenza notturna in ospedale, mentre
io dormivo da mia zia. Ma i soldi non bastavano mai e per arrotondare fece pure la donna di servizio. Credo che pure oggi che non ci
sono più, mia madre e mio padre continuino ad aiutarmi, non avrei potuto fare quello che ho fatto senza di loro...A volte penso che se
mi avesse cresciuto lui sarei un uomo diverso, ma non mi sono mai sentito sfortunato. Ricordo però un momento preciso in cui per la
prima volta mi sono accorto di essere senza padre: avevo 22 anni e stavo giocando a tennis con il mio migliore amico Leonardo Pieraccioni
(sì, proprio lui, ndr), quando a un certo punto arrivò suo papà che iniziò ad incoraggiarlo, a dargli dei consigli.
Ecco, una figura così io non ce l’avevo’.



screenshot_01.jpg
 
Bernardo Bertolucci... dettagli che valgono ciascuno una poesia.
L’odore del padre Attilio:


«Un odore di mandorle amare. Un odore intenso che lo circondava come un alone.
Un odore che rimaneva nei posti dove lui era stato, nelle cose che aveva toccato»


130146840-18c904a4-071d-44b9-9440-4351f48a6c62.jpg
 
Ricevetti una telefonata in ufficio; era mio padre. Accadde non molto dopo il mio divorzio, quando da poco lavoravo
all’agenzia immobiliare. I ragazzi erano tutti e due a scuola. Era una giornata piuttosto calda, di settembre.
Mio padre era talmente cortese, anche in famiglia. Ebbe cura di domandarmi come stavo. Maniere contadine.
Se ti telefonano per dirti che hai la casa in fiamme, prima ti chiedono come stai.
– Bene, – dissi. – E tu?
– Non tanto, direi, – rispose mio padre con il tono di sempre, riservato e dignitoso. – La mamma se ne è andata, credo.

Il percorso dell’amore
di Alice Munro


1552925485705.png--.png
 
GettyImages-1320380726.jpg


In competizione alle Olimpiadi nell'equitazione, Jessica Springsteen, figlia del Boss.
Sulla schiena del suo cavallo, Jessica salta e supera ostacoli: Born to run sembra essere stata scritta per lei. L'amazzone corre, sul suo possente destriero, con la coda di cavallo che lega la sua chioma. Bella e folta come la criniera di quegli animali che ama così tanto.



Oltre ad avere sangue campano nelle vene, Bruce – la madre è originaria di Vico Equense – non c’è estate in cui non trascorra qualche giorno di relax nel nostro Bel Paese. Sul Lago di Como, soprattutto. Ma anche in Costiera Amalfitana, in Sardegna, a Portofino. E la figlia Jessica ha anche un fidanzato italiano, l'azzurro Lorenzo De Luca, a sua volta fantino.

jessica-springsteen.jpg



Cresciuta in mezzo alla natura , il New Jersey delle radici di Bruce, della sua musica, ma anche la terra dei componenti della E Street Band: campagne, pace, nessuna ansia californiana. Poi i cavalli, della fattoria Stone Hill di Colts Neck. Maestosi compagni nella crescita dei piccoli. A quattro anni Jessica vide un pony, e chiese di salirci. Quando ammirò la madre prendere lezioni di equitazione, la sua vita cambiò. Inizia a gareggiare già a 6 o 7 anni nelle prime competizioni, e grazie a tanta gavetta Jessica fa ora della sua passione un vero mestiere.

"I miei genitori mi hanno sempre incoraggiata e fin da piccola mi hanno sempre detto: Quando trovi qualcosa che ti appassiona, lavora sodo e segui i tuoi sogni."

w1200


 
Ultima modifica:
86656868
c4b11ac1ec7e477d9f8477ed12b4caff.jpg



Molto più difficile è stato, invece, il rapporto di Bruce Springsteen con il proprio padre, Douglas, di cui troviamo traccia anche in alcuni pezzi dei primi anni del canatnte.



downtomexico.jpg


La relazione tra i due era stata tormentata, fortemente condizionata dall’alcolismo e dalla depressione di cui soffriva il padre, veterano del secondo conflitto mondiale. Durante il suo tour del 1978, durante il brano Growin’ Up, Bruce era solito raccontare: «Quando ero ragazzo, c’erano due cose impopolari a casa mia. Uno ero io e l’altra era la mia chitarra. . . Mio padre non chiamava mai la chitarra con il suo nome, Fender o Gibson, per lui era sempre la maledetta chitarra. Ogni volta che bussava alla mia porta, era l’unica cosa che sentivo: “Abbassa quella maledetta chitarra” . Per lui tutto nella mia camera aveva la stessa marca: maledetta chitarra, maledetta radio, maledetto stereo».

bruce-1600x900.jpg


L’intolleranza e la sfiducia del padre per la sua aspirazione musicale, la sua anaffettività verso i figli, la partenza per la California con la madre e la figlia più piccola (lasciando Bruce e Virginia in un momento delicato della loro vita), i silenzi o, peggio, i continui rimproveri. “Questi dolori mi dilaniano ancora e lo faranno sempre” confida il Boss. “La mia esistenza ha preso un percorso diverso, ma alla fine quelle piaghe restano con te e tu cerchi di trasformarle in un linguaggio e in uno scopo».



Negli ultimi 10 anni di vita del padre qualcosa, parizalmente, cambiò. Infatti alla nascita del primo figlio di Bruce (Evan), Douglas sfidò inaspettatamente la sua depressione ed agorafobia guidando per 400 miglia per andare a trovarlo. In quell’occasione, Doug confessò: “Bruce, sei stato così buono con noi. E io non lo sono stato con te”.
“Era tutto ciò di cui avevo bisogno", scriverà Springsteen nel libro Born To Run (2016).
 
Ultima modifica:
Lindsay Lohan
Dalla guida in stato di ebbrezza al possesso di droga, Lindsay Lohan ha avuto molti scontri con la legge.
Ma suo padre è stato coinvolto in diversi tipi di crimini. Michael Lohan è un personaggio televisivo americano
e ha scontato la pena per insider trading e violazione della libertà vigilata, ed è stato arrestato per violenza domestica.


106276.jpg


rs_634x1024-200211065416-634-Michael-Lohan-JR-21120.jpg
 
"Greenlights - L'arte di correre in discesa" è il libro firmato da Matthew McConaughey.

Nel risvolto è lo stesso autore a raccontare:
"Sono in questa vita da cinquant'anni, ne scruto l'enigma da quarantadue, e da trentacinque tengo un diario pieno di idee su come risolverlo. Appunti su successi e fallimenti, gioie e dolori, cose che mi hanno stupito o che mi hanno fatto ridere di cuore. Appunti su come essere sereno. Come stressarmi di meno. Come godermela. Come fare meno male agli altri. Come fare meno male a me stesso. Come diventare un brav'uomo. Come dare un significato alla mia vita. Come essere piu` io. Solo di recente ho trovato il coraggio di riprendere in mano i miei diari: vi ho trovato storie del mio passato, lezioni apprese e dimenticate, poesie, preghiere, rimedi, convinzioni, alcune fotografie molto belle e un mucchio di adesivi da paraurti (nel libro vi spiego cosa intendo). Ho trovato anche un filo conduttore, un approccio alla vita che mi ha dato soddisfazione allora e che funziona anche oggi: se sai come, e quando, affrontare le sfide, puoi sperimentare quello stato glorioso che io chiamo "greenlight", semaforo verde. Cosi` ho preso un biglietto di sola andata per il deserto, ed e` nato questo libro: un album, una testimonianza, una storia della mia vita finora. Qui sono racchiusi cinquant'anni di cose che ho sperimentato, sognato, inseguito, dato e ricevuto; alcune valide, altre vergognose. Le volte in cui l'ho fatta franca, quelle in cui mi hanno beccato, e quelle in cui mi sono bagnato ballando sotto la pioggia. Spero che sia come una medicina con un buon sapore, come un paio di aspirine invece del pronto soccorso, come un'astronave verso Marte senza bisogno di avere la patente e come le risate tra le lacrime."

E` una lettera d'amore. Alla vita.

L’attore parla anche del padre manesco, un uomo nei confronti del quale non nutre alcun rancore:
“Non giudico mio padre, anzi applaudo al modo in cui mi ha cresciuto. A modo suo, nel modo in cui sapeva trasmettere determinati valori ai suoi figli: fisico. Ricordo il dolore dei suoi manrovesci se gli dicevo bugie? No, non è il dolore che ricordo, ma ricordo la maschera di dolore che era il suo volto mentre si chiedeva se avesse fallito come padre per aver cresciuto un ragazzo che gli aveva appena mentito per quattro volte sul fatto di aver rubato o meno una pizza.
È l’angoscia nel suo sguardo da “cosa devo fare ora?” che mi ha fatto male, non la sberla! Io non uso i suoi metodi, ma insegno gli stessi valori: non dire bugie, non credere di poter fare qualsiasi cosa, accettare di avere dei problemi e non odiare“.


Jim-McConaughey-Matthew-McConaughey.jpg
 
Indietro