Il valore legale e il valore accademico della laurea

  • Ecco la 60° Edizione del settimanale "Le opportunità di Borsa" dedicato ai consulenti finanziari ed esperti di borsa.

    Questa settimana abbiamo assistito a nuovi record assoluti in Europa e a Wall Street. Il tutto, dopo una ottava che ha visto il susseguirsi di riunioni di banche centrali. Lunedì la Bank of Japan (BoJ) ha alzato i tassi per la prima volta dal 2007, mettendo fine all’era del costo del denaro negativo e al controllo della curva dei rendimenti. Mercoledì la Federal Reserve (Fed) ha confermato i tassi nel range 5,25%-5,50%, mentre i “dots”, le proiezioni dei funzionari sul costo del denaro, indicano sempre tre tagli nel corso del 2024. Il Fomc ha anche discusso in merito ad un possibile rallentamento del ritmo di riduzione del portafoglio titoli. Ieri la Bank of England (BoE) ha lasciato i tassi di interesse invariati al 5,25%. Per continuare a leggere visita il link

Io ricordo le falcidiate incredibili in Matematica ad Economia a Torino....
Solo chi ha partecipato capisce che non invento nulla.
Certo è che laurearsi in quelle condizioni a 25 anni avendo fatto la naja è un pò più difficile che adesso a 24....
 
SCIENZA & TECNOLOGIA

Succede già a Google, dove viene utilizzato un supertest basato su un algoritmo
All'azienda Usa arrivano 100 mila domande di assunzione al mese

Una formula matematica per selezionare i dipendenti

di ALESSIO BALBI

ROMA - Il curriculum vitae, col quale generazioni di disoccupati hanno tentato di impressionare le aziende che avrebbero dovuto assumerli, sta per diventare un reperto da archeologia industriale.

A sostituirlo sarà una versione altamente tecnologica del questionario della visita di leva, quello che valutava le attitudini marziali dei futuri soldati sulla base di domande tipo "Ti piacciono i fiori?", "Faresti mai il fioraio?".

Nella californiana Silicon Valley, avanguardia di innovazioni da esportazione, le aziende dell'hi-tech stanno elaborando nuovi sistemi per scremare le candidature, possibilmente in maniera automatica, senza intervento umano. A fare da apripista c'è Google, il motore di ricerca che in questi anni è diventato il simbolo dell'azienda del futuro.
Nel quartier generale della compagnia, a Mountain View, arrivano ogni mese 100mila curriculum.

Una mole di materiale apparentemente ingestibile, ma non per gente abituata a catalogare e setacciare quotidianamente miliardi di pagine web in tutto il mondo e in ogni lingua. Per cercare su internet, Google usa un algoritmo segretissimo: una formula matematica che assegna a tutte le pagine web un voto, indice della loro rilevanza per ogni argomento o parola cercata.

Per fare ordine nella selva di candidature, Google ha deciso di usare lo stesso metodo: somministrerà a tutti i gli aspiranti dipendenti un questionario mastodontico (si parla di 300 domande). Un sistema automatico ricaverà dalle risposte un voto, compreso tra 0 e 100, che dirà se il candidato è la persona giusta per Google, oppure no.

Il sistema, riferisce il New York Times, è stato ideato da Laszlo Bock, responsabile del personale che Google ha strappato in primavera alla General Electric proprio per mettere ordine nel processo di reclutamento. Fino a oggi, la compagnia basava le selezioni soprattutto sul curriculum accademico dei candidati.

Nel Googleplex, la sede dell'azienda, entravano solo laureati col massimo dei voti, possibilmente con in tasca anche qualche master o un dottorato. Questa estate, Bock ha deciso di somministrare a tutti i dipendenti con almeno cinque mesi di anzianità un questionario fiume, composto da domande sulle competenze lavorative, ma anche sul comportamento e sulla personalità: "Che riviste leggi?", "Hai un animale domestico?".

Le risposte dei dipendenti sono state incrociate con una serie di 25 parametri riguardanti il loro rendimento in azienda. Un'équipe di analisti ha poi tentato di stabilire una correlazione tra risposte e performance lavorative.

Il primo risultato è stato proprio ridimensionare l'ossessione per la formazione universitaria: "A volte", ha spiegato Todd Carlisle, lo psicologo che ha scritto il test, "troppa istruzione può essere controproducente nel lavoro".

Finora, il questionario per l'assunzione è stato sottoposto al 15 per cento dei candidati, ma da questo mese sarà esteso a tutti. La tecnologia è ancora in fase di sperimentazione e sono in corso tentativi per esportarla in Europa. Ma in Google Italia, fanno sapere dall'azienda, per ora si usano ancora i sistemi di reclutamento tradizionali.

(4 gennaio 2007)

Fonte: la Repubblica
 
a proposito di aziende italiane o che operano in italia vi porto un esempio per capire se il laureato a fare skifo o l'impresa a non fare uno straccio di formazione e pianificazione sui propri dipendenti.


Silvia, 28 anni una laurea in economia e un master in marketing, lavora per 2 anni alla heinz in italia. Stipendio lordo 24000 euri, nessun aumento a fronte di diverse richieste.ha fatto 1 colloquoi con headhunter a Londra in novembre e a gennaio è stata assunta, adesso prende 33000 pound e lavora alla hertz. (45000 euro, e non ditemi che londra costa di più che milano, lo so già da me, ma non costa certo il doppio)
 
floppete ha scritto:
e non ditemi che londra costa di più che milano, lo so già da me, ma non costa certo il doppio)

e' un po' che non ci vado ..... ma da quello che leggo e sento ..... al doppio ci si avvicina parecchio ...... comunque un lavoro a Londra va visto sempre bene, in fin dei conti e' il salario di ingresso, ci mettera' poco a farlo salire ... se e' brava (se poi e' brava a far salire altro ...... ao' si scherza eh :D )
 
Il fatto che Londra costerebbe il doppio rispetto a Milano o Roma è un' autentica leggenda metropolitana.
A livello di generi di consumo i prezzi dei supermercati sono perfettamente allineati.
Costano molto i trasporti pubblici, ma non sono confrontabili con quelli italiani, tanto che è normale non avere l' automobile ed i taxi sono meno cari che in Italia.
Abbigliamento e tecnologia costano come da noi.
Ristoranti e svaghi addirittura costano di meno dopo gli "arrotondamenti" causa euro.
Gli affitti sono più cari, però io non ho mai messo il piede fuori dalla zona 1 e dovrei fare il paragone con San Babila o Piazza Duomo e non Gallalrate
 
Sire ha scritto:
Il fatto che Londra costerebbe il doppio rispetto a Milano o Roma è un' autentica leggenda metropolitana.
A livello di generi di consumo i prezzi dei supermercati sono perfettamente allineati.
Costano molto i trasporti pubblici, ma non sono confrontabili con quelli italiani, tanto che è normale non avere l' automobile ed i taxi sono meno cari che in Italia.
Abbigliamento e tecnologia costano come da noi.
Ristoranti e svaghi addirittura costano di meno dopo gli "arrotondamenti" causa euro.
Gli affitti sono più cari, però io non ho mai messo il piede fuori dalla zona 1 e dovrei fare il paragone con San Babila o Piazza Duomo e non Gallalrate

diciamo che affitti e trasporti costano parecchio piu' che da noi, il vero problema è che zona 1 come diametro, corrisponde a tutta roma e 3/4 di milano!!

in ogni caso è vero che fare la spesa o comprare abbigliamento e tecnologia nn costano piu' che da noi. diciamo che si trova per tutte le tasche dal ristorante a 150 pound a persona a quello a 10 pound
 
Harvard, laurea honoris causa a Bill Gates

Bill Gates diventa dottore. Il fondatore della Microsoft, ex studente alla Harvard di Cambridge, in Massachusetts, dai giorni dell'università a oggi è diventato nel frattempo l'uomo più ricco del mondo, ma non si è mai laureato. Così il consiglio accademico del prestigioso ateneo ha deciso di conferirgli una laurea honoris causa. Gates si era iscritto ad Harvard all'inizio degli Anni Settanta ma nel 1973 aveva lasciato la famosa università perché impegnato a lavorare nella società da lui appena fondata, la Microsoft. Trentaquattro anni dopo quella laurea gli viene consegnata "per il prestigio che ha reso al nome dell'università e la filantropia di cui la sua fondazione è stata protagonista nel mondo".

Fonte: la Repubblica
 

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Sire ha scritto:
Costano molto i trasporti pubblici, ma non sono confrontabili con quelli italiani, tanto che è normale non avere l' automobile
Appunto...

Sono appena stato ospite a notting hill di due amici: uno professore universitario, l'altro funzionario di una nota banca europea:
vivono in affitto in un appartamentino essenziale di 50mq a 10min a piedi dalla fermata più vicina della underground, girano in bici perchè la metro costa e bevono acqua del rubinetto (pessima).
L'aperitivo, la macchina, la gita fuoriporta, i soldi da parte per comprarsi una casa (una in 2)... manco a parlarne!

Anche Milano è cara, ma se a Londra spendi uguale vuol dire che fai una vita mooolto più stringata, fidati... ;)
 
WaveDog ha scritto:
Le laurea non certifica nulla pertanto non ha alcun valore professionale, tantomeno dovrebbe avere valore legale.

E' pieno di asini laureati in giro.
Ma anche di laureati con i controc0glioni.
.
Ma a che universita' sei andato?
A quella della terza eta'? :D :D
 
Dico la mia.

Riguardo al valore legale, ai titoli vari quali "Dott.", "Ing." etc..., si può anche discutere sulla loro utilità... in linea di principio potrei anche essere favorevole alla loro abolizione, in fondo in un vero sistema meritocratico dovrebbero contare solo le competenze, non importa acquisite come.

Cambiare la nomenclatura dei titoli (Dottore -> Bachelor etc..) da italiana ad inglese invece mi sembra un'inutile forzatura esterofila... un titolo è un nome come un'altro, che per convenzione ha un certo significato e valore. Per patriottismo ed amore per la lingua italiana mi fa venire i brividi parlare di Bachelor e Phd.

Ma l'aspetto di questa discussione che più mi trova in disaccordo è il concetto che l'università straniera/U.S. prepari meglio della nostra... niente di più falso !

Ho molti colleghi americani che hanno seguito un percorso di studi universitari nel loro paese, e vi posso assicurare che ad esempio, parlando in generale, un ingegnere italiano non lo vede nemmeno uno analogo a stelle e strisce.

In Italia esistono molti casi, e non isolati, di realtà eccellenti... poi è chiaro, se pretendiamo di prendere come esempio la "libera università di cani_gatti"... :D
 
Università

Le lauree facili dei giornalisti

Non sazia d'aver dato i natali a un eroe dell’antica Roma (Attilio Regolo), a un mito del cinema (Vittorio De Sica), a una cantante di Sanremo (Anna Tatangelo), l'antica Sora voleva di più. Ed è diventata la «Harvard ciociara» dei giornalisti italiani. L'ateneo di chi, non avendo avuto il tempo di prendersi la laurea prima, può finalmente recuperare quel pezzo di carta accantonato in gioventù.
Certo, la scorciatoia passata con lo slogan «Laureare l’esperienza» e varata prima da una legge del ’99 (centrosinistra) ritoccata da un decreto del 2004 (centrodestra) per riconoscere la dote di preparazione e competenze accumulata da questa o quella figura professionale permettendo a gente già inserita nel lavoro di conquistare l’agognato alloro, non riguarda solo i giornalisti. Anzi.
Decine di università, come è noto, si precipitarono ad approfittare delle nuove norme per accumulare studenti. «Avevamo la fila alla porta di gente che voleva laurearsi e ci proponeva mille o duemila iscritti a botta», ha raccontato ad esempio Francesco Paravati, responsabile del marketing della «Uninettuno»: «Il delegato di un gruppo di agenti di custodia arrivò a dirci: la laurea ci serve solo per passare di grado. Non daremo fastidio a nessuno, non faremo danni usandola. Le altre ci riconoscono cento, centodieci crediti... Perché voi no?». E infatti così era l’andazzo, all’inizio. Al punto che per accaparrarsi nuove matricole qualche ateneo arrivò a proporre a ragionieri o guardie forestali, vigili del fuoco o poliziotti (prima che Mussi imponesse un tetto di 60 su 180: tetto peraltro aggirato da alcune università con la scusa dei diritti acquisiti) una quantità di «crediti» folle. Un esempio? La convenzione di Siena coi carabinieri. Convenzione che permetteva ai marescialli che avevano seguito un certo corso interno di vedersi riconoscere fino a 124 «crediti formativi». Solo 24 meno dei 148 necessari ad avere la laurea triennale in Scienza dell’amministrazione: tre tesine e il maresciallo era dottore.
Fatto sta che, all’apparire della scorciatoia, anche l’Ordine dei Giornalisti si diede da fare. Per carità, comprensibile: al di là delle forzature assurde poi corrette da Mussi, il riconoscimento formale delle professionalità era un principio europeo. Il modo con cui venne condotta l’operazione, però, si tirò addosso un sacco di critiche anche interne. A partire da quelle del presidente dell’Ordine della Lombardia Franco Abruzzo, che rivendica di avere contestato subito un po’ tutto l’impianto.
Funzionava così: 10 crediti ai direttori responsabili, 8 a capiredattori, capiservizio e responsabili degli uffici stampa, 6 ai divulgatori scientifici, 4 ai redattori, agli editorialisti e agli opinionisti. Uno schemino ridicolo. Che assegnava ai capiservizi dei giornalini di quartiere, paradossalmente, più punti che a fuoriclasse come Bocca o Pansa. Di più: i crediti si potevano moltiplicare per il numero di anni di servizio, fino a un massimo di 80 per i professionisti e 60 per i pubblicisti.
Di più ancora: nei «casi di eccellenza delle conoscenze e delle abilità professionali certificate» (da chi? boh...) potevano essere aumentati del 20% ancora. Arrivando a un totale di 96 per i professionisti e 72 per i pubblicisti.
Rileggiamo un’Ansa del 22 settembre 2004. «I giornalisti professionisti e pubblicisti in possesso del titolo di scuola media superiore potranno accedere fino al terzo anno di laurea in alcune facoltà italiane».
Quali? Inizialmente, la già citata Università di Chieti, quella di Cassino e Sora, la barese «Lum Jean Monnet» di Casamassima (unico esempio mondiale, forse, di ateneo nato dentro un ipermercato, «Baricentro»), la Lumsa di Roma. E le Università grosse? Quelle presenti, sia pure non in posizioni di spicco, nelle classifiche internazionali? Macché: zero. O meglio, sulle prime c’era Torino. Ma appena si insediò il nuovo rettore, Ezio Pelizzeti, prese l’accordo e lo cestinò: «Non mi pareva una cosa seria».
Tra i motivi di perplessità c’era l’esistenza di una specie di «filtro» che in cambio di 222 euro di diritti di segreteria raccoglieva le domande degli aspiranti universitari e le smistava col conto dei relativi crediti. Era la «Rul international», una società di proprietà di Umberto Laurenti, capo delle relazioni esterne di Postel, controllata di Poste Italiane. Un’operazione non limpidissima, documentò allora la trasmissione Report di Milena Gabanelli. Ma la puntata più sconcertante del tormentone doveva ancora arrivare.
Sganciata la «Rul», le pratiche organizzative furono infatti affidate alla «Società per la formazione e l’orientamento», costituita 25 giorni prima che l’Ordine stipulasse le convenzioni definitive con otto università. E chi c'era tra i soci? Il geometra Claudio Cintola, consigliere forzista al Municipio Soccavo Pianura di Napoli, pubblicista, ma soprattutto direttore responsabile del quotidiano on line Osservatorio Flegreo . Giornale che ha come condirettore Mimmo Falco, vicedirettore Vittorio Falco, caporedattore Luigi Falco, responsabile servizi esterni Agostino Falco, capo dei servizi con l’estero Salvatore Falco, redattori Maria Falco e Luigi Falco. Casa e bottega. Ma chi era, allora, Mimmo Falco? Era il potente vice-presidente nazionale dell’Ordine dei Giornalisti (oggi è il «vice» per la Campania) e l’uomo che più di tutti si occupava del progetto «Laureare l’esperienza». Dettaglio di contorno: pur essendo la sede della società a Roma, le pratiche andavano spedite a un ufficio di Sora e i 222 euro dovevano essere accreditati a una banca pure di Sora, dove sta la sede secondaria dell’Università di Cassino eletta a sede di un Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione inaugurato dallo stesso Falco e salutato dalle cronache come «un progetto avanguardistico e culturale» con «l’affluenza di circa 300 giornalisti».
Da allora i criteri per la concessione dei crediti sono stati rivisti limitandosi a definire il «valore decrescente» in relazione alle cariche, ma lasciando intatta la piramide. La tassa dei 222 euro e la Servizi per la Formazione e l’orientamento non ci sono più. Le università convenzionate, invece, sono rimaste le stesse. Anzi, sono diventate nove: Cassino-Sora, Chieti-Pescara, la Korè di Enna, l’Università di Messina (che nel 2005 stipulò una convenzione che riconosceva 60 crediti agli iscritti Cisl), la Lumsa di Roma e poi Catania, Ferrara, Varese e Udine.
E così, di quella che doveva essere una piccola-grande riforma europea per premiare le professionalità, cosa resta? Restano alcune decine di laureati nella «Harvard della Ciociaria» tra i quali lo stesso segretario della Fnsi Franco Siddi («non mi hanno proprio regalato niente: pochi crediti riconosciuti e una gran fatica per conciliare il lavoro e gli esami»), uno strascico di polemiche interne sul modo in cui la legge è stata applicata e sulle società coinvolte. Restano un po’ di iscritti che anno dopo anno hanno visto la scorciatoia farsi più stretta: degli immatricolati a Sora nel 2007-2008, quelli cui sono stati riconosciuti dei crediti sono 29 (di cui due soli con oltre 60 punti) su 135, a Scienze per la comunicazione di Catania 8 su 246, a Sociologia di Chieti 8 su 64, a Comunicazione pubblica di Ferrara uno su 73, a Tecnologie della Comunicazione di Messina addirittura nessuno su 326 immatricolati... Resta infine il dubbio che anche per i giornalisti forse, come dimostrò Report , non valeva davvero la pena di rincorrere il pezzo di carta.

Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella

Fonte: Corriere della Sera di oggi
 
Dico la mia.

Riguardo al valore legale, ai titoli vari quali "Dott.", "Ing." etc..., si può anche discutere sulla loro utilità... in linea di principio potrei anche essere favorevole alla loro abolizione, in fondo in un vero sistema meritocratico dovrebbero contare solo le competenze, non importa acquisite come.

Cambiare la nomenclatura dei titoli (Dottore -> Bachelor etc..) da italiana ad inglese invece mi sembra un'inutile forzatura esterofila... un titolo è un nome come un'altro, che per convenzione ha un certo significato e valore. Per patriottismo ed amore per la lingua italiana mi fa venire i brividi parlare di Bachelor e Phd.

Ma l'aspetto di questa discussione che più mi trova in disaccordo è il concetto che l'università straniera/U.S. prepari meglio della nostra... niente di più falso !

Ho molti colleghi americani che hanno seguito un percorso di studi universitari nel loro paese, e vi posso assicurare che ad esempio, parlando in generale, un ingegnere italiano non lo vede nemmeno uno analogo a stelle e strisce.

In Italia esistono molti casi, e non isolati, di realtà eccellenti... poi è chiaro, se pretendiamo di prendere come esempio la "libera università di cani_gatti"... :D

Si va' beh... Niente da dire sulla qualita' educativa... Ma il problema per chi, come me' e laureato da universita' estere, Europee ed Americane...rimane. La faccenda si complica perche' pur non potendo usare il titolo di dottore con i Masters, ho pur sempre il diritto ad aggiungere MSc e MBA dopo il mio nome :yes:

Poi devi considerare che anche se a me personalmente non me ne cala un' acca di avere i titoli dopo il nome, per alcune culture, come l'olandese, i titoli sono estremamente importanti :yes:

P.S. le mie universita' non sono "tarocche" ;)
 
Come al solito si passa da un estremo all'altro.

La mia personale opinione è la seguente:
subito dopo la laurea in ingegneria sono uscito semplicemente con la testa piena di grafici e formule ma senza il benchè minimo straccio di esperienza. Il risultato fu che elettricisti e tecnici diplomati ne sapevano più di me e in qualche caso mi sono sentito addirittura umiliato.
Oggi ho qualche anno in più di esperienza ma la visione ad ampio raggio che mi ha dato la laurea mi permette di guardare dall'alto gli stessi tecnici che prima si prendevano gioco della mia laurea.
La laurea è un investimento che ognuno fa sulla propria persona e quindi sulla propria pelle. Se si decide di prenderla alla leggera...beh...tanto peggio.

Per quanto riguarda il valore legale ritengo giuste un pò tutte e due le correnti di pensiero e quindi vi chiedo:

1. Vi fanno ********* quelle persone che pur avendo una laurea in lettere dicono: "se dovrei..." ?? La risposta è si

2. Vi fa ********* sapere che dopo una visita dal dentista scoprite che il tizio ha un diploma di scuola alberghiera?? La risposta è si.


Saluti
 
21/5/2009

Lauree senza valore

Dopo le elezioni via libera alla riforma del'università che eliminerà il valore legale al titolo di studio


FLAVIA AMABILE

Università commissariate se avranno gravi deficit di bilancio e abolizione del valore legale della laurea. Il disegno di legge di riforma dell’Università dopo mesi di modifiche, annunci e rinvii è entrato nella fase finale, contiene molte novità, alcune ancora destinate a essere modificate nelle prossime settimane, altre ormai certe. Il ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini ha assicurato che è «pronta». «Ma la presentiamo dopo il 6 giugno per toglierla dalle dinamiche della campagna elettorale» e per poterla discutere in Parlamento con «un dibattito sereno». E questo - aggiunge - è anche un segno di disponibilità nei confronti delle opposizioni, anche perchè al suo interno recepisce alcune proposte che sono state avanzate proprio dalle opposizioni».

La data della presentazione in consiglio dei ministri dovrebbe essere il 12 giugno, sette mesi dopo la presentazione delle linee guida della riforma. Fra le novità in arrivo il commissariamento degli atenei che non si siano messi in regola con i conti, voluto dal senatore del Pdl Giuseppe Valditara, inserito nelle linee guida dello scorso novembre e poi cancellato da alcune bozze successive del ddl ma ora rientrato.

E, poi, l’abolizione del valore legale della laurea. Di quest’ultima misura si parlava già quando Letizia Moratti era ministro dell’Istruzione. Significa fare in modo che le lauree non siano più tutte uguali davanti alla legge. E quindi si pongono diversi problemi:come si garantirebbe l’esercizio delle professioni libere da quella di avvocato a quella di medico, Oppure con che criterio si ammetterebbero i giovani ai diversi esami di stato o come si dovrebbe prevedere la partecipazione ai concorsi. E, anche, come potremmo chiedere all’Europa il riconoscimento dei titoli conseguiti in Italia?

Nel governo Berlusconi i sostenitori dell’abolizione del valore legale della laurea sono molti. Il ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, è a favore di un «azzeramento titoli». E ieri lo ha ribadito: «Tanto più viene meno il valore legale dei titoli di studio tanto più aumenta il valore dei contenuti degli stessi».

Anche il ministro Gelmini ci crede. «Se vogliamo una vera concorrenza tra gli Atenei si passa da lì e sono convinta che il Paese riuscirà a recuperare efficienza e qualità da questa misura».

Il 9 gennaio, la Lega Nord aveva anche presentato in Parlamento un ordine del giorno proprio sull’abolizione del valore legale della laurea sostenendo che l’attuale titolo di studio, legalmente riconosciuto, sarebbe alla base della «falsa concorrenza» agli atenei del nord da parte delle università meridionali che si sarebbero trasformate in «laureifici».

I sostenitori dell’abolizione ritengono infatti che se è soltanto il titolo di laurea il passpartout nel mondo delle professioni gli studenti cercano la sede che prospetta minori difficoltà e i professori si limitano a una preparazione asettica e manualistica e la media dei voti permetterebbe di sovrastimare le università che premiano con un minore impegno.

La proposta però non convince per nulla i sindacati. Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc-Cgil: «E’ evidente che c’è uno stretto collagamento tra l’abolizione dela valore legale della laurea e la privatizzazione delle università. Questa misura creerebbe una grave incertezza nell’accesso alle professioni. E’ il grimaldello con cui passare ad un sistema privatistico e alla nascita dei laureifici, il mercato delle lauree».

Anche l’Unione degli Universitari la ritiene «inaccettabile» perché «si incentiverebbero invece meccanismi clientelari, a danno di coloro che non hanno le giuste raccomandazioni».

Fonte: LA STAMPA
 
E' ovvio che se vi è uno che da cinque anni fa quel lavoro dovrebbe farlo meglio degli altri...

Come è ovvio che un operaio sa tenere il badile meglio di un ingegnere, tuttavia l'ingegnere se lo metti a fare il lavoro dell'operaio te lo farà forse più lentamente con meno resa ma dopo un po lo sapra fare...
L'operaio se lo metti a fare calcoli col c..zo che ti porta da qualche parte!

Non sono convinto che il laureato italiano farebbe peggior figura di quello USA assolutamente.

Le aziende non pigliano laureati per il gusto di umiliarli, ma sicuramente cercano di non farli crescere altrimenti poi scalzano le posizioni superiori e questo non va bene a chi ti "gestisce".

Quello che non capiscono le aziende è che i laureati non sono delle macchinette pronte per essere inserite al posto di lavoro ma hanno bisogno di un minimo di avviamento.
Siccome però le aziende vogliono tutte "la pappa pronta" e tutta a carico dello stato le cose resteranno cosi.

Vogliono inoltre tenere bassa la qualità del lavoro per poter avere rapide possibilità di rimpiazzo e bassi costi, se le aziende fanno un prodotto da 4 soldi è chiaro che non ci sarà bisogno di laureati...

Questo è un paese che merita davvero di fallire...

Personalmente mi sto studiando un po d'inglese cosi la finisco con questa agonia è diventata una cosa straziante restare in italia...

ciao.

ps. tu però vai trovando le risposte, ma alle mie domande "glissi":D

Sacrosanta VERITA'.
l'ho verificato personalmente sulla mia pelle.
 
LA PROPOSTA

"Basta con le lauree tutte uguali
più concorrenza tra gli atenei"


il deputato del Pdl Fabio Garagnani chiede di eliminare il valore legale del titolo di studio "Le università preparano in maniera diversa, ma la legge afferma che tutti sono preparati in maniera eguale a prescindere dal contenuto formativo"

ROMA - "Il valore legale della laurea sancisce un'uguaglianza che però non è sostanziale". In parole povere mette tutti allo stesso livello a prescindere dall'ateneo che l'ha rilasciata. "Il problema, però, è che le università preparano in maniera diversa, ma la legge afferma che tutti sono preparati in maniera eguale, con una forzata parificazione del titolo rilasciato dai diversi atenei, a prescindere dal contenuto formativo che sta dietro quel titolo" spiega il deputato del Pdl Fabio Garagnani lanciando la sua proposta di legge che delega il governo a cambiare radicalmente aspetto, e funzioni, al fatidico 'pezzo di carta'.

Questa la tesi di Garagnani: il valore legale della laurea mette tutti i laureati sullo stesso piano, mortificando le qualità dei più bravi, ed è di ostacolo ad una 'concorrenza virtuosa' fra atenei, schiacciando verso il basso l'offerta formativa. "Diversamente da quel che accade in altri Paesi -spiega il parlamentare del centrodestra - in Italia la laurea non costituisce un semplice titolo accademico, ma un vero e proprio certificato pubblico , consentendo la partecipazione a concorsi o l'esercizio di determinate professioni". Una scelta che risale al 1933 e che è stata confermata dalla riforma universitaria del 2004.

"Questo -prosegue Garagnani- ha ricadute negative per il futuro di molti giovani che, insieme alle loro famiglie, sono indotti a pensare che in qualunque università investano le proprie risorse, le possibilità di impiego successive alla laurea siano le medesime. Ciò è, artificialmente, valido solo per la pubblica amministrazione, ma è falso per il settore privato che, attraverso i ranking internazionali, conosce bene il differente valore delle università".

Insomma, con la parificazione dei titoli di studio le università italiane rischiano di diventare semplici 'fabbriche' di titoli, in assenza di una reale competizione tra un ateneo e l'altro. Abolire il valore legale della laurea, assicura Garagnani, "significherebbe ottimizzare la gestione delle risorse, eliminare sprechi, distorsioni e lauree 'facili', e porterebbe automaticamente ad una concorrenza virtuosa che riguarderebbe ogni aspetto saliente del sistema formativo universitario".

(18 luglio 2010)

Fonte: la Repubblica
 
io sarei anche d'accordo, il problema è che tutto il sistema scolastico dovrebbe diventare come quello degli altri paesi (borse di studio che ti facciano entrare nelle università che poi ti garantiscono una formazione maggiore, come in USA).

E' vero (e l'ho detto già da un'altra parte) che molti laureati escono dalle uni (private e pubbliche che siano) e sanno poco o niente, un po' perchè i prof sono scadenti (non sapete in quanti ti leggono le slides, che poi sono la sintesi della sintesi, senza spiegare nulla), un po' perchè molti studenti ..copiano..copiano in quasi tutti gli esami..quindi escono con una media del 22-25-26 in ogni esame ma la preparazione è da 10-12...se la riforma cambia, questi saranno veramente danneggiati (come è giusto che sia).
 
Anche secondo me il valore legale della Laurea andrebbe abolito.
 
A mio parere è sempre molto rischioso guardare cosa fanno "gli altri" e pensare che vada bene da noi (o da altri ancora).

Abolito il valore legale?
Bene: già immagino orde di "abilitati" a professioni "tecniche" grazie al cognato, cugino, amico dell'amico immanicato e pronto a prendere una mazzetta.

Facili o non facili, oggi l'università italiana è a mio parere di alto livello: se uno copia, è un inetto immaturo...sarà poi il mercato ad eliminarlo dalla competizione.

Se invece in un sistema come il nostro ammettiamo che chiunque, con un esame di Stato che, visti i numeri che mi potrei immaginare, diventa una corsa al rialzo della mazzetta, non mi sorprenderei se sul mercato fosse un domani difficile trovare un vero professionista.

Parliamoci chiaro: i paesi più sviluppati del nostro o di stampo "anglosassone" non hanno bisogno di un vincolo come il valore legale della laurea: là chi vuole essere un professionista studia, anche se le università estere sono molto più facili delle nostre (qualsiasi persona abbia fatto un erasmus, o abbia compagni di corso che l'abbia fatto, sa bene che è così...).

Putroppo siamo un paese di truffatori e gente che cerca la via più breve e fuori legge per raggiungere i propri scopi.

Il problema in Italia non sono le università, ma gli studenti che vanno a studiare spesso mossi solo dal fatto che:
- non c'è lavoro "attraente" ed i genitori sono ricchi e pagano gli studi..quindi perchè non fare altre 5 anni di cazzeggio?
- i genitori sono "professionisti" o anno una attività economica "che va bene" ed i figli hanno il posto garantito..quindi perchè non cazzeggiare altri 5 anni.

Nella mia esperienza, ho trovato pochissimi studenti motivati e realmente interessati agli studi scelti, magari disposti a fare sacrifici lavorando nel tempo libero.
Io abito a Milano, e posso tranquillamente dire che 9 studenti su 10 sono fuorisede con casa pagata, mancia per divertirsi e voglia di studiare quasi nulla. Questa la mia esperienza di 10 anni fa...credo che le cose siano ancora peggiorate.
 
Ultima modifica:
A mio parere è sempre molto rischioso guardare cosa fanno "gli altri" e pensare che vada bene da noi (o da altri ancora).

Abolito il valore legale?
Bene: già immagino orde di "abilitati" a professioni "tecniche" grazie al cognato, cugino, amico dell'amico immanicato e pronto a prendere una mazzetta.

Facili o non facili, oggi l'università italiana è a mio parere di alto livello: se uno copia, è un inetto immaturo...sarà poi il mercato ad eliminarlo dalla competizione.

Se invece in un sistema come il nostro ammettiamo che chiunque, con un esame di Stato che, visti i numeri che mi potrei immaginare, diventa una corsa al rialzo della mazzetta, non mi sorprenderei se sul mercato fosse un domani difficile trovare un vero professionista.

Parliamoci chiaro: i paesi più sviluppati del nostro o di stampo "anglosassone" non hanno bisogno di un vincolo come il valore legale della laurea: là chi vuole essere un professionista studia, anche se le università estere sono molto più facili delle nostre (qualsiasi persona abbia fatto un erasmus, o abbia compagni di corso che l'abbia fatto, sa bene che è così...).

Putroppo siamo un paese di truffatori e gente che cerca la via più breve e fuori legge per raggiungere i propri scopi.

Il problema in Italia non sono le università, ma gli studenti che vanno a studiare spesso mossi solo dal fatto che:
- non c'è lavoro "attraente" ed i genitori sono ricchi e pagano gli studi..quindi perchè non fare altre 5 anni di cazzeggio?
- i genitori sono "professionisti" o anno una attività economica "che va bene" ed i figli hanno il posto garantito..quindi perchè non cazzeggiare altri 5 anni.

Nella mia esperienza, ho trovato pochissimi studenti motivati e realmente interessati agli studi scelti, magari disposti a fare sacrifici lavorando nel tempo libero.
Io abito a Milano, e posso tranquillamente dire che 9 studenti su 10 sono fuorisede con casa pagata, mancia per divertirsi e voglia di studiare quasi nulla. Questa la mia esperienza di 10 anni fa...credo che le cose siano ancora peggiorate.

:yes::yes::yes:
 
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