investire in una yogurteria

Perche sei in svizzera, non in Italia poi la zona giusta serve sempre in ogni luogo, a lugano i gelati si vendono a 5 chf medio anche considerando il cambio che torna a 1,4 sono 3,5 eur contro i 2 2,5 a torino e i costi secondo me potrebbero non essere molto diversi causa una tassazione minore
 
Ciao a tutti,
ammesso di avere un po' di soldini da parte, e volere prendere parte di essi investendo in una yogurteria (impegno dai 20-40000 euro) facendolo insieme ad un socio (quindi l'investimento e di conseguenza il ricavo si dimezzerebbe) in modo da non affrontare da sola l'iniziativa imprenditoriale. Cosa ne pensate? Come citta' Torino. Certo avendo un lavoro da dipendente, si tratta anche di trovare il personale giusto.

fatti un giro nella tua città e nelle città vicine dove sai che ce nè qualcuna.
stai un pomeriggio a guardare e conta le persone che entrano
moltiplica per il prezzo medio del prodotto e poi usa la calcolatrice.

personalmente ne ho vista qualcuna ma mi sembra che non ci sia paragone con le gelaterie che in centro lavorano ababstanza ( d'estate).
fuori dal centro dove passano migliaia di persone al giorno secondo me sarebbe un fallimento certo, in centro magari.............

tieni conto che in centro gli affitti costano parecchio.
 
Perche sei in svizzera, non in Italia poi la zona giusta serve sempre in ogni luogo, a lugano i gelati si vendono a 5 chf medio anche considerando il cambio che torna a 1,4 sono 3,5 eur contro i 2 2,5 a torino e i costi secondo me potrebbero non essere molto diversi causa una tassazione minore

metti in conto i costi proibitivi degli affitti di una location decente a lugano centro.
se prendi una commessa ti costa circa 3.000 franchi al mese
a meno di fare avanti/indietro tutti i giorni dall'italia se ti affitti un bilocale ti ci vogliono 1500 franchi/mese a prenderlo brutto.
 
a milano in questo momento su 10 esercizi nuovi 6 sono aperti da stranieri

già perchè da loro l'asl , l'ispettorato del lavoro e la finanza mica ci vanno a fare i controlli.
i dipendenti lavorano ovviamente in nero per un panino e un posto in terra per dormire ,scontrini non ne fanno, a fine anno cambiano il nome alla società e non pagano nessuno...
il loro business è far entrare in italia i loro connazionali, fanno finta di assumerli così gli danno il permesso di soggiorno e un posto al sole delle case popolari.
se cominciate a guardarle bene vedrete che quasi tutte queste attività è impossibile che rendano abbastanza per mantenere tutta la gente che ci lavora e coprire le spese..
tutti quelli che hanno fatto o fanno tuttora i commercianti queste cose le sanno benissimo, finanza, inps ecc lo sanno ancora meglio ma lasciano fare. a qualcuno fà comodo che le cose vadano in questo modo..

i fessi sono gli italiani che ci vanno e gli danno i loro soldi in cambio di m.erda arrostita o cianfrusaglie che si rompono appena le usi....
 
Ultima modifica:
"Meglio investire in BTP che fare impresa in Italia"
di: WSI
Pubblicato il 09 agosto 2012| Ora 08:37

Studio shock di Mediobanca. "Il rendimento netto del capitale realizzato dalle imprese italiane è insufficiente a remunerare il capitale proprio e di terzi". Conseguenza: ampia distruzione di ricchezza.

Studio shock Mediobanca: meglio investire in BTP che fare impresa in Italia.


Roma - Investire in Btp ha una remunerazione maggiore rispetto ad un investimento in un'industria italiana. È quanto emerge dal rapporto redatto dall'Ufficio studi di Mediobanca, tracciato dopo aver raccolto i dati relativi all'attività in patria di 2032 società italiane.

«Nel 2011 il costo del debito è salito dal 5,6% al 6% - spiega la relazione - i tassi sui BTP decennali sono passati dal 3,4% al 4,9%; il rendimento netto del capitale (roi) realizzato dalle imprese italiane (5,8%) è risultato insufficiente a remunerare il capitale proprio e di terzi (debito) impiegato nell'industria».

LA DISTRUZIONE - «Vi è stata una conseguente distruzione di ricchezza pari a 1,4 punti», spiega ancora la relazione. Secondo la ricerca, i gruppi industriali più grandi hanno subito maggiormente questa distruzione di ricchezza, segnando un gap nel 2011 pari a 5,2 punti; va meglio il cosiddetto IV capitalismo (imprese manifatturiere medie e medio grandi con azionariato italiano e non facenti parte di gruppi più grandi), pure in negativo ma in misura assai più contenuta (medie imprese: -1,2; medio-grandi: -1,4).

«La distruzione di valore - prosegue la relazione - ha risparmiato le sole imprese a controllo estero, grazie alla elevata redditività del capitale (roi 2011 al 12,2% contro il 4,7% medio della manifattura). Anche il roe è stato nel 2011 inferiore al rendimento netto degli impieghi finanziari in BTP, segnando un differenziale negativo di 1,5 punti. Si salvano il made in Italy (+6 punti) e il IV Capitalismo (medie imprese: +1,4 punti)».

LE MODALITA' - Negli ultimi dieci anni sono cambiate le modalità di finanziamento delle imprese italiane, la cui esposizione debitoria nei confronti delle banche è calata di oltre il 25%. Da questo punto di vista la tendenza del triennio 2008-2011 è stata quella di una riduzione dei finanziamenti in arrivo dalle banche italiane pari a 11,5 miliardi di euro in meno, con una "importante contrazione del debito bancario a medio lungo termine" e una contemporanea espansione di quello a breve. A fronte del credit crunch, l'ufficio studi di Mediobanca calcola 17,5 miliardi reperiti su circuiti di debito non bancario.

In particolare, si tratta di 13 miliardi raccolti con obbligazioni e 4,5 miliardi attraverso finanziamenti intercompany. Di questi ultimi avrebbero beneficiato soprattutto le divisioni italiani di multinazionali o di consociate internazionali. In totale, nell'ultimo decennio, l'esposizione debitoria delle imprese italiane alle banche è diminuita, passando dal 50,8% del debito finanziario nel 2002 al 37,2% nel 2011.
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metti in conto i costi proibitivi degli affitti di una location decente a lugano centro.
se prendi una commessa ti costa circa 3.000 franchi al mese
a meno di fare avanti/indietro tutti i giorni dall'italia se ti affitti un bilocale ti ci vogliono 1500 franchi/mese a prenderlo brutto

si è vero una commessa forse più di 3000 chf quindi si deve essere in condizioni di non prenderla, il locale probabilmente costa, se si hanno i capitali per comprarlo almeno al 50% il resto con un mutuo costerebbe molto meno che in Italia, per vivere nella parte italiana di Ponte Tresa gli affitti sono italiani e con due passi a piedi c'è il treno per lugano centro.
Resta il fatto che 100 gelati venduti sono 350 eur incassati in Italia 200 .
Anche io ho dei dubbi è un grande passo, ma se volessi aprire un'attività valuterei prima l'ipostesi estero
 
Flop dei saldi estivi, è tempo di supersvendite - Roma - Repubblica.it
Flop dei saldi estivi,
è tempo di supersvendite
L'allarme della Cna e della Confesercenti: "Dal centro alla periferia, affari in caduta anche del 40%". E continuano ad aumentare le aziende che abbassano le saracinesche per sempre
di ANNA RITA CILLIS


Benzina, anelli e bracciali, biglietti da visita e poster. Anche loro a prezzi scontati. È la crisi, il commercio si reinventa. Le offerte cambiano pelle e ai tradizionali saldi di fine stagione si affiancano, oramai, le promozionie non solo di abiti, scarpe e borse. Ma alla fine il risultato non cambia: il calo delle vendite è stato a luglio in media del 20% con punte del 40 fanno notare le associazioni di categoria.

"La merce a prezzi stracciati spazia a 360 gradi" dicono dalla Cna, la Confederazione degli artigiani, e va da "copisterie, negozi di articoli da regalo, oreficerie, alle pompe di benzina. E visto che la tendenza regge da alcuni mesi, tutti si trovano a confrontare gli incassi di luglio con quelli dello stesso periodo del 2011". E alla fine i conti non sono dei migliori: "Settori come abbigliamento e calzature hanno avuto un calo, in media del 2030%", aggiunge Cna per la quale non si salva nessun settore. Del resto il quadro che disegna Valter Giammaria, presidente del Confesecenti, non è diverso. "La situazione è drammatica - dice - in alcune zone della città, specie quelle più periferiche, ci sono stati negozi che hanno avuto a luglio il 40% in meno degli incassi rispetto al 2011. I saldi non sono più appetibili tanto che giugno è andato meglio di luglio". Non solo: "Ci sono stati
esercizi che in alcune giornate non hanno battuto neppure uno scontrino".

Nonostante trovate pubblicitarie, saldi, svendite e promozioni continuano, però, ad aumentare le aziende che abbassano le saracinesche per sempre: dall'inizio dell'anno a fine luglio "sono state 1500 - aggiunge Giammaria - e a fine anno, se le cose continueranno così arriveremo a 5000. Comune e Regione devono intervenire concretamente altrimenti sarà una moria continua di piccole e medie imprese già schiacciate dal calo dei consumi, dalle tasse più alte d'Italia e dall'apertura di megastore e outlet. Solo a Roma ci sono 35 centri commerciali e presto ne arriverà un altro visto che la commissione tecnica di preventiva intesa alla Pisana ha dato parere positivo all'apertura di uno nuovo a Valle Aurelia".

Stessa foto scattata da Giovanna Marchese, responsabile della Cna Commercio: "Nel mio centro commerciale naturale dieci attività hanno chiuso i battenti in questi giorni. Chiudono e non più: il turnover riguarda solo le attività in franchising".

L'Eur

di Sara Sbaffi

"Ormai puntiamo su un target alto
è l'unico modo per sopravvivere"
Il centro dello shopping all'Eur, almeno fino all'apertura di Euroma2, è sempre stato in viale Europa. Ma tra la crisi e il centro commerciale i negozianti fanno fatica a sopravvivere. Le commesse di "Carla G", negozio di abbigliamento femminile, ammettono: "Rispetto allo scorso anno nonostante i saldi abbiamo percepito un forte calo di vendite. Comunque abbiamo un livello di clientela medioalta, che quindi spende abbastanza, e questo ci permette di sopravvivere".
Si punta sul servizio e sulla qualità per non essere risucchiati nel vortice del vicino centro commerciale e della crisi, un prodotto più di nicchia per una clientela di fascia medioalta. Fa impressione, lungo una strada dove mai un negozio è rimasto sfitto e chiuso, trovare invece tre saracinesche abbassate. I locali che chiudono e aprono a tempo di record sono il simbolo della difficile situazione che lambisce anche una delle arterie più frequentate del quartiere.

"Il calo è forte rispetto all'anno scorso
sono spariti gli acquirenti di passaggio"
Uno dei negozi storici di viale Europa è "Fellini". E anche qui la crisi ha colpito duro. È tra quei locali che rimangono aperti all'ora di pranzo ma sulla strada la gente che passeggia è poca: molti preferiscono il fresco del vicino centro commerciale, qualcun altro guarda le vetrine, ma non entra.
"Il calo di vendite si sente molto di più rispetto allo scorso anno - afferma con rammarico la commessa - Noi siamo fortunati, abbiamo una clientela fissa che continua a venire acquistando anche con i saldi. Grazie a questo riusciamo a rimanere a galla. Però manca quel cliente di passaggio che si lascia attrarre dalla vetrina e prende una magliettina o una camicia in più". Pesa l'assenza di chi entra per comprare qualcosa di non strettamente necessario. Rispetto ai tempi d'oro in cui per la strada si faceva il famoso "struscio" il calo è consistente. I negozi classici e di qualità come "Fellini" o le grandi catene resistono, gli altri chiudono.

Il Centro
di Chiara Piselli

"Andiamo avanti grazie a russi e cinesi
gli italiani preferiscono i megastore"
"Un enorme flop. Ed è per tutti la stessa cosa". Così Felice Kaminski, titolare di un negozio di abbigliamento in via dei Due Macelli, che si affaccia su piazza di Spagna, descrive la stagione dei saldi estivi giunta al termine. "È stato decisamente un fallimento. Abbiamo venduto molto poco". A nulla sono serviti i ribassi fino al 60%: "Molti curiosi, ma pochissimi acquirenti. E tra chi compra, l'acquisto di un capo è la media. Raramente si va oltre". E il cliente è quasi sempre straniero, "di italiani se ne vedono davvero pochi, o preferiscono i centri commerciali". "I più propensi ad aprire il portafoglio - continua - sono i russi. Poi i cinesi". "Va un po' meglio per le grandi catene - sostiene - . Ma così il piccolo esercizio scompare, non a caso il made in Italy è quasi sparito. E pensare che eravamo i primi". "Il domani ci fa ancora più paura", conclude Kaminski. Ed è pronto a giurarci sopra: "Ci aspetta un settembre devastante. Chiuderanno moltissimi negozi piccoli e medi".

"A rischio quattro negozi su dieci
ormai speriamo negli sconti invernali"
"Grazie al cielo siamo in centro. Chi ha il negozio in periferia deve vedersela davvero molto male". Sorride Fabio Bosco di Vaturi, negozio di abbigliamento per uomo situato in via del Corso. Ma è consapevole che questa stagione è stata un fallimento anche qui. "Il volume d'affari è calato del 40%. Un vero flop. Però c'è chi sta peggio", afferma. Ed è pronto a scommettere che "quest'anno sarà almeno il 40% dei negozi ad abbassare le saracinesche per sempre, specialmente in periferia". Vaturi ha applicato sconti tra il 20 e il 30%, "perché andare oltre - spiega - avrebbe significato un margine di guadagno troppo basso". "Per fortuna beneficiamo della forte presenza dei turisti. I romani (e gli italiani in generale) sono in difficoltà: non hanno più soldi da spendere". I russi, secondo Bosco, sono i migliori acquirenti in assoluto: "Spendono più di tutti e aprono il portafogli senza pensarci due volte. A questo punto - conclude - speriamo nei saldi invernali".

(11 agosto 2012)
 
Colpa dello scontrino .............. :o
 
I cali di vendite sono ben noti -20% di vendite è un buon dato, non capisco con che faccia da **** ancora parlano di pil a -2,xx% oppure il pil è fatto solo da pensioni?
per questi motivi parlavo di un'attività in svizzera.non per guadagnare il doppio ma per guadagnare il giusto onestamente, oggi in italia aprire un'attività commerciale perlomeno è un grosso punto interrogativo.
 
Ultima modifica:
ti posso dire una cosa... non aprire niente, lascia perdere il gelato, io non comprerei mai ungelato in una gelateria senza laboratorio.
da ottobre a marzo vendi 10 gelati in tutto, ad agosto nnn puoi chiudere, a Milano reggono solo le gelaterie storiche
 
fatti consigliare da qualche commercialista e associazioni di categoria, non solo per la redazione di un business plan ma anche per informazioni circa gli adempimenti tipo corsi, autorizzazioni, haccp..

se l'attività va bene si tratta di investimenti che normalmente rientrano in 5 anni

Concordo con Magnotta, senti un commercialista e fatti il conto di quanto realmente ti costa sia aprire, e delle spese annuali fisse che ti attendono, così puoi iniziare a dedurre quale dovrebbe essere il tuo incasso minimo :yes:
Con questi dati potrai anche capire se è il caso di aprire in società con qualcuno, o se tenerti tutto il malloppo :D
Infine la posizione: se non è eccellente, addio ................. certo, aprire un'attività in questo periodo è molto difficile, è inutile negarlo, ma se i risultati delle ricerche che farai ti offrono un margine di guadagno interessante, forse vale la pena di tentare!!
 
Riporto una sezione di articolo:
Diventare imprenditrici del Gelato made in ItalyLavoro - 8 febbraio 2012Argomenti > Franchising • Imprese al femminile • Professioni al femminile
Vota questo articolo: CondividiCon un investimento iniziale di soli 13 mila euro è possibile mettersi in proprio e aprire una gelateria in franchising chiavi in mano.


Guarda la fotogallery In tempi di crisi, dove quotidianamente si sente parlare di precariato e disoccupazione giovanile, diventa importante reinventarsi, rimettersi in gioco e provare a sfruttare le opportunità lavorative che il mercato economico offre.

Crema & Cioccolato, azienda leader nel settore delle gelaterie in franchising propone la soluzione ideale per le mamme che vorrebbero conciliare lavoro e famiglia ma anche per giovani donne che vogliono impegnarsi in un’attività lavorativa nuova. Non è un’utopia ma una possibilità a portata di mano: una gelateria tutta nuova da gestire in completa autonomia!

È sufficiente disporre di un locale di almeno 40 mq, ubicato in una zona di buon passaggio pedonale, per avere l’opportunità di aprire il proprio punto vendita con 13 mila euro; il tutto chiavi in mano.

Dalla progettazione del locale all’installazione degli impianti, fino alla fornitura e all’installazione degli arredi, l’azienda doterà il negozio di tutto l’occorrente per l’avvio e la gestione dell’attività quotidiana.

Anche in vista dell’estate, stagione in cui la vendita del gelato si rivela molto redditizia, aprire un franchising Crema & Cioccolato potrebbe risultare l’idea giusta per essere competitivi in un periodo di recessione economica.

Prodotti con ingredienti rigorosamente selezionati, gli oltre 48 gusti Crema & Cioccolato sono invitanti e genuini, tutti da assaggiare. Lo scopo è quello di offrire il meglio ed è per questo motivo che l’altissima qualità del gelato offerto da Crema & Cioccolato è garantita dalla centralizzazione della fase di produzione. Il gelato, infatti, arriva in negozio già pronto. Non occorrono quindi licenze particolari, che spesso possono essere difficili e costose da ottenere, né passare molte ore in laboratorio per la produzione: la maggior parte del tempo potrà essere dedicata alla vendita, ovvero la parte più redditizia dell’attività.

Il contratto di Franchising con Crema & Cioccolato ha una validità di 5 anni, allo scadere dei quali tutte le attrezzature e gli arredi del locale rimarranno di proprietà dell’affiliato, sia nel caso in cui si decide di rinnovare gratuitamente il contratto di affiliazione, sia se si decide di continuare per la propria strada.

Altro aspetto fondamentale è che non sono previste fidejussioni o royalties: il cento per cento dell’incasso rimarrà all’affiliato.

molte società di franchising non sono altro che una o due persone che si inventano un marchio .alcune addirittura hanno molti marchi in attività completamente diverse tra loro.
cioè
esperienza specifica nessuna.al massimo prendono qualche dilettante o pensionato che vi fà vedere le nozioni base per iniziare l'attività.

loro guadagnano vendendovi l'arredamento o il software o i prodotti o le royalitis.
se và bene bene se và male ***** vostri , loro i soldi li hanno presi...

i franchising famosi vi obbligano ad aprire nei centri comerciali o nei centri città, cioè affitti altissimi,fidejussioni, orari lunghi, personale, contratti di acquisti obbligati ecc
ormai in ogni villaggio e in ogni centro commerciale ci sono gli stessi articoli delle stesse ditte...
e gli stessi negozi enormi semideserti nonostante le continue svendite.
 
ti posso dire una cosa... non aprire niente, lascia perdere il gelato, io non comprerei mai ungelato in una gelateria senza laboratorio.
da ottobre a marzo vendi 10 gelati in tutto, ad agosto nnn puoi chiudere, a Milano reggono solo le gelaterie storiche
OK!
 
ti posso dire una cosa... non aprire niente, lascia perdere il gelato, io non comprerei mai ungelato in una gelateria senza laboratorio.
da ottobre a marzo vendi 10 gelati in tutto, ad agosto nnn puoi chiudere, a Milano reggono solo le gelaterie storiche

Prendo spunto dal tuo avatar :)
I negozi di prodotti per animali, nonchè toilette per cani e gatti, lavorano molto e vanno bene, e c'è ancora spazio.
 
Diciamo che a Torino la vedo male poi per carità centrando il posto che vuol dire tutto, io punterei su lugano o comunque il canton ticino certo non è facile ma credo che li la redditività potrebbe esserci certo il punto strategico vuol dire magari rilevare una gelateria con le attrezzature usate potrebbe essere conveniente, comunque prova ad farti un giro a lugano non la domenica, inoltre si cambierebbe proprio vita

Qualità della vita molto alta ma...

per affittare, o peggio, per acquistare, occorre denaro a vagonate...

ps. a Lugano una pallina di gelato costa 4 CHF
 
Conviene aprirla a Termoli la gelateria...
Termoli - Il gelato è un lusso: Termoli come Forte dei Marmi, prezzi spenna-turisti e rincari record - Primonumero.it

Il gelato è un lusso: Termoli come Forte dei Marmi, prezzi spenna-turisti e rincari record
In un anno aumentati del 20 per cento i prezzi dei coni in città: 1 euro e 80 cent per quello piccolo, 2,80 per il grande. ma senza panna. I frullati di gelato arrivano a 3,50 euro: due settimane fa costavano un euro in meno. Dalle caramelle ai milk shake, l’aumento in alcuni casi sfiora anche il 50 per cento. E a rimetterci, chiaramente, è chi a Termoli abita tutto l’anno. «I turisti scappano, e noi? Siamo costretti a rinunciare. Modestamente, con due figlie e una moglie, un gelato mi costa 10 euro. Un lusso, diciamolo»


Termoli. Quando si dice: avere la bacchetta magica. A Termoli questo ed altro. Un piccolo colpetto è più che sufficiente per far salire i prezzi fino alle stelle. Non solo da una stagione all’altra, bensì da una settimana all’altra. Nello specifico, le calde settimane di agosto, quando l’incremento di gente in giro è più evidente. Così i gestori dei locali del centro, con un gioco di prestigio degno del mago Zurlì (ma assai meno elegante) trasformano i listini. E perfino un caffè può arrivare a costare quanto costerebbe a Forte dei Marmi.

Invece siamo in Molise, e nello specifico a Termoli: meta di turisti che non navigano certo nell’oro ma che devono fare i conti con prezzi degni di prestigiosissime mete balneari. Un esempio per rendere l’idea: in una centralissima gelateria del Corso Nazionale un frappè costa tre euro e cinquanta. Due palline di gelato infilate nel frullatore e servite al banco in un bicchiere di plastica con cannuccia. Fino a due settimane fa lo stesso frappè costava 2 euro e cinquanta. Ed è già tanto, se raffrontato al valore del prodotto e al fatto che non sia servito ai tavoli (in questo caso il costo è di circa 6 euro). Che è successo nel frattempo da far lievitare in maniera tanto sensibile? Nulla, a parte il fatto che è agosto. E ci sono più persone a passeggio. Più bambini in giro, desiderosi di una bibita sana e fresca sotto il solleone. Ed ecco la bacchetta magica dei fantasiosi commercianti.

E dire che nulla giustifica incrementi del genere. Anzi: la crisi che ormai dura da un po’, l’impoverimento crescente della popolazione imporrebbero soluzioni esattamente contrarie. Ma evidentemente ai titolari delle gelaterie e dei bar non interessa nulla se i turisti una volta messo piede in città, dati i prezzi (altissimi), si guardano bene dal tornarci per un secondo anno consecutivo. E restano indifferenti pure al fatto che i residenti, quelli che a Termoli ci vivono e ci lavorano tutto l’anno, fanno in fretta a scoprire il trucco.

Difatti la denuncia arriva proprio da loro, perché coi tempi che corrono e il portafoglio sempre più vuoto anche comprare un gelato può incidere fortemente sulla spesa di una famiglia. Specialmente se quel cono, che 365 giorni fa costava 30 centesimi di meno, adesso arriva a sfiorare i due euro. Ovviamente per quello piccolo, sia chiaro. Tuttavia il rincaro c’è stato un po’ per tutto: dal gelato allo yogurt al frullato. Salgono anche i costi di ghiaccioli e caffè. Minimo 90 centesimi se la tazzina è servita al bancone nei bar centrali. Dove si può arrivare a un euro, anche a un euro e 10 centesimi. Una follia. E se il malcapitato di turno si siede un attimo al tavolino per sorseggiare un espresso dando uno sguardo al giornale, ecco che quella tazzina aumenta fino a 1 euro e 50. «C’è il servizio da pagare», la risposta ’classica’ a cui i termolesi hanno fatto il callo. Peccato che ogni volta per quell’euro e 50 bisogna insistere pure per farsi fare lo scontrino. Certamente non è la regola e c’è anche chi il caffè lo serve ’a costo zero’, peccato che siano sempre più mosche bianche della situazione. «Per me è una scocciatura - racconta una residente - ogni volta la stessa canzone. Ieri sera, ad esempio, mi sono seduta con quattro amici in un bar del corso per prendere un aperitivo. 5 bevande e qualche misero stuzzichino ci sono costate quasi 25 euro. Il cameriere, dopo avercele servite, si è fatto pagare. Aspettavamo quindi di ricevere il resto e lo scontrino. E quest’ultimo, ovviamente, non è arrivato. Lui ha pensato di fregarci, lasciandoci mezzo accartocciato, il promemoria dell’ordine. Quel fogliettino che, per intenderci, assomiglia a una ricevuta fiscale, ma che non lo è affatto. Fatto sta che, nonostante avessimo ’pagato’ profumatamente il servizio per ricevere tutto direttamente al tavolo, mi sono dovuta scomodare, entrare nel bar e farmi fare la ricevuta, quella vera».

Il capitolo gelato è poi una questione a parte.
Non si conosce la ragione, ma a
Termoli, ogni estate, la quantità del cono diminuisce e al contrario aumenta il costo. Sul quale, ovviamente, può incidere ulteriormente l’aggiunta di panna. Dai 30 fino ai 50 centesimi per una spruzzatina di extra. In periferia, di tanto in tanto, c’è chi la spruzzatina la fa gratis. Ma anche qui i casi si contano sulle punta delle dita di una mano. E da un’estate all’altra, con ’anticipazioni’ già in primavera e un crescendo che ad agosto raggiunge il culmine, i prezzi sono aumentati di ben il 20 per cento tanto che per acquistare un cono o uno yogurt ci vogliono - in linea di massima - 1.80 per il piccolo, 2.30 per il medio e 2.80 per quello grande. Senza aggiunta di panna. Molto più anche rispetto al capoluogo dove al contrario, nonostante la presenza costante del giovane popolo universitario, i prezzi (rispetto al litorale) sono più contenuti e un gelato artigianale lo si compra ancora con 1.50 euro. Se si volesse anche la panna bisognerebbe aggiungere 20 centesimi.

Tornando sul mare, fa riflettere anche la questione ghiaccioli e gelati confezionati. In alcuni stabilimenti balneari rispetto all’euro, euro e cinquanta degli anni passati, ora acquistare un ghiacciolo può costare anche 2 euro. E i prezzi aumentano per qualunque cosa da mangiare. Dalla pizza, per la quale 25 euro con bevanda e contorno di patatine non sono più sufficienti, fino al frappé o milk shake. Logica e comprensibile a questo punto l’amarezza, nonché delusione, dei tanti residenti che sono i primi a ’fare le spese’ di questi aumenti (inspiegabili). «Rischi di trovarti a spendere 10 euro in un colpo solo - raccontano alcuni - e non si parla di cena o altro, ma di un piccolo gelato. E per l’aperitivo non ne parliamo. In fondo, crisi o non crisi, non si capisce come mai solo a Termoli qualsiasi scusa è buona per far salire i costi».

(Pubblicato il 10/08/20
 
Pur non avendo le pezze al c**o, quando vedo prezzi palesemente gonfiati lascio perdere, che sia un cono, un' abitazione o un paio di jeans. Facciamola qualche rinuncia, siamo stra-viziati!!!
 
per investire bisogna essere informati: io comincerei con questo

meglio spendere 14 euro prima di investirne 140mila ...
Volevo solo vendere la pizza - Furini Luigi - Garzanti Libri

l'autore è un interista sfegatato, e se ci arriva lui, come interista, a certe conclusioni oggigiorno meglio lasciar perdere ...
 
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