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porcellumkit

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La Cina è il leader mondiale delle energie rinnovabili.
A sostenerlo è, ora, anche la società di consulenza Ernst & Young, che nella pubblicazione dell’ultima versione del proprio indice sulle eco-energie dei principali Paesi del globo, ha affermato che la nazione asiatica è, in maniera chiara e netta, il leader mondiale del comparto rinnovabile, con una spesa che per il solo segmento eolico è pressoché la metà di tutti i nuovi investimenti compiuti nel Pianeta.




Bloomberg News riporta la notizia secondo cui sarebbe appena stato concluso un importantissimo accordo contratto tra la statunitense Alcoa, principale produttore di alluminio degli Stati Uniti, e la China Power Investment Corp. Si tratta di un impiego da circa 7,5 miliardi di dollari, che le due compagnie porteranno avanti congiuntamente per cercare di sviluppare i propri reciproci interessi nei vari settori delle energie pulite, e che consentirà alla Cina di cercare di ridurre in maniera più efficace i propri livelli di inquinamento e i costi energetici.


importante accordo tra la Scozia e la Cina in materia di sviluppo delle energie rinnovabili. A finire come principale oggetto dell’intesa è la produzione di energia dai rifiuti e dagli scarti, i cui livelli di generazione nel Paese asiatico dovrebbero in tal modo subire un grande passo in avanti grazie proprio alla partnership con la nazione europea.
 
Cambia la geografia globale degli investimenti nel settore delle fonti rinnovabili. Gli USA perdono la prima posizione, sorpassati da Cina e Germania, mentre il Regno Unito non è più nei primi dieci.


Inghilterra e Stati Uniti si sono sempre posizionati ai primi posti nel rapporto annuale del Pew Research Centres sugli investimenti in energie rinnovabili per nazione. Tuttavia, l'anno scorso entrambi i Paesi hanno perso diverse posizioni nella gerarchia stilata dall'autorevole istituto statistico americano.
 
La Banca Europea per gli Investimenti ha concluso un accordo che la porterà a finanziare alcuni progetti di sviluppo di energie rinnovabili, per un valore complessivo stimato intorno ai 500 milioni di euro. A divenire area territoriale di competenza del sostegno di questi progetti eco-energetici sarà la Cina, già leader mondiale nella corsa per la crescita ecosostenibile, che beneficerà quindi del nuovo intervento da parte dell’istituzione finanziaria.
 
all’Università ebraica di Gerusalemme, esperti cinesi e israeliani hanno cercato di comprendere in che modo i due Paesi possano efficacemente collaborare nello sviluppo dell’energia rinnovabile. Il meeting tenutosi a Gerusalemme è il primo di questo tipo a coinvolgere direttamente le due nazioni, che sembra stiano considerando con sempre maggiore interesse la possibilità di allacciare nuovi rapporti eco-energetici.
 
La State Grid Corporation of China sta considerando l’ipotesi di entrare a far parte della Desertec Industrial Initiative


(Rinnovabili.it) – Dopo le due battute di arresto – il ritiro dal progetto del gruppo Siemens e la mancata firma della Spagna al primo accordo commerciale – per Desertec sembrano iniziati tempi difficili. Nonostante le grandi speranze riposte nel progetto e il valore che a regime produrrebbe sia per l’Africa che per l’Europa, la crisi economica continua a mettere a dura prova anche gli investitori più fiduciosi del Vecchio Continente. Ed accanto alla preoccupazione di costi di realizzazione a undici zeri, si sono aggiunti anche gli sconvolgimenti della Primavera araba hanno fomentato la nascita di nuovi dubbi a riguardo.



Ecco allora che all’orizzonte si palesa anche l’interesse di uno dei più grandi attori energetici del cemento, distante migliaia di chilometri dalla realtà geografica di Desertec Industrial Initiative (Dii), ma con un’innegabile lungimiranza quando si tratta di fonti rinnovabili. Parliamo della Cina la cui azienda energetica statale, la State Grid Corporation of China avrebbe espresso il desiderio di entrare a far parte dell’Iniziativa. A rivelarlo è in questi giorni il Financial Times Deutschland che senza rivelare la fonte della notizia, specifica come, tutte le assegnazioni a ditte esterne all’area del progetto debbano prima risultare in linea con il diritto comunitario degli appalti pubblici.
 
Il premier Monti al galà della Fondazione Italia-Cina
"Cina partner strategico per l'economia italiana"

La Fondazione promuove la realizzazione di una Cabina di Regia con riferimento alla Cina per garantire un efficace raccordo tra pubblico e privato.

.: Fondazione Italia Cina - :.
 
Accordo Mise/Gse/Ice per internazionalizzazione imprese Fer

Giovedì, 15 Novembre 2012 | Rinnovabili

Siglato protocollo d'intesa per il progetto denominato "Corrente", volto a fornire alle imprese attive nella filiera delle rinnovabili, dell'efficienza energetica e delle reti intelligenti per l'energia, strumenti utili all'internazionalizzazione
 
NELL APRILE DEL 2011 IL F.T. pubblico un interessante articolo sui FONDI SOVRANI in Europa ed in contemporanea parti un attacco verso i paesi piu deboli dell area. ( I “Fondi sovrani” nel mercato europeo | Visione e Dimensione )

Questi Fondi sovrani hanno una potenza di fuoco e spesso sono alla ricerca di affari ed occasioni, sono una specie di FONDI SPECULATIVI a spinta GOVERNATIVA.

Si avvalgono di miliardi di euro o dollari e comprano sia titoli di stato ma anche quote in aziende strategiche.

il fondo sovrano cinese CIC verso l'Italia, un fondo con 200 miliardi di dollari di dotazione che ha acquistato molti titoli di stato americani. puo entrare nel fondo f2i, nel suo secondo fondo gia creato e che raccoglierà 1,2 miliardi di euro (gia raccolti la metà).un fondo infrastrutturale epr aeroporti autostrade reti fibra ottica e energie alternative
 
Progetto vini italiani in Cina: inaugurazione a Pechino il 26 novembre 12 novembre 2012 Il Ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, inaugurerà a Pechino il 26 novembre prossimo il progetto Vini italiani in Cina, promosso e finanziato dal Ministero, attraverso la Direzione Generale per l’Internazionalizzazione. Il progetto, della durata di un anno, nasce da una Convenzione sottoscritta con Federvini e Unione Italiana Vini per la promozione della filiera allargata del vino italiano nel mercato cinese e sarà realizzato dall’Ente Autonomo Mostra mercato Enoteca Italiana, scelto come soggetto attuatore.

L’obiettivo è promuovere la conoscenza delle principali denominazioni enologiche italiane, facendo leva sul legame con il territorio, la storia e le tradizioni e coinvolgendo anche le associazioni che riuniscono le eccellenze nella costruzione di macchinari automatici per imballaggio, confezionamento e imbottigliamento di prodotti enogastronomici.

Per contribuire alla diffusione, e prima di tutto alla conoscenza del vino italiano, il progetto del Ministero dello Sviluppo Economico prevede tre fasi.

L’evento inaugurale, rivolto a operatori di settore, stampa specializzata e generalista, opinion leaders, istituzioni cinesi ed italiane, si aprirà con una conferenza stampa cui parteciperanno il Ministro Passera, rappresentanti delle istituzioni cinesi e italiane ed i presidenti di Federvini, Lamberto Vallarino Gancia e di Unione Italiana Vini, Lucio Matroberardino. Alla conferenza seguirà uno wine party con i vini italiani abbinati a piatti tradizionali della cucina cinese, con circa 150 presenze.

La seconda fase prenderà l’avvio a febbraio con un incoming di operatori di settore e stampa specializzata, in tre tappe, Nord – Centro – Sud Italia . Per ogni tappa saranno organizzati, oltre ai seminari formativi, incontri BtoB con produttori selezionati dell’area. Successivamente, ci sarà un incoming di opinion leaders e stampa generalista, nel quale sarà dato risalto ad aspetti culturali con momenti formativi incentrati sul territorio, il turismo e la storia locale.

In chiusura, prevista per la fine estate del 2013, si organizzerà una conferenza stampa nell’Auditorium dell’ Italian Center di Shanghai , seguita da uno workshop e da incontri BtoB.
 
Cina: per la prima volta piu' investimenti in Europa che viceversa(Pwc)


Il rapporto analizza i flussi nel 2011 (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Pechino, 19 nov - Per la prima volta, nel 2011, gli investimenti cinesi in Europa hanno superato quelli delle imprese europee in Cina collocandosi a 11 miliardi di euro contro 7 miliardi. E' quanto risulta da uno studio della societa' di consulenza Pwc, che precisa che, per numero di contratti "la tendenza si e' invertita per la prima volta nel primo semestre 2012 con le imprese cinesi che hanno realizzato 32 investimenti in Europa rispetto ai 26 in Cina da parte di societa' europee". Lo studio evidenzia che la Francia e' diventata l'anno scorso il primo investitore europeo nell'ex Celeste Impero e il terzo Paese destinatario da parte delle societa' cinesi, dietro Germania e Regno Unito. Secondo Helene Rives, responsabile di China Business Group di Pwc, i cinesi "considerano che le continue incertezze all'interno di Eurolandia aumentano le loro possibilita' di realizzare transazioni con societa' europee fortemente indebitate, in precedenza inaccessibili".

Red-pal-Y-

(RADIOCOR) 19-11-12 12:33:18 (0210)ASIA 3 NNNN
 
Uk: China Sunergy investe nel suo primo parco solare da 10 MW


China Sunergy La società ha dichiarato di aver completato l’acquisizione di due progetti di parchi solari in Cornovaglia
Nanjing/Francoforte, 8 novembre 2012
 
VITO GAMBERALE
Amministratore delegato di F2i



AgiChina24 intervista Vito Gamberale, Amministratore delegato di F2i.



di Sonia Montrella




Roma, 5 lug.- “Le infrastrutture in Europa e negli Stati Uniti hanno un forte bisogno di investimenti. E crediamo che un appoggio di China Investment Corporation, basato su principi commerciali ed economici, possa assicurare ottimi risultati a entrambe le parti”. Parola di Lou Jiwei, il presidente del Fondo Sovrano cinese, che con questa dichiarazione rilasciata lo scorso novembre al Financial Times aveva riacceso le speranze soprattutto nei Paesi fortemente indebitati.

Creato nel 2007 per investire una parte delle riserve valutarie della Cina, secondo le ultime stime note alla fine del 2010 China Investment Corporation (CIC) deteneva asset per 410 miliardi di dollari. Poi, dall’inizio dell’anno, il governo di Pechino ha iniettato nel fondo nuovi capitali per 50 miliardi di dollari. Cifre che lo collocano di diritto tra i primi Fondi al mondo.

Se i più importanti Fondi sovrani asiatici – da Abu Dhabi Investment Authority (Adia) a Temasek di Singapore, passando per CIC – hanno dato il via allo shopping in Europa, l’Italia non sembra certo in testa alle loro preferenze. O almeno così è stato fino a qualche settimana fa quando Pechino ha iniziato a guardare con particolare attenzione il Fondo infrastrutturale F2i guidato dal manager Vito Gamberale.

Secondo fonti della comunità d’affari, dal tavolo di lavoro Cina-Italia starebbe emergendo un interesse cinese su possibili investimenti in F2i, in particolare sul fronte dei progetti Metroweb di ampliamento della banda larga. Quanto c’è di vero in queste voci?

CIC ha guardato con interesse al nostro portafoglio e sta approfondendo lo studio sul secondo fondo. Siamo in contatto da due-tre mesi, un rapporto nato a seguito della visita in Cina del governo italiano. Oggi i due fondi stanno dialogando. Abbiamo visitato il loro quartier generale e loro sono venuti da noi, hanno i nostri documenti che stanno vagliando e abbiamo in calendario delle conference call di approfondimento e di affinamento. Tuttavia il quadro europeo non sarà estraneo e la decisione finale dipenderà anche dai prossimi avvenimenti nell’area comunitaria.

Quali carte bisogna giocare per destare l’interesse di CIC?

Negli investimenti all’estero, Cic è fondamentalmente interessato ai settori strategici di cui le infrastrutture e le utilities sono una parte importante. Finora in Italia il Fondo Sovrano cinese non ha ancora investito sebbene abbia ricevuto molte proposte. Abbiamo notato che tendono ad impegnarsi lì dove c’è un perimetro delineato, una storia chiara, che possa rappresentare una base d’interesse concreto e con una futura proiettabilità. E’ questo il profilo, il framework per loro interessante.

E nel vostro caso a ‘parlare’ è sopratutto il primo fondo.

Il primo fondo F2i ha prodotto dei risultati: abbiamo raccolto 1,850 miliardi di euro e ad oggi abbiamo investito circa 1,650 miliardi, ricoprendo un ruolo negli asset infrastrutturali del Paese. Parliamo di asset di proprietà pubblica territoriale, di comuni, regioni, province, Camere di Commercio più che asset di proprietà pubblica nazionale. Col tempo abbiamo creato un portafoglio il cui aggregato vale oltre 1,600 miliardi di ricavi, conta circa 700 milioni di Ebitda e 8.000 dipendenti. Senza considerare il profilo di sviluppo di questi asset.

Anche per il secondo parliamo di asset infrastrutturali

Esatto.
Insieme a un’importante società di consulenza industriale abbiamo condotto un’analisi molto dettagliata su tutto il territorio dalla quale sono emersi asset infrastrutturali da privatizzare che potrebbero impegnare circa 7,5 miliardi di euro di capitali in sola equity. Ciò significa che l’enterprise value si aggirerebbe attorno ai 15 miliardi di euro. Il nuovo fondo da 1,2 miliardi di euro sfrutta le opportunità presenti nelle filiere che abbiamo già attivato tra cui figureranno senz’altro la privatizzazione di aeroporti e di acquedotti, lo sviluppo della fibra ottica nei centri urbani delle principali città, e il waste-to-energy. Queste le opportunità che potremmo offrire agli investitori interessati a co-investimenti e che potrebbero rappresentare target importanti qualora l’ipotesi con CIC andasse avanti.

Che tipo di ruolo ricoprirebbe CIC a seguito dell’investimento nel fondo?

Se CIC decidesse di andare fino in fondo, sarebbe di sicuro interessato ad accompagnarci con un impegno di co-investment in taluni asset. E ciò per noi può essere molto utile, siamo abituati ad avere dei co-investitori istituzionali (sia italiani che stranieri) quindi ritengo che si tratti di un discorso che possa essere approfondito.

Non pensa che il fatto di avere dei co-investitori possa limitare il raggio d’azione?

Penso possa rappresentare un’opportunità, tuttavia ogni co-investimento comporta il fatto di essere con-soci con i relativi pro e contro. Molto dipende dalla governance che si va a definire: è necessario imporsi una disciplina e osservare quelle regole con cui in genere si condividono gli investimenti in aziende. Dopotutto la macchina può essere guidata da una sola persona, l’altra può solo collaborare.

L’interesse quindi è vasto non circoscritto solo intorno a Metroweb.

Metroweb è uno degli elementi che ha destato attenzione, ma i cinesi non sono concentrati solo su quello.

Perché si sono rivolti proprio a F2I?

F2i è un fondo privato ma istituzionale in quanto lo sono tutti gli investitori. Tra questi il più importante è la Cassa Depositi e Prestiti che ha delle similitudini - di sovranità e di ruolo - con CIC.
E questo senz’altro viene visto come un elemento di grande affidabilità.

Secondo la società di consulenza Mergermarket dal 1 gennaio all’11 giugno 2012 le aziende cinesi hanno più che decuplicato gli investimenti in Italia. Investimenti cinesi, due parole che evocano negli italiani sentimenti contrapposti: da una parte c’è timore di perdere il posto di lavoro, dall’altra la possibilità di fare affari con la seconda potenza economica al mondo e di salvare il salvabile. Qual è la sua opinione da manager, da imprenditore e infine da italiano?

Vedo bene gli investimenti stranieri in generale, non solo quelli relativi alla Cina. Oggi il mondo industriale occidentale, con quel perimetro che abbiamo considerato per molti decenni se non per un paio di secoli, è affaticato, per cui oggi i grandi investitori sono i Paesi emergenti, i Bric. La Cina e la Russia, in particolare, sono Paesi fortemente investitori non solo dentro i confini nazionali, ma anche all’estero e ciò rappresenta un’opportunità anche per i Paesi Europei che si ritrovano così con un ingresso di capitali stranieri tesi a rafforzare le economie.

Risorse naturali, energia, agricoltura, design e telecomunicazione: questi i principali settori che aprono il portafoglio di Pechino. Come interpreta queste preferenze e come, secondo lei, l’Italia può inserirsi nel ‘circuito’?

Per quanto riguarda il settore del design siamo il faro nel mondo, le statistiche mostrano che le grandi aziende di moda italiane che puntano sul brand, stanno registrando dei tassi di crescita rispettabili. E questo grazie essenzialmente al mercato cinese. Diverso è il discorso dell’energia, per cui i cinesi devono ingegnerizzare il territorio, e per farlo non hanno più tanto bisogno di know-how quanto piuttosto di campioni di riferimento.
Mentre le infrastrutture e gli utility assets regolamentati possono assicurare un flusso costante e prevedibile di cassa e, quindi, essere un target importante. La mia opinione è che è un bene che questi capitali entrino, ma con quote di minoranza, perché è opportuno che il cash flow generato dalle infrastrutture rimanga al servizio dello sviluppo del Paese.

Expo 2015. Quella di Shanghai sarà ricordata come l’edizione dei record: la più costosa e quella con il maggior numero di visitatori (circa 70 milioni). Ma soprattutto può essere definita un successo. L’Italia saprà reggere il confronto? Siete stati coinvolti in progetti di infrastrutture?

Me lo auguro. Personalmente ritengo che questi eventi dimostrativi debbano organizzarli i grossi Paesi in via di sviluppo, perché hanno le risorse e i capitali per poter far questo tipo di investimento che in genere è a limitato e differito ritorno. Tutti sappiamo che con le Olimpiadi la Grecia si è fatta male da sé, o che Torino si è caricata di un indebitamento critico con le Olimpiadi invernali. Shanghai era giusto che lo facesse, speriamo che per Milano non rappresenti una overdose di impegni, viste anche le difficoltà con le quali si sta procedendo.




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Industria e mercati
Hurun: milionario
un cinese su 1.300




di Sonia Montrella

Roma, 2 ago.- Un cinese su 1.300 ha più di un milione di dollari. In totale la Cina conta 1,020mila di ricchi, ovvero il 6,3% in più rispetto allo scorso anno, e di questi circa 63.500 appartengono alla categoria dei Paperoni con un patrimonio di oltre 10 milioni di euro. Lo rivela l’ultimo Hurun Wealth Report, l’equivalente cinese di Forbes, secondo cui per ogni ricco ‘uscito allo scoperto’ ce ne sono due appartenenti a un folto sottobosco. Hurun, che ha condotto lo studio in collaborazione con GroupM Knowledge, traccia inoltre il profilo dei nuovi clienti del lusso internazionale. Per Eve Lo di GroupM China, il rapporto rappresenta un valido strumento per i grandi marchi per capire i gusti, gli atteggiamenti e le preferenze dei milionari cinesi e connettersi così con questa fetta di mercato.

Ed ecco allora l’identikit dei nuovi ricchi: il 60% di loro è di sesso maschile, in generale hanno 39 anni, minimo due conti bancari a testa, tre macchine e 4,2 orologi. Quasi 180mila ricchi e 10.500 super-ricchi vivono a Pechino, seguono l’industrializzata provincia del Guangdong, con circa 177mila cittadini dal portafogli colmo, e Shanghai, casa di 148mila di loro. Stupisce la percentuale di milionari presente nelle province più povere come il Guizhou che ne conta 3.480 e lo Yunnan che tocca quota 6.540.

La metà di loro milita nel business e viaggia per lavoro 8 giorni al mese sul territorio nazionale e tre volte l’anno in trasferte d’oltre-Muraglia. Che sia per dovere o per piacere poco importa: il settore dei viaggi è la più grande area di consumo dei Paperoni cinesi che in media restano via da casa 20 giorni all’anno. Tra le mete di vacanza più gettonate si piazzano le ‘domestiche’ Hainan e Sanya, mentre oltre confine i primi tre posti della classifica delle preferenze sono occupati rispettivamente da Francia, Stati Uniti e Australia. I nuovi ricchi non trascurano poi forma fisica e hobby: amano nuotare, cavalcare, ma soprattutto giocano a golf, che sta diventando lo sport più popolare tra le classi più abbienti.

E poi c’è l’istruzione. Cruccio principale dei cinesi di ogni fascia sociale, assicurare ai figli una buona scuola sin da bambini rappresenta il lasciapassare per una vita costellata di successi e denaro. In Cina come nel resto del mondo, le chance aumentano se il curriculum vitae vanta esperienze all’estero. Go Abroad è il mantra: la pensa così l’85% dei milionari cinesi e il 90% dei super-ricchi che pianifica di inviare i propri figli a studiare negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Canada.

Intanto, mentre nel resto della Cina l’indice di fiducia dei consumatori relativo al secondo trimestre dell’anno è sceso ancora, nelle città di prima fascia, dove si concentrano i Paperoni, ha raggiunto il massimo da cinque anni nonostante il ritmo della locomotiva cinese sia ai minimi da 6 anni.





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Moda tessile alimentare aeroporti infrastrutture cina e italia sono d accordo

qatar?? Ieri accordo monti per 2 miliardi di euro stessi settori
 
(ANSA) - ROMA, 20 NOV - Portare a Milano oltre un milione di visitatori cinesi. E' l'obiettivo di Expo 2015, come e' emerso alla Farnesina in occasione della firma del contratto di partecipazione della Cina all'appuntamento milanese. L'accordo conferisce a Pechino un lotto espositivo di 4500 metri quadrati in posizione privilegiata e ''servira' a rafforzare la cooperazione economica e industriale tra l'Italia e la grande potenza economica del XXI secolo'', ha sottolineato il sottosegretario agli Esteri Marta Dassu'.
 
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