Taburet
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Credo che manchi in questa sezione del forum una discussione dedicata ad uno degli artisti più importanti della nostra epoca, sicuramente in UK, ma in generale anche a livello internazionale. Appena entrato nella mia piccola collezione, magari più avanti aggiungo anche una foto dell'opera appena esposta.
Lascio qui, per chi vuole approfondire, una brevissima scheda dell'artista e un link ad un video che stavo guardando oggi, davvero interessante e significativo.
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Artista britannico Julian Opie (Londra, UK, 1958) con il suo caratteristico tratto fondato sull’impersonalità e la semplificazione formale a cavallo tra stilemi pop e minimalisti.
Opie inizia a operare nell’ambito della New British sculpture, movimento interessato a sviluppare una nuova relazione tra scultura e cultura urbana tramite l’impiego di materiali di scarto, in una chiara reazione alle tendenze minimaliste e concettuali. Nel corso degli anni Opie inaugura un lessico formale ispirato dai giochi d’infanzia, ma anche dalla nascente industria dei video games. I suoi soggetti prediletti diventano i mezzi di trasporto, le persone, i paesaggi che caratterizzano le metropoli contemporanee, stilizzati e tracciati a campiture nette.
Gli immaginari di Opie si confrontano con l’ideologia visiva della società dei beni e dei servizi. Le sue sculture sono presentate come prodotti standardizzati in attesa di un metaforico consumo del pubblico, offerte su cui proiettare i propri desideri e aspirazioni. Nel lavoro di Opie troviamo echi della società descritta dall’antropologo Marc Augé nella sua celebre pubblicazione “Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità” (1992). Augé vede i fruitori del paesaggio contemporaneo non più come abitanti nel senso tradizionale del termine, ma piuttosto passanti. I nonluoghi sono quegli spazi antropici dedicati alla circolazione e al consumo, luoghi anonimi frequentati da persone sole in cui non si producono relazioni sociali, come autostrade, stazioni, aeroporti. Queste infrastrutture, per la loro caratteristica dimensione di provvisorietà e transitorietà, rappresentano la condizione dell’individualismo contemporaneo, l’alienazione e l’estraneità. La ricerca artistica di Opie si è interessata a queste contraddizioni della società contemporanea, costruendo un universo visivo in grado di rappresentarle con un distaccato sguardo ironico. Attento alle nuove frontiere della visualità del marketing e alle prime rappresentazioni in CGI (computer-generated imagery), Opie ha immaginato una realtà ritagliata sul singolo, un mondo che è possibile esperire solo attraverso la visione soggettiva dello spettatore.
Lascio qui, per chi vuole approfondire, una brevissima scheda dell'artista e un link ad un video che stavo guardando oggi, davvero interessante e significativo.
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Artista britannico Julian Opie (Londra, UK, 1958) con il suo caratteristico tratto fondato sull’impersonalità e la semplificazione formale a cavallo tra stilemi pop e minimalisti.
Opie inizia a operare nell’ambito della New British sculpture, movimento interessato a sviluppare una nuova relazione tra scultura e cultura urbana tramite l’impiego di materiali di scarto, in una chiara reazione alle tendenze minimaliste e concettuali. Nel corso degli anni Opie inaugura un lessico formale ispirato dai giochi d’infanzia, ma anche dalla nascente industria dei video games. I suoi soggetti prediletti diventano i mezzi di trasporto, le persone, i paesaggi che caratterizzano le metropoli contemporanee, stilizzati e tracciati a campiture nette.
Gli immaginari di Opie si confrontano con l’ideologia visiva della società dei beni e dei servizi. Le sue sculture sono presentate come prodotti standardizzati in attesa di un metaforico consumo del pubblico, offerte su cui proiettare i propri desideri e aspirazioni. Nel lavoro di Opie troviamo echi della società descritta dall’antropologo Marc Augé nella sua celebre pubblicazione “Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità” (1992). Augé vede i fruitori del paesaggio contemporaneo non più come abitanti nel senso tradizionale del termine, ma piuttosto passanti. I nonluoghi sono quegli spazi antropici dedicati alla circolazione e al consumo, luoghi anonimi frequentati da persone sole in cui non si producono relazioni sociali, come autostrade, stazioni, aeroporti. Queste infrastrutture, per la loro caratteristica dimensione di provvisorietà e transitorietà, rappresentano la condizione dell’individualismo contemporaneo, l’alienazione e l’estraneità. La ricerca artistica di Opie si è interessata a queste contraddizioni della società contemporanea, costruendo un universo visivo in grado di rappresentarle con un distaccato sguardo ironico. Attento alle nuove frontiere della visualità del marketing e alle prime rappresentazioni in CGI (computer-generated imagery), Opie ha immaginato una realtà ritagliata sul singolo, un mondo che è possibile esperire solo attraverso la visione soggettiva dello spettatore.