Katarina

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A Firenze (Uffizi) è anche un altro dei suoi capolavori: la Maestà di Santa Trinita, dove angeli e profeti si dispongono intorno alla Vergine con un ritrovato senso del corpo e dello spazio.

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L'unica opera documentata con certezza è comunque un mosaico, oltretutto rimaneggiato, con San Giovanni nell'abside del Duomo di Pisa: abbiamo i documenti di pagamento datati 1301-2. È probabile che l'artista morisse poco dopo.


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Ad Assisi gli si attribuisce un vasto ciclo ispirato a temi apocalittici, apostolici e mariani, oltre alla Crocifissione (la più moderna delle sue, ormai dilacerata) e ai quattro Evangelisti della volta. È probabile che vi lavorasse con una larga partecipazione di aiuti.

Nella Basilica Inferiore troviamo poi una Madonna con angeli e San Francesco. In un'altra opera, un San Francesco in Santa Maria degli Angeli, appare il primo Francesco che si stacchi dai modelli tardobizantini.
Considerato discepolo di Giunta Pisano (prima metà XIII secolo), Cimabue si muove sulla scia di quegli anni e sulle orme di Coppo di Marcovaldo e più tardi del romano Pietro Cavallini. Il suo grande rinnovamento passa per quattro ricerche: il vivace linguaggio dell'arte tardo-romana (di cui a Roma si vedevano ancora molti esempi poi distrutti, come la primitiva basilica di San Pietro), la miniatura altomedievale, la grande scultura romanica e infine quella di Nicola Pisano, col suo nuovo classicismo.

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l'allievo supera il maestro.
Il Crocifisso di Giotto

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Francesco nasce ad Assisi nell'inverno del 1182 da Pietro di Bernardone e Madonna Pica, una delle famiglie più agiate della città. Il padre commerciava in spezie e stoffe. La nascita di Francesco lo coglie lontano da Assisi, mentre era in Provenza, occupato nella sua professione. La madre scelse il nome di Giovanni, nome che fu subito cambiato in Francesco quando tornò il padre. La fanciullezza trascorse serenamente in famiglia e Francesco potè studiare il latino, il volgare, il provenzale e la musica; le sue note insieme alle sue poesie, furono sempre apprezzate nelle feste della città. Il padre desiderava avviarlo al più presto all'attività del commercio. Un giorno era intento nel fondaco paterno a riassettare la merce quando alla porta si presentò un mendicante che chiedeva elemosina in nome di Dio. Dapprima Francesco lo scacciò in malo modo, ma poi pentitosi lo seguì e raggiuntolo vi si intrattenne, scusandosi ed elargendogli dei denari. All'età di vent'anni partecipò alla guerra tra Assisi e Perugia, e fu fatto prigioniero. La prigionia e gli stenti plasmarono l'animo del giovane e più il corpo si indeboliva, più cominciava a subentrare in lui il senso della carità e del bene verso gli altri. Tornò a casa gravemente malato e solo le amorevoli cure della madre ed il tempo lo ristabilirono, ma la vita spensierata, che nel frattempo aveva riassunto, gli sembrò vuota.


Spinto da idee battagliere decise di seguire un condottiero nel sud Italia, ma giunto a Spoleto, ebbe un'apparizione del Signore, che gli ordinava di tornare indietro, fu questo l'inizio di una graduale conversione. Durante una breve permanenza a Roma si spogliò dei suoi abiti e dei denari, più tardi in Assisi davanti ad un lebbroso non fuggì come facevano tutti, ma gli si avvicinò e lo baciò. Gli amici lo schernivano e deridevano, il padre manifestava apertamente la sua delusione, solo la madre lo confortava. Francesco scelse il silenzio e la meditazione tra le campagne e le colline di Assisi, facendo spesso tappa nella Chiesetta di San Damiano nei pressi della città, e il crocifisso che era nella cappellina gli parlò: "Va, ripara la mia casa che cade in rovina". Francesco vendette allora le stoffe della bottega paterna e portò i denari al sacerdote di San Damiano, ma l'ira di Pietro di Bernardone costrinse Francesco a nascondersi. La diatriba col padre fu risolta solo con l'intervento del Vescovo di Assisi, davanti al quale Francesco rinuncia a tutti i beni paterni. Cominciò un periodo di spostamenti: di quel periodo è l'episodio del lupo di Gubbio, un animale che incuteva terrore e morte ammansito dalle parole del santo. Le gesta di Francesco non passarono inosservate e dopo qualche tempo, si affiancarono i primi seguaci: Bernardo da Quintavalle, Pietro Cattani, poco dopo Egidio e Filippo Longo. Le prime esperienze con i compagni si ebbero nella piana di Assisi, nel Tugurio di Rivotorto e alla Porziuncola, tutti i compagni vestivano come Francesco di un saio e di stracci. La data ufficiale della nascita dell'Ordine dei Frati Minori è il 1210 quando Francesco ed i compagni vengono ricevuti dal papa Innocenzo III che verbalmente approva la Regola. Il Papa, in sogno, ebbe la visione della Basilica Lateranense in rovina ed un uomo che la sorreggeva per evitarne la distruzione, quell'uomo era Francesco. Iniziano i contatti con Chiara d'Assisi e nasce così l'Ordine delle Povere Dame di San Damiano, chiamate Clarisse dopo la morte di Chiara. Nel 1213 Francesco riceve dal Conte Orlando di Chiusi il Monte della Verna. Inizia la sua predicazione a più lungo raggio che lo spinge a recarsi in Marocco, ma una malattia lo ferma in Spagna.

Nel 1216 ottiene da Onorio III l'indulgenza della Porziuncola, Il Perdono di Assisi, la più importante della cristianità dopo quella di Terra Santa. Nel 1219 Francesco parte per Acri e Damietta al seguito della crociata e giunge in Egitto alla corte del sultano Melek el-Kamel, per poi raggiungere la Palestina. Nel frattempo l'Ordine ha i suoi primi martiri, uccisi in Marocco. Nel 1220 Francesco torna ad Assisi dove i suoi ideali di povertà, di carità, di semplicità hanno fatto presa su molti, inizia così un nuovo ciclo di predicazioni in tutta Italia. A Fontecolombo, nei pressi di Rieti, redige una nuova Regola, approvata poi da Onorio III. A Greccio, in dicembre, istituisce il Presepio, una tradizione cara alla cristianità. Nel 1224 sul Monte della Verna riceve le stimmate, il segno di Cristo e della santità. Francesco è stanco ed ammalato, il peregrinare per le predicazioni l'ha provato fuori misura, viene così curato a San Damiano, ospite di Chiara e delle Sorelle. Qui compone il Cantico delle Creature opera di alta religiosità e lirismo, che contiene tutti gli ideali dell'umiltà e della grandezza francescana. Sentendo prossima la fine terrena, Francesco si fa portare alla Porziuncola, in Santa Maria degli Angeli, dove muore al tramonto della giornata del 3 ottobre 1226. Il 16 luglio di due anni dopo veniva dichiarato Santo dal papa Gregorio IX.
 
Il Cantico Delle Creature
di San Francesco d'Assisi
Altissimu, onnipotente bon Signore,
Tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedictione.
Ad Te solo, Altissimo, se konfano,
et nullu homo ène dignu te mentovare.

Laudato sie, mi' Signore cum tucte le Tue creature,
spetialmente messor lo frate Sole,
lo qual è iorno, et allumini noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
de Te, Altissimo, porta significatione.

Laudato si', mi Signore, per sora Luna e le stelle:
in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle.

Laudato si', mi' Signore, per frate Vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento.


Laudato si', mi Signore, per sor'Acqua.
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.

Laudato si', mi Signore, per frate Focu,
per lo quale ennallumini la nocte:
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.

Laudato si', mi Signore, per sora nostra matre Terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti fior et herba.

Laudato si', mi Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore
et sostengono infrmitate et tribulatione.

Beati quelli ke 'l sosterranno in pace,
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.

Laudato s' mi Signore, per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullu homo vivente pò skappare:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati,
ka la morte secunda no 'l farrà male.

Laudate et benedicete mi Signore et rengratiate
e serviateli cum grande humilitate.
 
GIOTTO DI BONDONE – PITTORE, ARCHITETTO, SCULTORE

Artista fiorentino del periodo 1266-1337 circondato da episodi leggendari molti dei quali hanno trovato riscontro storico nella realta’, grazie ad approfonditi ricerche e studi portati avanti da molti altri indiscutibili artisti tra cui il Vasari, per cui e’ indubbio che fosse stato alunno del maestro Cimabue. Del ciclo degli affreschi e’ sua la rappresentazione della vita di San Francesco ad Assisi nella chiesa superiore della basilica omonima effettuato, probabilmente negli ultimi anni del secolo tredicesimo. Ulteriori prove esteriori della sua paternita’ dell’affresco sono rappresentate in una tavola con la Stimmatizzazione di San Francesco dove sono riprodotti, con poche varianti, alcuni degli affreschi di Assisi, esposta al Museo Louvre a Parigi che se non personalmente dipinta da Giotto ne testimonia, quanto meno, l’appartenenza alla sua scuola. Giotto, pur partendo dagli insegnamenti dei suoi diretti maestri e di quelli del passato, facendosi contaminare anche dalla scuola romana, comincio’ col proclamare un’arte nuova ed aspra per la giovane eta’, temperandola successivamente. Di Giotto sembra anche la paternita’ degli ultimi affreschi, sempre ad Assisi nella chiesa superiore di San Francesco, della storia del Vecchio e del Nuovo Testamento.
 
Purtroppo poco si sa del periodo tra gli affreschi di Assisi e quelli di Padova. Nel 1300, chiamato a Roma dal Papa, si racconta di come il Vasari rimase meravigliato nel constatare con quale naturale perizia Giotto avrebbe tracciato, a mano libera col pennello intinto di rosso, il famoso perfetto cerchio passato alla storia. A Roma ha lasciato, nella basilica vaticana, due Angeli del mosaico della Navicella e l’affresco in San Giovanni in Laterano con Bonifacio VIII che proclama il Giubileo in cui Giotto comincia a moderare la sua primitiva asprezza ricercando una graduale fusione di ombre e di luci. Sempre a Giotto si attribuiscono, in questo periodo, il crocifisso di S. Maria Novella a Firenze a la grande icona della Madonna negli Uffizi. A Padova nella Cappella degli Scrovegni 37 storie della Madonna e del Redentore e il Giudizio Finale. In tutte le sue opere piu’ mature, l’uso della prospettiva e’ magistrale. Come magistrale diviene anche la sua rappresentazione della spiritualita’, della drammaticita’ nelle opere : Strage degli Innocenti, Noli me tangere, Fuga in Egitto; la Dormizione della Madonna nel Museo di Berlino.
 
Nei suoi ultimi 30 anni si divise fra Napoli, Firenze, Milano aumentando la sua produzione grazie ai suoi discepoli sempre piu’ numerosi. Opere di questo periodo sono nella pinacoteca di Bologna, di Santa Croce a Firenze di San Pietro in Vaticano.

Di sua mano sono certamente gli affreschi della cappella Bardi in Santa Croce e della cappella Peruzzi a Firenze, citta’ in cui fu anche "Capomastro" di S. Maria del Fiore di cui ne ideo’ il campanile i cui disegni furono probabilmente ultimati da Andrea Pisano . Nella sua espressione artistica prevale la coscienza della realta' umana e si oppone al gusto gotico, prezioso, e dispersivo per l’intima esigenza dell’essenziale, riproponendo cosi’ all’Occidente, il predominio dell’uomo attraverso l’esperienza spirituale cristriana. Cosa che era stata propria dell’arte classica che si sviluppa e si esalta nel Rinascimento.
 
Pappa al Pomodoro

8 whole garlic cloves
1-3/4 pound can of plum tomatoes
1 pound loaf of stale bread, sliced (or unseasoned stuffing mix)
1/4 cup olive oil
1 leek, thinly sliced, only white part
6 cups water
1 bunch basil
Salt
Chili pepper



The night before slice the bread and leave it out to get stale. (This does happen in Tuscany with our unsalted bread.) You can force the drying in a warm oven.

Sauté the whole garlic cloves and leek in olive oil with the chili pepper. When the garlic has lightly browned and the leek is just getting golden, add the tomato sauce. Season with salt. Add half the basil leaves torn into tiny pieces. Crush the tomatoes with the back of a wooden spoon and stir. Cook until the tomatoes fall apart.

Tear the bread into small pieces and put into the sauce. The bread will soak up the sauce and get quite thick. Add enough water to soften the bread and to make it liquidy. Add the remaining basil and cook until the bread becomes a "mush"-- PAPPA!

Enjoy this thick stew-like soup on a cold day with a drizzle of extra virgin oil on top. I like to reheat it the next day by sauteing some sliced garlic and more chili in oil and then reheating. This gives it an extra kick!


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L'idea delle Crociate nasce, molto verosimilmente, a causa di gravi atti di intolleranza religiosa subita dai pellegrini cristiani in Terrasanta. Atti che, tra l’altro, seguirono un lungo periodo di relativa pacifica accettazione dei pellegrini stessi.
In effetti fino all'XI secolo, cioè fin quando Gerusalemme rimase in mano Araba, non si verificarono grossi ostacoli al normale flusso di fedeli cristiani verso il Santo Sepolcro e gli altri luoghi sacri della cristianità, come la casa di Maria o quella di San Pietro.

Il passo verso la brutalità fu segnato dalla conquista delle regioni d'oltremare da parte dei Turchi Selgiucidi, un primitivo popolo di razza mongola proveniente dall'est e di recente convertitosi all'islamismo.
I Selgiucidi conquistarono Bagdad nel 1055 e, successivamente, Siria e Palestina. In seguito si ebbe la minaccia verso Bisanzio, che chiese tra l'altro aiuto ai Veneziani per ottenere interventi militari contro i Turchi.

A gravi atti sanguinari sui pellegrini, i Turchi sommarono un regime di esosi dazi che resero impossibile l'accesso ai meno facoltosi.

Un cronista racconta: "Nessun altare, nessuna suppellettile ecclesiastica fu più sacra ai turchi; gli ecclesiastici venivano battuti e percossi: il patriarca trascinato per terra per barba e capelli. E, più severamente che mai, si richiese ai pellegrini, dalla borsa quasi sempre esausta per le spese di viaggio, un pezzo d'oro in cambio del permesso di visitare Gerusalemme...".

Uno tra i tanti atti di scelleratezza da parte dei turchi fu quello del 1065 quando 7.000 cristiani partiti in pellegrinaggio per la Terra Santa furono attaccati e assediati in una rocca. L'attentato provocò 5.000 morti!
Lo storico Friedrich von Raumer nel 1828 sostiene: "era tempo che i cristiani d'Occidente corressero in aiuto dei loro correligionari: era senza dubbio loro dovere, se è vero che comunque deve combattere ingiustizia e tirannia colui a cui ne è data la forza e la capacità".

L'idea che le crociate abbiano rappresentato una fonte di cospicui guadagni per chi vi partecipò è stata in parte smentita; al contrario, si trattò di operazioni molto dispendiose, sia in termini di costi diretti (sostentamento, equipaggiamento) sia per il mancato apporto produttivo a causa dell'assenza dai luoghi di vita e di lavoro di chi vi partecipò.

Eppure queste imprese tanto pericolose – le estenuanti marce, lo spettro delle malattie o della morte in battaglia – quanto costose e scarsamente remunerative ebbero un forte richiamo sulla società del tempo. Per comprendere questa apparente contraddizione, bisogna innanzitutto ricordare che, in una società di credenti qual era l'Europa medievale, la partecipazione alla guerra contro gli infedeli era vista come garanzia di salvezza individuale; si trattava inoltre di una società fortemente militarizzata e dar prova di valore in battaglia era una delle principali ambizioni per un nobile.
 
Su queste basi Papa Urbano II, eletto nel 1088, bandisce la prima crociata il 25 novembre 1095, nel corso del Concilio di Clermont.


Papa Urbano II espose il piano di una spedizione volta a liberare i Luoghi Santi esortando i fedeli presenti ad arruolarsi. Le adesioni furono numerose e perciò il papa dette mandato ai vescovi conciliari di procedere a nuovi arruolamenti nelle loro sedi originarie.

Secondo la strategia da lui delineata, singoli gruppi di crociati, autofinanziati e guidati ciascuno da un proprio comandante, avrebbero dovuto partire per riunirsi a Costantinopoli, capitale dell'impero bizantino, nell'agosto del 1096; di lì avrebbero mosso l'attacco ai selgiuchidi conquistatori dell'Anatolia. Una volta riportata la regione sotto il controllo cristiano, i crociati avrebbero dovuto proseguire nella loro avanzata verso la Siria e la Palestina, per liberare infine Gerusalemme.

I passi con cui Urbano destò il fervido entusiasmo religioso furono i seguenti: i Turchi avevano moltiplicato le guerre e gli eccidi occupando le terre dei cristiani sino ai confini della Romania uccidendo e rendendo schiavi gli uomini, rovinando le chiese, devastando il regno di Dio, giungendo fino al Mediterraneo, ossia al Bosforo.
Se i Saraceni, incalzava Urbano II, fossero stati lasciati liberi dei loro movimenti ancora per poco essi sarebbero avanzati ulteriormente, vieppiù opprimendo il popolo di Dio.
 
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