Obbligazioni Le dichiarazioni di Bernanke e Trichet non danno certezze sul rialzo dei tassi
Bond, navigate a vista
Stretta monetaria più severa se l’economia accelera. È presto per rientrare sui decennali, meglio aspettare che il bund sia al 4,25%
Due banche centrali, due diverse strategie? Il 27 aprile scorso, Ben Bernanke, il presidente della Federal Reserve Usa, non esitò ad attribuire alle indicazioni che emergeranno dalle future rilevazioni statistiche in campo economico, il compito di determinare la politica monetaria della banca centrale. Come dire, se aumentano i consumi, se torna la fiducia tra le famiglie, se sale il costo della vita, a causa del prezzo del petrolio, se il numero dei disoccupati diminuisce, e tanto altro ancora, la Fed potrebbe portare il livello del tasso di sconto a valori superiori, rispetto al 5%, cui dovrebbe attestarsi dopodomani, mercoledì 10 maggio (oggi siamo al 4,75%). In caso contrario, una stasi nel rialzo dei tassi ufficiali non è da escludere.
Pochi giorni dopo, il 4 maggio, è stato Jean-Claude Trichet, presidente della Bce, a lanciare messaggi al mercato finanziario. Nessun rialzo oggi, sembra voler dire, come in effetti è accaduto, perché giovedì scorso il tasso di riferimento d'area euro è rimasto fermo al 2,50%. Ma attenzione, perché sta salendo il prodotto lordo, ma anche il costo della vita che, se rimarrà stabile sopra il 2%, indurrà la banca ad alzare ancora il livello dei tassi ufficiali (forse già di mezzo punto a giugno, più probabile un ritocco dello 0,25%). Anche in questo caso, si potrebbe ipotizzare, nessun aumento, se l'economia dovesse perdere l'attuale spinta.
Tra le righe, anche se l'approccio è diverso, un simile obiettivo: l'aumento dei tassi, quale politica monetaria di metà e fine 2006. Solo lambita, ma presente, in forma indiretta, la problematica relativa al prezzo degli immobili che, al momento, sembra preoccupare maggiormente la Federal Reserve, il cui presidente, diplomaticamente, ha lasciato intendere che fu la prima causa dell’inizio della fase rialzista americana, che prese l'avvio a fine giugno 2004. E che, diplomaticamente, potrebbe rappresentare la vera ragione che costringerà la banca americana a mantenerli alti, anche se la crescita dell’economia dovesse subire un rallentamento, obbligando la collega europea ad attuare analoga politica.
Che fare con i propri risparmi? L'investitore prudente, che si rivolge al mercato obbligazionario, per gestire il patrimonio, si trova in difficoltà, quando i rendimenti di mercato aumentano. Stranamente, molti gioiscono, nel sentire che le banche centrali aumentano i tassi, senza pensare a due fondamentali effetti.
Il primo riguarda chi ha titoli a cedola fissa in portafoglio, che vede le loro quotazioni scendere e, di conseguenza, il valore del proprio capitale diminuire via via. Il secondo coinvolge chi acquista titoli in questa fase: se sono a cedola fissa, s'assume i rischi ricordati poc’anzi, mentre se sono a cedola variabile, il rendimento netto che incamera è, al momento, inferiore, o, nel migliore dei casi, uguale alla dinamica inflazionistica. Il risultato che s'ottiene è che, a livello nominale, il valore del patrimonio sale, ma, come potere d'acquisto, diminuisce, perché il costo della vita è aumentato in misura superiore.
Per difendersi in questa fase non restano che due opzioni: l'acquisto di strumenti a cedola variabile e di titoli a cedola fissa con scadenza massima 18 mesi, le cui quotazioni non risentiranno che marginalmente del futuro aumento dei tassi d'interesse.
Sarà sempre così? No, perché, a fronte di ulteriori rialzi dei tassi, lo spazio per il loro incremento diverrà sempre minore e, forse già entro fine anno in corso, potrebbe riaprirsi la corsa alle obbligazioni a cedola fissa con durata medio lunga, quando il rendimento del titolo tedesco decennale, ora al 4% lordo, dovesse superare la quota del 4,25%.
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